La guerra dell'orso


Un convegno atteso da anni e un fantasma mai nominato che aleggiava in sala (anche se il suo nome, Franco Tassi, è comparso per un attimo accanto a un grafico proiettato a parete con l’incremento degli orsi stimato “dal parco” fino all’altro ieri, 200 animali nel 2000). Gli Stati generali dell’orso nell’Appennino, lo scorso 26 e 27 giugno in Abruzzo, di ambizioso non avevano solo il titolo. Ma anche il programma, espressione della volontà dichiarata di fare il punto della situazione sullo stato di conservazione dell’orso marsicano dopo anni di chiusure autocratiche, dati non pubblicati o impubblicabili, gelosie tra amministratori e ricercatori. Una duegiorni tra i parchi d’Abruzzo, Lazio, Molise e della Majella – “prima che sia troppo tardi” - che doveva servire da trampolino di lancio di una nuova strategia concertata tra tutti gli esperti, e soprattutto tra tutti i soggetti coinvolti.
Intanto gli esperti. Gli unici dati certi forniti sono stati quelli sugli orsi morti: ben 53 dall’80 ad oggi, “qualcosa come 2,5 orsi all’anno deceduti per armi da fuoco e lacci, incidenti d’auto o treno, avvelenamento, malattia o cause ignote”, hanno detto il veterinario del parco d’Abruzzo Leonardo Gentile e Rosario Fico dell’Istituto Zooprofilattico di Teramo. La freddezza dei numeri non dice quel che hanno mostrato le immagini proiettate ad Ortona dei Marsi e cioè carcasse mutilate, arti fratturati nel tentativo di liberarsi dai lacci, pelli squassate dall’impatto coi micidiali pallettoni dei bracconieri.
Su quanti siano gli altri orsi d’Appennino, quelli vivi, tutti concordi nell’indicare un grosso punto interrogativo accanto a cifre varie ma sempre in zona rossa: da 10 a 100 (Boitani), non molti più di 20 (Boscagli), magari 60 (Lovari, ma solo per ipotesi di lavoro). E a restare sostanzialmente sconosciuto non è solo il numero degli orsi ma pure la struttura della popolazione, il tasso di dispersione, il tasso di mortalità e quello riproduttivo. Sappiamo invece – tra l’altro - che gli ultimi orsi appenninici hanno crani con zigomi più sporgenti rispetto agli orsi del centro Europa, che rischiano di contrarre malattie infettive come la brucellosi frequentando i carnai assieme a volpi e cani rinselvatichiti, che hanno un’alimentazione soprattutto a base di vegetali. Due ricerche in corso stanno aggiungendo qualche informazione. La prima, condotta da Corpo Forestale e Infs nell’ambito di un progetto Life, ha riscontrato una buona diversità genetica della popolazione abruzzese, studiata in un’area intermedia tra i parchi di Abruzzo, Lazio, Molise e Majella. Analizzando in laboratorio circa 400 campioni di peli e feci, sono stati finora identificati 23-24 genotipi diversi. “In un paio d’anni di lavoro”, ha detto Ettore Randi dell’Infs, “sarebbe tecnicamente possibile giungere a una stima attendibile nell’intero areale”. Una ricerca sul campo è quella coordinata invece dallo zoologo svizzero Hans Roth, per conto del parco d’Abruzzo. Seguendo il beep dei radiocollari di ben 14 orsi è in corso la ricostruzione delle abitudini del plantigrado, non di rado assai diverse da quelle dei suoi cospecifici extra-Appennino: che prevedono ad esempio un’elevata mobilità, una certa tolleranza della presenza umana purché localizzata e a carattere costante e – al contrario – una netta propensione al ritorno in aree più tranquille non appena si apre la stagione venatoria.
Quali minacce incombono sul futuro del più grande mammifero terrestre italiano ? Alla sequenza delle cause più generali e note (antropizzazione del territorio, bracconaggio, etc.), gli esperti non hanno però mancato di affiancare minacce più circoscritte. E per questo forse sventabili. Come l’allestimento incontrollato e spesso inutile dei carnai di alimentazione (Gentile e Fico), o il parco eolico progettato nell’unico corridoio esistente tra i parchi d’Abruzzo e Sirente-Velino (Boscagli). O ancora – ostacolo immateriale ma certo non meno insidioso – l’assenza di un coordinamento centrale politico e tecnico per avviare un efficace progetto di conservazione dell’orso (Boitani).
