La LIPU ha un nuovo presidente - Intervista a Tallone

Intervista a Giuliano Tallone, neopresidente della LIPU

Giuliano Tallone, 38 anni, è attualmente Direttore dell’Agenzia Regionale dei Parchi del Lazio, dopo aver diretto il Parco Nazionale della Val Grande dal 1995 al 2000 Esperto della Segreteria Tecnica Aree Protette del Ministero Ambiente (1993-1994). E’ membro della Species Survival Commission dell’IUCN dal 1993 (Herons, Stork Study Group in precedenza e Re-Introduction Specialist Group attualmente) e della WCPA (World Commission on Protected Areas). E’ stato componente del Comitato Tecnico Ramsar e della Commissione Paritetica per il Parco del Delta del Po presso il Ministero Ambiente. E’ stato Consigliere del Parco Nazionale della Val Grande (1994-1995). Ha fatto parte del primo Consiglio direttivo e Giunta esecutiva del Sistema delle Aree Protette della Fascia Fluviale del Po, tratto torinese. Responsabile Ricerca e Conservazione della LIPU fino al ’94 e Consigliere nazionale dal 1995 è stato eletto presidente dell’associazione lo scorso 26 luglio.



Con la sua presidenza sarà confermata la linea che l'associazione ha seguito in questi ultimi anni, tendente ad una attenzione generale sui temi ambientali?

La LIPU dalla sua nascita nel 1965 (mia coetanea!) come LeNaCDU (Lega Nazionale Contro la Distruzione degli Uccelli) ha seguito una costante evoluzione da una visione strettamente protezionistica, in un periodo nel quale la pressione venatoria nel nostro paese era altissima (2.200.000 cacciatori), ad una più olistica e globale. Da alcuni anni l’associazione ha cercato di comprendere le cause della crisi ambientale e le possibili soluzioni che intervengano non sugli effetti ma sulle ragioni ultime delle questioni che dobbiamo affrontare.

La LIPU vede le sue radici in un contesto internazionale, in quanto nata da uno sforzo di ambientalisti anglosassoni e italiani, e da sempre ha nella proiezione su una scala più ampia di quella nazionale un suo punto di forza. Nel 1993 siamo stati tra i fondatori, sulle ceneri dell’antico ICBP (International Council for Bird Preservation), di BirdLife International della quale da subito siamo stati uno dei principali partner e rappresentanti per l’Italia.

La strategia di BirdLife, e quindi della LIPU, è quella di lavorare su una forte base di conoscenza dello stato delle popolazioni di uccelli, delle priorità di conservazione a scala mondiale e regionale e di costruire progetti e azioni politiche in attuazione di queste priorità. Le EBA (aree di endemismo per gli uccelli nel mondo), le IBA (Important Bird Areas), le SPEC (Species of European Concern) costituiscono un quadro teorico di azione unico, anche per l’elevata conoscenza che si ha di questo taxon rispetto agli altri.

La linea che porterò avanti, anche per la mia formazione, sarà senz’altro radicata su questo approccio scientifico e conservazionistico che tiene in conto del quadro conoscitivo e teorico esistente. Voglio cercare di sviluppare, come ha già fatto con grande autorevolezza il mio predecessore Danilo Mainardi che continuerà a dare un forte contributo come Presidente Onorario, un approccio “culturale” alla conservazione, ma anche sottolineare il suo aspetto politico, nel mondo reale.

Il rischio che si corre è quello infatti di un eccessivo tecnicismo, mentre le informazioni e le priorità devono essere strumenti che ci portino al raggiungimento di precisi obiettivi di conservazione, condivisi nella società.



Un simile approccio presuppone una grande autonomia nel proprio ruolo. Crede che ci sia spazio per questo o invece pensa, come qualcuno va sostenendo, che ci sono possibilità solo se si sceglie la contiguità con il potere politico?

Credo che il ruolo delle ONG sia quello di contribuire in modo laico ed autonomo alla politica e alla società. Penso anche che si debba fare attenzione alle proprie finalità e non cedere alla tentazione del gigantismo, della “tuttologia” e soprattutto a rischiare di vivere per portare avanti la struttura e non gli scopi sociali.

