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Il Portale dei Parchi Italiani

I Parchi nella Letteratura

I territori tutelati dai parchi italiani sono stati sempre fonte d'ispirazione, oggi e negli anni e nei secoli trascorsi, per gli uomini che di volta in volta vi si sono trovati al cospetto.
Di tanti pensieri e impressioni ovviamente non è rimasta abbondante traccia, se non attraverso le opere di maggior valore, che sono riuscite a superare i decenni e i secoli.
E' quindi soprattutto nelle arti letterarie che possiamo trovare, di volta in volta, brevi accenni, impressioni, ricordi collegati ai luoghi che oggi sono tutelati per legge.
Apriamo quindi questa pagina con alcuni esempi, promettendo di arricchirla ulteriormente, anche grazie alle vostre segnalazioni!

Giosuè Carducci

Via Appia Antica
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Arco di Druso

Acquedotto Claudio

Circo di Massenzio
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Parco dell'Appia Antica
Giosuè Carducci celebra la Regina Viarum in due delle sue famose Odi barbare.

Dinanzi alle Terme di Caracalla - 1877

Corron tra 'l Celio fosche e l'Aventino
le nubi: il vento dal pian tristo move
umido: in fondo stanno i monti albani
bianchi di nevi.

A le cineree trecce alzato il velo
verde, nel libro una britanna cerca
queste minacce di romane mura
al cielo e al tempo.

Continui, densi, neri, crocidanti
versansi i corvi come fluttuando
contro i due muri ch'a più ardua sfida
levansi enormi.

"Vecchi giganti" par che insista irato
l'augure stormo "a che tentate il cielo?"
Grave per l'aure vien da Laterano
suon di campane.

Ed un ciociaro, nel mantello avvolto,
grave fischiando tra la folta barba,
passa e non guarda. Febbre, io qui t'invoco,
nume presente.

Se ti fûr cari i grandi occhi piangenti
e de le madri le protese braccia
te deprecanti, o dea, da 'l reclinato
capo de i figli:

se ti fu cara su 'l Palazio eccelso
l'ara vetusta (ancor lambiva il Tebro
l'evandrio colle, e veleggiando a sera
tra 'l Campidoglio

e l'Aventino il reduce quirite
guardava in alto la città quadrata
dal sole arrisa, e mormorava un lento
saturnio carme);

Febbre, m'ascolta. Gli uomini novelli
quinci respingi e lor picciole cose:
religïoso è questo orror: la dea
Roma qui dorme.

Poggiata il capo al Palatino augusto,
tra 'l Celio aperte e l'Aventin le braccia,
per la Capena i forti omeri stende
a l'Appia via.


Egle - 1892

Stanno nel grigio verno pur d'edra e di lauro vestite
ne l'Appia trista le ruinose tombe.

Passan pe 'l ciel turchino
che stilla ancor da la pioggia
avanti al sole lucide nubi bianche.

Egle, levato il capo vèr' quella serena promessa
di primavera, guarda le nubi e il sole.

Guarda; e innanzi a la bella sua fronte
più ancora che al sole
ridon le nubi sopra le tombe antiche.


Pier Paolo Pasolini

Poesie Mondane in "Poesia in forma di rosa"

...
Un solo rudere, sogno di un arco, di una volta romana o romanica, in un prato dove schiumeggia un sole il cui calore è calmo come un mare: lì ridotto, il rudere e senza amore.
Uso e liturgia, ora profondamente estinti, vivono nel suo stile - e nel sole - per chi ne comprenda presenza e poesia.



Il Sacro Monte in autunno
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Parco Naturale Sacro Monte di Crea


Cesare Pavese

Il mestiere di vivere - 1946

Forse la triste e chiusa passeggiata su per Crea ti disse simbolicamente di più che non tante persone e passioni e cose di questi mesi. Certo, il mito è una scoperta di Crea, dei due inverni e dell'estate di Crea. Quel monte ne è tutto impregnato.



