Il Piano di gestione naturalistica del Bosco della Mesola

Gli obiettivi principali: salvaguardia del Cervo della Mesola e perpetuazione del bosco di leccio.

Uno dei più noti boschi italiani, il “Bosco della Mesola”, nel Parco regionale del Delta del Po Emiliano Romagnolo, ha il suo piano di gestione.
Il bosco, che interessa tre comuni della Provincia di Ferrara - Mesola, Goro e Codigoro – ha una superficie totale di 1.058 ettari e comprende una Riserva integrale istituita nel ’71, la “Bassa dei frassini – Balanzetta” di 222 ettari. La sua ricchezza vegetazionale è dovuta al mosaico di microstazioni creato dall’antico sistema dunale: piccole variazioni di quota e di morfologia del terreno producono netti cambiamenti in fattori ecologici quali la disponibilità idrica per la vegetazione, il livello e le caratteristiche della falda, il tipo di terreno. Ciò determina la presenza di bosco igrofilo nelle bassure (Cladio-Fraxinetum oxycarpae), di lecceta sulla sommità delle antiche dune (Orno-Quercetum ilicis) e di bosco mesofilo (aggruppamento a Carpinus e Quercus robur) nelle fasce interdunali parzialmente interrate.
Una simile varietà di habitat produce una notevole ricchezza faunistica. Il cervo (Cervus elaphus), ritenuto originario del posto, rappresenta senza dubbio uno degli elementi naturalistici più significativi dell’area deltizia. Nell’ambiente ricco di canali, boschi in varie fasi di sviluppo, necromassa al suolo ecc., sono presenti insettivori (riccio), carnivori (volpe, faina, donnola, puzzola e tasso), roditori, varie specie di uccelli, rettili e anfibi.

La specie che può essere considerata il fattore chiave della gestione è il daino, in quanto in grado di condizionare lo stato e l’evoluzione successiva dell’ecosistema. Introdotto in tempi abbastanza recenti e mantenutosi per molti anni a livelli di carico molto elevati, è in grado di innescare, a cascata, una serie di effetti negativi per la stabilità dell’ecosistema, agendo direttamente ed indirettamente su tutte le componenti in gioco, in particolare sulla capacità di rinnovazione delle specie arboree, che non riesce più a superare l’altezza di qualche centimetro.
Ma il danno provocato riguarda anche la riduzione della diversità floristica e faunistica, con conseguente cambiamento del paesaggio forestale, e la sottrazione da parte del daino di alimento ai cervi ed agli altri erbivori, come micromammiferi e testuggini.
E’ apparso evidente dunque come per garantire la conservazione dell’ecosistema boscato sia necessario intervenire sul daino, per ridurne drasticamente il numero, agendo in maniera continuativa e capillare.

Rispetto il precedente Piano di gestione naturalistica della Riserva il fattore nuovo è l’ormai riconosciuta peculiarità del cervo della Mesola, verificata mediante analisi genetiche e biometriche. Il Bosco della Mesola ha conservato nei secoli questo nucleo che è oggi meritevole di un’attenta serie di azioni che possano garantirne la conservazione futura.
Dopo un periodo di decremento numerico, attualmente il nucleo è in ripresa.

Le azioni gestionali previste possono essere così riassunte: 1) drastica riduzione del daino; 2) miglioramento delle risorse alimentari naturali; 3) foraggiamento invernale di qualità; 4) controllo dell'andamento demografico tramite conteggi periodici; 5) monitoraggio sanitario e rilevamenti biometrici.
Il programma di salvaguardia dovrà proseguire anche fuori dalla Riserva, fornendo spazio al nucleo presente, prevedendo la fondazione di nuovi nuclei per incrementare la diversità genetica.

Rispetto ai precedenti piani, che avevano posto al centro delle proposte gestionali i problemi di carattere colturale (la conversione del ceduo di leccio in fustaia mista) questo piano segna dunque una sottolineatura del problema faunistico.

Per affrontare la stesura della parte relativa agli interventi selvicolturali si è tenuto conto della struttura attuale del bosco e della necessità di ottenere la rinnovazione naturale su tutta la superficie del bosco in tempi brevi – anche con interventi di ceduazione su superfici limitate – creando nel contempo habitat favorevoli per la fauna.

Sono stati approfonditi, inoltre, gli aspetti legati all’idrologia del sito ed ai rapporti intercorrenti tra vegetazione e disponibilità idrica, considerate problematiche come variazioni climatiche, subsidenza, intrusione del cuneo salino, ecc.. A livello di ambiente fisico infatti i dati raccolti hanno evidenziato uno stato di “deperimento” del leccio che localmente risulta preoccupante ed è presumibilmente riconducibile all’abbassamento del livello di falda, conseguenza delle bonifiche attuate in passato nell’area circostante la riserva.

Obiettivo primario della gestione forestale appare, in questa fase, la necessità di garantire a breve termine un periodo di graduale rinnovazione del bosco che possa garantire la sua perpetuità ed equilibrio nel tempo. La strategia di rinnovazione prevede due modalità: la ceduazione, ovvero il taglio a raso di porzioni limitate di bosco con rilascio di matricine; le cure colturali, a carico soprattutto della tipologia dei querco-carpineti.

Gli interventi selvicolturali previsti (ceduazione, cure colturali, ricostituzione dei margini, ecc.) potranno certamente incrementare la valenza estetica della Riserva, a vantaggio dei visitatori. Sullo sfondo di tutte la considerazioni tecnico – gestionali sono infatti state valutate le problematiche del turismo, dal momento che sono forti le aspettative delle popolazioni e degli Enti locali che vedono nel bosco anche un motivo di richiamo. Già oggi si stima che il Bosco venga visitato da circa 50.000 visitatori ogni anno.
Le possibilità di visita della Riserva Naturale sono state valutate per garantire la conservazione e lo svolgimento dei processi ecosistemici.

Attualmente la visita è consentita solo durante alcuni giorni della settimana nel periodo tra marzo ed ottobre, in un’area predisposta per il pubblico, della superficie di circa 100 ettari.
Le iniziative poste in essere si rivolgono ad un pubblico sempre più maturo dal punto di vista culturale e si sta puntando sull’incremento qualitativo dei servizi educativi forniti (visite accompagnate, sentieristica autoguidata, sentiero per non vedenti).
La fruizione dell’area aperta al pubblico dovrà essere indirizzata essenzialmente ai visitatori tradizionali, alle scuole e/o comunque a chi non ha la possibilità di dedicare più di qualche ora alla visita della Riserva, prevedendo di seguitare ad incrementarne la qualità dal punto di vista culturale, dotandola delle infrastrutture necessarie.

Una grande opportunità per migliorare la ricettività della Riserva è quella di qualificare le visite consentendo l’accesso esclusivamente a gruppi accompagnati (composti da un massimo di circa 10 persone) da guide appositamente preparate.
Nell’area di regola chiusa al pubblico, che ha un’attrazione particolare per il visitatore, vi è l’opportunità di osservare animali che nell’area liberamente visitabile sono schivi e praticamente impossibili da osservare. L'accesso di un carro aperto nella zona chiusa al pubblico implica un limitato disturbo alla fauna, consentendo inoltre l'accesso agli anziani ed ai portatori di handicap, in gruppi guidati di circa 40 persone.
Per congiungere Goro a Volano – e per consentire la visione del bosco dal lato mare - è stata infine proposta la realizzazione di un piccolo argine a mare, percorribile a piedi o in bicicletta, che contribuisca inoltre alla ricostituzione del canneto ed alla difesa dall’ingressione marina.




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del Giornale dei Parchi