Rassegna del 19 Gennaio 2005

Cipra, l'ue dichiara a rischio la natura nelle alpi

(ASCA) - Dieci sono i pesanti provvedimenti della Commissione Europea contro l'Italia per contrasti con le norme ambientali previste nel diritto comunitario, e di questi ben tre si riferiscono a violazioni delle direttive sulla protezione della natura in altrettante valli alpine: la Valtellina, la Val Gardena e la Valle Aurina. La CIPRA Italia - Commissione Internazionale per la protezione delle Alpi - nell'evidenziare come il nostro Paese disattenda con eccessiva disinvoltura le normative comunitarie - considera particolarmente gravi le violazioni che riguardano un territorio sensibile come quello alpino. Nello specifico, la Commissione ha deferito l'Italia alla Corte di Giustizia Europea per la pista da discesa dei Mondiali 2005 a Santa Caterina Valfurva, realizzata nel Parco dello Stelvio senza le necessarie valutazioni d'incidenza, per la costruzione di una strada forestale a Koferalm nel comune di Campo Tures, nel Parco naturale delle Vedrette di Ries-Aurina e per una via ferrata realizzata in comune di Selva di Val Gardena, nel Parco naturale Puez-Odle. ''Sia in Valtellina che nelle Dolomiti i provvedimenti sono il risultato di segnalazioni fatte da associazioni ambientaliste - commenta Roman Zanon, presidente della delegazione regionale della CIPRA in Sud Tirolo - siamo sicuri che si tratta solo della punta dell'iceberg di una diffusa incuranza nei confronti della necessita' di preservare i biotopi piu' preziosi del nostro arco alpino. Cio' e' tanto piu' grave in quanto le aree interessate sono protette anche da leggi dello Stato, delle Regioni e delle Province Autonome: occorre maggior rigore e attenzione nel preservare ambienti che fanno parte di un territorio conosciuto ed apprezzato in tutto il mondo, come quello delle Dolomiti.'' ''La Commissione Europea ha dato un forte e chiaro segnale all'Italia: il nostro Paese deve tutelare con piu' serieta' la natura delle Alpi, che e' un patrimonio dell'intero continente - commenta Francesco Pastorelli, direttore di CIPRA Italia. - Un avvertimento assolutamente adeguato, noi stessi abbiamo piu' volte sollecitato le istituzioni parlamentari del nostro Paese a ratificare i protocolli attuativi della Convenzione Internazionale per la Protezione delle Alpi, come hanno gia' fatto molti Paesi confinanti, ma purtroppo fino ad ora non abbiamo ricevuto alcuna risposta, sebbene il disegno di legge sia alle Camere da piu' di tre anni. Anche in questa occasione dobbiamo denunciare un irresponsabile e grave disinteresse dell'Italia e delle Regioni italiane nei confronti dell'ambiente alpino''.

Nuovi confini Ue con 43mila parchi

La recente adesione di dieci Paesi non solo ha ampliato gli orizzonti dell’Unione, ma ha anche apportato un grande patrimonio naturale tutelato e da tutelare

