Rassegna del 25 marzo 2003

Il lupo sulle Alpi Liguri: i francesi a "scuola" nei nostri Parchi

DAL MERCANTUR ALLE MONTAGNE DELL´ABRUZZO
A Parigi istituita commissione parlamentare d´inchiesta per studiare il predatore e la convivenza con i pastori

DA Parigi al Parco Nazionale del Gran Sasso d´Italia. I francesi, obtorto collo, hanno finalmente deciso di accettare la presenza del lupo sulle Alpi in particolare nel Parco del Mercantur e per questo motivo è stata addirittura istituita una commissione parlamentare d´inchiesta, formata da politici ed esperti, anche italiani. E per sapere come comportarsi di fronte al predatore più temuto e amato del mondo e soprattutto come difendere le greggi dei loro pastori, i parlamentari d´oltralpe, nelle scorse settimane hanno partecipato a un convegno ad Assergi in provincia de L´Aquila. Ma non solo. Gli inviati di Chirac studieranno a lungo i sistemi che usano da secoli i pastori abruzzesi che, con intelligenza (ma anche grazie a una legge molto severa) riescono a convivere molto bene, con il lupo. E´ questa l´ultima novità che riguarda il grande predatore che da anni ormai si è insediato sulle nostre montagne da dove è arrivato seguendo, secondo alcune teorie a volte contestate, la dorsale appenninica. Tra gli esperti italiani chiamati dai francesi a Parigi, c´è anche il savonese Franco Zunino, segretario nazionale della Wilderness un´associazione ambientalista diffusa in tutto il mondo (l´altro esperto convocato nella capitale francese è lo zoologo dell´Università di Roma La Sapienza, Luigi Boitani). Zunino è uno dei più accesi sostenitori del fatto che il lupo d´oltralpe non appartenga alla specie italiana e che non sia il frutto di una naturale espansione dall´Abruzzo. Le analisi del Dna gli darebbero torto ma l´esperto (che ha lavorato per decenni nel più famoso del parchi italiani, quello d´Abruzzo) sostiene che "il Dna è facilmente modificabile: il lupo in Francia è stato liberato e potrebbe benissimo non essere nemmeno europeo. Se così fosse tutti gli esemplari dovrebbero essere abbattuti o trasferiti nelle loro zone d´origine: abbiamo già abbastanza specie animali e vegetali che non sono nostre e modificano spesso in maniera irreversibile la biodiversità che va difesa a tutti i costi". Un discorso assolutamente legittimo. Tenuto a non rivelare gli atti della conferenza cui ha partecipato nella capitale francese, Zunino non vuole dire di più. In ogni caso il ritorno del "canis lupus" è ormai una realtà. Protetto in tutta Europa dalla convenzione di Berna stipulata negli Anni Settanta, salutato da tutti con grande entusiasmo, a fucilate, invece, dai soliti ottusi sia italiani sia francesi, il padre di tutti i cani del mondo (pochi sanno che ogni specie del miglior amico dell´uomo deriva proprio dal lupo), si trova ormai in pianta stabile anche sui rilievi italiani delle Alpi, specie quelle Liguri. Si segnalano alcuni branchi, peraltro, non numerosi (in tutto i lupi non sarebbero neppure 20) che, senza badare a stupidi confini di Stato, fanno la spola tra Italia e Francia. Il lupo "ligure" gode, tutto sommato, di buona salute. Facendo lo slalom tra bocconi avvelenati, trappole e bracconieri senza scrupoli, riesce comunque a sopravvivere. In Francia gli allevatori che portano le loro pecore a pascolare nel parco del Mercantur lamentano l´uccisione di molti animali. Ma le cifre sono a dir poco assurde: i calcoli parlano di circa 100 animali all´anno abbattuti da ogni singolo lupo (spesso sono invece gli aerei militari che volando a bassa quota spaventano le greggi che, per fuggire, cascano in massa nei frequentissimi burroni). Numeri, in ogni caso, che fanno sorridere ma che, al contrario, servono moltissimo per ottenere i rimborsi dello Stato. Il futuro del lupo, nonostante le rassicuranti notizie che arrivano dal Parlamento francese, non è certissimo. Se si considera che il governo Berlusconi da una parte vuole depenalizzare i reati venatori (la pena per chi uccide un lupo, un orso o un´aquila sarà pari a quella di un divieto di sosta), dall´altra aprire la caccia anche nei Parchi nazionali e nelle aree protette (sono ben 8 le proposte di legge in questo senso), allora si capisce che forse l´ululato del più affascinante dei predatori potrebbe entro breve, spegnersi per sempre. (La Stampa)

