Rassegna del 28 gennaio 2003

Icram. ambientalisti denunciano: Spoil system politico"sostituiti presidente e cda, indipendenza a rischio"

(dire)- Roma- l'indipendenza degli studi scientifici "sembrerebbe irrimediabilmente minacciata". e' l'allarme che lanciano le associazioni ambientaliste. "anche nell'Icram (l'istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare)", spiegano infatti Sebastiano Venneri (responsabile mare d Legambiente) e Stefano Lenzi (responsabile unita' istituzionale del Wwf), "e' stato applicato il principio dello spoil system: per presidente e consiglio di amministrazione e' stato chiesto l'avvicendamento facendo subentrare ai principi di competenza e di merito quelli dell'appartenenza politica". un avvicendamento che ha portato all'esonero di presidente e cda dell'icram. il senso dello spoil system, sottolineano i dirigenti delle due associazioni, "e' quello di impedire colpi di mano ai governi uscenti consentendo all'esecutivo che subentra di porre ai vertici persone di propria fiducia". nel caso dell'icram, accusano Venneri e Lenzi, "l'interpretazione dello spoil system e' stata perlomeno arbitraria, visto che il governo Berlusconi ha comunque operato per un anno e mezzo con gli attuali dirigenti, persone di provata competenza scientifica, le stesse che oggi si vogliono mandare a casa". a farne le spese personalita' come Giuseppe Notarbartolo di Sciara ("uno dei piu' grandi esperti di cetacei"), presidente dell'ente, ed esponenti del consiglio d'amministrazione come Silvano Focardi, preside della facolta' di scienze dell'universita' di Siena, ed Eugenio fresi, professore di biologia marina all'universita' di Tor vergata a Roma. l'icram, ricordano Venneri e Lenzi, "e' un ente pubblico non economico che fornisce supporto alle politiche delle amministrazioni centrali competenti, suggerimenti, indicazioni e supporto agli enti locali nel coordinamento delle attivita' a livello locale nelle aree marine protette, negli scavi portuali e nella pesca". proprio per questo, sottolineano i due dirigente ambientalisti, "la politica intrapresa da questa maggioranza, nonostante i proclami del governo, rappresenta una seria ipoteca allo sviluppo di scienza ha un estremo bisogno anche l'ambiente, visto che dall'energia ai rifiuti, dalle lotte all'inquinamento alla valorizzazione dei beni piu' tipicamente italiani, cio' che serve e' un'efficace miscela di qualita' e innovazione". gli ambientalisti ricordano le azioni svolte dall'icram in
questi anni: dall'attivita' di ricerca sui fondali del golfo di Genova dopo il disastro della petroliera haven alle ricerche sull'ecosistema marino dopo l'affondamento della carboniera Eurobulker in Sardegna, dal contributo per l'istituzione del santuario dei cetacei agli studi sulle aree marine protette, dagli interventi in politica internazionale in sede imo per la regolamentazione del traffico marittimo di sostanze pericolose agli studi per il controllo e l'impatto della pesca. fondamentale anche il ruolo previsto per l'icram negli interventi di analisi e studio sulle aree marine presenti nei siti industriali inquinati, vera emergenza nazionale a partire dal "caso priolo". "purtroppo- concludono Wwf e Legambiente- il ministero dell'ambiente non ha ancora firmato la specifica convenzione con l'icram prevista dal programma nazionale di bonifica".

clima. Enea: aree costiere, non conviene salvarle tutterapporto su impatto effetto serra: adattarle costa 0,5% del PIL

