Rassegna del 27 Gennaio 2005

Alpi. Calzolaio (ds): da governo sottovalutazione clamorosa

(dire) - roma- "una sottovalutazione clamorosa". E' il commento di valerio calzolaio, parlamentare ds al voto sulla convenzione internazionale della alpi. L'esponente ds aggiunge: "clamorosa sconfitta del governo berlusconi. Con un emendamento delle opposizioni la camera ha chiesto di ratificare anche il protocollo trasporti attuativo della convenzione delle alpi". Su un provvedimento "delicato di politica internazionale il governo e' andato sotto e l'opposizione ha evitato all'italia di tradire un accordo gia' sottoscritto da quattro anni e in vigore da due anni". Ora, spiega calzolaio, "occorre approvare in fretta la legge di ratifica rilanciando le politiche di sviluppo sostenibile nell'area alpina". D'altra parte, ricorda l'esponente ds, "la cemra nel novembre del 2002 aveva aveva confermato tutti e nove i protocolli della convenzione internazionale". E successivamente, al senato si e' proceduto con lo stalcio di quello relativo ai trasporti.

Alpi. Legambiente: ratifica? Una buona notizia per sviluppo area

Ora, pero', vanno tradotti in cambiamenti effettivi su territorio

(dire) - roma- "i protocolli sono la sostanza e la linfa della convenzione delle alpi. La loro approvazione alla camera e' un'ottima notizia e un risultato importante per lo sviluppo armonico e sostenibile dell'arco alpino". Roberto della seta, presidente di legambiente, commenta con soddisfazione l'odierna approvazione alla camera della legge di ratifica dei protocolli della convenzione delle alpi, firmata dal nostro paese nel 1999. "la legge passata alla camera- aggiunge della seta- recupera peraltro il protocollo sui trasporti: un accordo fondamentale per la mobilita' delle persone e delle merci, che fornisce chiare indicazioni logistiche, favorendo la realizzazione e lo sviluppo delle infrastrutture ferroviarie laddove sono necessarie e introducendo principi condivisi di tariffazione". Per l'associazione del cigno, un "utilissimo strumento per orientare le scelte di mobilita' in modo da ridurne i costi economici, sociali e ambientali per le localita' attraversate da flussi di traffico". Le questioni poste dalla convenzione sono "concrete e vitali per le regioni alpine- aggiunge il presidente di legambiente- e i protocolli forniscono indirizzi di politica dello sviluppo territoriale, dell'innovazione produttiva e della sostenibilita' territoriale condivisibili e chiari. Si tratta ora di tradurli in effettivi cambiamenti sul territorio. Aspettiamo- conclude della seta- la votazione al senato e lo sforzo dell'intera comunita' istituzionale per rilanciare la consulta tra stato, regioni ed enti locali alpini per avviare programmi di sviluppo sostenibile".

«Sì a piste, Valdastico e inceneritore»

