Alpi - La Cipra per un protocollo acqua

Una tutela internazionale per le acque e i ghiacci alpini

Otto mesi di siccità nel Nord Italia come in gran parte dell'Europa Centrale sono un ottimo argomento per l'Anno Internazionale dell'Acqua Dolce proclamato dall'ONU. Un evento di dimensioni così inusuali sta producendo gravi effetti già visibili, mentre altri si renderanno manifesti nei prossimi anni, come i danni alle specie animali e vegetali che utilizzano l'ambiente acquatico per la vita e la riproduzione, eppure - per fortuna - fino ad ora i disagi patiti dalle popolazioni e dall'economia, seppur severi, sono stati di gran lunga inferiori a quanto si sarebbe dovuto temere per un così prolungato deficit di precipitazioni: lo scioglimento dapprima delle nevi e quindi dei ghiacci perenni ha compensato almeno in parte la carenza. Anche questo è un sollievo effimero, destinato a venir meno con il raffreddamento autunnale e il conseguente abbassamento della linea dello zero termico, e che per di più apre la porta ad ulteriori inquietudini: i ghiacciai hanno ceduto parte della loro acqua, ma cosa succederà se annate simili si ripeteranno? Come muterà la faccia delle nostre montagne e quali effetti ciò determinerà sull'idrologia e sull'economia alpina che, almeno nei settori centrali e occidentali, è così legata alla presenza di formazioni glaciali? Quali scenari di inedita criticità idrogeologica si aprono con la scomparsa del permafrost, il ghiaccio profondo che cementa rocce e detriti d'alta quota?
Le Alpi, anche in annate ordinarie, svolgono egregiamente una funzione di 'banca europea dell'acqua dolce': immagazzinata nei bacini artificiali, utilizzata per produrre energia, incanalata nelle reti irrigue della pianura, o anche imbottigliata per essere commercializzata in tutto il continente, gran parte dell'acqua delle Alpi non scorre nei propri corsi naturali, ma viene utilizzata, anche ripetutamente, per le più diverse applicazioni: la CIPRA (Commissione Internazionale per la Protezione delle Alpi) ha stimato nel 90% la percentuale del reticolo idrografico alpino che subisce severe alterazioni rispetto alle condizioni di naturalità, e indubbiamente le aree di fondovalle interessate dai principali corsi d'acqua rappresentano una priorità di azione per il ripristino degli habitat così come degli assetti paesaggistici e delle reti ecologiche. E' su una condizione già critica che si innestano i nuovi problemi connessi al cambiamento climatico in atto, e rispetto al quale le Alpi presentano forti vulnerabilità: basti pensare che alcune delle valli maggiormente glacializzate, come la Valle d'Aosta, la Valtellina o la Val Venosta, dispongono di piovosità estremamente basse, dell'ordine dei 5-600 mm/anno, un regime decisamente arido, fino ad oggi compensato dalla risorsa glacio-nivale.
Sulla base di queste considerazioni la CIPRA internazionale ha lanciato la propria proposta di un accordo tra tutti i Paesi alpini per la tutela della risorsa idrica di questa catena montuosa: tecnicamente, si tratta di un protocollo attuativo della Convenzione delle Alpi (già tradotto nelle quattro lingue alpine, può essere letto sul sito www.cipra.org), che ora è sottoposto ai rappresentanti dei Governi riuniti nel Comitato Permanente. Il protocollo, predisposto da un gruppo di esperti e di ambientalisti dei diversi Paesi, non si discosta dalle indicazioni previste dal diritto comunitario, ma sollecita l'attivazione dei Paesi per affrontare temi specifici di questo sistema montuoso, come la tutela dei ghiacciai, la prevenzione del dissesto idrogeologico, la necessità di attuare misure di equità, che tengano conto sia della necessità di tutelare gli ecosistemi legati ai corsi d'acqua, sia delle legittime aspettative delle popolazioni alpine, in un territorio la cui risorsa idrica è da sempre sistematicamente sfruttata per le necessità dell'industria e dell'agricoltura delle pianure e delle città.

Damiano Di Simine, presidente CIPRA Italia



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del Giornale dei Parchi