(dire)- Roma- anche se il rubinetto dell'effetto serra si chiudesse oggi, il pianeta ha di fronte un secolo di cambiamenti climatici: alluvioni, siccita', allagamento delle piane costiere. allora, "le ipotesi sono due: o lavoriamo per adattarci al cambiamento in corso, oppure dobbiamo chiederci come dismettere le aree costiere messe a rischio dal mare". a mettere sul tavolo uno degli interrogativi piu' pesante posti dall'effetto serra e' il direttore del ministero dell'ambiente Corrado clini aprendo il seminario dell'Enea su "evoluzione del clima e impatti dei cambiamenti climatici in Italia", seguito dal responsabile del progetto clima dell'Enea, Vincenzo Ferrara. "alcune delle 33 aree italiane attualmente a rischio allagamento hanno effettivamente valori economici inferiori a quello che si dovrebbe spendere per tenerle fuori dal mare- dice Ferrara- in certi casi e' meglio scegliere la piscicoltura rispetto a un'agricoltura poco redditizia". i cambiamenti climatici- sottolinea l'Enea- specialmente nel nostro paese tendono ad amplificare fenomeni gia' esistenti. l' innalzamento del mediterraneo a causa dello scioglimento dei ghiacci e' stato calcolato tra i 20 e i 30 centimetri da qui al 2090: meno di quanto dovrebbe accadere a livello degli oceani, per cui l'ONU ha previsto una crescita di 48 centimetri nel corso di questo secolo. ma in Italia esistono "vecchi" rischi (come l'abbassamento delle coste dovuto alla subsidenza, l'erosione delle coste, la forte urbanizzazione delle aree costiere e fluviali) che tendono ad amplificare l'aumento contenuto dei nostri mari. e' la prima volta che in Italia si parla chiaro sul quesito piu' immediato posto dall'effetto serra: non basta tentare la strada della riduzione delle emissioni dei gas serra (strada sempre in salita), occorre aprire la partita del cosi detto adattamento: dighe per le aree che verranno invase dal mare che cresce, cambiamento di pratiche agricole e di coltivazioni stesse, interventi importanti di stabilizzazione dei pendii esposti all'erosione, un sistema di allerta meteo molto piu' efficace. in qualche caso- chiarisce l'Enea nel seminario sull'impatto dei cambiamenti climatici in Italia- occorre pensare addirittura alla localizzazione di centri abitati. "e' chiaro che su Venezia non ci sara' scelta, occorrera' attrezzarsi per difenderla dal mare a ogni costo- precisa Fabrizio Antonioli, ricercatore dell'Enea a margine del convegno di oggi- ma per altre piane costiere occorre fare un calcolo costo-benefici". ad esempio, la piana di fondi, la maggiore zona di produzione ortofrutticola italiana, e' una di quelle che rischia di finire sott'acqua nei prossimi decenni, anzi, una parte importante delle serre sono gia' ora tenute all'asciutto solo utilizzando costosi sistemi di pompaggio. mettere in sicurezza la zona costera' 500 miliardi di lire, di cui 400 gia' utilizzati. ma- lasciano intendere i ricercatori dell'Enea e della fondazione Mattei, che ha partecipato alla ricerca sul caso di studio- questi soldi hanno portato un livello di ricavi troppo basso: forse, la parte piu' depressa della piana, converrebbe lasciarla al mare. i costi economici dell'adattamento all'effetto serra- laddove si decidera' di affrontarli- sono alti. l'enea calcola che il costo totale del cambiamento climatico in corso rappresenti il 2% del Pil dei paesi sviluppati. secondo il rapporto presentato oggi all'universita' di Roma 3, le opere pubbliche e le scelte produttive che potrebbero far fronte ai nuovi eventi climatici estremi, il cosiddetto adattamento, rappresenta dal 7 al 25% di questa frazione della ricchezza nazionale: in sostanza, si arriva fino allo 0,5 del Pil. "secondo i calcoli gia' fatti- ricorda il climatologo Vincenzo Ferrara- i costi della mitigazione dell'effetto serra, dal cambiamento delle fonti energetiche alla riforestazione, s iaggirano sui 50 miliardi di euro". ma sono cifre ancora tutte da valutare, anticipa l'Enea, sulla base di studi specifici sulle aree a rischio. e ancora piu' in alto guarda il direttore generale del ministero dell'ambiente Corrado clini: "e' probabile che le due grandezze, quella della mitigazione e quella dell'adattamento siano simili. ma la seconda e' inevitabile. tanto e' vero che, a partire dalle alluvioni disastrose del centro Europa della scorsa estate, la ue si sta ponendo con grande serieta' il problema: che sara'- anticipa- uno dei punti all'ordine del giorno nel g8 di giugno, a evian, quando il presidente Chirac presentera' un suo piano per la salvaguardia delle risorse idriche".

Parco Alta Murgia, s'infiamma il dibattito

Nascita e funzionamento incontro tra i soci dell'associazione imprenditori
Il presidente della Federparchi: "Tutela dell'ambiente e occasione di sviluppo del territorio"

CORATO A distanza di qualche giorno, si ritorna a parlare del Parco dell'Alta Murgia. A discuterne sono stati i soci dell'Associazione imprenditori coratini che, assieme al locale circolo di Legambiente, hanno promosso un incontro sul tema "Parco dell'Alta Murgia: quali prospettive?". Alla tavola rotonda, svoltasi presso la sede dell'Aic, sono intervenuti oltre al direttore dell'Associazione imprenditori, Michele De Palma, e al presidente della Legambiente coratina, Francesco Tarantini, il responsabile regionale parchi della Legambiente Puglia, Giacinto Giglio, e il presidente nazionale della Ferderparchi, nonché presidente del Parco nazionale del Gargano, Matteo Fusilli. Quest'ultimo ha relazionato sulla nascita e sul funzionamento del Parco nazionale del Gargano, sottolineando che "valorizzare le produzioni tradizionali, per rispondere alle sfide della globalizzazione, è il modo più efficace per garantire non solo la tutela dell'ambiente ma anche e soprattutto la qualità dello sviluppo del territorio in cui un Parco si istituisce".
"L'istituzione del Parco dell'Alta Murgia, - ha continuato il presidente della Federpachi - potrebbe essere un fattore di sviluppo se i diversi comuni interessati sapranno sfruttare tutti gli incentivi finanziari (statali e regionali) ad essi attribuiti". Nelle conclusioni, il delegato dell'Aic, Francesco Casillo, ha sottolineato come "la maggioranza delle aziende agricole coratine non ha un atteggiamento di chiusura totale nei confronti del parco, ritenendolo invece una possibile occasione di sviluppo del territorio rurale oltre che di valorizzazione dei prodotti tipici locali. È auspicabile, però, che la perimetrazione e la zonizzazione del Parco siano realmente rispondenti alle peculiarità del territorio altamente antropizzato". Su queste premesse, l'Aic e il locale circolo di Legambiente chiederanno nei prossimi giorni un incontro urgente con il presidente della Regione, Raffaele Fitto e con gli assessori regionali all'Ambiente e all'Agricoltura. (La Gazzetta del Mezzogiorno

