Parchi italiani: le sfide della qualità - I temi, i soggetti, le reti

Quali sono i temi principali di questa sfida della qualità, per le nostre aree protette?
Il primo tema è il concetto stesso di qualità.
Occorre insistere molto sull’interpretazione corretta e sulla giusta applicazione di questo concetto. Da ciò dipende il riconoscimento stesso della funzione speciale dei parchi, della loro missione specifica ed autonoma nell’ambito delle istituzioni.
Per ricordare quanta qualità sia presente nei nostri parchi ci si riferisce alle cifre. Quelle della straordinaria biodiversità: le 57.000 specie animali, i 1.254 vertebrati; le 5.600 specie vegetali. Le cifre del patrimonio architettonico e artistico: i millesettecento centri storici, i duecentosettanta tra castelli, rocche e fortificazioni, le centottantanove aree archeologiche, i duecentonovantuno tra santuari, monasteri e chiese rurali, le settantatre ville storiche; i centoquarantanove musei (dati riferiti ai soli parchi nazionali). E ancora: le cifre delle produzioni tipiche degne di essere salvaguardate come esempio dell’utilizzazione sapiente delle risorse naturali: i quasi cinquecento prodotti “unici” censiti dall’Atlante, i 1.600 produttori e così via.
Ma queste cifre non definiscono ancora l’assoluta originalità della qualità dei parchi. In altre zone d’Italia, anche se in misura forse minore, possiamo trovare le stesse componenti.
Ciò che definisce in modo preciso e non eguagliabile la qualità dei parchi è il semplice fatto che tutti gli elementi di qualità che essi ospitano sono tutelati, singolarmente e nelle reciproche relazioni. Esiste cioè l’obiettivo della continua rigenerazione della qualità. Per questo i parchi sono divenuti i luoghi della qualità e per questo va difesa la loro funzione specifica e autonoma.

Il secondo tema è il rapporto tra qualità e identità.
I parchi sono anche i luoghi dell’identità, che si sta costruendo proprio sulla messa in valore della qualità la quale a sua volta, in un circolo virtuoso, dell’identità si alimenta. Tanti cittadini e operatori dei parchi, sentono che ora c’è spazio e considerazione, che c’è apprezzamento per la loro espressione lavorativa. Le comunità che li rappresentano sono sempre più sollecitate ad interpretare questo sentimento: nascono nuove solidarietà ed espressioni come l’Associazione degli Enti locali dei parchi. E’ questa possibilità di identificazione con la qualità del proprio territorio che consente di affrontare senza timore, con la prospettiva di dominarla, la globalizzazione tendenzialmente omologante.

Anche per questo i parchi sono un fermento continuo di nuove idee, di elaborazione di progetti, di creazione di associazioni e movimenti, la cui tendenza è l’affermazione dell’identità.
E quello dell’identificazione è un processo che non si sta estendendo a macchia d’olio solo tra gli operatori e i residenti dei parchi. Esso coinvolge in realtà l’intero paese e i suoi cittadini, che dimostrano sempre più di guardare ai parchi come ad un fattore di valorizzazione della stessa identità nazionale. Ciò aggiunge un significato in più al termine “qualità”.

Parlando dell’identità ci si riferisce immediatamente ai “soggetti” del processo di affermazione della qualità. I primi sono dunque i residenti, le loro forme associative, le loro organizzazioni produttive, a cominciare da quelle agricole.
Chi è stato fino ad oggi considerato naturale “alleato” del lavoro dei parchi, alla luce delle esperienze concrete che si stanno facendo deve essere chiamato con il termine di “co-protagonista”, soprattutto ai fini della riproduzione della qualità. Il co-protagonista è l’altro personaggio principale nella vicenda concreta della vita dei parchi, con tutti i doveri e tutti i diritti che gli spettano.

C’è poi un altro soggetto fondamentale, la cui presenza contribuisce a caratterizzare la singolarità e la ricchezza della nostra esperienza di qualità e ne rende la sfida vincente: la scienza. L’approccio scientifico nell’impostazione delle scelte, lo stesso “controllo sociale” che sull’operato delle aree protette viene esercitato attraverso gli studi e le analisi del mondo scientifico, costituiscono il “marchio di qualità” più efficace, per quanto virtuale, che si possa concepire.

Infine le reti. I parchi hanno le “reti”. Hanno dimostrato una buona capacità nel saperle individuare e costruire.
C’è quella che li lega in una “intranet”, per lo scambio di idee e di esperienze, la maturazione politica e programmatica comune, l’alleanza per avere ascolto e peso nella società. E’ la Federparchi: una originale combinazione di espressione sindacale, laboratorio culturale, rappresentanza sociale.
E c’è una “extranet”, con la quale i parchi parlano all’insieme della società e tentano di mettere a disposizione di una progettazione più ampia la propria qualità. E’ la rete in costruzione dei grandi progetti di sistema per i principali ambiti geografici, dei patti locali, dei progetti territoriali. Un patrimonio ricco, il più esteso e partecipato progetto nazionale per la promozione di uno sviluppo territoriale duraturo, sostenibile, di qualità.

Ma occorre a questo proposito parlare chiaro: questo grandioso progetto rischia di isterilirsi fino ad essere vanificato se non viene coerentemente sostenuto. Se non diviene l’obiettivo di un grande e convinto sforzo unitario, assunto e guidato in primo luogo dalle istituzioni: Stato, Regioni, Enti Locali. Non si tratta solo delle risorse per i parchi, che pure sono importanti. S tratta dei ritardi che si vanno accumulando su Ape; dei silenzi sulla Convenzione delle Alpi e sugli altri accordi di programma previsti dalla legge 426. Del velo che è caduto su strumenti essenziali quali la Carta della Natura e la Rete ecologica.

Le capacità autonome di elaborazione dei parchi sono state e continuano ad essere grandi. Le loro capacità operative sono state portate vicino ad un punto critico. Occorre un piano di rilancio che, partendo dalla qualità e puntando su di essa, metta in atto in alcuni grandi settori - come ad esempio il turismo e l’agricoltura - specifici programmi di promozione a lungo termine.

La sfida della qualità nei parchi non è dunque solo questione di genuinità e di bellezza, di naturalità, sicurezza e buon gusto. Essa si fonda sulla consapevolezza dell’uso del massimo delle conoscenze scientifiche, del massimo di tutela partecipata e attiva, del più alto grado di sostenibilità tanto sociale che territoriale. Una sfida che nel loro insieme le aree protette sono pronte ed attrezzate culturalmente a sostenere. Una sfida che però deve essere fatta propria da tutto il paese.


Matteo Fusilli, Presidente della Federparchi
Abstract dell’intervento al Convegno nazionale di Legambiente



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