La proposta parte dal sindaco di Fisciano Sessa

Parco regionale dei Picentini

FISCIANO. "L'Istituzione del Parco Regionale dei Monti Picentini è molto di più che un semplice protocollo d'intesa tra diversi Enti. Rappresenta un punto di partenza sul quale confrontarsi e un volano economico non indifferente". La pensa così il sindaco di Fisciano, Gaetano Sessa, che ha indetto per venerdì un incontro a Palazzo De Falco. A sedersi davanti allo stesso tavolo saranno i sindaci dei comuni di Acerno, Galvanico, Campagna, Montecorvino Rovella, Castiglione dei Genovesi, Giffoni Sei Casali, Giffoni Valle Piana, Olevano sul Tusciano, San Cipriano Picentino, San Mango a Piemonte ed i presidenti della Comunità montane di Alto e Medio Sele, Zona Monti Picentini e zona Irno. All'incontro prenderanno parte anche i presidenti della Commissioni Agricoltura e Ambiente del Consiglio regionale della Campania, nelle persone degli onorevoli Andrea De Simone e Raffaele Petrone. "E' opportuno unire le forze - ha aggiunto Sessa - per lanciare un messaggio chiaro e preciso e fare in modo che si stringano i tempi per la realizzazione del progetto. E' un'occasione troppo importante che l'intero comprensorio deve sfruttare appieno". Dando attuazione al criterio della progettualità integrata, la Regione ha già individuato le aree del territorio con maggiori necessità e opportunità d'intervento nel settore turistico. Una suddivisione meticolosa che vede divisi Parchi Nazionali e Regionali, città capoluogo, itinerari culturali, filiere e sistemi turistici. Per queste aree d'intervento sono stati previsti finanziamenti del Programma operativo regionale (Por), contratti di programma e sono in fase di attuazione altre leggi regionali d'intervento a sostegno dell'industria e del tempo libero. "Non possiamo permetterci - ha concluso il sindaco Sessa - di perdere un'occasione del genere che ci mette a disposizione una nuova leva per favorire lo sviluppo del terzo settore dell'intero territorio, coniugato ambiente, turismo, salute e natura". (La Città)

