Rassegna del 11 febbraio 2003

"Troppo poco spazio alla caccia"

Ma sono nel mirino anche le aree destinati ai parchi e alle riserve naturalistiche
Le doppiette chiedono un periodo più lungo per le attività venatorie


SCANZANO JONICO – Agguerrita assemblea dei quadri provinciali di alcune associazioni di cacciatori (Enalcaccia, Liberacaccia, e Cpas) nel salone del Palazzaccio Baronale. Nel "mirino" delle "doppiette" materane il ristretto periodo di apertura della caccia ed i parchi "rei" di togliere sempre più possibilità a quel che viene considerato un autentico sport. Nel corso dei lavori, però, è venuto anche un aperto sostegno alla proposta di modifica delle legge di settore presentata dai consiglieri regionali, Maria Antezza (Ds) ed Antonio Pisani (Sdi). Proprio l'analisi e l'illustrazione di questa proposta ha aperto il dibattito presentato da Michele Carone, responsabile locale di Enalcaccia, ed a cui hanno presenziato i segretari provinciali di Enalcaccia, Antonio Quarato, di Liberacaccia, Matteo Carnevale, e del Cpas, Giovanni Greco. "Il Parlamento - ha detto Carone - ha approvato una legge di derivazione Europea che dà alle Regioni la possibilità di derogare al calendario ufficiale di apertura (da noi va dal 1 settembre al 31 gennaio) anche se solo per alcune specie. Avevamo chiesto di procrastinare già da quest'anno la chiusura al 28 febbraio ma, chiaramente, visti i tempi, ciò non sarà possibile. Speriamo che possa accadere per la prossima annualità con l'approvazione della proposta di legge presentata dai consiglieri Antezza e Pisani su nostre sollecitazioni". Il dibattito, poi, si è soffermato su altri aspetti del Regolamento in vigore che si vuole modificare. Ad esempio: concedere tesserini annuali a cacciatori provenienti da fuori regione solo se hanno residenza e domicilio in Basilicata e non unicamente la residenza. Negli anni scorsi, infatti, si è assistito ad un arrivo consistente di doppiette extraregionali tramite l'acquisizione del titolo anagrafico. I residenti, infatti, possono cacciare tutto l'anno a differenza dei non residenti che possono avere solo permessi mensili o settimanali dai due Ambiti Territoriali in cui è divisa la provincia di Matera. Le "bordate" più roboanti, ad ogni modo sono state indirizzate contro il mondo istituzionale nel suo complesso. "Andremo sino in fondo - hanno detto Quarato, Carnevale e Greco - per la questione della superficie provinciale a noi interdetta che non può superare il 30% stabilito dalla legge nazionale. Invece, in provincia di Matera, tra parchi, zone di interdizione di strade, ferrovie, abitazioni, centri abitati, spiagge, questa percentuale è stata abbondantemente superata. Abbiamo già fatto ricorso al Tar contro la delibera delle Provincia che ha allargato il perimetro dell'Oasi di San Giuliano. Da un anno attendiamo il giudizio di merito dopo che quello sulla sospensiva si è concluso con una sorta di nulla di fatto. Se avremo torto annunciamo già da ora che ricorreremo al Consiglio di Stato". Va sottolineato, ad ogni modo, che su questa questione il mondo venatorio materano non è unito. L'Arcicaccia, infatti, si è mantenuta fuori dalla contesa legale.
(La Gazzetta del Mezzogiorno)

"Cinghiali, no alle gabbie"

Gran Sasso
Italcaccia contro i Parchi: metodo barbaro

BUSSI SUL TIRINO
. "Quelle gabbie devono essere rimosse". Il presidente della sezione regionale della Italcaccia, Claudio Santurbano, interviene in relazione alle grosse gabbie metalliche per la cattura dei cinghiali messe dalle amministrazioni dei Parchi nel territorio di competenza. Giorni fa in una di queste sono stati catturati sei cinghiali, tra cui una femmina incinta.
E' successo al Vallone San Giacomo e a Pietra Corniale, in territorio di Bussi sul Tirino, ricadenti nei confini del Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. I cinghiali catturati vengono uccisi e la carne ottenuta viene data al proprietario del terreno dove è sistemata la gabbia.
"Lo scorso anno", riprende il presidente Santurbano "sono stati catturati in questo modo, inammissibile e barbaro, più di mille cinghiali. Un metodo che noi non condividiamo per la crudeltà che si perpetua sugli animali. Noi siamo cacciatori: la selvaggina la ammazziamo in libertà, quando la troviamo. Dentro quelle gabbie i cinghiali soffrono fino a morire. Trovare quegli animali prigionieri nelle sbarre, sanguinanti per le ferite che si procurano dando testate alla gabbia, spezza il cuore. Dal mio osservatorio", continua "faccio appello a tutti coloro che si dichiarano protettori degli animali e della natura affinché si mobilitino per mettere fine a questa crudeltà. Mi rivolgo anche alle istituzioni regionali e provinciali che hanno promesso iniziative, ma che non hanno fatto un bel niente".
Il motivo della cattura dei cinghiali è la loro sovrapopolazione, causa dei danni alle colture, ma Santurbano ricorda che ci sono altri metodi per proteggersi da questi animali, come quello delle recinzioni con corrente a bassa tensione. Il problema sarà portato, proprio da Santurbano, al prossimo comitato di gestione dell'ente di Ambito territoriale di caccia (Atp): "Si dovrà stabilire una linea di condotta rispetto a questo problema: la nostra è quella di dire assolutamente no alle gabbie e di usare tutta l'intelligenza possibile per regolare la sovrapopolazione dei cinghiali e tutelare le colture".
(Il Centro)

"Il Parco? Bottino di guerra"