Parchi naturali: il primo maggio 2004 è avvenuto il quinto ampliamento dell’Unione Europea, che ha consentito l’ingresso dell’Estonia, della Lettonia, della Lituania, della Polonia, della Repubblica Ceca, della Slovacchia, della Slovenia, dell’Ungheria, di Malta e di Cipro. La superficie di territorio complessivamente apportata a quella dell’Unione da questi dieci nuovi stati è di oltre tre milioni e duecentomila chilometri quadrati, il 13 per cento dei quali interamente coperto da foreste. Alcuni parchi dei nuovi paesi dell’Est europeo presentano specie faunistiche, una vegetazione e contesti ambientali che richiamano quelli delle Alpi italiane. È il caso ad esempio del territorio del Parco Nazionale dei monti Tatra in Polonia, frequentato in gioventù anche da Papa Giovanni Paolo II. In questa zona dei Carpazi sulla quale svettano le cime delle montagne più elevate tra la catena alpina e quella del Caucaso (il monte più alto dei Tatra è il Rysy con i suoi 2.499 metri), una ramificata maglia di sentieri favorisce l’incontro con laghetti, cascate e torrenti. Nella stessa Polonia un altro conosciuto parco, quello di Bialowieza, ospita oltre 1.200 chilometri quadrati residui di quella splendida antica foresta che si estendeva a livello continentale tra il Mar Nero e il Baltico. Direttamente confinante con il nostro paese è invece la Slovenia: le foreste del Tarvisiano in Friuli sono contigue con l’estesissimo Parco Nazionale sloveno del Triglav, con il quale condividono, oltre ad alcune specie di mammiferi predatori, anche la presenza di uccelli quali l’aquila reale, il picchio tridattilo e la pernice bianca. Tra la Polonia e la Slovenia si collocano la Repubblica Ceca, la Repubblica Slovacca e l’Ungheria. Quest’ultima ospita il Parco Nazionale di Hortobagy, prezioso rifugio per decine di specie di uccelli ubicato a cavallo tra i Balcani e ambienti con caratteristiche più marcatamente mediterranee. Nitticore e oche selvatiche volano sugli ampi e selvaggi spazi di questo parco, che danno allo stesso tempo rifugio anche a gatti selvatici ed ermellini. Nella Repubblica Ceca, sul confine con la Polonia, si trova il Parco nazionale dei Monti Krknose, mentre nella Repubblica Slovacca risalta l’area carsica della Slovensky Kras, all’interno della quale importanti fiumi sotterranei scorrono sotto fitte coperture arboree di foreste di faggi. All’estremo Nord-Est della nuova Europa si trova lo stato dell’Estonia: poco più di 45mila chilometri quadrati di superficie e meno di 1,4 mln di abitanti. Qui siamo al confine con la Finlandia, pertanto il paesaggio si caratterizza per la presenza di numerosi specchi d’acqua anche di piccole dimensioni: «Regione della Baia» è la traduzione in italiano dall’estone di «Lahermaa», il nome del più vecchio parco nazionale di tutto il territorio dell’ex Unione Sovietica, all’interno del quale è possibile osservare la cicogna nera. Appena più a sud si collocano le repubbliche della Lettonia e della Lituania. La prima di queste ospita il già conosciuto e frequentato Parco Nazionale di Gauja (castoro e lince), mentre in Lituania il richiamo per un turismo legato alla qualità dell’ambiente è dato dal Parco Nazionale di Aukstaitija. (Giornale di Brescia)

Dieci manager per le oasi ambientali della Campania.

Designati i presidenti dei parchi e delle riserve regionali, dopo un lungo travaglio politico e burocratico. Entro due o tre mesi, esaurito l’iter consiliare, le aree protette dovrebbero avere un governo e un programma di sviluppo territoriale, atteso da dodici anni. Ma è polemica per i criteri di scelta dei nuovi amministratori e, soprattutto, per la mancata soluzione dei problemi finanziari legati alla gestione di realtà ambientali tanto particolari. Intanto va ribadita la differenza fra parchi nazionali (in Campania ne abbiamo due, alle falde del Vesuvio e nel Cilento), parchi e riserve regionali (Matese, Roccamonfina-Garigliano, Taburno, Partenio, Campi Flegrei, Lattari, Picentini, valle del Sarno, lago Falciano, foce Sele e Tanagro). Per questo secondo gruppo di oasi, dopo un lungo percorso politico, il gruppo di lavoro costituito dall’area generale di coordinamento del settore Ecologia regionale ha indicato dieci nomi, non soltanto di esperti ed ambientalisti, ma anche di funzionari dell’amministrazione pubblica, segretari politici ed esponenti dei partiti di governo locale (Giuseppe Scialla, Raffaele Aveta, Clemente Di Cerbo, Giovanni Vito Bello, Francesco Escalona, Anna Savarese, Sabino Aquino, Raffaele Colucci, Domenico Marino, Vincenzo Scognamiglio). Il decreto, sottoscritto dal governatore Bassolino in veste di reggente della delega all’Agricoltura, dagli assessori all’Ambiente, Nocera, e all’Urbanistica, Di Lello, dovrà essere ratificato dalla commissione consiliare permanente per gli Affari generali, prima di diventare esecutivo, con la nomina ufficiale dei dieci presidenti. Sin qui la composizione del mosaico burocratico, finalmente in dirittura di arrivo dopo due legislature di attesa. Da sciogliere, però, restano i più importanti nodi di carattere politico e di proiezione organizzativa. Tutti, a parole, esaltano la funzione delle oasi e la difesa dei valori naturali. Pochi, però, fra governanti e amministratori locali, sono disposti a sacrificare altri capitoli di spesa per far decollare un programma vigoroso di svolta in favore dell’ambiente e della tutela territoriale. Il futuro dei parchi, regionali o nazionali che siano, si gioca sull’affermazione di una nuova coscienza collettiva, in grado di pesare sulle scelte delle amministrazioni pubbliche. Dal Matese ai Campi Flegrei, dal Partenio al Taburno, dai Lattari ai Picentini, passando per le meraviglie naturali del lago Falciano, della valle del Sarno, della foce Sele e del Tanagro, le realtà più significative dell’itinerario ambientale campano sono pronte a risplendere e a produrre nuova ricchezza, attraverso il varo dei piani regionali di promozione turistica. Limitarsi a disegnare una serie di perimetri speciali significa poco, però, se contemporaneamente non si riuscirà a sviluppare un’azione sinergica nelle scelte di politica urbanistica, in particolare incidendo nei piani di recupero territoriale, nella ristrutturazione graduale dei centri storici, nella lotta agli abusi edilizi e alle grandi speculazioni ambientali. (Il Mattino)