Un "PO" di problemi

VIAGGIO NEL PARCO "VIRTUALE" DEL DELTA VENETO

Senza segnaletica, senza risorse, senza guardie. Disegnato in fretta, per non scontentare nessuno. Per esempio: i cacciatori e l’Enel. E ora arriveranno anche i capannoni...
Dov’è l’ingresso del Parco? Ah, siamo già al suo interno? E la segnaletica dov’è? "Ogni giorno visitatori disorientati mi fanno le stesse domande", dice sconsolato Giampaolo Gasparetto, titolare di una "stazione di sosta" presso un’antica corte agricola adagiata ai piedi dell’argine del Po di Venezia. Siamo sul Delta del Po, una delle aree umide più estese del Mediterraneo, un’oasi di straordinaria importanza naturalistica per la compresenza di più ecosistemi, dove transitano e nidificano numerose specie d’uccelli migratori e stanziali. E sarà forse anche perché questo territorio fascinoso, nato dalla sedimentazione del fiume e dall’opera dell’uomo, è un paesaggio che si "muove" nel tempo, né acqua né terra, che il Parco regionale veneto del Delta del Po, per chi vuole visitarlo, sembra davvero "virtuale", senza perimetro, né confini precisi.
In realtà l’area del Parco veneto (la parte emiliana è assai più vasta, pur comprendendo solo il cosiddetto Delta fossile) è di soli 12.000 ettari, quasi completamente composti da specchi d’acqua. Un Parco "a macchia di leopardo" che lascia ampi spazi alle doppiette e alle attività economiche. Più che le tabelle informative, t’accorgi d’esserci dentro per le scritte: "No al Parco", che campeggiano sui muri delle case abbandonate o sulla segnaletica marittima, segni di una battaglia che da decenni vede confliggere le ragioni degli ambientalisti e la tenace difesa della tradizione della caccia.
"Questo Parco è stato disegnato in fretta, con la paura degli amministratori che fosse loro imposto, altrimenti, un Parco nazionale. Non si è voluto scontentare nessuno: sindaci, cacciatori e vallicoltori", afferma Fabio Roccato, coordinatore dell’Associazione amici del Parco. "Basti pensare che tante aree protette dal Parco lo erano già prima, in base alla legge che regolamenta la caccia dentro le valli da pesca. In realtà, i cacciatori avranno perso, forse, un centinaio di "botti" da caccia".
E che il partito degli "anti-Parco" sia forte e radicato lo mostra la storia amministrativa del Comune di Porto Tolle, centro polesano nel cui territorio insiste il cinquanta per cento dell’area del Parco, e che si è sempre rifiutato di partecipare al consiglio direttivo dell’Ente. Nel Comune a più alta densità di cacciatori in Italia esiste perfino l’assessore ai Rapporti col mondo venatorio. Da sempre, qui, chi si allea con il Comitato cittadino "anti-Parco", sia di destra o di sinistra, vince le elezioni. Così è stato l’ultima volta per i Ds locali, nonostante che il partito a livello provinciale e regionale fosse sempre stato a favore del Parco.
Per le prossime elezioni di maggio gli "anti-Parco" hanno trovato stavolta un accordo con Forza Italia. E il presidente dell’Ente Parco è di Fi. "Non siamo i "cattivi" che ci dipingono", ribatte Lorenzo Carnacina, portotollese, leader storico del Comitato. "Un Parco deve nascere col consenso di chi vi abita dentro. Togliamo l’aggettivo "naturale" al Parco e i rigidi vincoli imposti dalla legge-quadro 394 sui parchi, garantiteci la possibilità di governarlo in loco, e diremo di sì. Insomma, un Parco dev’essere come un vestito che ti si attaglia bene". Ma qualcuno vede in quegli abiti soprattutto la divisa del cacciatore.
Ma non è il Parco di Yoghi
"Purtroppo nell’immaginario collettivo l’idea del Parco è stata a lungo quella di un luogo chiuso coi ranger, Yoghi e Bubu", afferma il presidente dell’Ente Parco, Dimer Manzolli. "Invece, la legge istitutiva del Parco, la n. 36/1997, è innovativa perché sottolinea tra gli obiettivi, accanto a quello della protezione dell’ambiente, quello di incentivare le attività economiche compatibili. E in questo spirito verrà definito il "Piano del Parco", che sarà ultimato a fine anno e che vedrà raddoppiare il suo territorio, ma sempre nello spirito della legge 36". Però i piani di sviluppo devono fare i conti con i finanziamenti: l’Ente percepisce all’anno 940 milioni di vecchie lire dalla Regione, "contro i 12 miliardi finanziati dall’Emilia-Romagna per il suo Parco", ricorda Manzolli. Ben poca cosa se non ci fossero i finanziamenti europei (10 milioni di euro) assicurati dai progetti di "Leader Plus" e "Interreg III".
Mancano perfino le guardie, osservano gli ambientalisti. Mentre, paradossalmente, prima dell’istituzione del Parco le guardie provinciali garantivano un minimo di controllo. È anche per questo che il Wwf da tempo chiede l’istituzione di un Parco nazionale del Delta che unifichi il territorio e aumenti la tutela naturalistica. Manzolli e il presidente della provincia di Rovigo, Federico Saccardin, sono invece favorevoli a un Parco interregionale che mantenga le due identità regionali, ma le coordini garantendo finanziamenti più adeguati.
Un futuro a tinte fosche
Ma altre nubi s’addensano sul futuro del Parco veneto del Delta, e ben più minacciose dei fucili da caccia. Il Veneto dei capannoni, saturate le aree produttive del "mitico Nordest", ha da tempo gettato l’occhio sulle campagne polesane con piani di industrializzazione pesante a due passi da lagune e valli da pesca. A Porto Viro è in progetto una zona industriale di 3.700.000 metri quadrati: per capirci, tre volte tanto Gioia Tauro.
Nel Comune di Porto Tolle potrebbe sorgere un villaggio turistico da 10.000 posti, su un terreno da innalzare con due milioni di tonnellate di rifiuti speciali. Un campeggio con una discarica sotto i piedi e una ciminiera alta 250 metri sulla testa. Sì, perché proprio qui, nel cuore del Delta, sorge la centrale termoelettrica dell’Enel, la maggiore centrale elettrica italiana assieme alla gemella di Brindisi. L’impianto, da 2.640 megawatt, capace di produrre l’8 per cento dell’intera produzione nazionale dell’Enel, è sotto i raggi X della magistratura rodigina per le emissioni inquinanti. Costruita negli anni ’80, e accettata allora come unica alternativa all’emigrazione da un Polesine poverissimo, la centrale, per la legge istitutiva del Parco, avrebbe dovuto essere riconvertita a gas metano per ridurne l’impatto ambientale. Oggi l’Enel, invece, propone una meno costosa "ambientalizzazione" a orimulsion, un’emulsione di bitume e acqua, proveniente dal Venezuela, contestata dagli ambientalisti e dalla Regione Veneto. Un solo dato: per desolforare l’impianto verrebbero prodotte (fonte Enel) 860.000 tonnellate l’anno di gessi. Cioè quattro volte la quantità di tutti i rifiuti solidi urbani della provincia di Ferrara. "No, grazie, il Polesine ha già dato tanto", commenta ironico Manzolli. (Famiglia Cristiana)

