E’ nato CO.MO.DO. e vuole andare piano. E al sistema dei parchi interessa moltissimo.


E’ stata concepita alcune settimane fa, e avviata in questi giorni, una iniziativa destinata, almeno nelle intenzioni, a segnare una svolta nell’organizzazione della mobilità italiana. Di quella mobilità, intendiamo, caratterizzata da utenti, mezzi, itinerari e percorsi alternativi al dominio dei veicoli a motore e alla pressione della velocità “costi quel che costi”. Si è infatti stabilita un’intesa tra le associazioni che organizzano gli amanti, i fruitori e i sostenitori di quel modo di spostarsi o di viaggiare che viene definito “dolce” in quanto, più attento ai valori e all’integrità del territorio, si pone in contrasto con la durezza (o l’amaro?) cui le strade - e le autostrade - tradizionali costringono paesaggio, risorse e viaggiatori.
Un’intesa che vuol diventare subito coordinamento (è già stato trovato il nome: un significativo Co.Mo.Do. che sta per “coordinamento per la mobilità dolce”) e che non esclude per il futuro altre forme organizzative ancor più strette, purché utili a smuovere una situazione italiana generalmente arretrata nella dotazione normativa, nella disponibilità da parte degli enti pubblici, nell’organicità degli interventi. Cioè, in definitiva, nello sviluppo della rete effettivamente percorribile.

Associazione Italiana Greenways, Club Alpino Italiano, Federazione Amici della Bicicletta, Federazione Turismo Equestre, Ferrovie Turistiche Italiane, Istituto Vie Storiche, Legambiente e Wwf sono partite da una constatazione: in Italia esistono migliaia di chilometri di sentieri storici e montani, di tronchi ferroviari dismessi, di strade arginali, di strade alzaie di navigli e canali. Essi rappresentano un patrimonio immenso, spesso anche un patrimonio della memoria e della cultura, che ben si presta a costituire la maglia essenziale di una rete strutturata da mettere a disposizione di una domanda sempre crescente di mobilità alternativa, in genere turistica, ma non solo.
Ciascuna delle associazioni vanta egregie, spesso imponenti, realizzazioni dedicate ad una categoria specifica di utenti. Ma tutte le associazioni si scontrano con i problemi della parzialità dei propri interventi e, soprattutto, con l’impossibilità di costruire, stanti le attuali condizioni, una rete integrata e nazionale disponibile a tutti.

Da qui la scelta di unirsi per fare “lobbing”, cioè per esercitare la giusta pressione nei confronti di tutte le istituzioni o gli enti da cui dipendono le scelte necessarie alla costruzione della rete, ma anche per mettere a disposizione delle future realizzazioni le esperienze rispettive e per lavorare insieme al superamento dei conflitti tra utenti.
Definire ambizioso l’obiettivo è un eufemismo, poiché si tratta di rivendicare – e collaborare a costruire – un “Piano nazionale per la mobilità dolce” che abbia il giusto riconoscimento nell’ambito del piano nazionale e di quelli regionali per la mobilità, che possa contare sul necessario radicamento normativo e su un adeguato sostegno finanziario.

Alcune straordinarie esperienze internazionali sono state presentate e discusse il 10 maggio a Milano, nel corso del Convegno “Le vie verdi italiane, una nuova rete di mobilità dolce”- organizzato da De Agostini e Alleanza Assicurazioni che vi hanno presentato anche la prima guida del settore - che è stato la culla dell’intesa di cui si è detto. Nel regno Unito si è passati in pochi anni, grazie al lavoro della fondazione Sustrans appositamente costituita e sostenuta pubblicamente, da meno di 1.000 a 5.000 chilometri – saranno 8.000 nel 2005 - di vie ciclabili indipendenti. In Belgio un progetto pubblico nazionale (si chiama “Re.ve.r.”, che è un acronimo, ma in francese significa anche “sognare”) ha già reso praticabili molte centinaia di chilometri di ferrovie dismesse e alzaie di canali. In Spagna le “Vias verdes”, di emanazione delle ferrovie dello stato, hanno recuperato innumerevoli tronchi dismessi e sono una realtà consolidata, utilizzata da milioni di utenti.

E i parchi, in tutto ciò, cosa c’entrano? Chi guardi una cartina dell’Italia delle aree protette coglierà immediatamente la funzione di nodi principali di una rete dalle caratteristiche come quelle ipotizzate per la mobilità dolce che i parchi possono “naturalmente” svolgere. Chi poi conosca gli sforzi e le realizzazioni già compiti dai parchi nella costruzione di proprie reti di percorsi pedonali, o ciclabili, o equestri, non farà fatica a comprendere il valore di un lavoro che leghi in una rete più ampia tutto ciò, esaltandone la funzione e le possibilità di utilizzo.

Ecco perché Federparchi ha dato pieno appoggio al comitato promotore. Ecco perché lavorerà con Co.Mo.Do. per sostenere la necessità di un Piano nazionale nell’attuazione, del resto, del principio di “sistema” che si realizza proprio attraverso iniziative di così grande portata.

l.b.



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del Giornale dei Parchi