Salvare il parco con l'informazione

Gennargentu

Rivolta contro i vincoli del Parco del Gennargentu. L'occasione è stato il divieto di caccia dal primo gennaio 2005, in attuazione del decreto istitutivo. In definitiva, una rivolta dei cacciatori; solo alcuni pastori hanno dato man forte ai protestanti. Nel Parco, istituito con decreto del ministro Ronchi nel 1998, si era finora tollerata la pastorizia e l'attività venatoria. Pareva che fosse stato accettato, forse perché non se n'era data pratica attuazione. Il Parco naturale del Gennargentu occupa 75 mila ettari, meno di un trentesimo della superficie della Sardegna. Comprende territori molto interessanti dal punto di vista paesaggistico, ma anche vaste aree completamente brulle. Quasi tutte ha scarso valore agricolo, essendo sfruttate perlopiù da un'economia agropastorale di scarso rendimento. La conseguenza è un degrado delle possibilità di vita della popolazione, dimostrata dalla disoccupazione galoppante. L'istituzione del Parco naturale è sentita come una limitazione della libertà personale, una espropriazione. Questo può essere vero, specialmente per i cacciatori e anche di questo devono tenere conto gli ambientalisti più retrivi. Spesso è solo questione di contemperare le due esigenze, con l'organizzazione di una attività venatoria controllata. I cinghiali sono diventati ormai troppi e provocano danni all'agricoltura e alle altre specie selvatiche. Quando fu emesso il decreto Ronchi, 18 Comuni su 24 lo accettarono, qualcuno con riserva. Venne allora intravista la possibilità di qualche beneficio e gli oppositori furono ben pochi, anche perché si parlò della possibilità di concedere una seppur limitata attività pascolativa: in Francia esistono numerosi parchi dove il pascolo delle pecore viene richiesto nelle larghe fasce tagliafuoco, perché le pecore radono a fondo il manto erboso, frenando eventuali incendi. Tutto questo si potrebbe attuare anche nel Parco del Gennargentu. Inoltre, la creazione e la gestione di un parco comportano un'attività notevole, con la creazione di posti di lavoro. Almeno una parte dei turisti che affollano le nostre coste verrebbe attratta dalla curiosità di visitare un Parco naturale, adeguatamente attrezzato dal punto di vista ricettivo. Il Parco nazionale d'Abruzzo attira ogni anno due milioni di visitatori. La popolazione locale nei primi anni ne aveva avversato l'attività, ma ora si è ricreduta. In Sardegna però non si è sviluppata un'adeguata opera di informazione presso la popolazione del Nuorese e della Gallura. Ben altro esempio ha dato la nostra sorella Corsica, dove a un turismo sulle coste si è aggiunto un notevole movimento turistico verso l'interno, da quando è stato creato il Parco della Corsica: trecentomila ettari, una superficie notevole. I sindaci che appoggiano la rivolta farebbero bene a studiare il problema del Parco, che implica risvolti poco conosciuti, non limitati al problema della caccia. Gli ambientalisti a loro volta dovrebbero fare opera di informazione, tenendo presenti le esigenze della popolazione locale. Da parte della popolazione complessiva dell'isola, il Parco del Gennargentu è visto con favore, sia dal punto di vista ambientale che da quello turistico. Se si facesse un referendum regionale per il Parco, i voti favorevoli sarebbero la stragrande maggioranza. Chi ha viaggiato e ha visto qualche parco, sa quale importanza essi abbiano nel creare benessere e nella conservazione dei valori naturali. Desta perciò meraviglia la notizia secondo la quale anche gruppi che si dicono ambientalisti si sarebbero associati al coro di quelli che chiedono la revoca del decreto di istituzione del Parco del Gennargentu. Farà bene il presidente Soru a non dare retta ai pochi scalmanati e a incaricare gli organi regionali - in primis l'assessorato all'Ambiente - di fare opera d'informazione. (L'Unione Sarda)

