Arcipelago Toscano, tra riserva marina e piano

La riserva marina in arrivo
E’ scritto su guide e depliant ma non è vero. Il “più grande parco marino d’Europa” non è questo, visto che i suoi 56.766 ettari a mare del parco dell’Arcipelago sono superati almeno dal parco nazionale tedesco di Schleswig-Holstein (più di 130.000 ettari a mare) oppure anche dal parco regionale francese di Armorique (172.000 ettari di cui 60.000 a mare), istituito già nel 1969 in Bretagna. Resta la ragguardevole estensione complessiva della superficie marina protetta che avvolge interamente le isole di Montecristo e appunto Pianosa, lascia dei cunei di ingresso agli approdi di Capraia, Gorgona e Giannutri, esclude del tutto il mare di Giglio ed Elba. “Il nostro obiettivo massimo è di giungere all’istituzione di un’area protetta che ricomprenda tutte le perimetrazioni a mare esistenti a cui aggiungere l’Elba”, dice Stefano Donati della segreteria tecnica del ministero; “se non dovessimo riuscire, le novità si limiteranno all’Elba e per il resto rimarranno in vigore le regole del DPR per le zone a mare. All’Elba sarà difficile prevedere zone A”, aggiunge Donati, “mentre va tenuto conto che nelle altre isole l’abbondanza attuale di zone 1 fa sì che purtroppo le regole non vengano rispettate”. “E’ necessario evidenziare”, ha chiarito poi l’ente parco, in un comunicato aldilà di ogni equivoco, “che l’istituzione dell’area marina protetta permetterà di superare quei vincoli restrittivi previsti dal DPR del 1996, al fine di adeguare l’utilizzo di questi specchi d’acqua alle reali esigenze della popolazione”. In buona sostanza, perciò, l’operazione è di introdurre vincoli leggeri sul mare dell’Elba e di allentare quelli esistenti sulle altre isole.

Pianosa
Quest’anno l’ente parco ha ulteriormente ampliato le offerte di visita. Il tetto massimo di visitatori giornalieri è stato portato a 450 (all’inizio erano 100) e alle visite – sempre obbligatoriamente guidate – col pullman e in mountain bike si sono aggiunte quelle a mare con il kayak o a nuoto (snorkeling). A parte queste ultime più sportive modalità di visita, per la maggior parte dei turisti l’esperienza appare però condizionata negativamente dalla dimensione eccessiva dei gruppi, dal costo (68 euro ad agosto pranzo compreso, 57 il resto dell’estate), dal trasporto in pullman, dai limitatissimi tratti da percorrere a piedi lungo i sentieri dell’isola che vanta invece una splendida macchia mediterranea e coste mozzafiato, insomma dall’offerta assai limitata di possibilità.
Sul futuro di Pianosa, ancora nebuloso, quest’estate le polemiche si sono concentrate sull’offerta della disponibilità da parte della Regione ad una concessione in uso almeno trentennale, o in alternativa proprio all’acquisto dell’isola. “L’iniziativa va letta”, precisa un comunicato ufficiale, “anche nel contesto delle preoccupazioni derivanti dall’inserimento dei beni immobiliari dell’isola nella Patrimonio Spa, con il rischio di una loro possibile cessione a privati”. “E’ un’offesa al parco e al ministero dell’Ambiente”, replica senza mezzi termini il commissario Barbetti, “visto che si mette in dubbio la loro buona fede perché attualmente diretti da esponenti della parte politica avversa. Pianosa è già al sicuro in quanto compresa in un parco nazionale, e quanto al ministero ha appena espresso l’intento di esercitare il diritto di prelazione su una parte di Giannutri messa in vendita”. “A Pianosa deve riprendere l’agricoltura”, conclude Barbetti, “ma innanzi tutto l’isola dovrà diventare per l’Elba come Eurodisney per Parigi: un richiamo in più per i turisti”.