Sibillini e Aspromonte uniti per il Medio Oriente

INCONTRO PER LA PACE

NORCIA – Sibillini-Aspromonte, da oggi parchi uniti anche nella promozione di iniziative di pace e solidarietà in Medio Oriente. Un’amicizia nata poco più di un anno fa, successivamente alla visita nell’area protetta umbro-marchigiana della “Carovana sud-nord" del parco nazionale dell’Aspromonte e ad altre visite formali nel parco calabrese da parte delle autorità del parco dei Sibillini, tra cui quelle del vicepresidente e sindaco della città di Norcia Alberto Naticchioni. Ultima in senso cronologico quella dei giorni scorsi, divenuta occasione importante per stimolare processi di pace tra le due realtà mediorentali in guerra. Un’idea partita da Norcia, da anni impegnata nell’aiuto di queste popolazioni, quasi ad emulare l’insegnamento del patrono San Benedetto, che lottò per l’unione tra i popoli dell’intero pianeta.
Nel 2000 la città aderì all’iniziativa promossa dall’Anci Umbria per la promozione di “progetti di cooperazione per il sostegno sociale ed economico della Palestina", tra queste la realizzazione di un’aula di informatica per il collegio di Bethlehem. Ora che le esigenze del popolo palestinese sono diventate ben altre, la città di Norcia ha voluto estendere le finalità umanitarie di quel progetto ad altre realtà, vicine per intenti e cooperazione. Ad accogliere l’invito di solidarietà e amicizia sono stati gli stessi Comuni del Parco nazionale d’Aspromonte che hanno voluto dedicare a questa “unione per la pace" con la città di Norcia un grande concerto.
L’evento musicale è stato organizzato a Cinquefrondi (Rc), il giorno dell’Epifania, vedendo la partecipazione del complesso bandistico “Carlo Creazzo" del comune calabrese, diretto dal maestro Antonio Salaris. Oltre al sindaco di Norcia e a quello di Cinquefrondi Michele Galimi, vi hanno preso parte il Prefetto della Provincia di Reggio Calabria Goffredo Sottile, il Presidente della Provincia di Reggio Calabria Pietro Fuda e il Presidente del Parco Nazionale d'Aspromonte Tonino Perna.
Tutte le autorità presenti hanno avuto modo, al termine della prima parte del concerto, di esprimere le loro considerazioni in merito all’iniziativa pro Medio Oriente, accogliendo i consensi unanimi dei convenuti, dichiaratisi pronti a collaborare con la città di San Benedetto. (Il Messaggero)

Un vertice che ha visto l’assenza degli esponenti del Centrodestra. I sindaci si schierano dalla parte di Brandolin nell’accesa polemica con la Provincia di Trieste Ai Comuni la gestione del Parco del Carso

Gherghetta: "C’è già una legge e la Regione non deve rinunciare a quelle che sono le sue competenze"

Il presidente della Provincia Giorgio Brandolin incassa la solidarietà dei sindaci dei comuni carsici dell’Isontino e di alcuni consiglieri regionali nell’accesa disputa con il collega di Trieste Fabio Scoccimarro. Un appoggio che viene da amministratori e politici del Centrosinistra perché i consiglieri regionali di parte avversa hanno declinato, con varie forme, l’invito all’incontro che si è svolto ieri pomeriggio nel palazzo della Provincia. Con l’unica eccezione di Roberto Visintin del Patto per l’autonomia che, ritenendo "puntuale e giusto" l’intervento di Brandolin, ha chiaramente detto che "la proposta di legge sul parco del Carso non passerà mai" anticipando che il suo voto sarà contrario. "La provincia di Gorizia non si tocca", ha affermato con tono categorico. Sulla stessa lunghezza d’onda anche il diessino Michele Degrassi: "Questa legge non vedrà mai la luce".
La posizione della Provincia e dei sindaci del Comuni carsici sarà tradotta in un documento, che sarà varato tra oggi e domani e portato all’attenzione dell’assemblea delle autonomie che giovedì potrebbe affrontare l’aspetto politico della vicenda sollevato da Brandolin. Il progetto del Parco del Carso potrebbe infatti, rimettere in discussione l’assetto territoriale della regione. "A Udine e Pordenone - ha sottolineato Brandolin - si guarda con preoccupazione a quanto accaduto nella commissione regionale perché c’è il rischio di allargare il problema ad altre zone della regione, in particolare alla Carnia".
La difesa dell’unità provinciale è stata ribadita dall’assessore provinciale Marco Marincic, che ha parlato anche di "operazione politica della Destra triestina per togliere alle comunità carsiche le proprie autonomie e centralizzare la gestione del territorio". Marincic ha chiamato in causa la legge 38 sulla tutela della minoranza slovena che, a suo dire, viene stravolta dalla proposta istitutiva del Parco del Carso che toglie ogni possibilità di intervento alle comunità locali.
E di un ruolo più incisivo da parte dei comuni si è fatto portavoce Mario Lavrencic, sindaco di Doberdò del Lago e commissario della disciolta Comunità montana del Carso. "Avevamo avanzato una proposta per la creazione del Parco del Carso - ha detto -; era stata accettata da tutti, ma poi è stata bloccata dalla Provincia di Trieste. L’abbiamo modificata affidando la pianificazione del parco alle due Province, ma è arrivato un nuovo no da Trieste".
Ma Lavrencic è anche concreto: "Dobbiamo riportare il dibattito in un clima sereno perché questo parco prima o poi dobbiamo farlo e con criteri accettabili da tutti. E lo si può istituire se i Comuni saranno i principali interlocutori. E in questo senso c’è già la legge regionale 42 sui parchi naturali. Non serve un’altra legge".
Su questo concetto si è soffermato pure il consigliere regionale Enrico Gherghetta che ha fatto fuoco e fiamme in commissione contro la proposta di legge e in particolare contro gli emendamenti presentati da Staffieri che hanno stravolto il testo originario firmato dal verde Puiatti. "La Regione non può delegare ad altri quanto è di sua competenza - ha tuonato l’esponente diessino -. La Provincia di Trieste assume competenze improprie, sia nei confronti della Provincia di Gorizia che nei confronti della Regione, costruendo un vero e proprio sistema parallelo, che se esteso a tutto il Friuli Venezia Giulia segnerà la fine della regione stessa".
I Comuni, e lo ha sottolineato ancora Lavrencic, temono di trovarsi dinanzi a un parco con troppi vincoli, per di più imposti dall’alto. Infatti il disegno di legge in discussione in Regione prevede nella fascia triestina un’area ristretta con mille vincoli. Per la parte goriziana del Carso l’area è quella indicata dalla Comunità montana, ma i vincoli restano stretti. "Noi vogliamo un parco intercomunale meno impegnativo per poi demandare al Piano conservazione sviluppo le differenziazioni - ha aggiunto Gherghetta -. Un’area verde protetta, infatti, vede insieme piante, animali e persone. Senza una di queste o diventa imbalsamata o muore. Per questo c’è bisogno del consenso dei Comuni". (Il Piccolo)