Cilento
Tarallo spara a zero. Lo sostengono gli ambientalisti

VALLO DELLA LUCANIA. "Uno scontro politico per il controllo dei fondi strutturali dell'Unione Europea assegnati per lo sviluppo sostenibile dell'area protetta". Per Legambiente, Lipu, Fai WWf, Italia Nostra è questo l'obiettivo del commissariamento del Parco del Cilento e Vallo di Diano, gestire la spesa del Pit. "Una dotazione finanziaria che alla Regione ci siamo guadagnati on le nostre forze", rivendica il presidente ''licenziato'' Giuseppe Tarallo, già spodestato da un commissariamento nel 2001. Tarallo si dice pronto di nuovo al ricorso al Tar assieme ai 12 componenti del direttivo revocati dal ministro Matteoli. Ad affiancarli ci saranno le associazioni ambientaliste, molto critiche nell'applicazione della legge sullo spoil system alle aree protette. "Il merito maggiore dell'amministrazione guidata da Giuseppe Tarallo - spiegano - è di aver scommesso sul concetto di sostenibilità. L'iniziativa di Matteoli conferma la volontà di trasformare la gestione dei parchi in bottino di guerra politico per chi vince le elezioni". Tarallo conferma questa ''lettura''. "Sono pienamente d'accordo sui tre punti sollevati dalle associazioni ambientaliste. Il primo, il controllo dei fondi: ce li siamo guadagnati da soli come Parco, il Ministro ha il merito, al rovescio, di non averci mai sostenuto. Il secondo: i parchi non possono diventare bottino di guerra, altrimenti scompaiono. Alla Casa delle Libertà locale non importa nulla del Parco, anche perché in passato sono stati i primi ad osteggiarlo, ma come mezzo di spesa dei fondi (il Pit, ma anche altri finanziamenti europei) e come struttura di controllo degli amministratori locali, sia del centrodestra sia del centrosinistra, e degli operatori. Una scacchiera di conquista di Provincia e Regione, una rivincita della Cdl, che peraltro è divisa al suo interno, nei confronti di Bassolino. E i principali fautori sono Antonio Cuomo, candidato in pectore alla Provincia, e Antonio Martusciello". Il ricorso sarà pronto a giorni. Il collegio difensivo sarà lo stesso che due anni fa ottenne dal Tar il reintegro di Tarallo. (La Città)

"Sul Parco atti di prepotenza"

CILENTO
Le accuse del centrosinistra sul commissariamento bis, il Polo applaude

Commissariamento numero due del Parco del Cilento: le reazioni non si fanno attendere, mentre Tarallo sta valutando quali azioni mettere in campo. Il ricorso al Tar è la via più logica. Per questo motivo il verde di Montecorice si è consultato con i suoi legali e non esclude di ricorrere allo stesso collegio difensivo schierato all'epoca di Rivelli.
Intanto, la designazione del super-funzionario ministeriale Aldo Cosentino ha provocato reazioni differenti nei sindaci e nei parlamentari della zona. "È triste: ora il Parco sarà immobilizzato di nuovo - dice il primo cittadino di Ascea, Emilio Puglia -Speravamo che il pit fosse l'occasione buona per garantire un reale sviluppo al territorio e un decollo definitivo all'ente. Ora, invece, continueremo a subire i vincoli del Parco senza vederne i benefici".
Della stessa opinione è l’onorevole Ettore Liguori che promette di spostare la battaglia pro-Tarallo anche a livello parlamentare. "Il Parco - dice Liguori - è diventato un momento di conflitto perenne. Stiamo diventando famosi per questi commissariamenti. Ma ancora una volta si è consumata un'ingiustizia grossolana: il presidente in carica non è inadempiente, quindi non si poteva commissariare. È un atto di prepotenza e una storia già vista. Con un'unica variante: invece di scegliere un candidato non eletto di Forza Italia, si è preferito un funzionario ministeriale".
Di tutt'altro parere sono gli amministratori del centrodestra, come il sindaco di Vallo, Antonio Sansone. "Penso che il Ministro abbia fatto una buona scelta, seppur temporanea - spiega Sansone - Cosentino è un funzionario di altissimo livello, su cui non si può trovare nulla da ridire. Accompagnerà il passaggio alla nuova presidenza".
Un'esortazione a velocizzare i tempi viene, invece, dal primo cittadino di Castellabate, Costabile Maurano, che dice: "Questo momento di riflessione ci voleva, ma non deve durare troppo. Nel Cilento abbiamo bisogno di organismi efficienti e efficaci che diano sviluppo alla collettività e spendano le risorse bene e in modo imparziale".
Più diretto è il commento dell'onorevole Franco Brusco: "È giusto che il ministro abbia indicato un candidato coerente con la sua linea politica - spiega il deputato - Tarallo, invece, ritenendosi investito da chissà quale potere o di aver superato un concorso, pensa di essere stato penalizzato. La sua mi sembra una posizione poco rispettosa delle leggi e delle istituzioni. Non ci sarà nessuno stop alla gestione dell'ente, ma se così dovesse essere non sarà imputabile al governo che cerca solo di applicare una legge, ma a chi fa ostruzionismo per conservare una poltrona". (Il Mattino)

Parco, bocciato Di Benedetto

Abruzzo
Era stato nominato per tre anni, ma "può essere soltanto il coordinatore dell’ente"
Per il Ministero non ha i requisiti per fare il direttore

SULMONA
- Il Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise è senza Direttore Generale. Il Ministero dell'Ambiente, con lettera del 23 gennaio, prot. Dcn/3d/2003/1274, ha annullato la delibera n. 118 del 19 dicembre 2002 con la quale il Consiglio Direttivo nominava dirigente amministrativo e direttore generale il dott. Aldo Di Benedetto, che ha retto l'Ente praticamente dal "giorno delle cimici".
Nella sua nota il Ministero, oltre che a segnalare l'inopportunità di riunire in capo ad una sola persona le due cariche, ha ricordato le norme di legge previste per la nomina di un direttore di parco e ha consigliato di nominare lo stesso Di Benedetto "Coordinatore tecnico amministrativo "secondo le procedure previste dalla normativa vigente, con contratto a tempo determinato non superiore a sei mesi, rinnovabile per ugual periodo".
Vale la pena ricordare come il Consiglio Direttivo nell'autunno scorso aveva deliberato, con il voto contrario del Vice presidente Eustachio Gentile, di proporre al Ministero la nomina a direttore generale per tre anni il dott. Di Benedetto. Il Ministero chiese chiarimenti sulla procedura e, pare, anche sul compenso, sembra 90.000 euro lordi annui. I chiarimenti, o meglio una deliberazione tutta diversa, quella all'inizio ricordata, è stata inviata in dicembre e la risposta del Ministero dell'Ambiente è stata quella prima citata. Già perché la legge prevede che i Parchi, per la nomina dei loro direttori, debbano attingere una terna di nomi prelevata da un "albo" che si trova presso il Ministero dell'Ambiente. L'aspetto curioso è che questo albo non è ancora pronto e comunque che il dott. Aldo Di Benedetto, in quanto validissimo dirigente medico della Asl di Avezzano e Sulmona, non poteva esserci iscritto. La precedente nomina, quindi, è stata resa possibile solo dalla momentanea "vacazio" dell'"albo".
Chi sarà allora il nuovo Direttore del Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise che attua lmente ha debiti per 10 milioni di euro? Al momento non si sa. Anche perché il Dott. Di Benedetto potrà essere, al massimo, nominato Coordinatore tecnico amministrativo, nomina che potrebbe avvenire nel corso del prossimo consiglio di venerdì 14 febbraio.
Ma i problemi del Parco non sono solo questi. Eustachio Gentile in una lettera inviata al Direttore Generale del Ministero dell'Ambiente, Dott. Aldo Cosentino, contesta la dichiarazione di incompetenza del Ministero al ripiano dei debiti dell'Ente. "Che succederà se, oltre ai tanti decreti ingiuntivi arrivati, il Parco si vedesse - scrive Gentile - pignorare il Centro visita di Pescasseroli?". Il rischio che lo storico Parco Nazionale d'Abruzzo si estingua per debiti non è poi tanto campato in aria. Ma a qualcuno interessa ancora che continui a vivere? Auguriamoci proprio di si.
(Il Messaggero)

