Rassegna del 01 Febbraio 2005

Per i lupi indennizzi “fantasma”

Il problema rilanciato dalla conferma che nel comprensorio dei Castelli vive un branco autoctono
Parco, mancano le norme per risarcire eventuali danni ai pastori


Spente le telecamere della kermesse mediatica che ha visto il parco dei Castelli salire agli onori delle cronaca a causa di un cucciolo di lupo morto, restano un "mare" di problemi irrisolti. Il Parco, infatti, non ha ancora un regolamento per indennizzare gli allevatori dei danni subiti da animali selvatici. I pastori già quattro mesi fa, quando furono avvistati i primi lupi ai Castelli, richiesero a gran voce le norme che servono a garantire una forma di convivenza fra allevamenti e lupi, ma le autorità del Parco presero la denuncia sotto gamba non riconoscendo impellente l'urgenza. E a nulla valsero gli interventi del presidente della Comunità montana e dei responsabili della Forestale, che avvisarono di tenere in debita considerazione le richieste.
Aldo Capponi, del comitato di gestione del Parco, promise che il regolamento sarebbe stato varato nel giro di qualche settimana, ma da allora nulla è stato fatto. Di fronte a questa carenza ai pastori non resta da fare altro che affidarsi alla buona sorte. «In un anno - hanno denunciato i cugini Giancarlo e Paolo Felici, di Rocca Priora, proprietari di un consistente gregge di pecore - abbiamo perso quasi cento animali, sgozzati da lupi o da cani inselvatichiti. Abbiamo pure provato a richiedere l'indennizzo, ma di fronte alla complessità delle procedure abbiamo preferito lasciar perdere».
Un regolamento nell'area protetta renderebbe tutto più semplice, tranquillizzando i pastori che oramai non sanno più a chi rivolgersi. «Stavolta non ci saranno ulteriori rinvii - promette il consigliere Capponi - La questione del regolamento sarà all'ordine del giorno nel prossimo direttivo del Parco perché non è più possibile temporeggiare». Un poco disorientato sulla vicenda, invece, si dimostra Franco Magrelli, presidente del parco regionale. «Per l'indennizzo - dice - abbiamo un capitolo vuoto e non sappiamo chi deve mettere i fondi: la Regione Lazio o la Provincia».
Dall'assessorato Agricoltura Caccia e Pesca della Regione Lazio fanno sapere però che i soldi per indennizzare i pastori sono contenuti nei capitoli di finanziamento annuali, mentre la Provincia che riconosce i danni fuori dall'area protetta, si dichiara disponibile a dare un contributo al Parco che nessuno ha, tuttavia, mai richiesto. Più complessa, invece, è la questione del risarcimento ai pastori dei danni indotti dai cani rinselvatichiti. «La Regione - spiega Filiberto Zaratti, assessore provinciale all'Agricoltura - tre anni fa ci ha trasferito le competenze senza darci i soldi ed emettere il regolamento. Il danno che i pastori subiscono per queste omissioni sono enormi».
Quindi, ben che vada, si prospettano ancora tempi lunghi per arrivare ad una definizione del problema. «Nei parchi - afferma Carlo Ponzo, sindaco di Rocca di Papa, paese che dà al parco i due terzi di territorio - bisogna crederci. Una legislazione carente e la mancanza di finanziamenti lasciano, invece, l'ente nella fase attuativa, creando conflitti tra le categorie che devono vivere ed animare il parco». (Il Messaggero)

Già in regola da anni l’area protetta dei Lucretili

Indennizzi

Il regolamento per risarcire i pastori dei danni subiti da animali selvatici nel parco dei monti Lucretili, è stato approvato da anni e può essere un sicuro riferimento per la nuova normativa del parco dei Castelli Romani. Nei Lucretili la denuncia di uccisione di un capo di allevamento va fatta entro il termine massimo di tre giorni. Per aver diritto al risarcimento i pastori devono presentare il verbale di decesso dell'animale, vidimato dall'autorità sanitaria, il registro di stalla, la fida di pascolo per animali allo stato brado ed il contratto di fitto nei territori in cui c'è il pascolo. Il Parco riconosce un importo corrispondente alla valutazione media degli animali sul mercato. Le associazioni di categoria che aiutano nel disbrigo delle pratiche. (Il Messaggero)

