Storie italiane

Il Parco del Gran Paradiso compie 80 anni


Ottanta candeline: non sono poche davvero, specie se raffrontate alla giovane età del sistema parchi in Italia. Dalla nascita del capostipite dei parchi italiani all’approvazione della legge quadro, di anni ne sono infatti passati ben 72, vissuti pericolosamente dal "festeggiato" insieme al suo abitante simbolo: lo stambecco delle Alpi.
3 dicembre 1922: sulle spoglie dell'ex Riserva di caccia reale nasce il Parco del Gran Paradiso. Nonostante una serie di fattori favorevoli, il parto non è indolore, anzi, fin dalla nascita il capostipite dei parchi italiani reca con sé i germi di una vita travagliata. I rapporti con le popolazioni locali sono fin da subito problematici, per i valligiani l'istituzione del parco è un atto di imperio, la beffa seguita al danno della perdita di opportunità indotte dalle cacce reali.
L’infanzia del parco tuttavia trascorre serena. I guai arrivano nel 1933 con la gestione del Ministero dell’Agricoltura e Foreste e l’affidamento della vigilanza alla Milizia forestale nazionale. Il bracconaggio riprende incontrollato (la guerra, la fame) e al termine del conflitto gli stambecchi sono ridotti a poche centinaia.
Tocca al trentino Renzo Videsott accollarsi l’onere della rinascita. Una vera missione la sua: la sorveglianza torna di competenza di un corpo di guardie alle dipendenze dell’Ente di gestione (istituito nel 1947) e nel volgere di un decennio la situazione migliora. All’orizzonte si profila però una nuova minaccia, candida e impalpabile… come la neve. Sono gli anni 60, l’oro è bianco e l’Eldorado è in montagna, ma non ovunque. Cervinia e Courmayeur sono lì a due passi, con i loro skilift e le frotte di turisti. Valsavaranche, Cogne, Rhêmes: escluse, per loro c’è il parco, “Lo parc!”.
Il parco freno allo sviluppo, causa prima di arretratezza. La mancanza di chiarezza nella definizione dei confini aumenta il dissidio, che negli anni 70 e 80 si fa rovente: scritte minacciose sui muri, paline divelte, proteste eclatanti come il rifiuto a votare alle elezioni.
La querelle in realtà è assai pretestuosa: le valli del Gran Paradiso sono “di natura” inadatte ai grandi impianti di risalita. La loro ricchezza non ha il colore bianco della neve ma “verde” dell’ambiente ben conservato. Perché i Valdot_in se ne accorgano arrivano gli anni 90. Alle soglie del nuovo millennio “le Grand Paradis” trova spazio sui pieghevoli e sui manifesti, la natura protetta diventa un prodotto turisticamente appetibile, sono i numeri a sette cifre dei visitatori a confermarlo.
Con gli anni 90 arriva anche la Legge quadro, arrivano risorse e professionalità. Tutto bene dunque? Non proprio, ma oggi, 3 dicembre 02, bando alle critiche e spazio agli auguri: buon compleanno Parco!

Toni Farina (redazione Piemonte Parchi)




Lo Stambecco delle Alpi

“… detto da franzesi Bouquetins des Alpes e da’ naturalisti Capra ibex… ”.
Così nelle Regie patenti emesse nel 1821 dal Cavaliere Thaon di Revel su sollecitazione di Delapierre – Zumstein.
Le stesse così continuavano: “Rimane fin d’ora proibita in qualsivoglia parte dei Regii dominii la caccia degli stambecchi”.
Il Nostro poteva tirare un sospiro di sollievo. Giunto sulle Alpi dal Medio Oriente, dal Medioevo in poi il maestoso ungulato era stato, infatti, oggetto di una vera e propria persecuzione. Quasi uno sterminio: chi lo considerava parente di Belzebù, chi pensava che alcune parti del suo corpo costituissero un efficace rimedio per molti mali, chi convinto che un ossicino posto alla base del cuore fosse un potente talismano, chi per il bel trofeo o per semplice diletto, insomma, alla fine del 1700, la specie era ridotta al lumicino, pochi esemplari soltanto sopravvivevano rifugiati sulle inaccessibili cenge della Valsavaranche e della Valle di Cogne. Nel futuro Parco del Gran Paradiso.
Gran Paradiso – stambecco un binomio indissolubile. Prima le cacce reali (solo al Re era permesso cacciare una specie così nobile), poi il Parco, istituito soprattutto per proteggerlo. Quindi, il ritorno su tutta la cerchia alpina a occupare spazi suoi di diritto naturale.
Grazie all’indole docile, in molte vallate delle Alpi l’incontro con lo stambecco è oggigiorno un evento quasi certo, ma sempre foriero di emozioni.




Lo Parc, sulla carta

Così i valdostani chiamano il primo parco italiano. Lo Parc è anche il titolo di un libro, da leggere per conoscere l’altro punto di vista, quello dei valligiani:
C. V. Daynè, Lo Parc, profili storici e giuridici del Parco del Gran Paradiso, ed. in proprio (il testo è la tesi di laurea dell’Autore), Aosta, 1978

C’è poi il Gran Paradiso visto da “molti occhi”:
AA. VV., Gran Paradiso, ed. Il Risveglio, Torino, 1992

Il Gran Paradiso scandagliato con il cannocchiale, giorno dopo giorno, con qualsiasi tempo e a qualsiasi ora:
A. Segala, Le ore della luna, i diari segreti dei guardaparco del Gran Paradiso, edizioni Arca, Trento, 1992
E. Capello, I racconti del guardaparco, uomini e animali del Parco del Gran paradiso, Arti Grafiche San Rocco, Grugliasco (TO), 1997

Il Gran Paradiso visto con l’occhio del Naturalista:
P. Jaccod, Parco nazionale del Gran Paradiso, Musumeci, Aosta, 1988

… e con l’occhio dell’Artista:
M. Crosa, Racconti di un anno, la vita del Parco al mutare delle stagioni, Musumeci, Aosta 1995

Infine, il Gran Paradiso da misurare passo dopo passo, da Cogne a Cogne con il sacco in spalla:
F. Michieli, Il Giro del Gran Paradiso, 12 tappe e 20 varianti, CDA, Torino, 1997




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