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Archeologia
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Riserva naturale Monte Soratte

Orazio

Ode a Taliarco

Vedi come per l'alta neve candido
S'erge il Soratte! Già le selve cedono
Al peso affaticate e i fiumi
Ristanno stretti per il gelo acuto.


George Byron

Childe Harold's Pilgrimage - 1818

Tu, però, Soratte,
Che t'ergi solitario e non dispieghi
Più il mantel della neve in sulle coste.
E implori ancora l'armoniosa lira
D'Orazio tuo, che ai posteri ti canti,
l'occhio mi arresti ed il pensier. T'elevi
dal pian come percossa onda che prima
d'infrangersi, s'arriccia e sta sospesa
per un batter di ciglio...


Marguerite Yourcenar

Nuovo cratere dell'Etna
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Parco dell'Etna

Memorie d'Adriano

Avevo sentito parlare delle iridescenze stupende dell'aurora sul Mare Jonio, quando la si contempla dalla vetta dell'Etna. Stabilii di intraprendere l'ascensione di quella montagna; passammo dalla regione delle vigne a quella della lava, poi della neve. Il fanciullo dalle gambe di danzatore correva su quelle ripide chine; i sapienti che mi accompagnavano salirono a dorso di muli. Sulla cima era stato costruito un rifugio ove poter attendere l'alba. Questa alfine spuntò: un'immensa sciarpa d'Iride si distese da un orizzonte all'altro; strani fuochi brillarono sui ghiacci della vetta; la vastità terrestre e marina si dischiuse al nostro sguardo sino all'Africa, visibile, e alla Grecia che s'indovinava. Fu uno dei momenti supremi della mia vita. Non vi mancò nulla, né la frangia dorata di una nube, né le aquile, né il coppiere dell'immortalità.


Riccardo Bacchelli

Italia per terra e per mare

E quando i greci, ingegnosi favolisti, vedevano, al pari del supposto navigatore ch'io vengo consigliando e invidiando, entrato nel Jonio per lo Stretto o per il Canal di Malta a suo piacere; quando vedevano nel cielo dei tramonti etnei gialli e rossi e verdi, - oh, le smorte e materiali parole! - il gran vulcano, allora è tal cosa che oltrepassa l'uomo e le favole. L'ho vista, l'Etna, da tutti i lati e ci sono salito anche in vetta, sicché l'ho specolata anche dentro: è uguale soltanto a sè stessa e non comporta altre misure. In questo suo creato il mistero della natura si confonde con quello dello spirto, che vi perde la parola.


Corrado Alvaro

Parco Nazionale dell'Aspromonte

Cascata
Parco Nazionale dell'Aspromonte

Gente in Aspromonte

I pastori cavano fuori i coltelluzzi e lavorano il legno, incidono di cuori fioriti le stecche da busto delle loro promesse spose, cavano dal legno d'ulivo la figurina da mettere sulla conocchia, e con lo spiedo arroventato fanno buchi al piffero di canna.


Saverio Strati

(da: Terra di Emigranti)

"Finita la salita, imboccammo la strada pianeggiante che
attraversa l'altopiano fino all'Aspromonte.
Il mare divenne ancora più ampio; inoltre da lì si dominava
tutta la vallata verde di querce e aranceti fitti,
scuri come macchie nere. E c'erano poi i campi gialli
e le colline di argilla bianca che sembravano coperte di neve.
Si vedevano chiaramente i paesi lungo la riviera a perdita d'occhio e la cima di tantissimi monti vicini e lontani;
c'erano aie con covoni intorno e c'erano vaccari e caprai,
e c'erano fischi acuti e gridi gutturali e richiami..."


Giuseppe Isnardi

Fiume Tacina
Parco Nazionale della Sila (Calabria)

Scenario silano

tratto da "La scuola, la Calabria, il Mezzogiorno" - Laterza, Bari - 1985

...è un'impressione, in cui ha forse parte maggiore l'anima di quanta ve ne
abbiano i sensi, di ampiezza e di libertà, di grandioso e di sconfinato,
derivante dalla lunghezza orizzontale delle linee del terreno, in cui pare
quasi che ogni carattere di verticalità sia scomparso; pochi paesaggi, come
quello silano, vogliono essere piuttosto sentiti che, per così dire,
visivamente ammirati...