Vesuvio in rete con il Mediterraneo

Napoli per tre giorni capitale del Mediterraneo per la salvaguardia dell'ambiente. Si chiude oggi all’hotel Continental, il convegno sul progetto «Rete dei Parchi», finanziato dall’Unione europea per un milione e 300mila euro. Capofila: il Parco Nazionale del Vesuvio che confinanzia il piano con 100mila euro. Questa mattina, all'atto della sigla della convenzione tra il Parco e i partners del progetto, saranno presenti tra gli altri Pietro Armani, Emiddio Novi, Aldo Cosentino, Matteo Fusilli e Fabio Renzi. Il progetto Rete dei Parchi coinvolge 13 strutture, in rappresentanza di 36 aree protette del Mediterraneo: oltre all’Italia, Algeria, Tunisia, Israele, Spagna, Francia, Portogallo, Grecia e Malta. Con l'approvazione del progetto si realizza una rete tra le aree naturali protette al fine di contribuire all’individuazioni di strategie comuni da sviluppare nell'ambito di una cooperazione duratura. La Rete, attraverso specifici tavoli di lavoro, ha l'obiettivo di elaborare linee guida congiunte su molteplici direttrici: gestione delle specie, ambientale, del turismo, dei finanziamenti comunitari. La cooperazione andrà avanti fino al 2008, attraverso tavoli di lavoro e riunioni internazionali per lo scambio di esperienze e per il miglioramento delle competenze degli enti di gestione. «Il Parco Nazionale del Vesuvio - commenta il presidente Amilcare Troiano - consolida oggi il suo ruolo di leader nel settore della valorizzazione delle aree protette e della tutela dell'ambiente. Il Parco continuerà a impegnarsi attivamente affinché la rete dei diversi progetti di cooperazione venga sempre più ampliata e diventi una solida base posta a sostegno e salvaguardia degli ecosistemi mediterranei e tesa sempre più alla conservazione della diversità biologica e allo sviluppo sostenibile delle comunità locali senza prescindere dalla valorizzazione delle culture, delle tradizioni e delle identità dei popoli del Mediterraneo perché esse rappresentano la migliore e più efficace difesa dell'ambiente». (Il Messaggero)

Un megaparco di mille ettari

Portoselvaggio
Incontro ieri mattina a Bari, nella sede dell'assessorato regionale all'Ambiente. Sottoscritta la proposta di perimetrazione


Ieri è nato il megaparco, da mille ettari e senza soluzione di continuità, «Portoselvaggio-Palude del Capitano». Al termine della preconferenza, che si è svolta ieri mattina a Bari nell'assessorato all'Ambiente della Regione, al cospetto dei funzionari dell'Ufficio parchi, è stata sottoscritta la proposta di perimetrazione presentata dall'Amministrazione, che unifica le due aree naturali protette di Porto Selvaggio e della Palude del Capitano e delimita diversamente i confini dell'area predisposti dalla Regione. Questa includeva invece nel parco vaste aree agricole di modesta valenza naturalistica. Ora bisognerà l'approvazione da parte della Giunta e del Consiglio regionale. Se l'iter si conclude prima dello «stop tecnico» dettato dalle prossime regionali, Nardò potrà lavorare per il parco già dal prossimo mese. A Bari c'erano il sindaco Antonio Vaglio, l'assessore all'Urbanistica, Sergio Orlando, il consigliere delegato alla gestione del Parco, Mino Natalizio, il dirigente del settore Urbanistica, Nicola D'Alessandro, l'esperto designato dall'Amministrazione comunale, Raffaele Onorato, i rappresentanti di Legambiente (Sergio Fai, Bruno Vaglio e Stefania Ronzino), di Fare Verde (Graziano De Tuglie), del Gruppo speleologico neritino (Vittorio Marras) e della Cia (Massimo Romano). Presenti anche i rappresentanti regionali di Italia Nostra e del Club Alpino Italiano. «Ha prevalso la concertazione fra amministrazione comunale, regionale e associazioni degli ambientalisti - dichiarano Antonio Vaglio e Mino Natalizio - e finalmente si può affermare, sempre più concretamente, che sta per finire l'oblio che per 25 anni ha interessato il Parco di Portoselvaggio». «Troverà tutela anche un'altra stupenda area del territorio neritino, quella della Palude del capitano - fa eco Sergio Orlando - caratterizzata da importanti ricchezze naturalistiche, grazie all'istituzione di un unico grande parco». Saranno a disposizione, al termine dell'iter istitutivo, circa 5milioni di euro rinvenienti dagli ex Fondi investimento e occupazione. (La Gazzetta del Mezzogiorno)

