Passo falso anche in Toscana?
I rischi di una proposta di legge sul governo del territorio


A giugno si terrà la Conferenza regionale sui parchi e le aree protette. Si discuterà di come rendere più efficace l’azione del sistema toscano, che ha conseguito ottimi risultati ma non è privo di problemi e difficoltà.
A complicarli d’altronde ci pensa la situazione nazionale, che sta producendo effetti negativi specialmente nei nostri parchi nazionali, due dei quali non sono ancora a regime con le presidenze e gli organi di gestione.
Appuntamento importante, dunque, per rilanciare una esperienza tra le più interessanti e significative sul piano nazionale. Ma qualcuno sta mettendo i bastoni tra le ruote, approfittando della nuova legge regionale sul governo del territorio attualmente in discussione. Infatti, nella bozza di legge compare uno “stupefacente” articolo 16 bis (quindi un articolo aggiunto all’ultima ora) che esordisce asserendo che “I piani dei parchi sono piani orientati a finalità di settore (tutela e valorizzazione dell’ambiente e delle risorse naturali) e come tali sono atti del governo del territorio”.
Ora, se c’è una cosa che - a più di dieci anni della legge quadro nazionale (n. 394/91) e a quasi trenta dalla prima legge regionale toscana istitutiva del Parco della Maremma - dovrebbe essere chiara è che i piani dei parchi non sono “di settore”. Intanto i piani sono due (infatti la Regione Toscana è stata la prima a stabilire norme e criteri per la messa a punto anche dei piani socio-economici) e certamente non sono di settore. Alcune Regioni, proprio sulla scia della Toscana, già da tempo avevano ridotto il peso dei piani di settore per privilegiare il Piano “integrato” del parco. I piani del parco sono infatti strumenti con finalità di tutela a carattere generale, volti in primo luogo a superare la settorializzazione degli interventi che ha effetti sovente deleteri sull’ambiente. E la “superiorità” sugli altri strumenti deriva loro proprio e in primo luogo da questa connotazione. Insomma: l’ambiente non è un settore come lo sono l’agricoltura, le foreste, la fauna, la flora e via elencando, proprio perché è tutte queste cose insieme. Ma se questa apertura dell’articolo stona e stride clamorosamente con tutta l’esperienza della nostra e delle altre regioni, non suona meglio il secondo capoverso: “Nell’ambito ristretto e particolare che disciplinano, contengono esclusivamente norme di tutela e valorizzazione dell’ambiente e delle risorse naturali”.
Quei ‘ristretto’ ed ‘esclusivamente’ sanno tanto di smussare, attutire, sopire. E perché non ci fossero dubbi sul senso, il proseguo chiarisce come meglio non si poteva. Il 16bis dice infatti che i piani “…possono infine contenere indirizzi per la programmazione degli interventi di gestione delle risorse e della programmazione del parco”. Quel ‘possono’ merita davvero una incorniciatura. Tutta la legislazione sulle aree protette, ossia sul loro ruolo ‘speciale’, ha ruotato e ruota intorno a questo ‘obbligo’ dei parchi a predisporre strumenti di programmazione. Qui sta la svolta con la vecchia tradizione non solo italiana, e a compierla prima dello Stato furono alcune regioni, con la Toscana tra queste. Leggere nel 2003 che i parchi ‘possono’ definire indirizzi di programmazione sconcerta, specie se a farlo è una Regione che tanto fa per costruire un solido sistema di aree protette come la Toscana. E’ lecito quindi chiedere: ma chi ha scritto questo articolo? Possibile che non ci si sia accorti che così si rimette in discussione quel che con la tanta fatica di molti si è fatto? Oltretutto andando in rotta di collisione con la normativa nazionale sulle aree protette.
Alla conferenza regionale, su questo punto, la Regione è chiamata ad un chiarimento e deve dire cosa intende fare per eliminare questa norma assurda e grave.

Renzo Moschini
Pronatura Toscana.



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del Giornale dei Parchi