"Sui precari la Regione è latitante"

Abruzzo
Fiammata: "Per salvare il Parco nazionale d'Abruzzo è necessario presentare subito il piano d'impresa"

L'AQUILA. Potrebbe essere nelle mani della Regione il destino degli 80 lavoratori precari del Pnalm. La stessa Regione che ha lasciato vuota la sedia, per ben due volte, al tavolo convocato dal ministero dell'Ambiente. Trovati i fondi nella finaziaria, adesso quello che serve, secondo la Cgil, è un impegno forte da parte degli enti locali. E il 31 marzo scade l'ultima, inderogabile, proroga.
Il ministero dell'Ambiente non farà ulteriori concessioni: entro quella data va risolta la situazione dei dipendenti precari del Parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise, che aspettano la stabilizzazione. Ma secondo la Cgil, che da un anno sta portando avanti la vertenza dei lavoratori a rischio, che tra l'altro svolgono funzioni fondamentali per la sopravvivenza del Parco, non ci sarebbe la volontà politica di trovare una soluzione. Prova ne è la ripetuta assenza della Regione Abruzzo e della Provincia dell'Aquila agli incontri convocati nella sede del ministero. "Nelle ultime due riunioni, quella del 30 dicembre e del 6 febbraio", ha sottolineato ieri in conferenza stampa Luigi Fiammata, "è stato umiliante constatare la totale indifferenza al problema della Regione Abruzzo. Unica assente, insieme alla Provincia, ad un tavolo che ha invece visto la partecipazione di Lazio e Molise e di tutti i Comuni interessati".
L'attenzione della Regione, invece, sarebbe fondamentale, in questo particolare momento, perché grazie ad un emendamento della finanziaria, approvato su richiesta di tutti i parlamentari abruzzesi, è stato concesso all'ente Parco un finanziamento di 6 milioni di euro per il prossimo triennio. "Fondi strettamente legati alla risoluzione del problema dei lavoratori precari", ha spiegato Fiammata, "che rischiano di rimanere inutilizzati se non viene subito presentato un piano d'impresa del Parco e non si costituisce una società in grado di assumere questi dipendenti. Il nodo della questione, infatti, è che l'Ente Parco, trovandosi in una situazione debitoria pesante, di oltre 10 milioni di euro, non può per legge procedere alla stabilizzazione dei precari. Nello stesso tempo, per poter indire un corcorso, anche interno, servirebbe una legge apposita. Due ostacoli che si potrebbero superare, anche su indicazione del ministero, con la creazione di una società esterna, che come organizzazione sindacale riteniamo debba essere mista, pubblico-privata". Ma il soggetto pubblico per eccellenza, la Regione, non sembra rispondere. E il 31 marzo, l'ultima data per salvare il destino dei precari, si avvicina inesorabilmente. (Il Centro)

Precari, accuse alla Regione

Abruzzo

Si avvia a scadenza, fissata al 31 marzo prossimo, anche l’ulteriore proroga concessa dal Ministero dell’Ambiente agli 80 precari del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise e non è stata ancora individuata la società che dovrebbe gestire la stabilizzazione dei rapporti di lavoro. A lanciare l’ennesimo allarme, ieri mattina, è stato Luigi Fiammata, componente della segreteria provinciale della Cgil dell’Aquila. Fiammata ha ripercorso le tappe che hanno caratterizzato l’intera vicenda che rischia di concludersi con la perdita di 80 posti di lavoro. "Nella Finanziaria è stato approvato un emendamento trasversale che prevede l’erogazione di 6 milioni di euro nell’arco del triennio 2003-2005. Questo finanziamento - ha detto - è strettamente legato alla stabilizzazione dei rapporti di lavoro che può avvenire solo con la creazione di una società alla quale demandare il compito di assumere gli 80 lavoratori". In questo senso il ministero dell’Ambiente ha promosso due riunioni che si sono svolte il 31 dicembre ed il 6 febbraio scorso. "Entrambe - ha osservato Fiammata - non hanno visto la partecipazione della Regione Abruzzo e della Provincia dell’Aquila. Francamente per il sindacato è umiliante andare a trattare e ritrovarsi senza i rappresentanti del territorio". Il sindacato auspica che la società sia a prevalente capitale pubblico ma soprattutto, che venga trovata una soluzione prima della scadenza dei contratti, che il Ministero ha già detto di non voler rinnovare. (Il Messaggero)