Patto isontino anti-Trieste

Siglato un documento contrario all’annessione I Ds: un piano e un’ingerenza indecenti

Dopo le denunce a distanza, la battaglia continua dunque anche nelle sedi istituzionali: nella riunione dell’Upi, in programma ieri sera, nell’assemblea delle Autonomie locali, fissata per il 5 febbraio, e tra i banchi del Consiglio regionale, non appena la proposta di legge sarà discussa anche in aula. Proposta che nell’incontro organizzato ieri in Provincia, il consigliere regionale dei Ds Michele Degrassi ha definito "un abominio", il sindaco di Doberdò del Lago, Mario Lavrencic, "un’indecenza" e il vice-sindaco di Gorizia, Alessandro Bon, "un aborto".
Dure le critiche sollevate dall’assessore provinciale Marko Marincic, che ha parlato di "violazione del principio di competenza territoriale" e che ha giudicato la proposta "un tentativo di togliere alla comunità slovena, presente in misura predominante nel territorio carsico e nella da poco soppressa Comunità montana, la possibilità di autogoverno del territorio".
Dello stesso tenore anche le denunce del consigliere regionale dei Ds, Enrico Gherghetta, che ha illustrato i “punti deboli” del testo: "Nella zonizzazione si sono usati due pesi e due misure: per Trieste è stata elaborata una mappa con ambiti ridotti, per Gorizia una mappa con massima estensione. La legge, inoltre, prevede un’ingerenza della istituzione Provincia nell’Ente gestore del Parco. Particolare che non era invece previsto dalla legge regionale 42/96, ancora vigente e della quale la “legge Staffieri” (il consigliere di Fi che ha riesumato e stravolto a suon di emendamenti il progetto originario della Comunità montana del Carso, ndr) è una perfetta fotocopia".
Attorno al tavolo, anche il consigliere regionale del Patto per l’autonomia Roberto Visintin e gli altri sindaci dei Comuni interessati (oltre a Doberdò, Monfalcone, Ronchi, Fogliano Redipuglia e Savogna). Riserve sono state espresse anche sul tipo di configurazione scelta per il parco: "E’ un’area fortemente abitata e quindi ricca di possibilità di sviluppo anche economico. Ma di tutto questo - ha concluso Bon - la proposta non parla affatto".
(Il Messaggero Veneto)

Gentilini: "Toglieremo le dighe dal Sile"

Da eliminare i salti d'acqua delle centrali di ponte San Martino e ponte della Gobba
E Confortin chiede l'"acquavelox" contro i motoscafi