Giorgio Bassani

Tramonto
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Parco del Delta del Po

L'Airone

Tese l'orecchio. Silenzio. Soltanto gridi lontani di uccelli invisibili, alti nel cielo. Ugualmente invisibile, forse alla catena, un cane guaiva poco distante.
Portò gli occhi in giro, sull'immenso paesaggio che lo circondava.
Vedeva, là, ai limiti del piatto territorio di acque e di isolotti attraveso il quale era venuto...
A destra, dalla parte del Po Grande e dalla sua Foce, la buia massa compatta del bosco della Mesola; a sinistra, le vuote distese della Valle Nuova e delle altre valli...


Cicerone

Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano

Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano
Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano

La Foresta Umbra
Parco Nazionale del Gargano
Lettera all'amico e giurista velino Caio Trebazio Testa, sul sistema politico-istituzionale della democratica e pacifica Velia

Ho sognato la notte scorsa che i Romani avevano adottato, finalmente, la risoluzione di darsi istituzioni politiche simili alle vostre...

Quanto mi sarebbero di giovamento le passeggiate per i boschi lussureggianti e lungo la spiaggia che da Porta Marina giunge al porto; quanto piacere avrei dalle discussioni nelle quali siamo soliti indugiare con gli amici all'ombra della Porta Rosa o ai piedi del tempio di Athena.
(della spiaggia, del tempio, dei boschi oggi non v'è più traccia e questa è l'unica nostra memoria...)


Giuseppe Ungaretti

Il deserto e dopo - 1932

Il poeta cerca una paranza per andare via mare da Velia a Palinuro e ciò gli dà spunto per constatare la cordialità dei cilentani....

"Il proprietario, signor Pinto, la fa subito mettere gratuitamente a nostra disposizione, e vuole anche si accetti in casa sua una tazza di caffè. Non sono particolari insignificanti, e non sono i soli che m'hanno dimostrato la cordialità della gente di queste parti. Ho fatto quest'esperienza, anche avvicinando persone di umili condizioni: non entrano nei fatti vostri; vi rivolgono di rado la parola, ma non perché timidi o privi d'eloquenza, ma perché assenti in propri pensieri. Ma basta che esprimiate un desiderio, ed eccoli farsi a pezzi per accontentarvi: lo fanno per inclinazione a farsi benvolere, e mi pare ormai civiltà assai rara. Terra ospitale, terra d'asilo! "


In quel mentre, mentre passiamo di fianco a Pisciotta, ci appare, penetrato nel mare, Palinuro, come uno squalo smisurato, cariato d'oro. Pisciotta si svolge in tre fasce su una parete: la più alta è il vecchio paese, di case gravi e brune e a grandi arcate; in mezzo, sono ulivi sparsi come pecore a frotte; la terza, a livello dell'acqua, la formano case nuove e leggere, i cui muri sembrano torniti dall'aria in peristili.

Di colpo, il mare in un punto ha un forte fremito: è un branco d'anatre marzaiole che si rimettono in viaggio. Sono arrivate sull'alba, e ora che principia l'imbrunire, volano via. Così fuggì quel Dio Sonno sceso a tradire Palinuro mandandolo in malora col timone spezzato. E le onde, ora repentinamente infuriate, le muove forse il nuoto disperato del fedele nocchiere d'Enea?

Piccole grotte ora ci fanno compagnia. I cavalloni penetrando in quegli occhi bui, disturbano le pietre, muovendo un rumore d'antiche ossa.

Il Porto di Palinuro ha le casette bianche, e l'ultima è rosa: sembrano sulle prime biancheria stesa ad asciugare, e poi blocchetti di gesso. [...]