Il parco naturale diventa realtà

Ugento - Annuncio del vicesindaco nel corso del convegno sull'area protetta
La Regione ha dato il via libera. Le «ricette» di esperti e ambientalisti


Mille ettari di terreno del territorio di Ugento saranno destinati alla realizzazione di un Parco naturale. Il Comitato tecnico scientifico della Regione ha espresso nei giorni scorsi il suo parere favorevole, avviando di fatto l'iter per l'approvazione del progetto del Parco. La notizia è stata diffusa dal vicesindaco, Francesco Pacella, nel corso del convegno organizzato dal Gruppo culturale «Don Bosco» in collaborazione con altre 12 associazioni. Pacella, pur riconoscendo «il ritardo dell'Amministrazione nell'elaborare una strategia di tutela e valorizzazione del territorio» ha messo in evidenza l'impegno nell'avviare uno «sviluppo sostenibile» che garantisca una «ricaduta in termini di occupazione attraverso il coinvolgimento degli operatori economici e culturali». Il convegno ha registrato una presenza di un pubblico numeroso e interessato e gli interventi di spessore dei relatori. Il professor Giovanni Zurlino, del Dipartimento di Ecologia dell'Università di Lecce, dopo aver confessato di aver scelto di vivere nel Salento proprio per via delle sue bellezze incontaminate e per la sua cultura, ha sottolineato la necessità di un rapporto sistematico tra Regione, Arpa e l'Università per realizzare nel migliore dei modi il progetto del Parco. «La Regione deve definire le strategie - ha sottolineato il docente di origine parmense - l'Arpa deve controllare che le normative ambientali e sanitarie vengano rispettate e l'Università deve interessarsi della formazione, della ricerca e della didattica, formando le professionalità necessarie alla gestione di un Parco. Il Comune deve vigilare per difendere il territorio dalle aggressioni dei rappresentanti degli interessi particolari, specie quelli speculativi». E Fulco Pratesi, presidente nazionale onorario del Wwf, è riuscito ad andare al di là delle affermazioni di principio. Il Wwf, infatti, con i fondi raccolti, ha realizzato sul territorio nazionale una serie di parchi naturali, dove ha ripristinato l'habitat che l'uomo aveva modificato negli anni. «Ho scoperto solo in questa occasione questo lembo di Italia - ha detto Pratesi - e confesso che mi ha meravigliato per la sua bellezza. Qui si può fare ancora molto per tutelare le dune, la macchia mediterranea, gli stagni e le paludi di acqua dolce, una rarità. Dovete puntare su un turismo qualificato ed intelligente se volete una destagionalizzazione del flusso turistico. Ora bisogna migliorare, offrendo un richiamo che vada al di là della massificante e distruttrice presenza turistica sulla costa». Dopo l'appello all'unità lanciato dal rappresentante di Legambiente Maurizio Manna, gli interventi di Roberto Gennaio dell'Arpa e di Marcello Seclì di Italia Nostra. Gennaio ha evidenziato la gravità della presenza dei colibatteri fecali nelle acque, dovuta allo sversamento criminale dei liquami nei bacini collegati col mare. Seclì, invece, ha lanciato un appello a fermare i tentativi di ulteriore urbanizzazione della zona (sarebbe stata progettata la realizzazione di ben 64.000 metri cubi di costruzione destinata a complessi turistici). «Bisogna scegliere il turismo sostenibile - ha affermato - trovando il coraggio di abbattere anche qualcosa di già costruito. Diversamente il parco servirà solo da richiamo per le strutture realizzate a dispregio dell'ambiente che vogliamo salvaguardare». (La Gazzetta del Mezzogiorno)

Tavolo tecnico sul Parco’ Una mozione in Provincia

Oglio Sud

Dopo l’appello del presidente del Parco Oglio Sud Enrico Tavoni, un altro passo verso la ‘conciliazione’ delle parti in merito alla tribolata istituzione del parco naturale. I consiglieri provinciali Anna Riccardi (Ds) e Andrea Ladina (Verdi) hanno infatti firmato una mozione di indirizzo alla giunta provinciale in cui si chiede che «il presidente della Provincia costituisca il tavolo tecnico a supporto dei parchi, dei Comuni e delle categorie interessate per giungere ad un progetto condiviso di parco naturale all’interno del Parco Regionale Oglio Sud». Si chiede poi «un aggiornamento costante in Consiglio sul procedere di questi lavori». «L’ordine del giorno, è già sul mio tavolo— dichiara il presidente del Consiglio Roberto Mariani — e nell’agenda dei lavori della prossima assemblea (10 febbraio)». (La Provincia di Cremona)