In questo senso la LIPU, che pure è la terza associazione ambientalista italiana per numero di soci (oltre 30.000, con in più 10.000 donatori simpatizzanti, una diffusa attività locale e un solido staff di circa 50 persone), debba mantenere la propria connotazione “settoriale” di conservazione della natura e degli uccelli in particolare, sviluppando una cultura di conoscenza diretta di questi valori da parte della popolazione che ancora non è scontata nel nostro paese. In Gran Bretagna, dove non hanno avuto Benedetto Croce e la supremazia della cultura umanistica su quella scientifica, in ogni casa c’è una guida agli uccelli e un binocolo, e la gente va in campagna o in giardino non solo per fare sport o raccogliere funghi ma anche per osservare e conoscere il mondo che ci circonda. Credo che l’Italia sia matura per far crescere questo tipo di approccio, anche perché molta strada è stata fatta negli ultimi quarant’anni.

La tentazione di avvicinarsi troppo ai governi (che comunque cambiano…) connotando le associazioni in modo marcato dal punto di vista politico non ci appartiene. Da sempre, prima grazie al non dimenticato Mario Pastore e poi per la chiara guida di Danilo Mainardi, la LIPU ha scelto di non schierarsi politicamente e al suo interno ha persone con appartenenze diverse, ma che condividono le stesse finalità. Il nostro approccio è quindi quello di rapportarci in modo istituzionale con chi ricopre incarichi di governo o rappresenta parti politiche, cercando supporti tra tutti coloro che condividono uno scopo o un percorso. E’ ovvio che questo ci permette di non fare sconti a nessun governo o maggioranza, come ad esempio quelli attuali con i quali siamo estremamente critici per molte scelte che non condividiamo e che ci preoccupano, come quelle sulle deroghe alla Direttiva Uccelli o sulla Legge Delega, pur essendo pronti a cooperare qualora ci siano aperture sui temi a noi cari.



Veniamo alle aree protette. Le chiediamo un giudizio sintetico sulla situazione che esse attraversano.

In questo caso mi sento particolarmente coinvolto in quanto buona parte della mia attività professionale degli ultimi anni è stata nelle aree protette. Ho avuto il piacere e l’onore di vivere tutta la stagione della 394, dalla sua discussione ed approvazione, che ho seguito quando lavoravo alla LIPU, alla Segreteria Tecnica del Ministero Ambiente nella fase pionieristica (quella dei Cimini, Febbo, Martino, Renzi, Rossi tanto per capirci), alla nascita dei nuovi parchi nazionali come Direttore della Val Grande. E’ stata una esperienza unica e irripetibile, e senz’altro oggi esiste una realtà che quindici anni fa non c’era, e che abbiamo tutti contribuito a costruire.

Federparchi è ormai un riferimento centrale e spero che la LIPU, che è stata una delle primissime associazioni ambientaliste ad iscriversi, possa presto entrare nel Consiglio direttivo in modo da portare il proprio contributo specifico derivante dalla storica gestione del sistema delle proprie Oasi (diverse decine oggi in tutta Italia) e dagli input di BirdLife.

Preoccupa molto il quadro politico e soprattutto ciò che può uscire dalla Legge Delega, che speriamo non sia una “Legge Deregulation”. Pensiamo sia difficile smantellare la realtà che i parchi oggi rappresentano, ma è importante vigilare per fare in modo che non si facciano passi indietro.

I temi sui quali penso che si possano aprire nuove direzioni nella programmazione delle aree protette sono quelli del forte legame tra priorità di conservazione e qualità gestione (che l’IUCN sta sviluppando sotto l’etichetta di “Management Effectiveness”), della formazione del personale e degli amministratori anche dal punto di vista tecnico-scientifico per uscire da un provincialismo che ancora troppo spesso si incontra nella visione dei parchi, dell’approfondimento dei metodi ecologici nella gestione del territorio e nella conservazione della biodiversità, approfondendo la capacità degli enti parco di tenersi aggiornati sulle conoscenze disponibili sullo scenario internazionale.