Non ho mai visto acqua di pari trasparenza a quella che scopro avvicinandomi al porto. Vediamo la sabbia del letto come pettinata soavemente, e i nastri delle alghe trasformare in serpenti agitati, la bella capigliatura.



Giuseppe Ungaretti

Il Gargano è il monte più vario che si possa immaginare. Ha il suo cuore nella Foresta Umbra ...


Annibal Caro

Riserva Naturale Selva del Lamone
Riserva Naturale Selva del Lamone
nel 1537 scriveva:

Entrammo poi in una foresta tale, che ci smarrimmo; tempo fu ch'io credetti di non aver mai più a capire in paese abitato, trovandone rinchiusi e aggirati per lochi dove l'altrolabio e 'l quadrante vostro non avrebbero calcolato l'sito de' burroni e gli abissi de' catrafossi in che ci eravamo ridotti


Dante Alighieri

La cascata dell'Acquacheta
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La cascata dell'Acquacheta
La Verna
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La Verna
Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi,
Monte Falterona, Campigna

La Divina Commedia - Inferno - canto XVI

....
Come quel fiume c'ha proprio cammino
prima dal Monte Viso 'nver' levante,
da la sinistra costa d'Apennino,

che si chiama Acquacheta suso, avante
che si divalli giù nel basso letto,
e a Forlì di quel nome è vacante,

rimbomba là sovra San Benedetto
de l'Alpe per cadere ad una scesa
ove dovea per mille esser recetto;

così, giù d'una ripa discoscesa,
trovammo risonar quell'acqua tinta,
sì che 'n poc'ora avria l'orecchia offesa.
....

«Siede Peschiera, bello e forte arnese da fronteggiar Bresciani e Bergamaschi, ove la riva 'ntorno più discese. Ivi convien che tutto quanto caschi ciò che 'n grembo a Benaco star non può, e fassi fiume giù per verdi paschi. Tosto che l'acqua a correr mette co, non più Benaco, ma Mincio si chiama fino a Governol, dove cade in Po.»
Dante, Inferno XX, 70-78


Dino Campana

Canti Orfici

Io vidi dalle solitudini mistiche staccarsi una tortora e volare distesa verso le valli immensamente aperte. Il paesaggio cristiano segnato di croci inclinate dal vento ne fu vivificato misteriosamente. Volava senza fine sull'ali distese, leggera come una barca sul mare. Addio colomba, addio! Le colonne altissime di roccia della Verna si levavano a picco grigie nel crepuscolo, tutt'intorno rinchiuse dalla foresta cupa.


Alessandro Manzoni

Fiume
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Parco Adda Nord

I promessi sposi - cap. I

Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un'ampia costiera dall'altra parte; e il ponte, che ivi congiunge le due rive, par che renda ancor più sensibile all'occhio questa trasformazione, e segni il punto in cui il lago cessa, e l'Adda rincomincia, per ripigliar poi nome di lago dove le rive, allontanandosi di nuovo, lascian l'acqua distendersi e rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni.


Cesare Pavese

 The river Po and the Castle of Valentino in Turin
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Castello e parco del Valentino
Parco fluviale del Po - tratto torinese

La bella estate

...
In quell'estate andavo in Po, un'ora o due, al mattino. Mi piaceva sudare al remo e poi cacciarmi nell'acqua fredda, ancora buia, che entra negli occhi e li lava.
Le volte che sudavo sull'acqua, mi restava poi per tutto il giorno il sangue fresco, rinvigorito dall'urto col fiume. Era come se il sole e il peso vivo della corrente mi avessero intriso di una loro virtù, una forza cieca, gioiosa e sorniona...
... Scendendo a Torino sul filo della corrente, gli occhi lavati dal sole e dai tuffi, asciugavamo distesi, e le rive, la collina, le ville, le chiazze d'alberi lontani, s'incidevano nell'aria.