Matteoli: non temete le opere se sono fatte bene ambiente

Il ministro all´Ambiente Altero Matteoli sarà questa mattina in Trentino. Alle 10,30 a Cogolo di Pejo, inaugurerà la sede trentina del Parco nazionale dello Stelvio. Alla seconda esperienza di governo, l´onorevole di An è stato spesso al centro di polemiche, anche per le dichiarazioni sul protocollo di Kyoto. Schierandosi su posizioni vicine a quelle americane, sicuramente meno restrittive rispetto a quelle europee, si è distinto rispetto alle valutazioni prevalenti in Europa.
Ministro Matteoli, quanto è compatibile l´industria dello sci con gli obiettivi di tutela di ambienti e paesaggi straordinari come quelli del Parco dello Stelvio? Oltre alle piste per i Mondiali di sci a Santa Caterina Valfurva, il mondo ambientalista ha messo sotto accusa la nuova funivia di «Pejo 3000», nel settore trentino del parco, autorizzata dalla Provincia e dal Comune.
I due impianti dovranno sorgere su siti di importanza comunitaria e, come prevede una direttiva europea, la direttiva Habitat, Regione e amministrazioni locali devono fare una valutazione d´incidenza che deve precedere qualsiasi autorizzazione. Il ministero deve controllare che queste valutazioni vengano fatte e che le regole vengano applicate. Detto questo, ritengo che un impianto sciistico, se fatto secondo le regole ambientali, possa convivere con l´ambiente.
In Trentino, la giunta provinciale di centrosinistra intende realizzare un inceneritore poco a nord di Trento. Associazioni di cittadini e il Comune confinante di Lavis si battono contro il progetto, temono l´inquinamento e soprattutto le emissioni di diossina. Come giudica la scelta? C´è un´alternativa?
Ormai tutti sanno come la penso in fatto di smaltimento dei rifiuti. Dopo la raccolta differenziata, il recupero ed il riciclaggio, quello che resta deve essere avviato ad un inceneritore con recupero di energia, marginalizzando sempre di più lo smaltimento in discarica che costituisce un vero rischio per l´ambiente. Gli inceneritori di nuova generazione, grazie a sistemi di abbattimento degli inquinanti, sono da considerarsi come un qualsiasi moderno impianto industriale e nello stesso tempo trasformano i rifiuti in energia seguendo un processo ambientalmente corretto. Naturalmente, per limitare le proteste, è quanto mai necessario e importante studiare bene la localizzazione dell´impianto.
In Trentino, l´elevato livello di sovvenzione pubblica di impianti di risalita nuovi e vecchi (da potenziare o sostituire) e l´espansione delle aree sciabili sono da tempo nel mirino di Wwf, Italia Nostra, Legambiente Sat (Club alpino italiano) e altre associazioni. Va posto un limite a questa proliferazione?
È opportuno ricordare che le montagne del Trentino in questi ultimi ottant´anni sono passate dall´essere zone marginali connotate dalla forte emigrazione a zone in cui, grazie al turismo estivo ed invernale, le comunità locali hanno ottenuto nuove opportunità di sviluppo con le conseguenti maggiori offerte di servizi e le maggiori opportunità di lavoro date anche dalla realizzazione di nuovi impianti di risalita e da una espansione delle aree sciabili. Un nuovo impianto di risalita non significa necessariamente realizzare un intervento con impatto negativo sull´ambiente o sull´area protetta. Proprio per evitare impatti negativi la Direzione protezione della natura del mio ministero ha richiesto più volte alle amministrazioni competenti in materia di fornire utili ed esaustivi elementi di valutazione circa l´assoggettamento dei progetti di nuovi impianti o di ammodernamento di quelli esistenti alle procedure di Valutazione di incidenza previste dalla normativa comunitaria (Direttiva Habitat). Anche per lo sci, come per altre attività che insistono sul territorio è necessario trovare il giusto equilibrio tra ambiente e sviluppo.
Anche a Trento, Bolzano e altri centri minori il problema dell´inquinamento da emissioni è all´ordine del giorno. Per due settimane a Trento il livello di polveri sottili è stato sopra il consentito e il traffico è solo in parte responsabile. Come si deve agire nei centro urbani per tutelare la salute dei cittadini?