Il Consiglio di Stato dovrà decidere per il "Cento Laghi"

MONCHIO - Sarà il Consiglio di Stato a decidere sulla vicenda infinita della presidenza del Parco dei Cento Laghi. Il Comune di Monchio ed il suo sindaco Claudio Riani, dopo aver perso i due ricorsi presentati al Tar di Parma, hanno infatti deciso di non arrendersi e di portare le proprie ragioni davanti all'organo giudiziario di livello superiore.
Claudio Riani era stato presidente dell'area protetta fino al 14 ottobre scorso, quando il suo incarico fu revocato per volontà di tre dei quattro membri del consiglio del Parco, la Provincia, la Comunità Montana Appennino Parma Est e il Comune di Corniglio, che nella stessa seduta elessero un presidente pro tempore, l'assessore provinciale alla Viabilità e ai Parchi Villiam Vernazza, in carica a tutt'oggi.
Invocando la presunta violazione ed erronea applicazione dello statuto al momento della votazione e la lesione degli interessi del Comune di Monchio a causa del mancato rispetto degli accordi parasociali stipulati al tempo della costituzione dell'area protetta, i quali prevedevano che la presidenza dell'ente sarebbe stata riservata ad un suo rappresentante, due ricorsi erano stati presentati a dicembre al Tar di Parma, che li ha successivamente rigettati. "Riteniamo di essere dalla parte della ragione - ha detto ieri Riani - e allora perché fermarsi al Tar di Parma se il Consiglio di Stato può esprimere una sentenza per noi positiva?". (Gazzetta di Parma)

La Regione dice "sì" al sistema turistico per i Monti Sibillini

AMANDOLA — E' stato riconosciuto dalla Regione Marche il nuovo Sistema turistico locale 'Monti Sibillini Terre di Parchi e Incanti', che vede l'adesione di 35 Comuni, due Amministrazioni provinciali, tre Comunità Montane, il Parco Nazionale dei Sibillini, oltre alle organizzazioni del ricettivo privato e dell'associazionismo. Il Sistema turistico riunisce enti e associazioni ricadenti nel territorio delle province di Ascoli Piceno e Macerata: è volto alla realizzazione di progetti di sviluppo nel settore del turismo, in contesti omogenei o integrati, “caratterizzati dall'offerta di beni culturali, ambientali e di attrazioni turistiche – si legge nel decreto – compresi i prodotti tipici dell'agricoltura e dell'artigianato locale, o dalla presenza diffusa d'imprese turistiche singole o associate”. Alla luce di questa definizione è facilmente comprensibile come il Sistema turistico locale, in particolare quello dei Monti Sibillini, divenga uno strumento per realizzare efficaci azioni di marketing, mirate, soprattutto, a target di nicchia tipici delle aree interne. (Il Resto del Carlino)

Un boom per il Parco del Delta

Comacchio. Previsti per il futuro investimenti record e finanziamenti della Ue e di enti locali - Bilancio con entrate triplicate a quasi 4 milioni di euro