Le poltrone sotto osservazione - In vista il rinnovo delle cariche

Dolomiti Bellunesi

BELLUNO. C'erano le riserve di caccia, la Provincia e gli esponenti della Lega ieri in Provincia per discutere dei confini del Parco. Quest'ultimo era assente. Non invitato. "Non avrebbe avuto senso", spiega l'assessore provinciale alla Caccia Loris Efrem De Col, "Ho riunito le riserve per ascoltare i problemi sui confini. Che senso avrebbe avuto avere al tavolo anche il Parco? Appena possibile inizieremo a discutere con l'ente e con i Comuni, che hanno il potere di proporre le modifiche alla perimetrazione".
Il caso ha voluto che ieri passasse per la Provincia Renzo Poloni, vicepresidente del Parco. Si è accorto della riunione e sul mancato invito la pensa diversamente da De Col. Meglio dire che è arrabbiato come una tigre: "Arriva a Belluno un sottosegretario per discutere dei confini del parco e noi non veniamo contattati. Molto bene, anzi malissimo".
Poloni si ripromette di raccogliere informazioni sul tandem Lega-Provincia costituito ieri sui temi della caccia e si ripromette di reagire. Può farlo come ente Parco e come consigliere provinciale: "Un'interrogazione per capire che ruolo stia svolgendo la Provincia mi sembra il minimo".
Qualche idea Poloni se l'è già fatta: "Un'altra mossa per mandare a casa il presidente Valter Bonan". Il Parco lavora ormai da sorvegliato speciale. Ci sono scadenze che fanno gola. Il presidente terminerà il mandato nel marzo dell'anno prossimo. Può aspirare alla conferma, ma il centrodestra sta lavorando per sfilargli il tappeto da sotto i piedi. Come sempre gira qualche nome. Si parla di Renzo Fant, assistente del senatore Walter De Rigo ed ex dirigente provinciale, come possibile successore. Titoli permettendo.
Non è questo l'unico obiettivo, ammesso seraficamente da esponenti della Casa delle libertà. Questo ottobre verrà rinnovato il consiglio direttivo del Parco e dovrebbe arrivare a conclusione la proroga del direttore Giuseppe Campagnari.
E le elezioni provinciali? C'entrano anche quelle. Uno dei possibili candidati è Sergio Reolon (Margherita), che punta a riscuotere in voti il lavoro degli ultimi anni come assessore alla caccia. La Lega si mette in mezzo e si propone come paladina del mondo venatorio. (Corriere delle Alpi)

Parco, campagna di inverno contro i confini

Dolomiti Bellunesi
Riserve di caccia, Lega e Provincia alleate per chiedere la revisione del perimetro

BELLUNO
. Santa alleanza tra Provincia e Lega nord. In nome dei cacciatori. E' iniziata ieri mattina la campagna per ottenere la revisione dei confini del Parco. Per l'occasione sono arrivati a Palazzo Piloni il sottosegretario leghista di Treviso Giampaolo Dozzo (politiche agricole e forestali) ed Erminio Boso, il consigliere provinciale trentino della Lega Nord.
Ha fatto gli onori di casa l'assessore provinciale alla caccia Loris Efrem De Col, che sposa la rivendicazione: "Ci sono problemi con i confini e vogliamo aiutare i nostri cacciatori". Palazzo Piloni si è offerto di fare da tramite, possibilmente con una conferenza di servizi che riunisca sindaci e Parco.
Di fronte ai politici ieri i presidenti di dieci riserve di caccia: Belluno, Sospirolo, San Gregorio, Cesiomaggiore, Sovramonte, S. Giustina, Sedico, Ponte nelle Alpi, Longarone, Forno di Zoldo. Interessati anche gli agordini.
Tutto nasce, spiega Loris Efrem De Col, "da una decina di decreti penali che negli ultimi cinque anni hanno colpito una decina di cacciatori trovati all'interno del Parco". Nell'area protetta non si transige sulle armi e chi sbagia paga. "Ma allora deve esserci chiarezza sui confini", spiega De Col, "Oggi non è così e le dieci riserve di caccia propongono una rettifica che veda il confine seguire linee precise, come spartiacque, strade, valli".
Non è sfuggita la campagna d'inverno varata del centrodestra conto il Parco. Ma Dozzo garantisce: "Nessuno lo mette in discussione. Sono convinto che con il buonsenso si potranno risolvere i problemi di ambiguità della tabellazione".
La revisione dei confini dovrà essere proposta dai Comuni e per questo la Provincia riunirà il tavolo con i sindaci e l'ente Parco. Su quest'ultimo De Col prende decisamente posizione: "Speriamo che non sia rigido come fino ad oggi".
Per quanto lo riguarda, Dozzo spiega che lavorerà "per fare capire al ministero dell'Ambiente che si possono avviare certi percorsi. Incontrerà anche il responsabile regionale del Corpo forestale per discutere delle situazioni sgradevoli che si sono create".
Le proposte di revisione prevedono in tutti i casi l'arretramento del perimetro, "ma in misura ridottissima" garantiscono i presidenti delle riserve. Spiega Florio Lazzaris, di Forno di Zoldo: "I cacciatori hanno digerito bene il parco. Chiediamo soltanto un piccolo compromesso, che potrebbe attenuare la tensione". Fa caso a sé la riserva di Belluno. Il direttore Adelchi Bortot ieri ha rinnovato la polemica sui confini del 1993 che avrebbero modificato l'assetto deciso nel 1990 senza che questo fosse obbligato dal decreto del Presidente della Repubblica di istituzione dell'Ente Parco.
(Corriere delle Alpi)

"Praticamente sovietici"

Dolomiti Bellunesi - DAL CARROCCIO
Erminio Boso spiega perché c'è rabbia sui vincoli

BELLUNO. Erminio Boso è alto, imponente e non gli piace viaggiare sui treni con gli extracomunitari. Il consigliere provinciale e regionale della Lega Nord a Trento ha messo in moto la macchina per rivedere i confini del parco: "Mi hanno chiesto un interessamento alcuni cacciatori bellunesi che conosco da anni".
E' un cacciatore?
"Cacciatore, pescatore, ambientalista, amico della montagna".
Perché vi state muovendo contro i confini?
"Tra il provvedimento del 1990 e quello del 1993 sono state fatte alcune furbate. E' logico, più ettari entravano nel Parco, più fondi erano garantiti. Ne sono derivati dei confini tutt'altro che logici e le conseguenze le pagano i cacciatori che subiscono decreti penali pericolosissimi".
Al di là dei confini, la Lega sta dimostrando un certo accanimento contro il parco. Perché?
"No, no. E' una cosa bella, a patto che venga gestito con intelligenza. Invece la gente è costretta a vivere con una serie infinita di "è vietato". La Lega si fa carico della scontentezza nei confronti dei divieti per i funghi, la legna e tutto il resto".
Senza misure di tutela non sarebbe un Parco. Non crede?
"I vincoli devono essere intelligenti e funzionali a rendere questo territorio un gioiello, con malghe funzionanti, campi coltivati e turismo".
Non è questo che sta facendo il parco con i suoi progetti?
"Ma quando mai, è tutto uno schifo. Ci sono alberi schiantati, perché non si può toccare la legna e i prati non vengono sfalciati. Gli uomini del Corpo forestale invece di fare il loro lavoro sono diventati poliziotti. Sembra di vivere sotto il regime sovietico".
Volete la testa del presidente del parco?
"Rivendichiamo soltanto confini certi e spero che ci arriveremo senza entrare in conflitto con l'ente".
(Corriere delle Alpi)

Cacciatori al vice ministro "Confini ancora incerti"