Ecco il futuro del parco

Oglio Nord - Il 22 febbraio si terrà il rinnovo del consiglio di amministrazione, nuove cariche

Si decide il 22 febbraio il futuro del Parco Oglio Nord, quando le Province e i Comuni consorziati provvederanno al rinnovo del consiglio di amministrazione. Sta così per finire il lungo tormentone che ha fatto slittare il rinnovo delle cariche di almeno 3 mesi. La quadratura del cerchio pare sia dovuta alla discesa in campo dei grossi calibri, di partiti ed associazioni interessate, nell’ambito delle manovre che caratterizzano la campagna elettorale in vista delle prossime elezioni per il rinnovo del parlamento regionale. Alla provincia di Bergamo spetta la nomina del nuovo presidente che prenderà il posto di Virginio Bettinzoli. Alla provincia di Cremona i due rappresentanti nel consiglio di amministrazione. La preoccupazione dei veri appassionati della natura è che la questione politica non diventi predominante rispetto alle attese di un vero recupero ambientale. Il fiume Oglio e la sua golena sono infatti interessate da un evidente forma di degrado dovuta alla mancanza di un progetto di tutela, salvaguardia e valorizzazione delle realtà di maggiore interesse ancora presenti, soprattutto nella fascia compresa tra i comuni di Pumenengo, Rudiano, Torre Pallavicina, Roccafranca, Soncino, Orzinuovi, Villachiara, Genivolta, Borgo San Giacomo e Azzanello. L’inquinamento organico del fiume sta determinando l’estinzione di popolazioni ittiche caratteristiche come quelle della trota e del luccio. Non va meglio a piante ed arbusti minacciati da infestanti e rampicanti. (La Provincia di Cremona)

Ottocentomila euro per rifare i sentieri del Parco regionale

Partenio

La creazione di itinerari di sentieristica nel Vallo Lauro-Baianese è tra gli interventi previsti dal Pit del parco regionale del Partenio. I lavori inizieranno il prossimo anno. Ambiziosi gli obiettivi. Il progetto punta a promuovere la conoscenza del territorio e delle sue risorse ambientali e paesaggistiche attraverso la sistemazione dei sentieri che collegano la valle del Baianese con la valle Caudina e con il santuario di Montevergine a Mercogliano. Il primo collegamento interessa le località Fornino-Faiabella (Sirignano), Melelle-Cupone (Quadrelle) e Pietrarola-Faia della Toppa a Mugnano del Cardinale. Il secondo collegamento (Santuario di Montevergine) riguarda le località Ciglio del (Sirignano), Pianura (Avella) e la montagna di Sperone. Si prevede la sistemazione dei sentieri con opere di ingegneria naturalistica e la creazione di aree di sosta attrezzate con panchine, tavoli, laddove la naturale predisposizione dell’ambiente lo consente, “evitando il ricorso a materiale non autoctono e l’impiego di materiale cementizio impermeabilizzante e incongruo con la natura dei luoghi“. Non saranno abbattuti esemplari arborei. Lo stradello avrà dimensioni tali da consentire il transito pedonale e ciclabile. Il costo dell’infrastruttura (finanziata grazie alla misura 1.9 del Por Campania 2000-2006 azione A1) ammonta a 800 mila euro. La misura Por prevede, tra l’altro, miglioramento e potenziamento di aree di sosta, cartellonistica, sentieristica, anche di livello nazionale e di raccordo fra le diverse aree protette, sistemi per l’informazione turistica, anche mediante l’impiego dell’Ict, centri visita, miglioramento dell’accessibilità, parcheggi. Lo strumento di programmazione negoziata ha l’obiettivo di creare condizioni di sviluppo sostenibile del territorio, attraverso la conservazione, la valorizzazione, la promozione e la fruizione delle risorse naturalistiche, ambientali, storico-religiose e culturali dell’area protetta. (Il Denaro)

