I parchi alle prese con risorse ancora in diminuzione


Lavoro, impegno e mezzi dei parchi. L’occasione per parlarne è offerta dalla legge finanziaria all’esame del Parlamento. Non c’è dubbio che per ciò che riguarda le politiche delle aree naturali protette esiste una importante e urgente questione finanziaria. Non è infatti difficile capire e vedere che, senza adeguate risorse, i parchi perdono la capacità di incidere sui territori che dovrebbero tutelare a livello ambientale e sociale.
Parlare di sviluppo sostenibile per territori che hanno conservato quale grande e unica risorsa una certa integrità naturale e paesaggistica, e in molti casi anche socioculturale, è ormai usuale e normale. I parchi hanno il compito appassionante e importante di rendere pubblica la loro ricchezza, di promuoverla, di darle valore. Come farlo senza una seria e bella politica di investimenti?
Lo scorso settembre, a Durban, il World Park Congress è stato l’occasione per confrontarsi sulla realtà della conservazione della natura sul nostro pianeta, facendo il punto sulla situazione del sistema mondiale delle aree naturali protette.
Si è discusso di tutela e di sviluppo sostenibile, di coinvolgimento delle comunità locali e di partecipazione democratica. Quest’ultimo punto ha suscitato molta attenzione ed è stato particolarmente sottolineato dalle diverse delegazioni, e in special modo italiana. Ciò è dovuto al fatto che i parchi italiani hanno in genere sempre posto come necessaria l’incentivazione della collaborazione diretta delle popolazioni locali alle scelte e alla organizzazione delle attività.
L’Italia è, per alcuni versi, l’esempio di questo modello di gestione.
Tra l’altro, ciò è dimostrato dal fatto che molte comunità locali chiedono pressantemente di entrare a far parte delle aree naturali protette, cioè chiedono che i confini dei parchi siano allargati.
I territori dei parchi possono infatti diventare delle autentiche aree alternative di sviluppo, dove è possibile e molto praticabile “un altro” sviluppo, “un’altra” forma di crescita economica, sociale, culturale, esistenziale.
Una politica veramente democratica, davvero interessata agli interessi e alle preoccupazioni dei cittadini, dovrebbe fare di tutto per garantire la possibilità di ogni nuova strada che conduca a un miglioramento delle condizioni di vita di queste zone.
I parchi hanno già offerto in molti casi questa possibilità. Hanno creato lavoro, hanno allargato contatti sociali ed economici, hanno offerto concrete opportunità alle iniziative del territorio.
Oggi, in giro per le aree protette, tra i cittadini che vi risiedono, salvo rare eccezioni, c’è un bel clima di speranza, di fiducia, di voglia di costruirsi il proprio avvenire. Sono nate imprese agricole, artigiane, turistiche e cooperative che collaborano attivamente con gli enti parco, per creare le condizioni ideali di vita e di crescita di attività economiche compatibili.
Per poter garantire, sul piano della conservazione e dello sviluppo sostenibile, quanto già fatto e quanto si sta facendo, i parchi e le riserve naturali italiani devono però poter sopravvivere economicamente, devono avere risorse sufficienti per lavorare bene in questa direzione e assicurare la stabilità dei risultati.
E invece i fondi messi a disposizione diminuiscono continuamente. Infatti, dall’esame dell’andamento dei finanziamenti su base annuale, sia in conto corrente che in conto capitale per gli investimenti, appare evidente la loro costante diminuzione, in contemporanea, peraltro, con la istituzione di nuovi parchi, e perciò con un maggiore numero di soggetti tra cui ripartirli. E questo vale per lo Stato e per le Regioni.
A livello nazionale, da qualche tempo sono stati gradualmente soppressi anche interventi di programmi e progetti particolari come il programma triennale, e finanziamenti straordinari e speciali come quelli cipe, pan, pom, natour, occupazione, che in passato hanno invece permesso ai parchi di perseguire al meglio la propria missione.
Prendendo a riferimento le sole risorse ordinarie si nota chiaramente come, a fronte dei 45 milioni di euro degli anni 1998-2000 ne sono oggi previsti, nonostante un leggerissimo incremento rispetto all’anno passato, meno di 40 milioni, apparendo così l’esiguità degli stanziamenti in tutta la sua gravità.
Con tutto ciò mettendo a rischio le attività dei parchi, le azioni di tutela naturale che sono sempre più ristrette, così come saranno sempre più ristrette le possibilità di collaborazione con gli attori sociali ed economici del territorio, i veri attori protagonisti di questa storia.
Non è difficile capire che da questa situazione di difficoltà economica conseguiranno, inevitabilmente, deboli azioni di tutela e di valorizzazione che raschieranno valore a quel patrimonio che molti italiani hanno nella integrità dei propri paesaggi e nella bellezza dei propri ambienti naturali. Fino ad ora questo patrimonio è stato attentamente valorizzato, e la crescita rilevante del turismo nelle aree naturali protette ne è la testimonianza più diretta. Ma questo patrimonio è fragile e deve essere curato e preservato quotidianamente, e sempre con la medesima dedizione, altrimenti svanisce. Per preservarlo c’è bisogno di lavoro, di impegno, di mezzi.
E’ necessario che lavoro, impegno e mezzi continuino ad essere costanti, e si spera che possano magari anche crescere. Questa è una necessità, semplicemente perché il lavoro, l’impegno e i mezzi investiti finora non siano stati vani e soprattutto perché non sia stata vana quella speciale voglia di molti cittadini di questo paese di sentirsi cittadini di un mondo migliore.

Giuseppe Rossi



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del Giornale dei Parchi