Il Comune non rinnoverà la concessione all'Enel per le dighe di ponte San Martino e ponte della Gobba (meglio noto come "dea Goba"). Annuncia che farà pressione sul ministro dell'Ambiente, per far "sgomberare" le due dighe. Gentilini vuole il Sile navigabile in tutto il tratto cittadino, sogna battelli che a velocità ridotta facciano vedere ai turisti la bellezza del fiume e di quanto vi si affaccia, da Canizzano fino a Fiera. Chiede al Parco del Sile che si ripristini tutta l'area degli ex mulini di Canizzano, il bacino dei kayak, che la giunta ha ribattezzato "Porta del Leon", a costo di espropriare tutto. L'ha annunciato ieri a Ca' Sugana nel primo confronto tra amministrazione e la nuova giunta dell'Ente Parco, guidata da Antonio Confortin.
"Quelle centrali sono arcaismi, posso capire che negli anni '50 si poteva ancora cercare energia, ma oggi, che ti colleghi con un cavo e la importi dal paese che vuoi a metà prezzo, non hanno più alcun senso, sono impianti residuali" - ha tuonato il sindaco.
La strategia di Ca' Sugana è già stata definita: all'Enel è stata comunicata l'indisponibilità a rinnovare la concessione per i due impianti. "Sì, metteremo in mora l'ente - conferma il sindaco - e dopo aver sollecitato invano l'Ente Parco, siamo pronti a muovere anche il ministro all'ambiente Matteoli". Il primo cittadino ha dettato il suo piano per il Sile nel capoluogo: recupero dell'area ex mulini di Canizzano, dietro l'aeroporto militare, a costo di ricorrere all'esproprio se la trattativa con gli eredi del propriteario dlelo stabile (avrebbero chiesto 1 miliardo e mezzo di lire, all'ente Parco ndr) non dovesse andare in porto. Poi l'imbarcadero a Villa Letizia risistemata, e alveo tutto agibile per i battelli turistici.
Confortin, dal canto suo, ha ricordato le difficoltà in cui si muove il Parco, la passione del direttivo, ma anche i mille progetti in cantiere (didattici, ecologici, la nuova sede con stanza computer, la "Treviso Ostiglia" e i ponti in ferro, il parco produttivo con radicchio, asparago e patata americana, fino ai due impianti di fitodepurazione) ha ringraziato il "piccolo sponsor di San Leonardo", ha sollevato il problema della velocvità dei motoscafi: "Inutile anche mettere i rangers su una pilotina in mezzo al fiume, non si dovrebbe andare a più di 8-10 chilometri l'ora, corrono tutti a 20-25. Il moto ondoso smangia le rive e crea uno strato di melma che accorcia il letto del fiume. La Finanza non fa controlli, invano li sollecitiamo da anni". Insomma, urge l'"acquavelox". La navigabilità a Quinto, da ponte Barbazza fino alla Rostae oltre, sarà invece riservata a barchini con le pertiche, in versione Amazzonia, con un rigoroso controllo dei flussi su un'area così delicata.
Nemmeno a margine, le doglianze finanziarie di Confortin. Il Parco può contare su 400 mila annui, ma deve pagarci 7 dipendenti.
Altri parchi hanno 30-35 dipendenti della Regione, o ricevono fondi assai superiori. Indennità? Il presidente riceve 380 lordi mensili, i consiglieri 190 . Sono Erich Zanata (Lega), vicepresidente; Maurizio Zorzi, Arturo Pizzolon, Nicola Gumirato (Lega), Lewis Trevisan, il forzista Giancarlo Iannicelli (assente giustificato, riceveva Casini a Istrana). Ora il concorso per il funzionario di 8º livello, erede del direttore Giuliano Carturan "silurato" tre anni fa. Ultima curiosità: Confortin ha lamentato l'impossibilità di costruire ponti in legno sul Sile, e di dover ricorrere ai passi-barca (traghetti di zattere con funi) in due punti, per garantire continuità alle alzaie. Domanda: perché non chiede come fare proprio a Dino De Poli, che ne ha eretto uno in pieno centro città? (La Tribuna di Treviso)

"Settecento cigni sono troppi per il Sile"

Ma oltre alla richiesta di decimarli Gentilini ha invitato il Parco a eliminare le centrali elettriche e sistemare il tratto morto

I cigni che devastano l'equilibrio faunistico del Sile nel mirino del Sindaco. Giancarlo Gentilini non ha avuto dubbi nel lanciare il suo anatema ieri mattina di fronte al Comitato esecutivo del Parco del Sile: "I cigni sono diventati un pericolo pubblico e vanno decimati perché distruggono la fauna minore". Imputati questa volta sono dunque i più di settecento cigni che vivono lungo il corso del Sile, uccelli altezzosi ed eleganti, ma anche territoriali e aggressivi, anche nei confronti dell'uomo, soprattutto se esemplari maschi. "Intorno a loro - ha detto il Sindaco - fanno piazza pulita e stravolgono l'equilibrio ambientale del fiume".
Quello di Gentilini è un diktat vero e proprio, pronunciato ieri nel corso del primo incontro a porte aperte con i vertici del Parco del Sile. E, a dir la verità, è solo una delle cinque richieste inoltrate a chiare lettere al presidente dell'Ente, Antonio Confortin, a seguito della presentazione al primo cittadino degli obiettivi che il nuovo consiglio direttivo si è prefissato nell'ottica di un ampio progetto di recupero e rivalorizzazione dell'area. Ma sulla questione dei cigni non sono mancate le risposte immediate da parte del Comitato esecutivo del Parco: è già stato raggiunto un accordo con la Provincia per un'opera di contenimento dei pericolosi uccelli, progetto che consiste nell'individuazione dei nidi e conseguente intervento sulle uova per impedirne lo sviluppo.
Confortin ha annunciato impegni di progetti su diversi fronti, dalla pulizia delle sponde e del letto del fiume (i lavori partono il 4 febbraio) al recupero dell'area delle Risorgive, la Porta dell'Acqua, la prima porta, quella più rappresentativa, nei pressi della quale è previsto un centro visite per scolaresche e turisti e un punto di ristoro. Ma è previsto anche il completamento del progetto di percorso ciclo-pedonale delle Alzaie, inclusa la realizzazione di due passi-barca, uno a Cendon, l'altro a Quarto d'Altino. E ancora, due impianti di fitodepurazione, il recupero dell'ansa di S. Michele Vecchio, la valorizzazione del territorio compreso tra ponte Barbasso e l'Oasi di S. Cristina, "come l'Amazzonia", secondo Confortin.
Per concludere con il potenziamento della vigilanza, soprattutto per ovviare al problema della elevata velocità dei motoscafi nel corso medio e basso del fiume, e la salvaguardia della navigazione con barche a pertica. Ma Gentilini, dopo aver ascoltato con attenzione i progetti del presidente, non ha potuto evitare di richiamare tutti all'ordine: "Il Sile è conosciuto in tutto il mondo - ha avvertito - dunque occhio alla penna e far le cose velocemente. Quando l'Ente Parco del Sile è nato si muoveva come un elefante, ma ora che avete la benzina è importante che lo facciate funzionare". Ed ecco la ricetta del Sindaco: eliminare le due dighe in territorio trevigiano (Ponte S. Martino e Ponte della Gobba), agire immediatamente sul tratto di Sile morto "in putredine", espropriare e sistemare il residuo di edificio a Canizzano, al Ponte dei Leon, sfruttare turisticamente la bellezza del Sile con dei battelli che lo percorrano dalla Canottieri fino al Ponte dei Leon. (Il Gazzettino)