La guerra all´inquinamento atmosferico è forse una delle più difficili da vincere, soprattutto in un paese come il nostro che per decenni ha privilegiato il trasporto privato. Proprio il trasporto, secondo una ricerca della nostra Agenzia per l´ambiente, è responsabile del 70% dell´inquinamento cittadino. Per questo motivo da quando sono arrivato al ministero ho cercato di intervenire con provvedimenti strutturali e con una politica degli incentivi. Grazie ad incentivi per trasformare a gas auto non catalizzate e quindi inquinanti, oggi abbiamo in circolazione parecchie centinaia di migliaia di vetture a ridotte emissioni; altri incentivi sono stati dati per la rottamazione dei vecchi motorini; abbiamo in corso un accordo con Fiat e Unione petrolifera per incentivare le auto a metano; abbiamo avviato interventi per una mobilità sostenibile e diversa come il car sharing e stiamo cercando di migliorare l´offerta di trasporto pubblico. Certamente per ottenere risultati è necessario che governo, regioni e comuni lavorino tutti insieme.
Le pressioni per la realizzazione della nuova autostrada Valdastico sono continue e nella Margherita (partito del presidente della Provincia Lorenzo Dellai) trovano sostegno. Che giudizio dà di una nuova autostrada attraverso le Alpi? L´Italia è firmataria della Convenzione delle Alpi, che impegna i governi a puntare sulla rotaia e non sulla gomma.
L´autostrada è arrivata alla mia attenzione per la valutazione di impatto ambientale. È stata valutata con grande attenzione, visto anche il pregio dei luoghi che attraversa. La valutazione è stata positiva con numerose prescrizioni proprio per attenuare l´impatto sull´ambiente. Ma non c´è solo l´autostrada, c´è anche un vasto programma ferroviario che riguarda i grandi collegamenti con l´Europa in funzione proprio di un riequilibrio fra le diverse modalità di trasporto.
L´Italia è in ritardo forte, rispetto ad esempio a paesi come Olanda e Germania, sulle fonti di energia rinnovabile. Dipendiamo da petrolio e metano, in sostanza. Cosa fa il governo per ridurre il gap?
È vero, l´Italia è in ritardo, ma in questo ultimo anno abbiamo dato un colpo di acceleratore alle fonti rinnovabili, anche grazie al nuovo provvedimento sulle fonti alternative di energia che è stato varato giusto un anno fa. Soprattutto sullo sviluppo dell´eolico, una fonte di energia ormai matura, ha pesato la campagna fatta da un ex ministro dell´ambiente che ha mobilitato le popolazioni locali contro i «mulini a vento». Ora però le incertezze sono finite: ce lo chiede l´attuazione del Protocollo di Kyoto, ce lo chiedono gli impegni europei, ce lo chiede soprattutto l´ambiente.
Condono edilizio anche nelle aree protette. Perché non si è opposto al provvedimento?
Il condono edilizio, come ho più volte detto, non si applica all´interno delle aree protette. Le aree protette sono regolate da una legge ad hoc, la 394, che impone obblighi, limiti e procedure che non sono state in alcun modo toccate dalla legge sul condono.
Parchi e nuova filosofia di gestione: meno vincoli e più economia locale. Quali i vincoli da ridurre, ad esempio, nel Parco dello Stelvio?
Il Parco dello Stelvio è uno dei parchi storici italiani la cui istituzione risale al 1935, va da se che le esigenze del territorio, così come erano sentite settant´anni fa, sono sostanzialmente cambiate; è cambiata la struttura economica del territorio, una volta integralmente agricola, e sono cambiati i bisogni delle comunità locali ora aperte all´esterno come mai lo erano state in passato. Oggi il Consorzio che gestisce il territorio del Parco può rispondere alle modificate condizioni socio-economiche interpretando meglio di chiunque altro come coniugare le esigenze di tutela del bene naturale con le esigenze del territorio; di conseguenza eventuali modifiche dei vincoli di salvaguardia devono essere proposte dalle Comunità locali, certamente sensibili ed attenti conoscitori del territorio. Anche a tale scopo il ministero dell´ambiente, della tutela e del territorio ha finanziato nel 2001 un processo di Agenda 21 locale attuato negli anni scorsi dal Parco i cui temi di discussione hanno riguardato dalla tematica del turismo (con l´attuazione a livello locale della Carta europea del turismo) ad altre tematiche inerenti la gestione delle risorse idriche, la tutela del paesaggio e la salvaguardia delle produzioni agricole tradizionali. Ora spetta all´ente Parco proporre al ministero ed agli altri enti competenti in materia come dare attuazione al Piano di azione ambientale approvato in seno al processo di Agenda 21 locale. (L’Adige)