Sirente, in Consiglio i confini del Parco

Sarà ridiscussa oggi in Consiglio regionale la proposta di legge sulla riperimetrazione del Parco regionale Sirente Velino ed è di nuovo polemica. Critica la posizione dei vertici del Parco stesso e di Legambiente che parlano di «amputazione della Riserva naturale». «Già nel 2000 - precisano - il Parco ha subito un taglio forte di circa 8000 metri e la proposta attuale porterebbe ad escludere un'area faunistica fondamentale denominata "Sito di interesse comunitario" che costituisce un territorio faunistico fondamentale per l'orso già protetto dal progetto Life europeo, relativo ai territori dei Comuni di Pescina, Collarmele e Aielli» (Il Messaggero)

Pejo, «consegnata» alla popolazione la nuova sede del Parco dello Stelvio

Seconda cerimonia del Comitato di gestione trentino

Domenica scorsa, a Cogolo è stata consegnata alla comunità la nuova sede del Comitato di gestione trentino del Parco nazionale dello Stelvio.
Una manifestazione coinvolgente, che ha avuto il pregio di unire generazioni diverse nel segno della festa. L´appuntamento ha aperto ufficialmente le manifestazioni in programma per celebrare il 70° d´istituzione dell´area protetta. Dopo l´ufficialità di giovedì scorso, con il ministro dell´Ambiente Altero Matteoli, la sede ha accolto la popolazione giunta in corteo alla conclusione della messa. Il Corpo bandistico Val di Peio, diretto per l´ultima volta dal maestro Sebastiano Caserotti, i ragazzi della scuola elementare di Pejo e Cogolo accompagnati dagli insegnanti e il coro Santa Lucia di Magras hanno dato colore alla manifestazione. A benedire la casa del Parco è stato don Piergiorgio Malacarne: a seguire sono intervenuti Alberto Rigo, sindaco di Pejo, Franca Penasa, presidente del Comitato di gestione trentino del Parco e Giacomo Bezzi, presidente del Consiglio provinciale.
«Grazie alla tenacia di Franca Penasa - ha ribadito Alberto Rigo - oggi inauguriamo la sede del Parco, frutto di una programmazione amministrativa che l´ha vista protagonista attiva, instancabile e precisa». Il primo cittadino ha evidenziato come l´area protetta sia apprezzata dai residenti e ha concluso invitando i numerosi ragazzi presenti alla cerimonia a dedicarsi con impegno e fiducia allo studio, perché «Sarete voi gli amministratori del futuro». Franca Penasa ha ringraziato Rigo per la collaborazione. «Amico leale che mi sostiene», ha precisato. In chiusura Giacomo Bezzi ha sottolineato l´importanza del ruolo delle popolazioni insediate nelle aree montane. A ruota è seguito lo scambio d´omaggi, piatti in vetrofusione decorati con il logo del Parco al corpo insegnante della scuola elementare di Peio e Cogolo, al comandante dei Vigili del fuoco di Pejo, Gianpietro Martinolli, al sindaco Alberto Rigo. (L'Adige)

Turismo «verde»: le risorse nel Parco del Ticino

Il turista vede il parco come oasi ecologica che va rispettata e tutelata in quanto riserva naturale
Uno studio curato dalla Cooperativa Dedalo di Pavia in collaborazione con l'Istituto Swg, finanziata grazie al contributo della Fondazione Banca del Monte di Lombardia e del Parco del Ticino, mette in luce attrattive e potenzialità del fiume e delle sue aree verdi