COMACCHIO. Il Parco del Delta va in traferta a Bari all'Expolevante e si mette un fiore all'occhiello: il suo bilancio presentato tempo fa con molti segni positivi, approvato dal suo consiglio di amministrazione. Il bilancio si è attestato sui 3,5 milioni di euro registrando così entrate quasi triplicate, grazie soprattutto alla scelta di Regione Emilia-Romagna, Provincia di Ferrara e Comune di Comacchio di accordare al Parco la gestione ambientale delle Valli di Comacchio: si tratta dell'area più vasta e ricca di biodiversità dell'intero comprensorio del Delta.
E così, con la parte finanziaria in conto capitale di 1,3 milioni d'euro si è andati a consolidare la rilevante cifra di 12 miliardi di vecchie lire in investimenti dell'esercizio precedente. Fra i progetti del Parco spicca quello finanziato con i fondi comunitari di Obiettivo 2 per il "Master Plan della Costa" che costituirà la prima applicazione gestionale del Piano di gestione integrato delle zone costiere della Regione Emilia-Romagna, tenendo conto dei mutamenti che interesseranno il sistema costiero nei prossimi trent'anni di cui Parco del Delta del Po fa parte a pieno titolo con i suoi 70 chilometri sui complessivi 130 della costa emiliana-romagnola.
Ma anche il nuovo progetto "Life Natura" del Parco per la stazione di Campotto e Valle Santa d'Argenta che si aggiunge agli altri tre punti "Life Natura" del Parco finanziati dalla Comunità europea nell'ultimo anno e mezzo. Quindi su sei "Life Natura" che hanno interessato tutta la Regione Emilia-Romagna quattro sono stati assegnati al Parco: interventi per la conservazione della natura a cui sono stati destinati oltre 8 milioni di euro.
A questo proposito Valter Zago presidente del Parco del Delta del Po non ha dubbi e guarda con ottimismo al futuro prossimo: "Se a questi aggiungiamo i finanziamenti già attivati, sempre grazie all'iniziativa diretta del Parco, con gli accordi agroambientali, con il piano triennale regionale degli investimenti delle aree protette, che gode allo stesso tempo anche di finanziamenti statali, con le varie opportunità finanziarie comunitarie, si può ben stimare in oltre 15 milioni di euro il finanziamento, nel prossimo quinquennio, d'azioni tese alla conservazione della natura e alla promozione dello sviluppo sostenibile. Cifra che raddoppia arrivando alla straordinaria grandezza di 30 milioni di euro grazie all'iniziativa corale e lungimirante degli enti locali soci del Parco stesso".
Il Piano investimenti del Parco prevede numerose azioni tra le quali il Programma di monitoraggio dell'avifauna nel Parco regionale del Delta del Po, per una gestione sostenibile delle risorse ambientali, la pianificazione degli interventi di governo dei siti, la predisposizione di progetti pilota per ottimizzare l'attività di birdwatching, così come il Piano della comunicazione e gli interventi di animazione e progetti pilota per l'attivazione degli accordi agro-ambientali nella stazione Volano-Mesola-Goro.
Un'attenzione particolare alla tradizione e alla storia riserva invece il finanziamento per la realizzazione del "Laboratorio del presidio dell'anguilla marinata tradizionale di Comacchio", accanto al quale sarà allestito il Centro Visita delle Stazioni "Centro Storico di Comacchio" e "Valli di Comacchio". (La Nuova Ferrara)

"No alla riduzione del Parco"

POMEZIA - I Verdi si oppongono alla proposta di legge regionale per il Sughereto

Protestano le associazioni ambientaliste ed i Verdi di Pomezia e della Regione Lazio per la proposta di legge regionale, presentata dal presidente della Commissione Ambiente Luigi Celori, relativa all'istituzione dell'area protetta del Sughereto. Il disegno di legge, secondo Verdi e ambientalisti, ridurrebbe drasticamente l'area protetta rispetto alle perimetrazioni elaborate in passato sia dalla stessa Regione che dalla Provincia e dal Comune di Pomezia che pagarono tecnici esperti per tutelare una zona il più ampia possibile.
"Ci piacerebbe sapere - chiedono i Verdi di Pomezia e della Regione - sulla base di quali nuovi conoscenze scientifiche, visto che già esistono le relazioni degli esperti, il presidente Celori abbia amputato intere fette di parco. Porzioni che peraltro comprendono buona parte dei ritrovamenti archeologici presenti nell'area che erano inseriti in tutte le altre perimetrazioni, anche in quella presentata dal centro sinistra nel consiglio comunale del 3 marzo scorso". E bocciata dal centro destra.
"Non contenta di non accogliere la proposta per un reale polmone verde a Pomezia - spiega Marco Mesturini, consigliere diessino - la maggioranza, sindaco Zappalà in testa, ha previsto la realizzazione di una strada, da costruire con presunti finanziamenti Tav, che colleghi Santa Palomba con Pomezia e Torvaianica Alta e che passerà a ridosso del parco, mettendolo seriamente a rischio".
La perimetrazione più piccola e l'arteria Tav sono "due elementi - denunciano Fare Verde, Comitato promotore Sughereto, le Associazioni Micologica Pomezia, Tyrrhenum e Amici del Pigneto - estranei a un'area protetta e se realizzate taglierebbero le naturali vie di accesso dalla città al parco". (Il Messaggero)