Accuse alla destra dai sindaci dell'Ulivo

Parco del Gennargentu
Il Movimento: abolite il decreto truffa


Le possibili soluzioni sull'area protetta del Gennargentu continuano a dividere e a far litigare non solo i diversi schieramenti politici, ma anche i movimenti che in questi anni non hanno mancato di pronunciarsi e in modo perentorio sull'ipotesi di Parco. Un nuovo botta e risposta dopo l'entrata in vigore del decreto giunge ora in due missive. La prima, firmata dai sindaci di centro sinistra di Gavoi e Seulo, Salvatore Buttu e Giancarlo Boi e la seconda dal segretario del Movimento sardo pro territorio Pasquale Zucca, ex sindaco di Baunei, che ha provveduto ad inoltrare la lettera al Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. «Intorno alla richiesta del ritiro del decreto istitutivo del Parco del Gennargentu si è creato un falso consenso unanime fra i diversi livelli istituzionali che ha alimentato il populismo senza poi produrre alcun risultato», dicono i due sindaci. Cinque anni di governo di centro destra hanno posto la Regione in posizione di coda nel panorama nazionale ed europeo di protezione dell'ambiente. L'iniziativa del Presidente della Regione per il superamento del decreto ha scatenato le manifestazioni strumentali dei cosiddetti antiparco, in silenzio durante i cinque anni di governo del centrodestra e oggi alla ricerca di una nuova visibilità politica in prossimità delle scadenze elettorali. Il consiglio regionale esprime invece un ordine del giorno che parla del superamento dello stato attuale realizzando una nuova intesa Stato - Regione». Nella lettera inviata al Capo dello Stato dal segretario regionale del Movimento sardo pro territorio, da Baunei, sono stati invece allegati i documenti letti al termine della manifestazione di sabato scorso davanti alla Prefettura e consegnati successivamente al rappresentante del Governo. «I comitati e il movimento ? si legge nella missiva ? richiedono al Governo di Roma l'abolizione di un decreto truffa, lesivo di indisponibili diritti storici, civili e costituzionali delle nostre popolazioni per istituire un parco nazionale ed un ente parco rifiutato dalle medesime, dai consigli comunali e dal consiglio regionale». (L'Unione Sarda)

Provocazione del vice sindaco di Orgosolo

gennargentu

Il Gennargentu come il Poetto? La domanda provocatoria arriva dal vice sindaco di Orgosolo Dionigi Deledda. «In tutti questi anni tantissimi hanno discusso e scritto del parco, chi a favore, chi contro, chi con proposte alternative. Tutti hanno voluto dare il loro contributo, hanno sentito il dovere di dare suggerimenti o consigli su come tutelare e soprattutto gestire questo territorio ritenuto meritevole di attenzioni per la sua unicità», dice Deledda. «Da più parti si asserisce che un bene così prezioso è di tutti i sardi e, pertanto, tutti devono essere coinvolti e contribuire alla gestione e alla tutela, tranne i Comuni su cui il parco ricade. Se dal cuore della Sardegna ci spostiamo a Cagliari troviamo un altro gioiello come il parco di Molentargius e il litorale del Poetto. Per reciprocità ? propone Deledda ? auspichiamo che la Regione coinvolga i Comuni del Gennargentu, da sempre sensibili ai problemi ambientali, per programmare la tutela e la gestione del Poetto, essendo anch'esso un bene prezioso per tutti i sardi. Visti i lavori e i risultati sinora ottenuti, anche un nostro modesto suggerimento potrebbe essere più efficace di tante autorevoli teorie che hanno causato lo scempio ambientale e paesaggistico», dice riferendosi al Poetto. «È una richiesta ? conclude ? al fine di scongiurare che i luminari che hanno tutelato il Poetto non siano gli stessi che hanno a cuore il Gennargentu». (L'Unione Sarda)