Parco, ‘palla alle Province’

Oglio Sud - I Ds cremonesi e mantovani intervengono sulla zonizzazione

I Ds cremonesi e mantovani intervengono sulla zonizzazione del Parco Naturale nel Parco Oglio Sud. «Le due Province prendano in mano la situazione e attivino la concertazione con Comuni, associazioni ambientaliste e professionali, venatorie e di pescatori, le categorie economiche». «La proposta della Direzione tecnica del parco è stata ritenuta inadeguata dai Comuni e da diverse associazioni, di agricoltori e di cacciatori. Queste sono importanti, ma rappresentano una parte della società. Esistono anche altri interessi che vanno tenuti in considerazione: le associazioni ambientaliste e molti cittadini che tengono alla qualità ambientale». I Ds si oppongono alla ‘demonizzazione’ della direzione del Parco ricordando che le stesse norme dell’Oglio Sud garantiscono di più le attività produttive rispetto ad altri parchi. (La Provincia di Cremona)

Parco, le autorizzazioni sono affidate alla Provincia

Gennargentu
Il potere di controllo riguarda anche i Piani urbanistici comunali


Ad accorgersene, finora, erano stati soltanto i solerti funzionari dell'Ispettorato Forestale di Nuoro alle prese con l'autentico rompicapo dell'applicazione dei vincoli del Parco che non c'è, come la famosa isola: le competenze in materia urbanistica che dovrebbero essere dell'Ente Parco (mai costituito) sono affidate in via provvisoria alla Provincia. Quindi tutte le opere edilizie (dalla recinzione dei terreni ai piani urbanistici comunali) realizzate nei paesi i cui territori ricadono nell'area dove esiste la riserva naturale, devono avere, oltre alle altre autorizzazioni di legge, anche il nulla osta della Provincia. Ente dove nessuno sa niente in proposito ed al quale non è mai giunta alcuna comunicazione né dal Ministero né tantomeno dalla Regione: «Sapevo dell'esistenza della norma ? conferma l'assessore all'ambiente Rocco Celentano ? ma attendevo che ci fosse un provvedimento successivo per comunicarci come ci saremmo dovuti comportare, invece nessuno ci ha detto niente. Ora stiamo studiando il da farsi, anche perché non abbiamo né persone né attrezzature adatti a svolgere adeguatamente i nuovi compiti». L'articolo del decreto Ronchi (l'ormai famoso Dpr del 30 marzo 1998, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 14 maggio dello stesso anno) che affida provvisoriamente i nuovi compiti alla Provincia è il numero 4, comma 1: «Fino alla Costituzione dell'Ente parco le autorizzazioni e le deroghe previste nelle misure di salvaguardia vengono rilasciate dalla Provincia di Nuoro». Una novità dovuta alla fine della deroga sull'attuazione dei vincoli sul parco decisa lo scorso anno dal ministro all'Ambiente Altero Matteoli. Il primo gennaio i vincoli sono tornati in vigore, con tutte le conseguenze del caso, ed i primi ad accorgersene sono stati i cacciatori, protagonisti di rumorose proteste, soprattutto in Ogliastra. Ma le conseguenze più sostanziali, anche se meno apparenti, sono quelle che riguardano l'urbanistica perché chi abita nelle aree del parco dovrà fare un passaggio in più, quello provvisoriamente delegato alla Provincia, per ottenere un qualsiasi tipo di concessione. Se n'è ben reso conto qualche giorno fa l'agronomo nuorese Annico Pau, che essendo incaricato di un progetto per l'ampliamento di un agriturismo di un paese del Gennargentu, si è visto chiedere dagli uomini dell'Ispettorato Forestale, l'ulteriore autorizzazione: «Niente da obiettare ? ha detto Pau ? si tratta di un atto dovuto per legge, diretta conseguenza del decreto che ha reso operante la legge 394 che ha istituito i nuovi parchi nazionali. Un'incombenza in più per proprietari e progettisti anche se, per fortuna, le norme di attuazione prevedono l'automatismo del silenzio-assenso». Annico Pau fa riferimento all'allegato al decreto Ronchi che specifica i contenuti della norma. L'articolo 9, in particolare, prevede che ogni progetto di natura edilizia, una volta ottenute tutte le autorizzazioni previste dalle norme generali, debba passare infine al vaglio dell'Ente parco (e, in sua assenza, in via provvisoria, della Provincia) per il nulla osta. Naturalmente l'ente preposto può fare delle osservazioni e chiedere modifiche (la più classica: le recinzioni dei terreni in pietra locale o legno invece che in rete metallica). Entro sessanta giorni (prorogabili di ulteriori trenta in casi particolari) l'Ente del dare la sua risposta, altrimenti il progetto deve ritenersi approvato automaticamente. Per i piani urbanistici (comprese le varianti e i piani particolareggiati) l'invio all'Ente deve essere fatto solamente alla fine della fase istruttoria e prima dell'approvazione definitiva. La risposta, in questo caso, deve avvenire entro novanta giorni. Il termine può essere prorogato, per una sola volta, di ulteriori sessanta giorni, dopo di che scatta anche in questo caso la regola del silenzio-assenso. Lo stesso iter, con alcune modifiche, deve essere seguito nel caso in cui nel territorio compreso entro l'area del parco debbano essere fatte significative opere pubbliche, come strade, elettrodotti, dighe, sistemazione degli argini di fiumi e torrenti. La comunicazione deve essere fatta anche nel caso di opere già in corso di esecuzione. Il mancato adempimento comporta la sospensione dei lavori in via cautelativa. La macchina del parco, quindi, continua a marciare implacabile, incurante delle polemiche ? molto spesso improntate a disinformazione ? che ne hanno segnato il cammino fin dalla nascita. Se su una cosa Soru e Matteoli hanno raggiunto un accordo è proprio sul fatto che l'area protetta esiste e che non si può tornare indietro. (L’Unione Sarda)

Controlli delegati alla Forestale

Gennargentu
I rangers devono verificare il rispetto dei vincoli di legge


La sorveglianza sui vincoli delle tre zone di rispetto in cui è stato diviso il parco secondo il decreto Ronchi (zona 1 con presenza umana vicina allo zero, zona 2 con media presenza umana, zona 3 con forte presenza umana) è affidata al Corpo Forestale regionale che, in casi particolari, può essere coadiuvato dal Corpo Forestale dello Stato. Lo stabilisce l'articolo 10 dell'allegato "A" al decreto Ronchi. Si tratta di una disposizione che esalta la professionalità e la competenza di un corpo che anche in questa vicenda ha svolto un ruolo positivo. Infatti il rispetto dei vincoli è stato proposto innanzitutto in maniera informativa, anche nei confronti dei cacciatori che inizialmente sembravano i più riottosi ad accettare ogni forma di dialogo. Non ci sono stati atti di repressione, se non nei casi classici (vedi bracconaggio o taglio abusivo di legna) ma una grande opera divulgativa, del resto promossa e sollecitata anche dall'assessore regionale all'ambiente Tonino Dessì. Comunque vada a finire la vicenda del parco del Gennargentu, gli agenti del Corpo Forestale, i cosiddetti ranger, saranno sempre presenti nei boschi della Barbagia a difendere un ambiente di qualità inimitabile. (L’Unione Sarda)

Caccia e agricoltura: un matrimonio possibile

Si è svolto a Bergamo il seminario sulle «Aree naturali protette della Lombardia», organizzato dalle associazioni venatorie ed enti professionali
Ribadito l'importante ruolo degli enti locali per la gestione delle zone da riservare e tutelare nei parchi regionali


