La ricerca del CED-PPN: Parchi a rapporto


Duecentoquaranta pagine di relazione finale. E otto allegati per ulteriori settecento pagine. Innanzi tutto per mole ma certo non solo, “Il sistema nazionale delle aree protette nel quadro europeo: classificazione, pianificazione e gestione” è il primo vero rapporto sulle aree protette italiane almeno da molti anni a questa parte.
L’autore è il CED-PPN, sigla che sta per Centro europeo di documentazione sulla pianificazione dei parchi naturali, Dipartimento interateneo Territorio, del Politecnico di Torino. Guidato da Roberto Gambino, il CED-PPN ha promosso nel corso dell’ultimo decennio “la costituzione di un network europeo di oltre 700 referenti distribuiti in 35 paesi europei, che ha consentito la creazione e l’aggiornamento continuo di un archivio tendenzialmente completo (l’unico attualmente esistente in Europa) degli strumenti di pianificazione e di gestione dei parchi naturali europei”.
Proposta al ministero dell’Ambiente nel 1999, la ricerca è stata quindi avviata dopo il meritorio placet dell’allora Servizio Conservazione Natura di Aldo Cosentino (cui spetta principalmente, adesso, il compito di trarne esiti operativi). Budget a disposizione 500 milioni di lire, durata della convenzione 18 mesi a partire dall’aprile 2000. A definirne l’impostazione è chiamato, con lo stesso Gambino, un “gruppo di riflessione” formato da Federparchi (Enzo Valbonesi e Antonello Nuzzo), Centro studi Valerio Giacomini (Renzo Moschini) e Legambiente (Fabio Renzi). Gabriella Negrini del CED-PPN ha curato la gestione generale della fase operativa.

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Nelle scuole non è il caso, ma nelle sedi dei soggetti gestori sì: la lettura del rapporto CED-PPN, almeno della sua relazione principale, andrebbe resa obbligatoria. Ad ogni modo lo stesso CED-PPN (tel.011-5647477) invia su richiesta il relativo CD-Rom con la ricerca al completo.
Scorriamo l’indice. Dopo le considerazioni metodologiche in premessa, il rapporto finale delinea in dettaglio il quadro conoscitivo nazionale e internazionale, partendo opportunamente dal contesto giuridico e amministrativo così come si profila dopo le recenti riforme costituzionali. Delle ben 1004 aree istituite con provvedimento formale da parte dello Stato e delle Regioni il rapporto non manca di evocare - per così dire - lo sfondo socioeconomico, demografico, occupazionale. Quindi enumera i problemi nodali: l’obsoleta classificazione attuale delle aree protette italiane, la reale costruzione del sistema, il raccordo con la tutela paesistica (vera chiave di volta di tutto il rapporto), l’integrazione con le altre politiche territoriali. Seguono infine le proposte operative.
Conferme e sorprese, nodi teorici e valanghe di dati, temi inediti e attese riproposizioni: c’è tutto questo nel rapporto e, come si dice, molto di più (per esempio un ricco apparato cartografico, in particolare negli allegati). Prendiamo qualche sorpresa. Sapevate che i parchi istituiti nel decennio precedente alla 394 sono più di quelli sorti a partire dal ’91 ? Oppure, che la Grecia possiede il 15,8% di territorio protetto da riserve naturali (mentre da parchi solo il 2,2%) ? E non fa meditare scoprire che al primo posto assoluto, tra gli obiettivi primari dei parchi, gli enti gestori non mettono la conservazione della biodiversità o la ricerca scientifica o l’uso sostenibile delle risorse naturali, ma l’educazione ?
Curiosità a parte, il merito del lavoro sta nella organicità e nella logica sequenziale con le quali vengono via via considerati e analizzati i diversi elementi in gioco. Da quelli più noti (i limiti dell’Elenco ufficiale, la classificazione IUCN, i progetti per sistemi ambientali, i ritardi sugli strumenti di gestione, la rete ecologica e via elencando) a quelli meno frequentati anche da studi & dibattiti (l’uso del suolo all’interno delle aree protette, gli indici di insularità e compattezza, i livelli di infrastrutturazione, le aree contigue, etc.). Le risposte a un dettagliato questionario, fornite dal 70% dei parchi nazionali e regionali e dalle riserve marine, oltre a consegnare ulteriori informazioni di prima mano aggiungono ulteriori elementi alla riflessione proposta (peccato che la consultazione del relativo allegato, quello denominato B.1, sia resa difficoltosa dalla apparente casualità nella disposizione delle schede).