Un turismo consapevole, rispettoso della natura, alla ricerca di quiete e relax. Ma anche un territorio dove la bellezza, la grande ricchezza di biodiversità e la facilità di accesso costituiscono i principali elementi di attrazione.
E' questo il preciso identikit che è emerso da uno studio dedicato allo sviluppo turistico del Parco lombardo della valle del Ticino. La ricerca, elaborata dalla società Dedalo di Pavia, è stata realizzata in collaborazione con l'Istituto statistico Swg e lo Studio naturalistico Meles ed ha ricevuto il finanziamento della Fondazione Banca del Monte di Lombardia e del Parco del Ticino, coinvolgendo anche diversi soggetti istituzionali. Il progetto ha prima di tutto preso in considerazione i dati sulle emergenze ambientali del Parco (oltre 500 specie di piante ed animali e numerosi habitat riconosciuti di interesse dall'Unione europea), le principali vie di accesso e di concentrazione dei turisti (oltre trenta le spiagge principali tuttora molto frequentate).
E' stata poi esaminata la presenza turistica nel parco, alla luce anche della crescita in tutta Italia del cosiddetto «turismo verde». Sono state quindi analizzate tutte le variabili che influiscono sulla scelta attuale e potenziale del parco come meta turistica, delle caratteristiche climatiche a quelle relative all'informazione dell'utenza e alle strutture del parco stesso. Infine sono stati somministrati una serie di questionari ai turisti per capire chi fossero, quali fossero le loro aspettative e le loro opinioni, sul parco e sulla sua ricettività.
E' emerso un quadro inedito e interessante del turista del weekend che vede il parco come oasi ecologica che va rispettata, tutelata e goduta non in quanto attrazione, ma in quanto riserva naturale. Il 58,6% degli interpellati chiede all'Istituzione Parco di proteggere l'ambiente naturale e i fiumi a tutti i costi. Il 60% sente l'esigenza di sentieri naturalistici attrezzati, ma le uniche strutture che vengono richieste sono quelle per una migliore fruizione dell'ambiente come aree attrezzate per l'osservazione della natura, aree verdi per i bambini e servizi di guide turistiche. Il problema maggiore individuato è l'inquinamento delle acque del fiume (48,9%). I turisti del parco sono oggi in gran parte persone della zona che trascorrono pomeriggi dei fine settimana primaverili ed estivi con l'obiettivo di cercare relax e trascorrere una giornata nel verde senza allontanarsi troppo dalla città. Il 57% sceglie il fiume perché ama l'ambiente. La maggioranza dei visitatori passeggia o va in bicicletta e ritiene la giornata passata a Ticino come conveniente (l'83% spende in tutto meno di 10 euro). Ma l'indagine ha anche toccato il tema dei «valori», ovvero di ciò che residenti e non riconoscono come importante nell'ambito del territorio. La conclusione è stata che il Ticino e il suo Parco devono essere riscoperti e valorizzati al fine di uno sviluppo turistico consapevole e rispettoso della loro identità. La Swg ha rilevato che nel nord Italia, nelle province non toccate dal fiume, il 59,2% dei cittadini ignorano l'esistenza del Parco e l'81,1% non l'ha mai visitato, nonostante esista un interesse nei confronti dell'ambiente e delle vacanze o dei weekend verdi.
Il fiume, e ancora di più il Parco, rappresentano un panorama naturalistico unico che seppur in un contesto di urbanizzazione e industrializzazione offre numerosi ecosistemi, scenari geomorfologici di grande suggestione e spesso inaspettati. Poiché ormai la scelta di una destinazione turistica dipende da molti fattori (tempo, disponibilità economica, età, ecc.) ed è legata a molti interessi interconnessi (arte, enogastronomia, natura, ecc.) appare evidente che, in particolare la provincia di Pavia può candidarsi a diventare meta di un turismo in cui il Parco può offrire un valore aggiunto. (Villaggio Globale)

La Forestale salva i caprioli portando foraggio in alta quota

Monti Sibillini

Animali dispersi al pascolo, animali chiusi in stalle isolate che rischiano di rimanere senza cibo. C'è anche questa particolare emergenza nei giorni della grande neve. A foraggiare il bestiame ci hanno pensato le squadre del Corpo Forestale dello Stato, che hanno raggiunto zone impervie della provincia o accompagnato con mezzi speciali gli allevatori sino alle stalle. Hanno portato fieno, permettendo così agli animali di superare lo stress termico delle bassissime temperature e il problema di raggiungere il manto erboso, sommerso dalla neve. A Fiastra sono intervenuti creando zone di foraggiamento artificiale per soccorrere un gruppo di caprioli che, allo stremo delle forse, si erano avvicinati ai centri abitati. Gli animali, con certe condizioni climatiche, tentano di raggiungere le aree sgombre dalla neve. Per questo la Forestale raccomanda a chi percorre in auto le strade del Parco dei Sibillini di fare molta attenzione. (Il Messaggero)