Dolomiti Bellunesi
Ma Bonan: "Revisione dopo il parere dei Comuni"

I presidenti delle riserve di caccia di Sospirolo, Sovramonte, Sedico, Santa Giustina, Cesiomaggiore, S. Gregorio nelle Alpi, Sovramonte, Forno di Zoldo e Ponte nelle Alpi hanno incontrato ieri mattina nella sede della Provincia il sottosegretario all'agricoltura Gianpaolo Dozzo (Lega) per lamentarsi dei confini del Parco nazionale delle Dolomiti Bellunesi. Era presente all'incontro anche l'ex parlamentare trentino della Lega, Erminio Boso. Spiega l'assessore provinciale alla caccia, Loris Efrem De Col, che la Provincia ha messo a disposizione la sede per un problema tuttavia "vero". "I cacciatori si lamentano che per confini incerti, spesso non sulla linea di spartiacque, e per l'assenza di tabellazioni. Sostengono che la cartografia allegata al Decreto del 1993 è imprecisa. Questa situazione è all'origine di anche di guai con le guardie. Credo che con un piccolo sforzo il Parco potrebbe rimediare. Dozzo si è impegnato a sensibilizzare il ministero dell'ambiente, ma si tratta ovviamente di problemi di competenza della Comunità del Parco. Noi sosteniamo i cacciatori in questa vicenda, che si trascina ormai da una decina di anni".
Il presidente del Parco, Valter Bonan, ricorda di essere in attesa dai Comuni di determinazioni. "Alcuni hanno già detto che i confini vanno bene così, altri che ne chiedono l'ampliamento, altri ancora la riduzione. Solo dopo una nostra decisione, che non potrà non valutare anche aspetti fondamentali per un Parco. Sono gli enti locali titolati a pronunciarsi. Loro condivisero a suo tempo i confini, che nel passaggio dalla cartografia di una scala uno a centomila a una scala uno a venticinquemila risultano imprecisi. Una commissione ha lavorato in questi anni per mettere a fuoco la questione. Voglio anche dire che nei casi di bracconaggio contestati non c'entrano i confini". (Il Gazzettino)

Nuove imprese Pollino, al via la fase uno

Si mira a creare un "sistema parco" che sia garanzia di qualità per le attività economiche
Primi incontri con gli imprenditori che compongono il campione di studio del progetto

Entra nel vivo il progetto Nuove Imprese nel Parco del Pollino, elaborato dall'Ente Parco e affidato a Sviluppo Italia.
Sabato scorso a Castrovillari e a Latronico, Sviluppo Italia e il Parco hanno incontrato gli imprenditori "campione", parte dei 340 prescelti, per presentare loro e somministrare un questionario che "scandagli" il mondo imprenditoriale del Parco Nazionale del Pollino e offra elementi utili del contesto in cui operano per raggiungere gli obiettivi del progetto, tra cui quello di stimolare la propensione al lavoro autonomo ed all'auto imprenditorialità attraverso l'opportuna valorizzazione e l'orientamento delle capacità imprenditoriali e di "mestiere" presenti nel territorio del Parco.
I work shop di sabato sono i primi appuntamenti della fase propedeutica del progetto.
Nell'incontro è stato esposto il questionario e interagendo con l'aula - apparsa attiva e interessata - sono stati immaginati che tipo di servizi NipP può offrire. Il fine ultimo del progetto, infatti, è proprio quello di offrire servizi, non di erogare contributi. Servizi che, tuttavia, generano "economia".
Il questionario per le aziende campione è strutturato in modo da richiedere, tra l'altro, informazioni generali sull'impresa, l'ambito di produzione ricoperto (agroalimentare, industriale o manifatturiero, turistico-ricettivo); qual è il target dell'azienda, quali le forme distributive, quali i mercati di sbocco del prodotto o del servizio e così via, sino ad arrivare a richieste specifiche del tipo "quali azioni di supporto programmatico riterrebbe utile per lo sviluppo della sua azienda"; "quali benefici potrebbero scaturire da un'azione di sistema a supporto della sua azienda". E proprio sul "sistema" parco ci si è soffermati per lasciar passare agevolmente il concetto che più che il singolo prodotto/servizio, ciò che si vuole rafforzare è il "prodotto Pollino", in grado di trarre forza da un contesto, il Parco Nazionale del Pollino e da un marchio, quello dell'area protetta per l'appunto, che diventa valore aggiunto per le aziende.
(La Gazzetta del Mezzogiorno)

Un mese di lavoro tra carte e sopralluoghi

Apuane

INCHIESTA PUBBLICA sul progetto di Dolomite spa per la riapertura del sito di Renara, prevista dalla normativa del Parco delle Apuane, era stata chiesta da Italia Nostra e subito sostenuta da altre associazioni e dalla popolazione. Il pool di esperti, coordinato dal garante dell'informazione dell'ente Parco Dora Bonuccelli, era composto da Marco Gorelli, Giuseppe Sansoni e Carlo Alberto Turba (rispettivamente indicati da Parco, Arpat e dai cittadini della vallata). L'equipe ha tirato le fila del paziente lavoro svolto durante questo mese: udienze pubbliche, memorie scritte, testimonianze raccolte, sopralluoghi ed esame della documentazione e degli elaborati progettuali. Chiara la conclusione, che si concretizza nella proposta al Parco di respingere il progetto di recupero della cava in questione. La documentazione relativa all'inchiesta pubblica è consultabile presso le sedi del Parco e a breve sarà pubblicata sul sito internet dello stesso ente (La Nazione)

Longobucco, cacciatori e sindaco ai ferri corti

Sila
A causa della mancata riperimetrazione del Parco (promessa prima delle elezioni)