Maurizio Maggiani

Paesaggio
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Parco delle Alpi Apuane

Il coraggio del pettirosso

A ridosso del paese iniziavano i ripidi cammini che portavano alla prima montagna, ai pascoli e ai campi di grano saraceno stretti tra la macchia; da qui procedevano per le gole verso i picchi di pietra bianca o, attraversando valichi invisibili a occhi disattenti, si addentravano, per minuscole e scure contrade, in conche dolcissime e temperate al cospetto di nuove e più ardite pareti di roccia.
Torrenti tagliavano fessure nella roccia e scomparivano negli inferi di invisibili orridi per poi riapparire d'improvviso, morbidamente adagiati sui prati gonfi di erba medica...
...E ovunque, sopra tutto, agghiacciava il biancore delle montagne di pietra.
Stipa lauro olivastro querciolo castagno leccio ontano faggio betulla remerino serpillo piperita mirto e genzianella si davano il passo e tornavano a incontrarsi confondendo le loro essenze, condividendo una fratellanza che qui durava come fosse ancora stipata nell'arca del patriarca Noè. E sempre l'occhio si confondeva per i troppo bruschi passaggi da una contrada all'altra, dove assieme abitavano la dolcezza e la durezza, il verde e il grigio, la montagna bianca e il mare indaco...


Robert Musil

Paesaggio
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Parco del Conero

L'uomo senza qualità

Qui, dove s'erano fermati, un giardino naturale saliva dalla lingua di spiaggia stretta fra le due braccia rocciose della costa come una ghirlanda di fiori e di fronte premuta sul petto, con viottoli che si snodavano in dolce e lungo pendio, verso un albergo piccolo, bianco, nascosto, e perfettamente deserto in quella stagione. Poco più in su non c'era altro che pietra vischiosa sfavillante nel sole, sotto i passi ginestre e cardi rossi, e, lanciato verso il cielo, l'immenso spigolo diritto e aspro dell'altipiano. Chi saliva ad occhi chiusi e poi li apriva di colpo, vedeva improvvisamente il mare immobile, come un ventaglio che s'è aperto con un rumore di tuono.


Dino Buzzati

Conca Palughet
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Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi

Barnabo delle montagne

Con i valloni deserti, con le gole tenebrose, con i crolli improvvisi di sassi, con le mille antichissime storie e tutte le altre cose che nessuno potrà dire mai...


Attilio Bertolucci

Il sentiero delle zone umide
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Parco dei Cento Laghi

Le more

Tratto da "In un tempo incerto", 1955

La luce di settembre dentro gli occhi
volgendoti mi hai chiesto delle more
che l'estate piovosa non matura
sull'Appennino quest'anno del tuo primo
ricordare, quest'anno che declina,
ci porta via, foglie sbandate
che si cercano, che ancora si ritrovano, come quando sul Bràtica ti chini
a una flottiglia verde e silenziosa.


Virgilio


Parco del Mincio, Mantova, piazza Virgiliana
Virgilio nasce il 15 ottobre 70 a.c. a Pietole di Virgilio in provincia di Mantova, in una località chiamata Andes sulle rive del Mincio, ove ora vi è la Riserva Naturale della Vallazza

«Primus ego in patriam mecum, modo uita supersit,
Aonio rediens deducam uertice Musas;
primus Idumaeas referam tibi, Mantua, palmas,
et uiridi in campo templum de marmore ponam
propter aquam, tardis ingens ubi flexibus errat
Mincius et tenera praetexit harundine ripas.»
Virgilio, Georgiche III 10-15

Io come primo mantovano, ammesso che la vita sia bastevole, tornando in patria dalla vetta aònia, porterò con me le Muse; io per primo, o Mantova, ti porterò le palme idumèe ed innalzerò un tempio marmoreo nella verde campagna in vicinanza dell'acqua, dove l'ampio Mincio sinuoso scorre lento e copre di tenere canne le sponde