Si è tenuto con grande successo in Bergamo, al Palacongressi dell'Ente Fiera, il seminario "Le aree naturali protette della Lombardia: quali le conseguenze per la fruizione del territorio e per le attività rurali?", organizzato dalle associazioni venatorie Federcaccia, ANUU Migratoristi, Enalcaccia e CPA insieme alle organizzazioni professionali agricole Coldiretti e Confagricoltura nonché patrocinato dalla Provincia di Bergamo. Grande partecipazione - Davanti a una foltissima platea di circa 400 persone, composta da amministratori locali di Comuni e Province, cacciatori, agricoltori e pescatori, i qualificati relatori, introdotti dall'assessore provinciale all'Agricoltura, Caccia e Pesca Luigi Pisoni e moderati da Ezio Pellegrini, giornalista de L'Eco di Bergamo, hanno affrontato sotto diverse angolazioni la questione delle aree protette regionali e il loro rapporto con le attività rurali, sia produttive che ricreative. Le esigenze agricole - Se da un lato, infatti, sussistono le legittime necessità delle aziende agricole che svolgono peraltro funzione di presidio del territorio - efficacemente illustrate nel quadro delle misure agroambientali comunitarie da Stefano Masini per Coldiretti e da Andreotto Gaetani per Confagricoltura - vi sono pure le necessità di altre categorie di cittadini, quali i cacciatori, espresse da Italo Fanton per Federcaccia e da Massimo Marracci e da Marco Castellani per l'ANUU Migratoristi, rispettivamente Presidente regionale Lombardia e Vice Presidente nazionale. Rispetto delle regole - Occorre in buona sostanza che vi sia il rispetto delle regole stabilite nelle normative vigenti, in particolare delle percentuali massime di territorio agro-silvo-pastorale da destinare a divieto di caccia per effetto di qualunque legge o disposizione (quindi non solo per effetto di aree a parco naturale, che di per sé, sovente, già debordano oltre tali limiti), nonché che si recuperi fortemente il concetto di partecipazione, soprattutto nella fase preliminare di individuazione dei territori da sottoporre a tutela. Un appello sottoscritto anche dal presidente della Provincia di Cremona, Giuseppe Torchio, perché la pianificazione delle destinazioni d'uso del territorio non venga decisa imponendola dall'alto, né sia frutto dell'influenza di una sola lobby ristretta. Legge e requisiti - Oltretutto, in non rari casi vengono incluse aree eminentemente agricole, che ben poco presentano dei requisiti di "elevata naturalità" richiesti per le aree naturali protette sia dalla legge 394/91 che dalla legge regionale 86/83. Leggi la cui storia è stata dettagliatamente ripercorsa da Innocenzo Gorlani, con speciale apprezzamento per la legge lombarda, unica in Italia ad avere introdotto una classificazione dei parchi regionali incentrata sulle loro caratteristiche ambientali (fluviali, montani, forestali, di cintura metropolitana, ecc.) e al cui interno devono essere individuate le zone a parco o riserva naturale che, in quanto tali, non possono coincidere con l'intera superficie del parco regionale. In buona sostanza, la partecipazione dei cittadini - ivi compresi cacciatori, agricoltori e pescatori - deve essere garantita, così come il rispetto dei dettati legislativi, ma deve essere robusta particolarmente a livello locale. Come ribadito anche dall'assessore regionale alla Qualità dell'Ambiente, Franco Nicoli Cristiani, la consapevolezza e l'analisi di ogni situazione devono innanzitutto consolidarsi su base locale, cioè sugli stessi territori che si vorrebbero includere nelle aree protette, e devono farsene interpreti i sindaci dei Comuni coinvolti. Aree protette - Non si devono infine dimenticare altre tipologie di aree protette, come i siti della rete europea NATURA 2000 - sui quali si è soffermato Vittorio Vigorita, della Direzione Generale Agricoltura della Regione Lombardia, con speciale riferimento alle ZPS - o i PLIS (Parchi Locali d'Interesse Sovracomunale), per i quali il divieto di caccia non è previsto e che tuttavia devono essere oggetto di grande attenzione onde evitare che ne vengano snaturati gli scopi. Direttiva Uccelli - Sulle Zone di Protezione Speciale ai sensi della Direttiva "Uccelli", importante è stata la precisazione che nel loro interno la caccia non è vietata a priori e che toccherà ai singoli piani di gestione stabilire caso per caso quali saranno le attività antropiche da sottoporre a limitazioni o divieti, concetti ribaditi anche dal recente Accordo tra FACE e BirdLife International, che Marracci ha voluto ricordare a tutti perché primo esempio europeo di avvicinamento tra cacciatori e ambientalisti per obiettivi molto concreti. Molto apprezzato l'intervento di saluto portato con la consueta energia e concretezza dal Presidente della Provincia di Bergamo, Valerio Bettoni. Sono anche intervenuti nel dibattito Roberto Cicognani per l'Enalcaccia nazionale, Giacomo Lanzini per la Federcaccia regionale Lombardia e il Consigliere regionale lombardo. (La Provincia di Lecco)