Portofino, le capre selvatiche rischiano la deportazione

La direzione del Parco: devastano l’ambiente, vanno affidate ai pastori. Gli ambientalisti si mobilitano

CAMOGLI (Genova) – Tempi duri in vista per le capre selvatiche che da decenni vivono allo stato selvaggio all’interno del Parco Naturale Regionale di Portofino. E’ di questi giorni la proposta di catturarle e consegnarle alla custodia di alcuni pastori. Motivazione ufficiale: distruggono l’habitat naturale. L’ordine di sfratto porta la firma del presidente del Parco, Renato Dirodi. Che spiega: "Ho dato corso alla nuova delibera perché le capre stanno distruggendo l’habitat del Monte e la loro prolificità rischia di aggravare le situazione. Se non provvediamo al più presto ad allontanarle dall’intero territorio tra qualche anno il loro numero raggiungerà le mille unità. E poi giorni fa alcune capre hanno danneggiato delle auto parcheggiate nella zona di San Rocco". Ma quanti sono gli animali che stanno mettendo a ferro e a fuoco il parco di Portofino? Non esistono cifre ufficiali. Secondo i dati forniti dalla direzione del Parco potrebbero essere poco più di un centinaio. Eppure trovarle non è facile. Per vedere da vicino le terribili capre bisogna arrampicarsi sul Monte: percorrere sentieri stretti, lungo la "via dei tubi", una pista che prevede anche l’attraversamento di gallerie buie scavate nella roccia. Ore di cammino ma la fatica è premiata. A picco sulle sporgenze che si affacciano sulla Ca’ dell’Oro ecco il primo gruppo. Da lontano sentono la presenza dei visitatori, ma continuano a brucare anche se a turno una di loro si trasforma in una vedetta per seguire le mosse degli "intrusi".
Sono belle, integrate nell’ambiente. Si muovono con attenzione. Brucano rapide, ma sempre vigili. Poco distante il capo branco segue con attenzione il gruppo sparso tutto intorno. Sono non più di una decina. Impossibile avvicinarsi. Sono diffidenti e appena fiutano il pericolo fuggono nella vegetazione. Un’altra ora di cammino ed ecco in lontananza, su alcuni costoni, un altro gruppo di capre. Eleganti saltano da una roccia all’altra. Non dovrebbero essere più di quindici esemplari. Il rumore di un ramo spezzato le mette in d’allarme e spariscono. In una giornata sul campo è stato possibile individuare solo due piccoli gruppi: difficile parlare di un’invasione.
Sono pericolose per l’habitat? A più riprese il professor Donato Matassino, responsabile per l’Italia del progetto di tutela della biodiversità della Fao, le ha difese. "La decisione di portarle via che non ha motivazioni. Ho studiato per mesi quel tipo di ruminanti e posso rassicurare i vertici del Parco. Sono animali che non procurano alcun danno all’intero ecosistema. Su un’area così vasta possono vivere senza creare problemi sino a 150 capi. Ho presentato una corposa documentazione alla direzione del Parco ma nessuno si è mai degnato di rispondermi".
Già la precedente gestione del Parco aveva deciso di affrontare il problema delle capre. Alla radice: con una delibera che autorizzava l’abbattimento a colpi di fucile. L’Ente protezione animali di Camogli aveva lanciato l’allerta, mobilitando gli ambientalisti. E ora sempre l’Enpa riscende in campo contro la deportazione. Perché togliere le capre dal paesaggio di Portofino sarebbe un po’ come voler cacciare gli stambecchi nel Parco del Gran Paradiso.
(Il Corriere della Sera)

Il Parco del Lura all’esame di sette Comuni

Pronta la bozza del progetto per un’area protetta lungo il primo tratto del corso del torrente