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Chi giunge in fondo al rapporto, al capitolo 4 – l’ultimo – sotto al titolo “Proposte” troverà infine le pagine più dense. Che prendono le mosse da un giudizio difficilmente confutabile: “l’imponente sforzo prodotto dallo Stato, le Regioni e gli enti locali che ha consentito in poco più di un ventennio di sviluppare enormemente le aree protette, recuperando un ritardo storico e conquistando una posizione di primo piano nel panorama europeo, non è però valso a legare in sistema tali aree, se non in forme parziali ed embrionali inadeguate a cogliere tutte le straordinarie potenzialità sinergiche che si profilano nel nostro paese”.
Poi le cinque ipotesi di lavoro dello staff di Gambino. 1) Le politiche nazionali delle aree protette devono coordinarsi con quelle europee, a cominciare dalla classificazione, dalle prescrizioni della Convenzione europea del Paesaggio, dalla Rete Ecologica Europea (Eeconet). 2) Va bene il progetto di una rete ecologica nazionale, ma questa “non è soltanto e forse neppure prevalentemente una rete di parchi” perché a loro complemento andrà ripensato “il ruolo di alcune componenti strategiche del sistema territoriale, come le fasce fluviali e le grandi fasce naturali e seminaturali ad elevata biopermeabilità, che corrono lungo i principali sistemi montuosi”. “E’ in questa prospettiva”, scrive Gambino, “che la costruzione, attualmente in corso, della Carta della Natura, lungi dall’esaurirsi in una semplice e neutrale ricognizione, dovrebbe fissare le opzioni di base per la definizione delle Linee d’assetto del territorio nazionale, e rappresentare quindi un punto di svolta”. 3) La ricetta per dilatare l’azione di tutela oltre i confini dei parchi sta nella saldatura tra aree protette e paesaggio; è alla tutela paesistica che può essere assegnato un potente ruolo “connettivo” in vista del miglioramento della qualità complessiva del territorio. 4) La visione unitaria proposta dalla 394 va ripresa abbracciando componenti del sistema finora escluse dai ranghi di aree protette (come i corridoi ecologici, le aree di riqualificazione, i paesaggi culturali, i parchi urbani, etc.) che al sistema “concorrono in modi e con ruoli profondamente diversificati, senza vincoli di subordinazione”. 5) Dalla constatazione che le politiche per le aree protette hanno successo solo se integrate nella gestione territoriale ordinaria, ne consegue che “le azioni di tutela e d’intervento confinate all’interno dei perimetri istituzionali, ancorché si avvalgano del “sovraordinamento” riconosciuto agli Enti parco nei confronti degli Enti locali (in particolare, del potere “sostitutivo” del piano del parco rispetto ad ogni altro piano, in base all’art.12 L.394/91) sono generalmente perdenti”. Più concertazione, insomma, che gerarchie.

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Il rapporto si chiude con le proposte per una nuova classificazione delle aree protette italiane. Un tema centrale ma – a questo punto sì – in un certo senso strumentale, come già premesso ad apertura della relazione finale. Ecco le nuove otto categorie proposte: aree wilderness; parchi naturali (d’interesse nazionale e d’interesse regionale); monumenti naturali ed aree assimilabili; riserve naturali terrestri ed aree assimilabili; riserve marine; paesaggi protetti; aree per la gestione sostenibile di determinate risorse; aree di riequilibrio ecologico.
La classificazione si basa sul “criterio di scopo”, ossia sul mix di obiettivi di gestione attribuiti a ciascuna area. E, non meno importante, l’attribuzione di un’area ad una certa categoria – in termini non definitivi, ma verificabili almeno ogni dieci anni - dovrebbe essere il frutto di un processo di concertazione. Ovviamente, conclude il rapporto, l’eventuale adozione dello schema di riferimento proposto dovrebbe riguardare le future nuove aree protette ma, “per coerenza”, anche una organica riclassificazione di quelle già istituite. Mille, anzi 1004 auguri.

Giulio Ielardi




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