Delta del Po

La giunta regionale ha approvato la seconda parte del progetto Italia-Slovenia denominato "Coast to Coast" nell'ambito del programma comunitario IIIA, relativo alla promozione turistico-ambientale e culturale dei territori costieri. Si tratta di una iniziativa di ampio respiro che vedrà il Parco regionale veneto del Delta del Po coordinare e realizzare una serie d'interventi in collaborazione con le associazioni di categoria (Cna, Ascom e Coldiretti) e con i partner istituzionali (Comuni del Parco del Delta, Province di Rovigo e Venezia, Camera di commercio di Rovigo, comune di Terzo d'Aquileia in rappresentanza di 16 comuni friulani, comune di Izola-Slovenia, Centro di promozione dell'imprenditoria di Pirano, Museo regionale di Capodistria) e con il contributo della Fondazione della Cariparo. L'importo complessivo dell'operazione è di 1.373.000 euro.
Si tratta di un progetto nel quale rientrano la realizzazione di un Centro visitatori del Parco del Delta del Po a Porto Viro, di un Auditorium a Taglio di Po, di un Parco naturalistico archeologico del Delta del Po, di un porto turistico a Rosolina e della realizzazione e del potenziamento di una serie di attracchi nel Delta.
Questa parte del progetto, in particolare, è incentrata sulla promozione ambientale, turistica e culturale, con lo scopo di riscoprire e far scoprire tutti quei valori che legano le aree dell'alto Adriatico interessate al progetto, con un'operazione congiunta, anche sottolineando gli aspetti che accomunano la nostra realtà a quella della costa slovena. Sono previsti, inoltre, interventi tesi a favorire l'istruzione, la formazione professionale e il mercato del lavoro, anche in considerazione del fatto che la Slovenia è entrata da poco nell'Unione Europea.
I fondi comunitari, infatti, saranno sempre più dirottati verso i nuovi Paesi membri, senza perdere di vista gli obiettivi di sviluppo ecosostenibile. «Questo è solo uno dei tasselli dell'immenso puzzle costituito con fondi comunitari che il Parco regionale veneto Delta del Po, di concerto con la Regione ed altre istituzioni pubbliche e private - ha detto il direttore del Parco, Stefano Danieli - sta portando avanti con lusinghiero successo». (Il Gazzettino)

Il Parco dice stop ai contributi a pioggia

Cilento

Stop all'erogazione di contributi a pioggia per associazioni e proloco e razionalizzazione dei finanziamenti per tre solo grandi eventi l'anno. Contro questa decisione dell'ente Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano, la cui applicazione è partita nel 2004, si è mobilitato l'associazionismo dell'area protetta con una valanga di richieste di revoca della deliberazione. Una quarantina tra fondazioni, musei, proloco, organizzazioni di volontariato, onlus e associazioni hanno inviato per posta o consegnato a mano le loro istanze. Martedì mattina a palazzo Mainenti si sono recati anche il presidente Carmelo Rizzo e il segretario Carmine Rizzo, dell'associazione Martiri Riccio di Cardile, per la consegna al protocollo di una trentina di richieste, sottoscritte dai gruppi locali. La deliberazione, contestata dalle associazioni, è la n. 22 del 7 luglio 2003, con cui il consiglio direttivo del Parco ha regolamentato i contributi e i finanziamenti. Un provvedimento che ha confermato, per il 2003, il regolamento in vigore per le attività culturali (approvato con deliberazione n. 49 del 22 ottobre 2001 del Consiglio direttivo), consentendo a tutti i gruppi di beneficiare delle provvidenze per le spese di organizzazione delle proprie attività e manifestazioni. A partire dal 2004, invece, la deliberazione ha previsto che i fondi delle attività culturali venissero destinati ad organizzare tre grandi eventi, individuati ogni anno: uno di carattere divulgativo-promozionale e ricreativo delle produzioni e delle tradizioni del Parco, un altro di carattere culturale-artistico e un terzo dedicato alle attività sportive ecocompatibili. Il totale dei fondi disponibili per queste attività non è cambiato: 150mila euro era la somma destinata dall'ente Parco alle associazioni fino al 2003 e tale è rimasto l'importo disponibile anche nel 2004. Solo che, invece di essere distribuito tra circa un centinaio di gruppi, è stato destinato ai tre grandi eventi individuati per il 2004: la "Borsa verde dei territori rurali", tenutasi a marzo a Vallo della Lucania, la "Settimana della cultura" con la Conferenza dei siti Unesco di maggio a Paestum e la kermesse "Sportnatura", svoltasi tra ottobre e dicembre ad Agropoli, Laurino, Policastro, Sapri, Monte Stella, Palinuro, Vallo e San Rufo. « I tre grandi attrattori finanziati quest'anno non hanno prodotto una grande risonanza sul territorio» sostengono i rappresentanti delle associazioni. (Il Mattino)

Partiranno a marzo i corsi per la formazione di esperti in campo ambientale.

