Un mare dalle dimensioni contenute, una sorta di grande lago. Grande per fenici e ebrei, Molto verde per sumeri ed egizi, Nostro per greci e romani. Il Mediterraneo ha avuto tre cantori, Braudel, Attenborough, Matvejevic. Anzi quattro, con Omero e la sua Odissea. Come dice lo scrittore bosniaco nel suo Breviario Mediterraneo, Il più grande romanzo di formazione, la più grande storia dellindividuo che si avventura nel mondo e ritorna a casa ossia a se stesso, e cioè lOdissea, non è immaginabile senza il mare. Ma quel mare, il Mediterraneo, è anche il grembo della nostra storia, della nostra civiltà.
Predrag Matvejeviç, nato a Mostar, uno dei luoghi sanguinosi dei molti conflitti che hanno segnato le terre mediterranee, dice che per conoscere il Mediterraneo non bastano la geografia e la storia occorrono limmaginazione e levocazione. Perché questo mare è il luogo dove popoli e razze per secoli e millenni si sono mescolati, confusi, contrapposti. Somiglianze e differenze, antagonismi e legami ne hanno fatto una sintesi inestricabile. Mare e isole: Creta, Cipro, Lesbo, Rodi, Maiorca. Alcune sembrano navigare, altre paiono impietrite; tutte un po antropomorfiche: silenziose, stregate, nude, assetate, desiderate, verginali, talora felici. Ma questo mare non si comprende senza le sue coste, costellate, irrorate dalla rete viaria dellimpero romano e dove nacque la più antica democrazia del mondo.
Ma qui viene il suo terzo cantore, Fernand Braudel, il grande storico che della comprensione di questo mare fece una ragione di studio e di vita. Studioso per il quale la La storia non è altro che una continua serie di interrogativi rivolti al passato in nome dei problemi e delle curiosità - nonché delle inquietudini e delle angosce - del presente che ci circonda e ci assedia.
Ma dove inizia e finisce il Mediterraneo? Gli arabi, che ben lo conoscevano e navigavano, dicevano saggiamente, dove si estende lulivo. Gli abitanti del Mediterraneo non sono mai stati soltanto marinai o soltanto contadini: terra e mare, entrambi insufficienti per campare. Terra e mare quindi, inestricabilmente dipendenti, anche se a parte ulivo, vite e grano, tutte le sue piante arrivano da lontano, molte dallaltro lato delloceano.
Il Mediterraneo è mille cose: non un solo paesaggio, ma innumerevoli paesaggi; non un solo mare, ma tutta una serie di mari, non una sola civiltà, ma civiltà sovrapposte una sullaltra. Il Mediterraneo è un vecchio punto di incrocio; già da migliaia di anni tutto va ad appoggiarsi su di esso sconvolgendo e arricchendo la sua storia
. Un crocevia di cui è difficile cogliere lessenza profonda. Per Braudel, difficile dargli torto, geografia e storia hanno creato nel Mediterraneo cerniere e frontiere. Fratture, anche geologiche, ma soprattutto storiche: mondo romano contro quello cartaginese, cristiano contro musulmani, ancora romani contro egiziani. Oggi una linea corre da est a ovest, dalle colonne dErcole al golfo di Iskurdun: a nord, lEuropa, a sud lAfrica. Tra il Trecento e il Cinquecento la nervatura delle strade sembra portare a Venezia, emporio, snodo, fulcro, regina per qualche secolo di questo mare. Mare che non originò le prime civiltà. Anzi per millenni è rimasto vuoto e deserto. È stato piuttosto una via di transito per lossidiana dellAnatolia, per le pietre siciliane portate a Malta, per la seta delloriente che andava a Venezia.Tutti lhanno navigato e per il suo controllo si sono combattuti: da Cnosso a Micene, dai fenici ai cartaginesi dallislam alla cristianità.
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