GIRONICO È pronta la bozza del progetto per l’istituzione del parco lungo il corso del torrente Lura, incarico affidato agli architetti Gianfredo Mazzotta e Corrado Tagliabue . Il documento verrà a breve presentato e discusso dai rappresentanti dei comuni che hanno aderito alla nascita del parco. La notizia dell’incontro per l’esame del documento è stata data dall’assessore all’ambiente Paolino Strambini . "La prima bozza è stata già redatta dagli architetti incaricati; ora si tratta di prenderla in esame per le eventuali correzioni e aggiustamenti: dobbiamo solo concordare sede e giorno dell’incontro fra gli amministratori firmatari dell’accordo di programma". I Comuni interessati all’istituzione del parco lungo la valle del torrente Lura sono, oltre al capofila Gironico, Faloppio, Lurate Caccivio, Montano Lucino, Olgiate Comasco, Uggiate Trevano e Villaguardia. Sindaci e assessori si troveranno, dunque, prossimamente seduti a un tavolo per delimitare e circoscrivere l’area interessata e finalizzata alla nascita del parco. In particolare gli amministratori saranno chiamati, dopo oltre un anno di incontri e discussioni, a individuare e definire le aree di maggiore pregio, sia dal punto di vista naturalistico che paesistico, che dovranno far parte del parco di interesse sovracomunale. Nello stesso incontro, oltre all’aspetto paesistico e territoriale della zona interessata, verranno quantificate da parte dei progettisti le spese a cui gli amministratori dovranno andare incontro nella gestione dell’area protetta, spese che verranno ripartite secondo un criterio da tutti concordato. (La Provincia di Como)

Il parco, "paradiso" agricolo

Un convegno del gruppo regionale dei Verdi
Le coltivazioni di qualità vanno di pari passo con la tutela dell'ambiente

Viggianello Agricoltura di qualità e difesa dell'ambiente. Un binomio che esce rafforzato dal convegno di Viggianello organizzato dal Gruppo Consiliare dei Verdi di Basilicata. Ne sono convinti il presidente della Commissione Agricoltura della Regione, Francesco Mollica, che ha tenuto la relazione introduttiva ed il presidente dell'Ente Parco del Pollino, Francesco Fino. Proprio Fino ha evidenziato come all'interno dell'area che delimita i confini del Parco si sia sviluppata un'agricoltura attenta e rispettosa dell'ambiente. "L'attività agricola - ha spiegato Fino - così interpretata ed il turismo, altra grande risorsa della zona, sono fattori che possono portare al decollo definitivo di tutto il comprensorio. E' necessario però che il legame tra la bellezza naturale del Parco e sfruttamento agricolo trovi un suo equilibrio anche a livello d'indirizzo politico". Una richiesta precisa, quella del presidente Fino, che chiama in causa gli amministratori locali. "Questa è una zona - ha spiegato l'ex parlamentare - dalle grandi potenzialità ancora inespresse. Per usufruirne non bisogna, però, operare alla vecchia maniera con inutili finanziamenti a pioggia. Il periodo dell'assitenzialismo è definitivamente tramontato. C'è bisogno invece di una concreta azione di coordinamento che offra certezze agli operatori". Sotto questo aspetto il presidente del Parco ha sottolineato l'ottimo lavoro svolto insieme all'Alsia nella progettazione di una serie di interventi di consulenza. In perfetta sintonia si è espresso il presidente regionale dei Verdi, Francesco Mollica, secondo il quale l'approvazione del piano triennale potrà contribuire al definitivo decollo delle aree interne della regione. "Questo piano si propone di creare un nuovo modello di attività agricola che non guardi solamente alla produzione, ma che in qualche modo, contribuisca alla tutela ed alla salvaguardia dell'ambiente, delle tradizioni, della cultura del territorio lucano. Lo sviluppo delle tante aziende che insistono nell'area interna della montagna lucana ha necessità di una agricoltura sostenibile che si affianchi ad altre potenziali ricchezze della zona come, ad esempio, il turismo". Coordinamento e collaborazione tra territorio ed amministratori per superare non solo le questioni interne ma anche la sfida lanciata alla nostra agricoltura dall'est europeo.
(La Gazzetta del Mezzogiorno)

Il Parco del Circeo dedica la Biblioteca a Ortese

Il Parco nazionale del Circeo ha dedicato ieri al suo ex Direttore Enrico Ortese la rinnovata e restaurata Biblioteca del Centro Visitatori.
L’intitolazione ha avuto luogo al termine di una cerimonia commemorativa che ha visto la partecipazione di una grande folla di civili e di Forestali, schierati in rassegna, e che hanno seguito con passione i lavori svoltisi presso la Sala convegni e, successivamente, presso la Biblioteca.
Enrico Ortese è stato ricordato dal Commissario straordinario del Parco Generale Salvatore Bellassai, che ha sottolineato gli aspetti di cordialità e, insieme di severità di Ortese, la sua passione per la Natura ed anche la sua capacità di tenere rapporti con la realtà che lo circondava. Mario Priolo, che ha sostituito Ortese nella guida del Parco, ha avuto parole di commosso ricordo del collega e amico, evidenziando i successi che la sua gestione ha consentito di conseguire. Dopo un intervento dello scrittore Stanislao Nievo e il saluto dell’assessore comunale Maurizio Lucci, il Direttore generale del Corpo Forestale dello Stato, Giuseppe Di Croce, ha avuto parole di sincero elogio e di ammirazione per Ortese, del quale ha sottolineato la passione civile e l’intelligenza a fare sinergia con uomini come Valerio Giacomini e Alfonso Alessandrini. Il parroco di Sabaudia ha, quindi, benedetto la targa apposta sull’esterno dell’edificio, e Nirvana Ortese, moglie di Enrico, ha ringraziato la folla che ha lungamente applaudito. (Il Messaggero)
Sarebbe la prima nel Mediterraneo, il Comune cerca fondi