Partenio

Il progetto fa capo al Pit del Parco regionale del Partenio e ha per obiettivo, è scritto in una nota, “lo sviluppo di attività a più elevata professionalizzazione collegate ai fabbisogni del mercato del lavoro“.
Considerando che attualmente l’orientamento del mercato del lavoro include la variabile ambiente in tutte le attività, facendone un indirizzo strategico ed un irrinunciabile servizio per la collettività, si configura la necessità di un significativo mutamento culturale specie nel settore progettuale.
Le attività strutturate nell’ambito di questo progetto di formazione si prefiggono lo scopo di formare sia maestranze esperte in tecniche di ingegneria naturalistica, sia professionisti specializzati in progettazione ed impiantistica ecologica.
I corsi di formazione previsti nel progetto sono indirizzati a soggetti in possesso di diploma di scuola media superiore, diploma di laurea, laurea. In particolare si farà riferimento agli addetti al settore dell’edilizia e alla pianificazione territoriale, alle maestranze delle piccole imprese edili presenti nel territorio, al fine di qualificarli rispetto alle problematiche ambientali ed alla qualità delle tecnologie appropriate e sostenibili, ai liberi professionisti (ingegneri, architetti e geometri) presenti sul territorio per una maggiore qualificazione.
Il finanziamento ammonta a 247 mila 840 euro ed è ricavato dalla misura Por 3.7 (formazione superiore)- azione B (sviluppo di attività di formazione regionale, di II e III livello ovvero a più elevata professionalizzazione, collegate ai fabbisogni del mercato del lavoro). (Il Denaro)

Il Parco cerca alleati

Foreste Casentinesi

Forte e nuovo appello ai cittadini dei Comuni del Parco da parte della Comunità del Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, che raggruppa tutti gli enti locali di questo territorio. Il documento, sottoscritto dal presidente Foietta (sindaco di Santa Sofia), “viene divulgato affinché tutti prendano coscienza di quello che sta succedendo nel silenzio assoluto di tanti ma che noi vogliamo comunicare ad alta voce affinchè tutti sappiano”.“Dieci anni di attività dell’Ente Parco - sostiene la Comunità del Parco - hanno prodotto importanti risultati, sia sul piano del miglioramento delle azioni per la conservazione della natura, sia su quello della valorizzazione del territorio e delle sue risorse ambientali, turistiche, storiche e culturali”.“Quanto fatto - continua l’appello - viene vanificato dalla mancata nomina, da parte del ministero dell’Ambiente, del Consiglio e del Presidente del Parco, ormai assenti da più di un anno. A questo si sta assommando la continua riduzione dei contributi destinati alle zone ambientali con tagli fino al 35% rispetto agli anni precedenti. Tutto quanto crea una difficoltà enorme ai cittadini, imprenditori, cooperative ed istituzioni che hanno creduto in questo tipo di sviluppo, che hanno investito in questo territorio e che oggi vengono penalizzati”. (Corriere di Romagna)

Parchi: emilia romagna, wwf chiede modifiche legge regionale

(Adnkronos) - Il Wwf chiede ai consigliere regionali dell'Emilia Romagna, presenti in commissione Ambiente, l'impegno ad emendare almeno i punti, dall'associazione considerati, ''maggiormente peggiorativi''. Questa mattina, infatti, la Commissione Ambiente del Consiglio regionale dell'Emilia-Romagna ha iniziato l'esame della proposta di nuova legge regionale sui parchi e le aree protette, il cui testo il Wwf ha gia' duramente criticato dopo la sua approvazione da parte della Giunta regionale.

Parco di Molentargius-Saline: pronti, partenza ... flop

Ad intervenire in merito al Parco Naturale Regionale di Molentargius-Saline è Massimo Manca, portavoce dell’Associazione Argonauta. «In una battuta: Se non fosse una tragedia ci sarebbe da ridere»