I cacciatori della cittadina silana tenuto un convegno sul tema: “Parco: vantaggio o svantaggio”. In realtà, sebbene sia stato trattato l'argomento preannunciato, il dibattito dai toni fortemente accesi, è stato incentrato soprattutto su un protocollo d'intesa, sottoscritto, a meno di 10 giorni delle elezioni amministrative del maggio scorso, dal sindaco uscente, poi riconfermato, Emanuele De Simone da una parte e dai responsabili delle associazioni Caccia, Pesca, Allevatori e Industria boschiva, dall'altra Il dibattito ha visto i cacciatori molto adirati con il sindaco, perchè, a loro dire, non ha rispettato quanto sottoscritto nel documento. L'impegno assunto prevedeva che il sindaco ad elezioni concluse rifacesse una perimetrazione del Parco, per ciò che riguardava il territorio a suo tempo designato dal Comune, escludendone alcune zone. Il territorio escluso sarebbe servito ai cacciatori per praticare il loro amato sport. A presiedere i lavori del convegno, oltre a De Luca, che ha aperto i lavori, il segretario provinciale dell'Enalcaccia, Pietro Garro, ed il dott. Vincenzo Oliverio, ex assessore provinciale alle attività produttive. Molto incisivi gli interventi di Garro e Oliverio, che con varie argomentazioni, hanno fatto rilevare i grossi vincoli limitativi che impone il parco ai 21 Comuni che lo compongono. I cacciatori, ha detto Oliverio, non possono uscire da casa con il fucile, neanche per spostarsi da un'abitazione all'altra, perchè incorrerebbero, secondo la legge, in reati penali e nel merito del documento, ha precisato che i politici l'hanno sottoscritto nell'immediatezza delle elezioni, traendone i vantaggi elettorali, pertanto moralmente e politicamente sono stati scorretti. In rappresentanza dei partiti sono intervenuti Ciccio Madeo (Margherita), Luigi Stasi (Ds), Franco Falcone (vice sindaco, di Rifondazione), Mario La Pietra (ex segretario del Ppi) e il sindaco Emanuele De Simone, che nonostante le continue interruzioni ha spiegato le ragioni che lo hanno indotto ad includere Longobucco nel Parco, circa 12 mila ettari, che è la metà del territorio comunale. De Simone, ha continuato a ribadire di rispettare tuttora quell'impegno, ma non ha spiegato se intende promulgare un atto deliberativo di giunta o di consiglio per mantenere quegli accordi. In termini contestatori, per la sezione del Wwf locale, è intervenuto a più riprese, Domenico Flotta. (Gazzetta del Sud)

Sviluppo sostenibile per la Marmolada

Nuovo incontro ieri della commissione che vede riuniti amministratori delle due realtà provinciali e ambientalisti
Floriano Pra, in abbinata con Mario Rigoni Stern, alla Bit di Milano

ROCCA PIETORE
. Non sarà un parco, di nome. Ma di fatto sì. Un "parco" (chiamiamolo così per comodità) del tutto nuovo, che trasforma i vincoli in opportunità di crescita. E di rilancio non solo della Marmolada intesa come ghiacciaio. Ma dell'intero comprensorio che va dal passo Pellegrino al Col di Lana e che presenta fin troppe affinità, fin dalle viscere della terra.
I componenti della Commissione-Marmolada, che si sono incontri ieri pomeriggio a Rocca Pietore, si stanno dando una carica d'entusiasmo.
"In effetti, abbiamo preso gusto a lavorare insieme", ammette Max Pachner, vicepresidente della Provincia, opinione condivisa da Maurizio De Cassan, sindaco di Rocca Pietore, ma anche dai rappresentanti degli ambientalisti (Luigi Casanova di Mountain Wilderness) e del mondo dell'alpinismo (Federico Bressan, del Cai). E abbiamo citato solo una parte della commissione, perché numerosi sono anche i rappresentanti trentini.
Tutti d'accordo nell'assegnare alla Marmolada, partendo ovviamente dalla salvaguardia del ghiacciaio, una nuova dimensione di sviluppo. Quello sostenibile, ben s'intende.
L'importante è fare presto, hanno raccomandato sindaci e altri esponenti delle istituzioni, perché altrimenti la nostra gente scappa, sta perdendo la pazienza dell'attesa.
Ecco, dunque, che anche il progetto di una "Fondazione" che dia continuità al lavoro della Commissione viene traguardata attraverso queste preoccupazioni: non perdere neppure un giorno per il rilancio di queste valli che hanno patito l'emarginazione da troppo tempo. Ieri, pertanto, si è discusso di chanches e debolezze dell'area. Una scrematura necessaria per scegliere i percorsi più opportuni della futura sostenibilità: tante idee nuove su un turismo che sia alternativo ma anche di completamento (quello naturalistico e culturale-storico in particolare) alla pratica dello sci.
Che - si è precisato - va qualificata, piuttosto che massificata.
Ritornano, dunque, gli itinerari della grande guerra che Floriano Pra, assessore regionale al turismo del Veneto, presenterà lunedì prossimo al Bit di Milano, insieme, guarda caso, allo scrittore Mario Rigoni Stern.
Un'altra abbinata di successo, dopo quella con Reinhold Messner.
La Commissione si è data altri due appuntamenti. Il primo è il 24 febbraio, a Canazei.
"E' ancora presto per dire puntualmente quali contenuti avrà la piattaforma che presenteremo alle Province di Belluno e Trento e alla Regione Veneto. Però - sottolinea Pachner - non immaginavo di trovare tanta sintonia fin dalle prime due riunioni. Eppure i componenti arrivano da esperienze diverse".
Un ambientalista "duro" come Luigi Casanova di Mountain Wildernes è d'accordo.
"In modo del tutto informale, senza tante chiacchiere, stiamo perfezionando una metodologia ed un programma di lavoro che neppure si sognano tante amministrazioni di parco, in giro per l'Italia". (Corriere delle Alpi)

Parco e Ancim, ora è polemica

Asinara
L'opposizione contro il sindaco: "Parliamone in aula"