Gennargentu: incontro interlocutorio tra soru e matteoli

Niente di definito sul futuro del parco del Gennargentu nell'incontro tra il ministro dell'Ambiente Altero Matteoli e il presidente della Regione sarda Renato Soru, almeno stando alle dichiarazioni rilasciate ai giornalisti al termine del vertice. L'esponente del governo, dopo oltre un'ora di colloquio, ha parlato di "incontro cordiale" e ha ribadito di aver voluto incontrare alcuni sindaci del Nuorese prima di Soru per avere una visione piu' completa del problema. La Regione ha presentato le sue ipotesi per il futuro Gennargentu e ha manifestato l'intenzione di chiedere maggiori competenze i materia ambientale. Sia per il Governo che per la Regione il problema del parco del Gennargentu e' urgente e pertanto i rispettivi uffici legislativi lavoreranno in questi giorni per trovare una soluzione in vista di un prossimo incontro tra Matteoli e Soru. E' stato un incontro utile - ha detto Soru al termine del vertice al quale ha partecipato assieme all'assessore all'Ambiente Tonino Dessi' - durante il quale non si e' parlato solo del Gennargentu e si sono valutate diverse possibilita' per raggiungere gli obiettivi ai quali punta la Regione. In particolare vogliamo creare un sistema di aree di grande pregio ambientale con il concorso dei Comuni e pensare un sistema di gestione per creare sviluppo e lavoro. (Repubblica .it)

Parco Gennargentu, incontro positivo tra Soru e Matteoli

«Sul parco del Gennargentu - afferma Soru - abbiamo cominciato a valutare diverse possibilità di raggiungere il risultato che ci prefiggiamo, di gestire noi insieme alle popolazioni locali le aree di grande valore ambientale»

Importante incontro nella capitale tra il presidente della Regione Soru, l’assessore all’Ambiente Dessì e il ministro all’Ambiente Matteoli su Parco del Gennargentu ed altri importanti temi ambientali.
«E’ stato un incontro utile, non abbiamo parlato solo del Gennargentu». Così Renato Soru ha commentato con alcuni giornalisti l’incontro con il Ministro dell’Ambiente Altero Matteoli, appena concluso. Il Presidente della Regione, che era accompagnato dall’assessore dell’Ambiente Tonino Dessì, è stato a colloquio con il ministro per più di un’ora. «Sul parco del Gennargentu, abbiamo cominciato a valutare diverse possibilità di raggiungere il risultato che ci prefiggiamo, di gestire noi insieme alle popolazioni locali le aree di grande valore ambientale che possono creare sviluppo e lavoro. Le approfondiremo nei prossimi giorni». Ma Soru e Dessì hanno posto al Governo anche la questione generale dei parchi nazionali nell’isola: «Abbiamo chiesto di aprire un confronto con lo Stato per arrivare ad avere maggiori responsabilità primarie in questa materia. Che non significa che il Ministro è d’accordo – ha aggiunto il Presidente - ma questa è la nostra volontà».
Nel corso dell’incontro, Renato Soru e l’Assessore regionale dell’Ambiente hanno affrontato con Matteoli il tema del ricorso del Governo contro la legge sarda di tutela delle coste e del paesaggio. Si è parlato di fascia costiera e di eolico, e il Presidente della Regione ha ribadito che non può toccare alla Sardegna di risolvere un problema nazionale, quello della quota di energia rinnovabile. (Alguer)

«Sirente, serve una soluzione per non ridurre i confini»

«Aree contigue per il Parco Sirente Velino, occorre trovare una soluzione per evitare di ridurre i confini della Riserva naturale». All'indomani delle roventi polemiche che stanno travolgendo la proposta, da parte della Regione, di riperimetrare il Parco Sirente Velino, proposta poi bocciata in aula consiliare, scende in campo il vice presidente del Parco stesso, Gianfranco Tedeschi che, in merito alla questione, chiede appunto la costituzione di aree contigue per l'area protetta. «In tal modo - scrive Tedeschi in una nota - le attività di caccia e pesca nelle zone limitrofe al territorio possono essere pianificate e programmate dalla Regione in accordo con gli Enti locali interessati sempre con l'obiettivo della tutela ambientale». Secondo Tedeschi, sindaco peraltro di cerchio , la costituzione di queste aree dovrà essere definita mediante uno studio scientifico di esperti e dopo una seria concertazione degli Atc locali. «La proposta - spiega ancora nella nota Tedeschi - fa parte del programma di sviluppo del Parco per l'anno 2005 sperando che le Istituzioni regionali, presenti e future, possano recepire nel miglior modo possibile il progetto nell'interesse del Parco stesso e dei cacciatori che rappresentano una risorsa fondamentale per la tutela delle aree protette. I cacciatori - aggiunge Tedeschi - devono avere in pratica la funzione di sorveglianza e vigilanza del territorio protetto». (Il Messaggero)

L’ombra del lupo nell’eden dei Castelli

Antiche torri, strani animali e i resti del mito nel parco dove è stato investito “Wolf”