CAGLIARI - Ad intervenire in merito al Parco Naturale Regionale di Molentargius-Saline è Massimo Manca, portavoce dell’Associazione Argonauta. «In una battuta: Se non fosse una tragedia ci sarebbe da ridere» sostiene Manca.
«All´indomani degli annunci trionfalistici dei nostri amministratori pubblici – continua il portavoce di Associazione Argonauta - (gli stessi che dall´istituzione dell´area protetta, per 6 anni, se ne sono bellamente fregati di dare vita al consorzio di gestione), pronti a giurare che tutto è pronto per il decollo del parco, al di là delle passerelle ad uso e consumo dei media e delle buone intenzioni, noi abbiamo voluto verificare di persona lo stato di salute di questo compendio naturalistico. Che tutti ci invidiamo e che però in pochi conoscono. Le sorprese non sono mancate, come documentiamo con le riprese fotografiche effettuate quest´oggi».
Manca pone due interrogativi.
Il primo: si tratta di un Parco o di una riserva indiana?
«C´è da rimanere allibiti della superficialità e del rispetto del paesaggio – afferma Massimo Manca -che i nostrani "costruttori" di parchi hanno saputo dimostrare per questo iper vincolato e tutelato (sulla carta) bene ambientale. Sì, perchè da una parte, come ad esempio sulle torri eoliche, si fanno sacrosante battaglie in difesa del paesaggio, salvo poi stendere decine di chilometri di orrende reti metalliche zincate (e relativi paletti e cancelli), che neppure le galline di un pollaio accetterebbero, tanto sono brutte e oscene. Oggi, nel Molentargius, va in onda la versione sardesca delle aree protette, dove lo sguardo, ma anche le proprie gambe, non possono andare oltre qualche metro e non possono avvicinarsi agli stagni, proprio perchè qualche ignoto burocrate ha disposto che venisse recintato il paesaggio. E così –continua Manca - mentre coloro che i parchi li sanno fare, ma soprattutto funzionare, mettono in atto addirittura dei sottopassaggi stradali ad uso e consumo della fauna (per protteggere quest´ultimo da pericolosi attraversamenti), noi facciamo di molto peggio, chiudiamo la fauna e l´intero parco all´interno di un recinto da pollaio.
Eppure si tratta di un compendio iper tutelato e vincolato, in cui vige un Piano Territoriale Paesistico, dove un comune mortale, se volesse recintare il proprio terreno, non potrebbe farlo se non con l´uso di materiali compatibili (legno e pietra) pena l´intervento della Forestale e della Soprintendenza, con salate sanzioni e ordinanze di demolizione. Una domanda è d´obbligo: chi ha autorizzato questo scempio paesaggistico e ambientale, quanti soldi sono stati spesi per questa vergogna ? Abbiamo fatto un rapido calcolo, sicuramente in difetto: detto che, circa ogni 2 metri, è stato installato sul suolo un paletto di ferro (per sostenere il percorso delle reti metalliche, di 2 mt di altezza) e che i Km di rete metallica non sono meno di 5 (per non parlare delle decine di cancelli), ebbene, per realizzare l´intera opera sono stati versati nel suolo del parco (per sostenere i paletti di ferro) non meno di 4 tonnellate di cemento. Non c´era mai capitato di vedere un obrobrio simile, anche perchè siamo abituati ai parchi d´oltre Tirreno, quelli dove è liberamente consentito circolare e poter far spaziare la vista, senza recinzioni di sorta. Vogliamo solo sperare che chi ha realizzato questo sconcio non ci venga a raccontare che l´intervento si è reso necessario per combattere il proliferare delle discariche e per frenare gli usi e gli abusi che nottetempo hanno luogo in questa area umida. Se questa dovesse essere la giustificazione, allora ci sarebbe veramente da ridere, visto che l´area protetta, quella che si vorrebbe far decollare tra brevissimo, è militarmente occupata di rifiuti, in ogni dove. Insomma, ancora una volta la medicina è peggiore della malattia che si vorrebbe curare e non c´è proprio verso di fare capire ai nostri amministratori che l´unica soluzione non è quella di recintare l´ambiente, ma semmai quella di assicurare, 24 ore al giorno, la necessaria vigilanza. E in tal senso, però, sappiamo che da queste parti - a differenza di quello che accade oltre Tirreno - è più facile far passare un cammello in una cruna d´ago, piuttosto che comandare in servizio stabile un numero sufficiente di guardie forestali nel Molentargius, di cui infatti non abbiamo trovato traccia».
Il secondo: si tratta di un Parco o di una cloaca ?
«I nostri amministratori pubblici – continua Manca - proprio l´altro giorno, ci hanno raccontato la favola che vorrebbe tutto pronto per il taglio del nastro. Secondo loro i lavori di recupero e risanamento sarebbero alle ultime rifiniture, quelle di dettaglio. Domanda: ma da quanto tempo non mettono piede nell´area protetta ? Noi l´abbiamo fatto e possiamo quindi documentare il degrado che regna nel Parco (soprattutto nella parte quartese). Qualunque comune mortale, che abbia nella sua vita visitato un Parco - di quelli veri, come si deve - si troverebbe sicuramente in difficoltà nel dover ammettere che l´area umida di Molentargius gode dello status di Parco Naturale Regionale. Naturale ? No no, qui la naturalità si sposa bellamente con l´anarchia – conclude il portavoce di Associazione Argonauta - con l´abuso, con i rifiuti, con il degrado… e qualche panchina (poche), cestino, bacheca e torre d´avvistamento (di cartelli che informino di essere in un´area protetta neppure l´ombra). Se questo è un parco, allora noi siamo dei marziani. O forse, per meglio dire, lo sono coloro che ci hanno messo così maldestramente mano?» (Alguer)


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