Un "Piano d'Azione" per le aree protette italiane


Nel corso del recente appuntamento nazionale di Federparchi il presidente Fusilli ha avanzato una proposta, che l’Assemblea degli associati ha accolto, sulla quale è opportuno soffermarsi e riflettere, tanto per l’impegno che essa comporterà per l’associazione e i suoi aderenti, quanto per l’importanza dell’obiettivo al quale è stata indirizzata. E’ giunto il momento - ha detto Fusilli facendo riferimento allo stato complessivo dei nostri parchi e alle loro prospettive di rafforzamento – di lavorare alla definizione di un ‘Piano d’Azione’ nazionale per le aree protette. “La via ideale – sono state le sue parole - per dare unitarietà e per fornire rilievo ed autorevolezza alle azioni, alle proposte, alle rivendicazioni di questo settore strategico e ancora sottovalutato.” Un piano che costituisca “un quadro d’insieme di impegni e scadenze, di obiettivi e strumenti operativi adeguati, che indichi la via per i collegamenti con le altre istituzioni e il mondo della ricerca, che definisca la funzione dei sottosistemi regionali e il ruolo delle riserve naturali terrestri e marine. Uno strumento che stimoli la partecipazione di tutti i nostri associati e sia aperto all’interlocuzione con tutti i soggetti – istituzionali, economici, sociali, del volontariato – interessati alla costruzione di una prospettiva sostenibile per il futuro.”
L’idea dell’elaborazione di uno strumento simile è del tutto originale per il nostro paese, e non solo nel campo della gestione dei parchi. Piani d’azione, secondo l’impostazione anglosassone e in qualche caso francese, vengono prodotti da organismi e consessi internazionali, in campi di natura complessa e per la messa in pratica di programmi di lungo respiro temporale. Un “Piano d’Azione”, che individua e propone le condizioni generali per assicurare il contributo dei parchi alla conservazione della diversità biologica e allo sviluppo sostenibile, è stato elaborato e approvato a conclusione del Congresso Mondiale dei parchi di Durban. Un ‘Piano d’Azione’ per le aree protette è stato adottato alcuni anni fa in Spagna, per iniziativa della sezione nazionale di Europarc, sostenuta dai poteri pubblici.
Ma in Italia si tratta di una novità assoluta, alla quale il gruppo dirigente della Federparchi giunge sulla spinta di una duplice sollecitazione. Da una parte quella impressa proprio dal Piano uscito da Durban e dalla sua impostazione rivolta a suggerire il coordinamento e la focalizzazione degli sforzi di una pluralità di soggetti verso obiettivi precisi, condivisi e, soprattutto, impellenti. Dall’altra quella dell’urgenza imposta dalla situazione di stallo in cui si trova l’insieme delle aree protette italiane. Già tante volte la stessa Federparchi ha avuto modo di lamentare, infatti, l’impossibilità di sfruttare appieno la grande esperienza accumulata dal mondo dei parchi nell’ultimo decennio, le sue notevoli potenzialità, la ricca mole di proposte che ha saputo esprimere, in presenza di una situazione generale caratterizzata dall’assenza di una politica nazionale concertata, dalla estensione del disinteresse al tema in molte Regioni, dalla diffusione dei contrasti tra lo Stato e le stesse Regioni. Il tutto nella prospettiva dell’annunciata revisione legislativa conseguente alla prossima approvazione della legge delega al Governo sulla materia.
In una situazione del genere limitarsi ad attendere il più volte rivendicato “Programma nazionale delle Aree Protette” significherebbe condannarsi ad una (per altro insostenibile in questo campo) ordinaria amministrazione.
Ecco la ragione di uno scatto, autonomo e unitario, da parte dei parchi stessi. Un lavoro che attinga alla feconda elaborazione fin qui condotta (quella relativa ai “programmi di sistema”, alla gestione integrata terra-mare, all’autonomia degli enti di gestione, al coinvolgimento di istituzioni, operatori e popolazioni), che faccia leva sui rapporti costruiti in questi anni con tante componenti della società scientifica e produttiva e metta a frutto l’organizzazione e la rappresentatività della Federazione, ormai estesa in tutte le realtà regionali. Un lavoro che fissi tappe, percorsi e strumenti nell’azione dei parchi e delle riserve (e dei loro sistemi, e delle istituzioni che li devono sostenere) per i principali obiettivi nazionali e sovranazionali in materia di ricerca, di conservazione della diversità biologica, di attività economiche sostenibili, di difesa del suolo, di educazione ambientale, di comunicazione e così via.
Un contributo alla modernizzazione del paese attraverso il rilancio di uno dei settori d’avanguardia che sarebbe colpevole confinare in una situazione marginale e di attesa.

l.b.



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del Giornale dei Parchi