Il piano che verrà
Era il 25 novembre 2001. La Nazione titolava “E’ pronto il piano del Parco” e pareva la tappa cruciale di un percorso iniziato tempo addietro, con il bando di gara europea emanato nel luglio 1999 e l’assegnazione dell’incarico alla società romana Agriconsulting e al CIBM di Livorno nel giugno 2000. Trentatre esperti tra naturalisti, economisti, giuristi, urbanisti, dopo un anno e mezzo di lavoro consegnavano a un direttivo prossimo alla scadenza il piano del parco e il piano pluriennale economico e sociale.
A ricordarglielo, il commissario Barbetti ha un moto di stizza. “Si dice che il piano c’è, ma in realtà non c’è. Quella effettuata finora è solo una base di partenza, una dettagliatissima zonizzazione senza proposte e soprattutto senza il regolamento”. Cosa si sta facendo? “Il gruppo incaricato sta proseguendo il lavoro e speriamo entro sei mesi di approvare il piano, poi inizierà l’iter sul territorio”. “Siamo in attesa di ricevere dal parco”, dice a sua volta Maria Laura Fabbri di Agriconsulting, “le indicazioni sulla direzione che prenderanno le conclusioni del nostro lavoro”. Il che va tradotto, e questo lo diciamo noi, che i nodi politici vanno in realtà ancora sciolti. Ad esempio, quelli che riguardano l’ ”atto di programmazione strategica“ proposto da Regione e Provincia di Livorno, oggetto di un protocollo d’intesa recentemente firmato anche dai Comuni elbani, dalla Comunità montana - all’Elba c’è anche quella - e dal parco. “Una fumisterìa”, chiosa Antonello Nuzzo del Coordinamento regionale di Federparchi, “per ostinarsi a voler gestire tutto con la pianificazione ordinaria ed evitare lo strumento tecnicamente adeguato, cioè il piano del parco”. In altre parole una summa dei piani urbanistici comunali ora tutti adottati dal piccolo esercito di amministratori locali (centoquaranta in tutto: una persona su duecento, all’Elba, da grande fa il consigliere comunale).
E che piani. Tanto per non equivocare, Legambiente ha intitolato il suo dossier “La torta di cemento” e vi elenca le previsioni fatte dalle otto amministrazioni per un totale di un milione e mezzo di metri cubi di edilizia residenziale, commerciale, turistica e ricettiva. Basterebbero a realizzare, ha calcolato il Corriere della Sera, un condominio di sette piani lungo quasi cinque chilometri. “Molti piani strutturali (non tutti)”, scrive l’associazione del cigno, “sollevano un impellente bisogno di prime case, giustificandolo con aumenti di popolazione che a volte prevedono percentuali di crescita da Bangladesh: 20-30%”. La realtà demografica è ben diversa e l’ultimo censimento del 2001 ha confermato anche stavolta i 27 mila residenti, un dato stabile da ormai trent’anni. Tranne il caso di Portoferraio, l’invocato problema della prima casa sembra dunque nascondere la previsione di ulteriori seconde case e residences, che già rappresenterebbero la metà del patrimonio immobiliare dell’isola. E, come se non bastasse, intorno al mattone facile l’Elba si è guadagnata pure le pagine dei giornali nazionali a fine estate, con gli ordini di custodia cautelare scattati per abusivismo e corruzione che hanno coinvolto imprenditori e giudici.
Alla questione dei piani (del parco e dei Comuni) è poi intrecciata saldamente – infine - quella della riperimetrazione dell’area protetta. Frutto di un braccio di ferro sofferto all’epoca dell’istituzione del parco, i confini attuali con l’eccezione delle isole minori raccolgono ormai critiche unanimi. Meno concordi, naturalmente, le proposte di modifica anche se il denominatore comune sembra essere la richiesta di ridurre i vincoli quanto a superfici e intensità. Nel piano strutturale del Comune di Porto Azzurro, all’Elba, il parco non è nemmeno mai nominato. Al Giglio, il Comune è l’unico a non voler sentir parlare di area marina protetta. A Capraia il sindaco, nell’ultima riunione della comunità del parco, ha chiesto spazi maggiori per la caccia: richiesta accolta e girata a Roma.
Per tappare i buchi del perimetro presente e soprattutto futuro, il commissario del parco propone un ampio ricorso alle aree contigue, zone cuscinetto immediatamente esterne ai confini previste dalla legge quadro. Istituto utilissimo e poco utilizzato (al Cilento, Vesuvio, Circeo, tra i pochi esempi citabili), le aree contigue servono soprattutto a compensare i cacciatori residenti: dentro il parco il fucile va appeso al chiodo, subito fuori però cacciano solo loro. Più forzato e comunque controverso – perché a rischio di impugnazione, secondo alcuni - il loro utilizzo per spalmare i vincoli urbanistici anche all’esterno dei parchi. Tutt’altro che marginale, poi, resta la questione della caccia e del suo impatto esiziale più che per la fauna superstite per l’immagine dell’area protetta stessa. Schivando il fronte delle doppiette e anche per prudenza i capi d’abbigliamento color cinghiale, il visitatore dovrebbe soavemente zigzagare a piedi o in mountain-bike “avendo chiaro” – come auspica il commissario Barbetti – “che l’Elba nella sua interezza è Parco”. Ma con quale futuro ?

Giulio Ielardi


NB – La prima parte dell’articolo - tratto da un’inchiesta che comparirà sul prossimo numero di ToscanaParchi, - è stata pubblicata nel mese di ottobre.
ToscanaParchi è il periodico del Coordinamento toscano di Federparchi (redazione tel.050 539205).



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