L'Alcantara sta morendo

Ennesimo grido d'allarme degli ambientalisti

Tutti al capezzale di uno dei maggiori corsi d'acqua della Sicilia, l'Alcantara che, dati alla mano, non sembra godere di buona salute. Che il fiume sia malato, moribondo o defunto saranno gli esperti a giudicarlo, ma alcuni giorni fa sulla Gazzetta ufficiale della Regione è comparso il decreto per la stagione balneare 2003 con i siti interdetti per inquinamento. La foce dell'Alcantara è off limits per 1130 metri a cavallo fra le province di Messina e Catania. Il decreto dell'Ispettorato regionale Sanitario con il quale viene ufficializzata la data di apertura e chiusura della stagione balneare, fissa l'avvio l'1 maggio e la conclusione il 30 settembre. Entro il 30 aprile i sindaci dei Comuni il cui territorio è incluso nelle zone vietate alla balneazione per inquinamento dovranno emettere un'ordinanza. Tra i siti interdetti figura la foce dell'Alcantara.
Sul versante di Giardini, la balneazione è vietata per 500 metri a nord del fiume, mentre a Calatabiano il divieto raggiunge i 630 metri sul confine Messina-Catania. Nonostante tutto, l'asse fluviale da riserva orientata sia ormai assurto a Parco regionale, sono ancora numerosi i fattori di inquinamento che minano la vita del fiume. Scarichi fognari provenienti da paesi (anche popolosi) del versante catanese, con Randazzo in testa (è finalmente in avanzata fase di realizzazione il depuratore comunale grazie alla battaglia ambientalista del sindaco, Ernesto Del Campo), scarichi industriali provenienti da alcuni insediamenti produttivi alle porte di Francavilla. Micro e macro discariche costellano ampi tratti del fiume con presenza di rifiuti di ogni genere e tipologia. Abusivismo edilizio e captazioni abusive: questo il quadro di illegalità diffusa con il quale si scontrano, tra l'altro, le forze dell'ordine e l'Ente Parco (che ha indetto una gara d'appalto per la pulizia straordinaria di alcune aree).
L'opinione di Francesco Mantineo. "Mi chiedo – commenta Francesco Mantineo vice presidente della Lipu – che fine abbia fatto il sistema di monitoraggio del fiume. Esiste un progetto di costante sorveglianza della risorsa idrica: sono stati spesi miliardi per la realizzazione di questa “rete” capillare di controllo, con dislocazione di cabine lungo il corso d'acqua. Una di questa centraline è presente nel territorio di Mojo. Come mai è sceso il silenzio tombale su questa rete di monitoraggio? Ma non solo: dopo un sacco di tempo, oltre a non avere dati e cifre in mano sul reale stato di salute del fiume, aspettiamo la perimetrazione definitiva dell'area protetta che il Parco fluviale avrebbe già da tempo dovuto produrre. Insomma, l'Alcantara continua a morire fra l'indifferenza diffusa e assistiamo a belle parole e proclami: sulla tutela del fiume c'è bisogno di impegno concreto, a tutti i livelli. Questo – conclude Mantineo – chiediamo come Lipu da anni, proprio per scongiurare gli effetti nefasti registrati dai dati diffusi in questi giorni". (La Sicilia)

Arcipelago Toscano

PORTOFERRAIO — L'ente parco nazionale ha siglato con il comitato regionale della Federazione Italiana Pesca Sportiva e Attività Subacquee (Fipsas) un accordo per promuovere la didattica ambientale subacquea. Per due settimane, tra marzo e aprile, i commissari dei corsi istruttori e i coordinatori didattici regionali della Fipsas parteciperanno a due sessioni di aggiornamento obbligatorio nelle acque dell'arcipelago per le quali verrà utilizzato per la prima volta anche il mare di Pianosa. I referenti didattici della Fipsas approfondiranno i temi delle moderne tecniche e metodiche di accompagnamento ambientale per istruttori e guide sub. I programmi prevedono ampi spazi per interventi di pertinenza del Parco. In particolare, saranno trattati la normativa del Parco, la biologia marina e terrestre, con la collaborazione del comandante della locale capitaneria di porto, la sicurezza della navigazione ed il soccorso a mare. Prevista anche la possibilità che la Fipsas svolga un ruolo di consulenza tecnico-scientifica per valutazioni e indicazioni sui progetti pervenuti all'ente Parco in materia di divulgazione del patrimonio ambientale sottomarino, fruibilità delle zone subacquee protette, monitoraggio di siti sommersi. (La Nazione)


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