Wolf fa riaffiorare un Eden sconosciuto ai più. Fatto di mitologia e natura; di archeologia e animali che si credevano estinti; di piante che risalgono a quando l’Urbe, in piena crisi, contava su appena 17 mila anime, e di boschi rimasti com’erano; d’un prato, giustamente detto “pratone”, lungo una dozzina di chilometri, e panorami così lunghi da far perdere lo sguardo, con scorci parenti delle campagne inglesi, o delle Prealpi del Nord. «Ma chi sta a Roma, non li conosce; al massimo, li frequenta per qualche gita “fuori porta”: 1 maggio, Pasquetta», spiega il capo di chi qui fa di tutto perché tutto resti com’era. Wolf non si chiama così, e chissà anche come si chiamava: è il lupo di sette mesi investito giorni fa sulla strada, ai Pratoni del Vivaro. Forse, non era solo: da certi recenti avvistamenti, potevano esserci anche la mamma e un fratello; ma questo lo vedremo dopo. E l’Eden che Wolf riesuma sono i Castelli romani: quella campagna tanto cara ai viaggiatori del Sette e Ottocento, da cui la città oggi compare con una cappa di smog che la sovrasta; qui non c’è nemmeno il problema delle “polveri sottili”. «Da quando esiste il Parco regionale che raggruppa 15 Comuni, la fauna è aumentata», spiega Daniele Badaloni, figlio di Piero, 29 anni, biologo del Parco. E racconta della «salamandrina, un anfibio che esiste solo in Italia, animale remotissimo qui creduto estinto, e invece è stato ritrovato»; dei cinghiali; della più grossa colonia laziale di rana dalmatica; di tritoni e falchi pellegrini: «Li monitoriamo nei nidi con delle telecamere, dei piccoli hanno rifatto il nido nelle stesse zone dei genitori»; e Carlo Grillo, responsabile del servizio di vigilanza, si congeda da due guardie a cavallo: si va al Cerquone, «bosco in buona parte primordiale, con querce antiche di mezzo millennio, questa è legna di una che aveva 600 anni, morta nel 2000». Sei secoli: nel ’300 l’Urbe, lasciata dai Papi, è al minimo storico; molti notabili si trasferiscono proprio da queste parti, gli Annibaldi, i Frangipane, i Borghese, i Savelli, i Borgia, i Colonna, e uno, qui attorno, darà poi asilo a Caravaggio, assassino in fuga. Resta l’eco dei loro palazzi, ville o castelli: Savelli a Castel Gandolfo, Albano, Ariccia, Rocca Priora; Annibaldi a Montecompatri e Rocca di Papa; Orsini a Marino; Colonna a Nemi e Genzano; e questa quercia che fu: se avesse avuto voce, chissà che avrebbe saputo raccontare.
Attorno, alcune delle 44 torri che ancora esistono, latrati di cani lontani. E poco più in là, echi ancor più remoti: a Tuscolo, scavano gli spagnoli; nell’anfiteatro, piccolo ma delizioso, 12 gradoni, la scorsa estate ha recitato Giorgio Albertazzi; una lapide ricorda Maria Cristina, la vedova di Carlo Felice re di Sardegna: v’aveva una villa, dove ospita Gregorio XVI Cappellari («profuse a pochi quel che tolse a cento», diceva un’antica “pasquinata”; e Belli lo invitava ad agire: « Svejete da dormì Papa poltrone »). La mitica Alba Longa, da cui l’Urbe come da tradizione deriva, era forse Castel Gandolfo: sotto il palazzo dei Papi, c’è la villa di Domiziano; Labicum, spiega Dionigi d’Alicarnasso, è fondata da Glauco, figlio di Minosse di Creta; e a Monte Cavo, c’è ancora la Via Sacra, due chilometri di basolato romano che conduceva al tempio di Giove: «Ma vede, ormai è invasa solo da antenne»; ci vivevano i Latini, tra i primi sconfitti da Roma, 2.500 anni fa: contro Tarquinio il Superbo, il genero Ottavio Mamilio. Poi, le ville di Cicerone, Catullo, Silla, Catone, Nerone, Commodo, Tiberio. «Però, la storia comincia assai prima», dice Badaloni: il vulcano, attivo da 700.000 a 20 mila anni fa, lascia in eredità i laghi e il clima.
In pellegrinaggio, dove è stato trovato Wolf. Vicino, il centro d’equitazione del Coni (le Olimpiadi del ’60, tanti campionati mondiali), 240 box per gli equini, le “vecchie glorie” tenute a pensione per non abbatterle, i giovani con le loro diete: Maomax, polacco del ’94, tre volte al giorno quattro chili di fieno, e uno e mezzo di mangime. La strada mostra tutte le pecche del mondo moderno. «Da due anni, è ripreso anche l’abusivismo». Prostitute dell’Est: «Fenomeno combattuto con le multe ai clienti; si appartano dove non è consentito l’accesso: ieri, tre contravvenzioni», dice un guardia-parco. Troppi rifiuti, gettati là. Fanida, anziana marocchina, ogni giorno stende su teli di plastica 40 dei suoi tappeti: «Ne vendo tre al mese; d’estate, a Rimini»; è cittadina onesta, e lo spiega con una litania di tasse, per indicare che le paga: «Iva, Irap, Invim, Irpef, scontrino». Se Wolf non era solo, «vogliamo trovare chi era con lui, ad evitargli la stessa fine», dice Badaloni; «ma, per carità, niente allarmismi: con il lupo si può convivere», aggiunge Grillo. Dieci anni fa, un esemplare visto ad Artena. Forse Wolf veniva dai Lepini: «Un mio collega di Parma segue un lupo che ha percorso mille chilometri in tre mesi», spiega il biologo. Altri 20, e Wolf avrebbe preso la metro. Il tram, invece no; tra i primi in funzione, nel 1906; nel ’20 trasporta quasi cinque milioni di passeggeri: ora è morto. Come Wolf, non si vede nemmeno più sul ciglio della strada. (Il Messaggero)