PORTO TORRES
. Il Comune di Porto Torres non ha ancora ufficializzato al ministro dell'Ambiente le designazioni per consentire di procedere alla nomina dei componenti dell'Ente di gestione del parco nazionale dell'Asinara. E, in tal senso, sarebbero già pervenute le sollecitazioni. Intanto scoppia la polemica sulle modalità con le quali l'amministrazione avrebbe gestito il rapporto con l'Ancim.
L'Ancim è l'Associazione nazionale Comuni Isole minori, organismo del quale il Comune di Porto Torres è entrato a far parte in virtù del fatto che l'Asinara ricade interamente nel proprio territorio.
Con un ordine del giorno dettagliato, e ricco di allegati, i consiglieri comunali di opposizione Luciano Mura e Pinuccio Vacca dei Democratici di sinistra, e Maria Loddoni (gruppo misto), hanno sollevato l'argomento che approderà all'attenzione dell'assemblea civica.
I consiglieri comunali - tanto per restare in tema con quanto evidenziato pochi giorni fa con una mozione - sottolineano che "ancora una volta è stato impedito all'organo consiliare di svolgere la propria funzione di indirizzo e di controllo con una azione censurabile sotto il profilo istituzionale". Al sindaco e alla giunta viene chiesto che "relazionino al consiglio comunale sul reale stato dei rapporti tra il Comune e l'Ancim, e sulla iniziativa svoltasi nella sala consiliare inerente il bando della legge 488 e sullo stato di attuazione dei precedenti progetti presentati dall'amministrazione".
L'ordine del giorno prende spunto dall'incontro che lo scorso 16 gennaio il sindaco Gilda Usai Cermelli aveva convocato, invitando gli imprenditori locali a partecipare a una riunione con due funzionari del ministero delle Attività produttive e un funzionario dell'Ancim.
"In quella occasione - sottolineato i consiglieri Mura, Vacca e Loddoni - a una specifica domanda, le personalità risposero di non essere funzionari del ministero e di non avere neppure incarichi istituzionali. Dissero di essere semplicemente amici del sindaco e di essere intervenuti su iniziativa personale del sindaco".
Per ampliare le conoscenze della questione, i consiglieri comunali riportano alla lettura dei deliberati dell'Ancim e ricordano che "al momento del suo insediamento il sindaco Gilda Usai Cermelli aveva trovato l'adesione già formalizzata dal suo predecessore Eugenio Cossu".
Il dossier contiene anche uno spaccato sulle difficoltà interne all'Ancim e sulle contrapposizioni (anche di carattere politico) che starebbero caratterizzando, anche ultimamente, gli equilibri interni all'Ancim e quindi anche i rapporti con gli enti locali che vi hanno aderito.
"Il consiglio comunale non è stato coinvolto - affermano i firmatari dell'ordine del giorno - e la prima uscita ufficiale su una vicenda così importante è stata fatta presentando degli "amici". Noi, invece, chiediamo che il Consiglio venga messo a conoscenza anche sulla fine fatta dagli altri bandi (nell'ambito dell'accordo quadro Dupim) presentati sullo stesso asse grazie al lavoro svolto dall'assessorato comunale all'Ambiente. E, in particolare: riduzione dello sforzo di pesca nell'area marina tramite il pescaturismo; promozione dell'Area marina protetta dell'Asinara; diffusione dei motori fuoribordo a basso impatto ambientale nel parco nazionale dell'Asinara". (La Nuova Sardegna)

La relazione del prof. Tonino Perna sulla “scelta termoelettrica”: Centrali? C'è di meglio..

Aspromonte
Produzione alternativa di energia: via ad “Eolo 21”

CASSANO IONIO – "La scelta di localizzare in Calabria nuove centrali elettriche che usano combustibili fossili è una scelta neocoloniale che va contro gli interessi delle popolazioni e la valorizzazione delle risorse locali". Parole del professor Tonino Perna, docente di Sociologia economica all'Università di Messina, nonché presidente del Parco nazionale dell'Aspromonte. Fanno parte della relazione che avrebbe dovuto presentare sabato sera al convegno sul tema “Energia e ambiente: quale futuro per la Calabria”, organizzato dalla Diocesi di Cassano. Pur bloccato da una fastidiosa influenza il prof ha trasmesso l'intervento, attorno a cui è stata organizzata la discussione moderata dal vescovo monsignor Domenico Graziani. Il prof. Perna ha chiarito che il rischio cassanese di “subire” una centrale termoelettrica è comune a molti altri comprensori calabresi. Dopo essersi retoricamente chiesto perché in Calabria si sia scatenata questa corsa, Perna ha smentito l'ipotesi del fabbisogno regionale, "poiché la Calabria esporta ad altre regioni meridionali oltre la metà dell'energia prodotta. Vi è un accordo stipulato nell'autunno 2000 tra la giunta regionale calabrese e quella lombarda per lo sviluppo di questo settore nella nostra terra. Nessun'altra regione è stata così disponibile ad accogliere centrali termoelettriche". Il docente universitario, poi, ha smentito punto per punto le promesse legate alle ciminiere dei colossi termoelettrici. "Sul piano occupazionale danno un contributo insignificante. Centrali da 500 a 1000 megawatt (quella prevista per Cassano è da 780), quando entrano a regime, offrono un'occupazione media che si aggira sui 20-25 addetti. Sul piano tecnologico è una scelta vecchia e perdente. I combustibili fossili, secondo le più recenti ricerche, saranno sempre meno disponibili a partire dal 2015. Sul piano ambientale le centrali a turbogas hanno un impatto ambientale minore rispetto alle vecchie centrali a gasolio. Ma aumenta l'emissione di anidrde solforosa, decisamente dannosa per le produzioni agricole". Il professore non s'è limitato a criticare le ipotesi centrali, ma ha citato forme alternative per la produzione di energia elettrica. Forse ecocompatibili con la realtà calabrese e soprattutto meno dannose. "Nel 2001, assieme a sette sindaci del Parco nazionale dell'Aspromonte, abbiamo creato una società (Eolo 21) per la valorizzazione delle energie rinnovabili, a partire dal vento. Abbiamo seguito questa strada perché in Aspromonte le condizioni per lo sfruttamento del vento sono molto buone. Diverse aziende nazionali ed estere giravano i paesi della zona offrendo contratti gazie ai quali, in cambio dell'uso del terreno per installare una “fattoria eolica”, offrivano al Comune l'1,5% del fatturato. Con la nostra “Eolo 21” offriremo il 6% del fatturato ai Comuni". Antonio Perna ha poi messo l'accento sulla possibilità di sfruttare il sole per produrre energia elettrica. Un'ipotesi che tempo addietro l'Enea ha elaborato proprio per la Sibaritide, che può contare su un irraggiamento solare di primissima qualità. La chance, però, è stata inspiegabilmente trascurata e dimenticata dai Palazzi. Perché? Al convegno, tra gli altri, era presente il sindaco Roberto Senise, che ha ripreso l'ipotesi centrale termoelettrica per il Cassanese. L'amministratore ha sottolineato il no del Comune nel pieno rispetto della volontà popolare, però ha continuato a citare i grandi benefici che la realizzazione avrebbe garantito all'intero comprensorio. Infine, ha ripetuto che cambierebbe idea qualora ci fosse un movimento popolare pro-centrale.
(Gazzetta del Sud)

Manzolli: "Il Delta è il salotto del Polesine da conservare"