«huc ades, o Meliboee; caper tibi salvos et haedi, et, si quid cessare potes, requiesce sub umbra. Huc ipsi potum venient per prata iuvenci; hic viride tenera praetexit harundine ripas Mincius, eque sacra resonat examina quercu»
Virgilio, Bucoliche, VII, 13-14

Vieni qui, Melibeo: il tuo capro e i capretti sono salvi e, se puoi fermarti, riposa all'ombra. Qui, attraverso i prati, verranno ad abbeverarsi i giovenchi; qui il Mincio ha ricoperto di verde e tenera canna le rive,e dalla sacra quercia ronzano le api


«Ille etiam patriis agmen ciet Ocnus ab oris,
fatidicae Mantus et Tusci filius amnis,
qui muros matrisque dedit tibi, Mantua, nomen,
Mantua diues auis, sed non genus omnibus unum:
gens illi triplex, populi sub gente quaterni,
ipsa caput populis, Tusco de sanguine uires.
hinc quoque quingentos in se Mezentius armat,
quos patre Benaco uelatus harundine glauca
Mincius infesta ducebat in aequora pinu.»
Virgilio, Eneide X, 198-206

Anche lui, Ocno, chiama una truppa dalle patrie terre, figlio della fatidica Manto e del fiume Tosco, che diede a te, Mantova, le mura ed il nome della madre, Mantova ricca di avi, ma non per tutti un'unica stirpe: lei ( ha ) un triplice gente, quattro popoli per gente, lei stessa capitale per i popoli, le forze da sangue tirreno. Di qui pure Mezenzio ne arma cinquecento contro di sé, che il Mincio velato di canna verdazzurra guidava su pino nemico, dal padre Benaco verso il mare.


Alcune famose citazioni sull'Etna

Paesaggio Etna
Parco dell'Etna

Sci Etna
Parco dell'Etna

Etna in inverno
Parco dell'Etna

Fontanamurata
Parco dell'Etna
Etna fumoso, colonna del cielo,
perenne nutrice di fulgida neve,
tra le cui latebre rugghiano
fonti purissime d'orrido fuoco

Pindaro (Pitica I - V secolo a.C)


L'Etna per la posizione, la forma, la grandezza, la fertilità e le eruzioni è stupefacente. E' insomma per tutta la sua singolarità eccelso e non ha eguali

Pietro Bembo (De Aetna - 1496)


… meraviglioso, perché non lascia che il fuoco sia spento dalle nevi, né che le nevi siano disciolte dal fuoco ..

Tommaso Fazello, XVI secolo


Qui (dal cratere dell'Etna) ogni descrizione sarebbe inadeguata, perché non v'è immaginazione al mondo che abbia l'ardire di rappresentare una scena così meravigliosa. Ne vi è sulla superficie del globo alcun punto che riunisca in sé tanti particolari impressionanti e sublimi

Patrick Brydone (Viaggio in Sicilia e a Malta - 1770.1773)


Tutto ciò che la natura ha di grande,
tutto ciò che ha di piacevole,
tutto ciò che ha di terribile,
si può paragonare all'Etna
e l'Etna non si può paragonare a nulla

Dominique Vivant Denon (Voyage en Sicile - 1788)


Il paesaggio etneo per eccellenza è certamente la Valle del Bove: chi non ha avuto un fremito nello sporgersi dalle sue alte pareti ? Chi, ammirando questo singolare scenario, non ha almeno per un attimo provato a immaginare la sua antica origine, perduta nella notte dei tempi?

Johann Wolfgang von Goethe (Viaggio in Italia - 1828)


L'Etna è una piramide che domina tutta la natura e tutto l'orizzonte intorno, i miseri esseri sulla sua sommità sono sospesi in aria e si limitano a tenersi in equilibrio con la loro povera coppia di piedi sulla cenere mobile, mentre tutta la Sicilia aspetta di ricevere le loro ossa quando, storditi per la caduta, rotolano sotto. […].

Emily Lowe, viaggiatrice inglese (Donne indifese in Sicilia, Calabria e sulla cima del monte Etna - 1858)