Parco dei Monti Sibillini, appello a Matteoli

Gruppo della Cdl sta redigendo un documento da sottoporre al ministro dell’Ambiente

Acque agitate all’interno del Parco dei Sibillini a causa dei numerosi vincoli che i residenti si trovano troppo a spesso a subire. La soluzione sembra passare attraverso il ministro Matteoli. Infatti a seguito della riunione promossa dalla Casa delle Libertà all'Ambro di Montefortino è nato un gruppo di lavoro che si occuperà della stesura di un documento di osservazioni e proposte da sottoporre, attraverso le Amministrazioni, al Ministero per l'Ambiente. «Mentre rimane forte - commenta il presidente dell'Ato Lando Siliquini (Fi) - la percezione da parte dei Residenti di una penalizzazione ingiusta vissuta nella vincolistica, nelle pianificazioni calate dall'alto, nel divieto di caccia, nell'isolamento, non si è ancora riusciti a vederne i benefici. Ciò - continua Siliquini - a causa della mancata applicazione delle priorità nei finanziamenti, della perdita dei servizi sanitari, dello sperpero per opere lasciate a se stesse, della lontananza anche fisica della sede, delle iniziative di pura facciata, del marcato senso di decadenza del territorio». Inoltre il nuovo piano redatto recentemente dall'ente, ancora però non approvato dalla Regione, sembra abbia dato origine a numerose opposizioni di particolari settori. Fra essi quello delle storiche Comunanze Agrarie che sono ricorse al Tar, poiché hanno dichiarato di subire un netto rallentamento nella produzione a causa dei numerosi divieti Nel documento da sottoporre all'attenzione dell'onorevole, Matteoli occuperà un posto di rilievo anche i referendum svolti in passato da alcuni dei paesi che ricadono nel territorio del Parco. La volontà espressa nelle consultazioni passate ha fatto emergere il desiderio di elevare, in modo da rimanerne fuori, almeno la quota della fascia B, ovvero quella in cui c'è una stretta tutela e i residenti sono bloccati in ogni tipo di attività. Anche i confini esterni sono oggetto di modifiche. «Le richieste di spostamento della perimetrazione in generale - spiega Siliquini - nascono essenzialmente da una caratteristica che ha il nostro Parco rispetto agli altri presenti in Italia, ovvero quella di una eccessiva antropizzazione. E per questo l'Ente Parco prima della stesura del nuovo piano avrebbe dovuto consultare maggiormente le esigenze dei residenti». Il disagio percepito dalle popolazioni si riscontra anche nelle piccole cose. Un esempio per tutti sono il moltiplicarsi dei danni subiti dalle piantagioni a causa della massiccia presenza dei cinghiali che vivono nelle immediate vicinanze delle abitazioni. Presenti alla riunione oltre ai rappresentanti delle sezioni locali della Casa delle Libertà anche Roccichini (Udc) per la nuova provincia di Fermo in quanto direttamente interessata ai problemi dei comuni che nel futuro ricadranno all'interno della propria area. Il documento da consegnare al Ministro dell'Ambiente sarà definito entro questa settimana. (Il Messaggero)