Inceneritore, termodistruttore, termovalorizzatore. Tre parole per dire la stessa cosa: un distruttore di rifiuti. Inceneritore fa venire in mente l'Icmesa di Seveso, quella che emetteva diossina; termodistruttore è un sinonimo (distruzione mediante il calore), ma il sostantivo non piace, dà un impatto negativo sull'opinione pubblica, allora i suoi sostenitori l'hanno ribattezzato termovalorizzatore. Non cambia nulla, ma suona meglio. E chissà che nell'immaginario collettivo, la valorizzazione passi meglio della distruzione. "A Rovigo non vogliono il termovalorizzatore - dice Antonio Dimer Manzolli, presidente dell'Ente Parco - l'ha detto il sindaco Paolo Avezzù. L'ha detto anche l'assessore all'ambiente Luigi Paulon. Meglio, nella sintesi delle loro dichiarazioni, realizzarlo a Porto Tolle, visto che il comune si è autocandidato per ospitare questo tipo di impianto. Non desidero entrare in polemica. Ognuno ha le proprie idee e il diritto di portarle avanti come crede, nel rispetto degli altri. E le mie, sull'ambiente, sono note da sempre. In questo caso non si tratta di essere favorevoli o contrari al termovalorizzatore nell'estremo Delta. Allo stato attuale delle cose si tratta di fare un semplice ragionamento sul futuro del Polesine. Si è detto da più parti che la provincia quasi per "vocazione", è divisa in tre comprensori ognuno dei quali deputato a un tipo di sviluppo: si è parlato del distretto degli spettacoli viaggianti, della giostra, in Alto Polesine; si è insistito sul Medio e Rovigo per ulteriore processi di industrializzazione e servizi. E si è pensato al Basso come polo di sviluppo turistico e per iniziative ecocompatibili. Il Parco, le spiagge esistono e sono richiamo per il turismo. Invece di pensare alla realizzazione di un termovalorizzatore che altro non è che "un inceneritore di rifiuti in grado di produrre energia", cosa migliore sarebbe quella di lavorare in direzione della salvaguardia del Delta che garantirebbe non indifferenti ritorni economici. Come presidente dell'Ente dico che non abbiamo bisogno di un impianto di questo tipo. È un problema che tocca tutti: perché il Delta non è patrimonio dei soli bassopolesani, ma se non è un'esagerazione, dell'umanità. Il Delta è il salotto verde del Polesine e così dobbiamo conservarlo. E qualsiasi iniziativa che possa compromettere questa immagine va respinta. Anche se viene dalla mia stessa parte politica". (Il Gazzettino)

Parco marino, Fitto dice sì

Porto Cesareo
Domani l'assise per la surroga di Vaglio nel consiglio d'amministrazione del Consorzio
Dell'Anna: "Vanno sostituiti i tre componenti neretini"

Area marina protetta di Porto Cesareo: Fitto dice sì mentre Nardò si prepara alla nomina del terzo membro che andrà a prendere il posto di Antonio Vaglio nel consiglio d'amministrazione. Intanto, l'onorevole Gregorio Dell'Anna lancia la "sua" soluzione: i neritini devono essere considerati "a tempo" perché nominati dal commissario prefettizio. Il presidente della Regione ha firmato da tempo il nulla osta al consorzio fra i tre enti. Intanto, domani, il Consiglio comunale si appresta a procedere alla surroga del decimo membro (il terzo neritino di diritto) che andrà a prendere posto nel consiglio di amministrazione, sostituendo il dimissionario Antonio Vaglio, e sedendosi accanto agli altri due: Riccardo Leuzzi e Giovanni Però, nominati dal commissario prefettizio. L'argomento, ritirato già una volta, è stato al centro di discussioni nella maggioranza; ora pare che la quadratura del cerchio sia arrivata con un accordo a favore di un socialista. Il 14 si riunirà l'assemblea dei soci composta dai sindaci di Nardò e Porto Cesareo, Vaglio e Fanizza, e dal presidente della Provincia Lorenzo Ria. Nell'attesa del Consiglio, l'onorevole Dell'Anna apre il fuoco di sbarramento: "Le nomine fatte dal commissario Prete - dice - devono essere considerate "a tempo" in quanto tutti i provvedimenti dovevano concludersi con l'insediamento della nuova amministrazione. Le scelte fatte dal commissario non sono state concordate con le forze politiche presenti a Nardò per cui, oggi, la rappresentanza del Comune nel consiglio dell'Area marina deve essere espressa dalle forze politiche presenti nell'assise cittadina". Non si tratterebbe più di sostituire il dimissionario Vaglio ma tutti e tre i membri nominati da Prete? "Proprio così - risponde Dell'Anna - e non sono ammissibili ritardi o siparietti che potrebbero pesare nella procedura di erogazione dei finanziamenti che saranno decisi dal Ministero dell'Ambiente d'intesa con la Commissione". (La Gazzetta del Mezzogiorno)

Il presente e il futuro della Riserva delle Torbiere

Torbiere d’Iseo

ISEO - Lo stato ambientale delle Torbiere di Iseo sarà oggetto di un pubblico dibattito che si terrà giovedì 13 febbraio alle 20.30 nell’aula magna dell’istituto Antonietti, in via Paolo VI di Iseo. Promotori dell’iniziativa sono tre associazioni che hanno al centro della loro attività la tutela dell’ambiente: Legambiente Franciacorta, Wwf sezione di Brescia e La Schiribilla. Il programma della serata prevede la presentazione di un dettagliato dossier sulla situazione in cui versa la riserva, redatto dalle tre associazioni; seguirà un dibattito a cui daranno vita i sindaci dei tre Comuni a cui le Torbiere appartengono (Marco Ghitti per Iseo, Giovanni Pagnoni per Provaglio e Pasquale Pelli per Corte Franca), più il presidente del consorzio Torbiere, Giovanni Boglioni e l’assessore provinciale al Territorio, Mariastella Gelmini. Seguiranno gli interventi del pubblico e poi trarrà le conclusioni il responsabile regionale di Legambiente per le aree protette, Damiano Disimine. Il dossier che sta alla base del convegno è il frutto di un lavoro svolto dagli attivisti di Legambiente, Wwf e La Schiribilla, consistito in numerosi sopralluoghi alla zona effettuati in tutte le stagioni. "Bisogna impedire che le Torbiere da riserva naturale vengano trasformate in parco; - sostengono gli estensori del dossier - le Torbiere d’Iseo sono un patrimonio naturale prezioso e invidiatoci da tutta Italia. Questa riserva è il risultato combinato dell’azione della natura e dell’uomo". È stata la mano dell’uomo che ha scavato il materiale dando luogo a un sistema di ampi stagni e di ambienti naturali nei quali hanno trovato il proprio habitat importanti specie animali, tra cui rari uccelli provenienti un po’ da tutta Europa. (Giornale di Brescia)




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