In realtà un coordinamento centrale adesso esiste, e come intende muoversi è stata annunciato con un piccolo coup de theatre proprio al convegno – spostatosi nel secondo giorno a Pescocostanzo, nel parco della Majella - in un intervento video preregistrato da Aldo Cosentino. Da Roma, il responsabile ministeriale ha infatti comunicato alla sua platea riunita nella terra degli orsi – e unita dall’indicazione di un coinvolgimento di tutti gli attori coinvolti - l’avvio di un piano d’azione sull’orso coordinato dal parco nazionale della Majella, con il coinvolgimento delle Regioni Abruzzo, Lazio e Molise, del Corpo Forestale e dei parchi nazionali di Abruzzo, Lazio, Molise, del Gran Sasso-Laga e appunto della Majella.
“Ma così si parte col piede sbagliato”, dice Franco Ferroni del Wwf, “escludendo soggetti come l’Infs, le Regioni Umbria e Marche coinvolte dalla presenza anche se per ora solo sporadica dell’orso, il parco dei Sibillini e soprattutto la Federparchi”. Proprio alla sede romana dell’associazione delle aree protette e grazie al suo impegno, a marzo, si era tenuta una decisiva e assai partecipata riunione - sollecitata in primis dal parco d’Abruzzo - dove l’indicazione di far coordinare l’operazione alla stessa Federparchi era stata pressoché unanime.
Le cose sono però andate diversamente. Al ministero è stato istituito un tavolo tecnico, riunitosi per la prima volta a maggio, dove sono stati chiamati i sette soggetti già ricordati e cioè le tre Regioni, i tre parchi nazionali e la Forestale. Punto. In seconda battuta, il tavolo si avvale di apporti esterni individuati dai “sette” quali finora singoli esperti come Sandro Lovari, Giorgio Boscagli, Mario Posillico, nonché gli stessi parchi regionali del Sirente-Velino (Abruzzo) e monti Simbruini (Lazio). “Il coordinamento generale del tavolo resta a noi”, dice Eugenio Duprè del ministero dell’Ambiente, “mentre al parco della Majella verrà affidato il coordinamento delle azioni da intraprendere”. E anche dei finanziamenti, almeno quelli della Regione Abruzzo, come sottolineato a Pescocostanzo dall’assessore Desiati (“siamo pronti a investire soldi sull’orso”, ha precisato il responsabile abruzzese dell’Ambiente, “purché vengano studiati meccanismi di compensazione per eventuali limitazioni ai piani di sviluppo locali”).
La scelta annunciata di coinvolgere solo alcuni soggetti, e alcuni più di altri, a Pescocostanzo ha suscitato non poche perplessità tra i presenti al convegno. Oltretutto, solo il giorno prima, esperti come Boscagli avevano ipotizzato riguardo alla distribuzione attuale dell’orso una presenza certa per il solo parco d’Abruzzo, con molti dubbi al contrario su una presenza relativamente stabile negli altri comprensori montani potenzialmente interessati (compresa la Majella). “Da parte nostra c’è la massima disponibilità a confrontarci con tutti, istituzioni e altri parchi”, dice con pacatezza al Giornale dei Parchi il direttore del Pnalm Aldo Di Benedetto: “noi non vogliamo essere privilegiati, però nemmeno esclusi a priori, e questa scelta di tagliarci fuori dai finanziamenti per le azioni sull’orso, che abbiamo appreso ufficialmente a conclusione del convegno al pari dei presenti, non ci sembra una scelta lungimirante”. “Al ministero e alla Regione chiediamo di ripensarci”, conclude Di Benedetto, “e di avere fiducia nello sforzo di apertura e risanamento che stiamo portando avanti”.
Intanto sono tre, finora, le riunioni del tavolo tecnico svolte a Roma, in cui si è lavorato all’individuazione delle azioni più urgenti da avviare. Durante i mesi estivi verrà quindi predisposta una bozza di piano d’azione per la conservazione dell’orso, da parte dello stesso Duprè che ha già lavorato all’Infs al piano di reintroduzione dell’orso sull’Adamello, finanziato dal Life Natura Ursus. Il varo definitivo del piano è previsto entro l’autunno. Nel frattempo il ministero ha pure predisposto una bozza di decreto per dare valore legale a tutti i propri piani d’azione (ne sono stati redatti già diversi, su camoscio d’Abruzzo, lepre italica, gabbiano corso e altri), come avviene ad esempio in Spagna, attualmente al vaglio della Conferenza Stato-Regioni. Quanto a Federparchi, assente alla duegiorni abruzzese per impegni del presidente Fusilli, con le parole del direttore Giuseppe Rossi l’associazione “conferma l’impegno iniziale a fornire il suo contributo, a condizione però che il suo sia un ruolo riconosciuto. Da tutti”. Tanti auguri all’orso.

Giulio Ielardi



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del Giornale dei Parchi