Ente parco, ora è gelo dei sindaci su Aveta

Roccamonfina

Opere e lavori al via per oltre sette milioni di euro grazie ai finanziamenti ottenuti nell’ambito del Pit-parco dai sette centri dell’Alto Casertano rientranti nella perimetrazione dell’area naturale protetta del Vulcano di Roccamonfina-foce del Garigliano. Primo ente a usufruire dei fondi assegnati al Parco per la valorizzazione, la tutela e la promozione della risorsa ambientale, è stata la Comunità montana «Monte Santa Croce» di Roccamonfna, che proprio nei giorni scorsi ha già provveduto ad assegnare tramite un’apposita gara l’esecuzione dei lavori relativi agli interventi previsti per il recupero e la valorizzazione dei sentieri e dell’antica viabilità rurale. A buon punto anche gli altri progetti già finanziati e presentati dai vari Comuni, tra i quali quello di Roccamonfina (il piano di interventi prevede piste ciclabili e arredo urbano) e Tora e Piccilli, con i primi lavori (e relativi finanziamenti) per la sistemazione dell’importante sito archeologico delle cosiddette «Ciampate del diavolo». Intanto, anche l’evoluzione degli assetti di vertice nell’ambito del parco, ha rivitalizzato il dibattito fra le forze politiche, i rappresentanti delle associazioni e tutti i soggetti coinvolti nelle attività di rilancio culturale, turistico e ambientale della zona. Arrivano infatti i primi commenti da parte di sindaci e associazioni del territorio sulla recente nomina a presidente dell’Ente Parco Roccamonfina-foce del Garigliano, del segretario provinciale dei Verdi di Caserta, Raffaele Aveta. «Sicuramente, inutile negarlo – sottolinea il sindaco di Roccamonfina e presidente della Comunità del Parco, Ludovico Feole – ci aspettavamo che la giunta regionale indicasse, per l’importante carica, una figura che avesse un legame forte con il territorio. Le nostre aspettative erano tutte appuntate sull’individuazione di un profondo conoscitore, insomma, dell’area e della sua complessità. Questo purtroppo non è avvenuto - sottolinea ancora Feole - ma ciò non significa che non abbiamo apprezzato la volontà e lo sforzo compiuto dalla Regione per insediare e finalmente avviare gli organismi di gestione previsti dalla legge. Questo finalmente consentirà di far venire fuori, in maniera chiara e incontrovertibile, i parchi dalla gestione commissariale». Per il sindaco di Marzano Appio, Bruno De Santis «la nomina di un rappresentante del mondo ambientalista alla guida del Parco è sicuramente un fatto positivo anche per la competenza e la sensibilità necessaria verso tematiche così delicate che il ruolo richiede». Moderatamente soddisfatto il presidente dell’associazione «Montecaruso» di Galluccio, Daniele Galardo: «Preferivamo - sottolinea - certamente un presidente locale, ma siamo soddisfatti della nomina anche perché finora cittadini e associazioni hanno sentito il Parco come qualcosa di distante, lontano». E Aveta? «Sono felice dell’incarico ricevuto – rimarca il neopresidente – in un territorio tra i più belli e ricchi di potenzialità della Campania. La mia nomina in ogni caso - precisa ancora Aveta - sarà operativa però soltanto dopo i dovuti passaggi nelle commissioni consiliari competenti e aspetto dunque con fiducia l’insediamento ufficiale, certo di dare il mio contributo per la crescita dell’area». (Il Mattino)

Pegaso Verde: a Firenze la premiazione del concorso per le scuole medie superiori

La premiazione del Concorso “Pegaso Verde” si terrà a Firenze il giorno 22 gennaio p.v. alle ore 9,30, presso il”Convitto della Calza”, Piazza della Calza.6, Firenze, in concomitanza con la Conferenza regionale sul turismo che si svolge nei giorni 21 e 22 gennaio.
La premiazione sarà effettuata congiuntamente dal Presidente della Regione Toscana Claudio Martini e dal Presidente della Federazione Italiana dei Parchi e delle Riserve Naturali Matteo Fusilli. Presenti l’Assessore al turismo della Regione Toscana Susanna Cenni e il Coordinatore regionale di Federparchi Giampiero Sammuri.
Ospite della manifestazione la popolare conduttrice Licia Colò. Parteciperanno gli insegnanti e gli alunni delle classi premiate. (Google news)


Il Giornale dei ParchiTorna alla prima pagina del Giornale dei Parchi