Una Dacia nel Parco d'Abruzzo

Sfogliare le pagine di un romanzo mentre si affondando i propri passi nella stessa neve alta dei boschi in cui è ambientato, ed inoltrarsi lungo gli itinerari di quei luoghi non più solo letterari mentre pagine e passi, come scivolando malamente su un lastrone di ghiaccio, rischiano costantemente di insinuarsi nella storia personale dell'autrice, tranciandola in sezione. L'idea è stata della casa editrice Rizzoli di Milano, che ha scelto di presentare nei giorni scorsi e in maniera inusuale Colomba, ultimo romanzo di Dacia Maraini, organizzando un itinerario «narrante» in compagnia dell'autrice tra le foreste e la neve dei tre versanti, molisano, abruzzese e laziale del Parco nazionale d'Abruzzo. Il romanzo è in libreria dallo scorso novembre e ed già in testa alle classifiche con le sue 170. 000 copie vendute alla sua terza ristampa (pp. 373, euro 17,00). «Ho scritto Colomba nella mia casa di Pescasseroli che ho comprato dodici anni fa dopo che Gigliola ed Ettore Scola mi avevano consigliato questo posto tranquillo, in cui scrivere diventa possibile», ci spiega ad Atina, sotto un'abbondante nevicata, la Maraini. «Qui ho invitato una giovane coppia di amici con un bimbo piccolissimo. Li osservavo. Una nascita è un momento meraviglioso che richiede un'attenzione ed una cura assoluta». Colomba infatti è un romanzo di figli non desiderati che nascono prepotentemente. E' un romanzo in italiano ed in quell'abruzzese contratto nelle vocali mute che tanto assomiglia allo slavo e che «talvolta lascia spazio all'inglese degli emigrati che tornano al paese», dice Maraiani. Su questi boschi che hanno una memoria e raccontano storie a chi sa ascoltarli, sui loro tronchi salgono e scendono il lettore e l'autrice, la «donna dai capelli corti» che pirandellianamente diventa narratrice e protagonista, inseguendo in una sorta di reincarnazione un nome, «Zaira», ed un destino, che si ripetono, attraversando la storia dell'emigrazione e della dignitosa povertà dell'Abruzzo, dall'analfabetismo sino alle lauree, sino ad oggi, sino alla ricerca di un ritorno a casa, quello di Pietrucc' che torna dall'Australia dopo sessant'anni di solitudine. Colomba è l'ultimo ramo di quell'albero genealogico e di quel bosco che racconta. E' la nipote dell'ultima delle «Zaira». Maraini, autrice di successo (ricordiamo La lunga vita di Marianna Ucrìa, Premio Campiello 1990, e Buio, Premio Strega nel 1999) ha voluto celebrare in Colomba quel paese che sopravvive autentico, tenace ed orgoglioso in tutti i paesini d'Abruzzo, forse, negli Abruzzi del mondo. «Una saga nella saga, saga di scomparse, di devozione, di riti, di monaci medievali armati solo della fede, di una manciata di noci e di un ricordo del papa Benedetto VII bambino - ci spiega ancora Dacia Maraini tra Pescocostanzo ed Atina -. È la storia di una famiglia italiana, un romanzo con tante finestre quante i rami di un bosco cui si spalancano intime storie di briganti, di Resistenza, di alpini, d'emigrazione. E tra quegli stessi rami il nonno di Colomba confonde attenzioni e violenza sulla nipote, che in quel bosco si ritrova nel 2002, drogata dal compagno, a prostituirsi per i bracconieri del Parco in una roulotte nascosta». Tra queste montagne Dacia Maraini, figlia dell'etnologo anglo-fiorentino Fosco Maraini vissuto a lungo in Estremo Oriente e della siciliana Topazia Alliata, ha fondato in questi ultimi anni e dirige la Scuola di drammaturgia a Gioia dei Marsi («in Italia - ci spiega - ce n'è bisogno!»). Qui organizza il Festival del Teatro giunto alla sua IV edizione. Il paesaggio, il territorio scarno e montuoso le è entrato dentro, anche in questo romanzo Colomba, che narra dell'esistenza descrivendo assenze, attraverso le fotografie ingiallite che Zaira, ultimo eroe della saga nella saga, porta a Dacia, alla «donna dai capelli corti», seducendola ed inducendola a scrivere quella sua storia tra i «dai, racconta, ma» di una bambina dai capelli tanto biondi da sembrar bianchi, bambina rugosa. Un romanzo in cui persino il perimetro netto delle tombe sannite si trasforma in finestre spalancate sul quotidiano di un villaggio italico di tremila anni fa, ed in cui le finestre della povera casa di Zaira riflettono le immagini di chi non c'è più o non c'è ancora e gli animali si scambiano i sogni con le persone. E lei, «la donna dai capelli corti», lo ha scritto in quattro anni, a Pescasseroli, un puntino turchese nel bianco accecante della neve d'Abruzzo di cui s'è innamorata. (La Gazzetta del Mezzogiorno)


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