Nel lungomare che verrà una clinica per animali marini

Avanti tutta all’insegna della concertazione. L’ultima iniziativa, grazie all’intuizione del privato, ha trovato disponibile l’amministrazione comunale che ora è alla ricerca di adeguati finanziamenti. L’intervento proposto è quello della realizzazione di un Ecocentro, una struttura di accoglienza per delfini, tartarughe, rettili ed uccelli marini in precarie condizioni di salute: una sorta di clinica per questo tipo di animali che verrebbero curati prima di essere restiuiti al loro habitat naturale. Sarebbe la prima iniziativa di questo genere nel Mediterraneo e la seconda in Europa.
La proposta parte dall’istituto di scienze naturali e biologia marina che opera da anni ad Olbia, in precarie condizioni economiche, grazie all’entusiasmo dei volontari. È guidato da due naturalisti ed un biologo marino che, sino ad oggi, hanno effettuato numerosi interventi per salvare la vita a cetacei insabbiati ed a tartarughe “caretta caretta” travolte da imbarcazioni o con grossi ami infilati nell’esofago. "Abbiamo pensato - spiega il biologo marino, Benedetto Cristo, - che, tenendo conto del gran numero di interventi in queste zone, sarebbe opportuno creare una struttura apposita affiancando al settore sanitario una zona espositiva, senza barriere architettoniche, riservata in particolare ai bambini". Data l’entità dell’impegno e le dimensioni che potrebbe raggiungere, l’istituto ha bussato alla porta del Comune. E l’assessore Pino Masala, per conto dell’amministrazione comunale, non ha fatto cadere nel vuoto l’appello. Ha individuato, nella zona di mare prospiciente il museo archeologico, una vasta area dove realizzare vasconi di diverse profondità per ospitarvi gli animali sofferenti e quelli già operati in attesa di essere rimessi in libertà. Alcuni vani del museo, ormai in fase di ultimazione, sarebbero destinati alla sala operatoria ed alle altre strutture sanitarie. Il tutto formerebbe un compendio specifico da mettere a disposizione delle autorità scientifiche ma anche della curiosità dei visitatori a cominciare dalle scolaresche. "L’Ecocentro servirà anche a stimolare e promuovere il rispetto dell’ambiente marino. Oltre a salvare un gran numero di animali avrà positivi riscontri per un turismo ecologico". Pino Masala ha idee precise anche su come mettere insieme gli oltre 700 mila euro necssari. "Non possiamo che rivolgerci alle casse comunitarie - dice - e per questa ragione stringeremo i tempi per avere tutta la documentazione pronta per l’emissione del prossimo bando". In questa ottica il Comune ha già affidato l’incarico per la predisposizione di un progetto preliminare. La parte scientifica sarà curata dall’istituto di scienze naturali e biologia marina. Gli aspetti più strettamente tecnici e strutturali sono affidati al Gruppo eco studio ambiente e sviluppo sostenibile ed al Gruppo Thompson, entrambi di Torino.
La nuova struttura, se verrà realizzata, è destinata, per la sua posizione stategica, a diventare un punto di riferimento per il Parco Nazionale di La Maddalena, la Riserva marina di Tavolara-Capo Coda Cavallo, il Parco internazionale dei cetacei e, quando sarà costituito, il Parco internazionale delle Bocche di Bonifacio. (L’Unione Sarda)

"Legambiente può proporre, ma non sostituirsi alle amministrazioni"

GROSSETO — "Il ruolo delle associazioni ambientaliste non è quello di gestire il territorio, ma quello di servire da stimolo per le amministrazioni e per i cittadini, segnalando problemi e proponendo soluzioni concrete".
Stefano Gentili, a nome di Legambiente, risponde alle affermazioni del consigliere provinciale di Forza Italia, Roberto Antichi, che in un intervento criticava gli Provincia, Comune, Ente Parco, Consorzio Bonifica e Legambiente per il loro mancato intervento nei confronti del problema dell'erosione delle coste.
"La stessa organizzazione dell'iniziativa Spiagge pulite in primavera — dice Gentili —, è una giornata di volontariato che ha il senso di un evento simbolico, per ricordare agli enti e all'opinione pubblica l'importanza di salvaguardare questo patrimonio, ma certo l'associazione non potrebbe sostituirsi, per fare un esempio, alle amministrazioni nella gestione della pulizia di quel tratto di costa". E Legambiente ricorda "di aver denunciato più volte il grave problema dell'erosione della costa maremmana, e più volte ha proposto alle amministrazioni locali interventi concreti, come durante la scorsa estate quando ha lanciato il Progetto duna, per il ripristino e la conservazione della costa, con il coinvolgimento del Parco della Maremma e degli Enti Locali. Pertanto non ha alcun senso accostare Legambiente agli Enti Locali chiamati in causa e, d'altra parte, è bene ricordare che la Regione Toscana, la Provincia e gli Enti interessati da tempo stanno attentamente lavorando per intervenire sul problema, che non è di facile risoluzione. Il fenomeno dell'erosione è infatti un problema complesso frutto anche dell'intenso sfruttamento del territorio da parte dell'uomo e lo scopo attuale della nostra associazione è quello di promuovere il massimo livello di coordinamento e confronto tra tutti i soggetti coinvolti". (La Nazione)






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