In questo quadro quali sono i rapporti della Lipu con i parchi?

La LIPU è presente in molti Consigli di amministrazione di aree protette con propri rappresentanti, soprattutto alla scala regionale e locale, e in diverse regioni nelle consulte tecniche sui parchi, mentre è pressoché assente dai Parchi Nazionali, con i quali abbiamo finora preferito avere rapporti più progettuali e legati alle realizzazioni. Alcuni dei nostri più rilevanti interventi sono parterships con parchi nazionali come quello del Gargano, nel quale stiamo raggiungendo importanti risultati nella conservazione di specie ed habitat, o regionali come i parchi siciliani (Nebrodi, Madonie) dove sono in corso diversi progetti di reintroduzione anche rilevanti come quello del Grifone, per il quale la LIPU aveva già operato da decenni in Sardegna. E’ ovvio che siamo presenti in modo diverso nelle diverse aree, ma tra gli esempi voglio citare quello del Parco del Ticino che da anni supporta nostre strutture e progetti nei quali mettiamo tutte le capacità e la storia dell’associazione: il Centro Recupero della Fagiana, il Centro Parco e Cicogne di Cascina Venara, il Bosco Negri, il Bosco del Vignolo.

Il fatto che sia diventato presidente, con il mio particolare coinvolgimento nel mondo dei parchi, non potrà che comportare una maggiore presenza della LIPU nel cercare cooperazione con le aree protette nel loro insieme, anche partecipando in modo più attivo alla costruzione di una strategia comune.



Quali priorità ne fa derivare per la sua attività alla guida dell'associazione?

Sono fortemente convinto che la politica dei parchi nel nostro Paese sia stata ed è la più rilevante per la natura e per il territorio negli ultimi anni e che quindi la LIPU debba portare la propria esperienza, le proprie idee e i propri contatti anche in questo campo in modo più deciso, coerente e costante.

Al di là degli interventi sulle specie (centri recupero rapaci, action plans internazionali e loro applicazione in Italia, reintroduzioni), che sempre di più si limiteranno ad azioni specifiche e particolari, la vera frontiera è la conservazione delle IBA, le aree importanti per gli uccelli, soprattutto attraverso le aree protette e i siti della Rete Natura 2000.

Nell’analisi di BirdLife è poi emerso che diverse specie minacciate a livello europeo non possono essere conservate efficacemente solo attraverso una politica di conservazione di siti, in quanto legate ad ambienti diffusi, in particolare quello agricolo. Si apre quindi anche da questo punto di vista la scommessa per una PAC più indirizzata in senso ambientale, e quindi la LIPU partecipa alla Agricolture Task Force di BirdLife International, che per questo ha anche uno specifico ufficio a Bruxelles.

Crediamo che anche la messa in sistema delle aree protette e di Natura 2000 sia una priorità assoluta, anche alla luce delle recenti analisi di Boitani e Gambino presentate alla II Conferenza di Torino. La LIPU è stata per molti anni un pioniere di Natura 2000 in Italia, avendo partecipato alla discussione della Direttiva Habitat all’inizio degli anni ’90 e a numerosi progetti ACE/ACNAT prima e LIFE poi. Abbiamo sempre interpretato la presentazione di questi interventi come uno strumento per l’applicazione delle Direttive Habitat e Uccelli, con i primi progetti di sistema che cercavano di rendere in modo sistematico le priorità di conservazione degli uccelli in Italia, grazie a collaborazioni con la DG XI, il Ministero Ambiente e l’INFS (Progetto Ramsar e Progetto Rapaci). Vogliamo quindi procedere su questa strada, con convinzione.

Penso che l’esperienza sviluppata in questi anni, e anche gli errori commessi, possano portarci a dare un contributo sostanziale alla conservazione della natura e degli uccelli nel nostro paese, con una forte attenzione ad una visione globale e all’elemento umano, in quanto le persone, la cultura, le società e le attività economiche che ne derivano sono la causa, ma anche la sola possibile soluzione, della crisi ambientale che stiamo vivendo.



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