Storie italiane

Parco nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano
Storia di un parto incompiuto

Nel 1997 il Parlamento con propria legge decide di istituire il 21° parco nazionale italiano, già indicato nella Legge quadro per le aree protette (legge 394/91) come “area di reperimento” da cui trarre nuovi parchi.
Il Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-emiliano nasce, oltre che dall’indicazione della 394, dall’iniziativa in sede parlamentare del Sen. Fausto Giovanelli allora presidente della Commissione Ambiente del Senato e, sotto l’aspetto delle preesistenze territoriali emiliane, da due parchi regionali: Parco del Gigante (RE) e parzialmente Parco dei Cento Laghi (PR).
Per quanto riguarda la Toscana, che in quanto ad aree protette nella zona disponeva della Riserva Statale dell’ Orecchiella. hanno condiviso da subito il progetto buona parte degli enti massesi (Alta Lunigiana), già indicati nella Legge, ed alcuni lucchesi appartenenti all’Alta Garfagnana).
Si tratta di un percorso originale, aggregativo ed inclusivo, che ribalta il concetto (o luogo comune) dei parchi imposti dall’alto.
Dal 1997 al 2001, ministri dell’Ambiente Ronchi e Bordon, gli Enti Locali ed il Ministero formano un Comitato Istituzionale che si riunisce diverse volte a Roma e costruiscono quel consenso che la legge prevedeva introducendo per la prima volta, nell’istituzione di un Parco Nazionale, l’espressione formale delle comunità locali.
Il 21 maggio del 2001, ad elezioni politiche ormai celebrate, fu firmato da Capo dello Stato il D.P.R. istitutivo.

Pur con l’autoesclusione di alcune realtà locali la cui opzione politica ha prevalso sulla logica della vocazione e dell’omogeneità del territorio, 14 comuni, 4 Comunità Montane e 4 province hanno deciso attivamente di costituire il Parco, hanno vagliato e condiviso la perimetrazione e le norme di salvaguardia, hanno elaborato i lineamenti di sviluppo economico che il ministro pro – tempore (Ronchi) ha colto con decreto e che sono richiamati dallo stesso D.P.R. istitutivo.

A fine 2001, nuovo governo a seguito del verdetto elettorale, il nuovo ministro (Matteoli) nomina Presidente del Parco Tarcisio Zobbi senza chiedere (e perciò ottenere) la prevista intesa delle Regioni.
Decisione grave ma non isolata, anzi anello di una catena composta di atti di mero potere, di commissariamenti , rimozioni, nomine anche illegittime in molti organismi ministeriali oltre che nei parchi. Il cosiddetto “spoil sistem”, applicato in modo selvaggio.
Una vera e propria occupazione con metodi militari, autoritari.
Iniziative proditorie in gran parte fallite, vedi Cilento, Pollino, Arcipelago Toscano, quest’ultimo con recentissima sentenza della Corte costituzionale (19.12.2003) che sancisce l’indispensabilità dell’intesa per le nomine dei Presidenti dei Parchi nazionali.
Vedi anche, nello specifico a ciò allineata anche se precedente, la sentenza del TAR del Lazio del novembre 2002 che ha dichiarato illegittima la nomina di Zobbi, annullandola.
E quindi, subito dopo la sentenza, il Ministro commissaria con uno dei principali dirigenti del suo dicastero, il dott. Aldo Cosentino incaricato di traghettare il Parco verso le nuove nomine.
Il Commissario fa anche qualcosa in più, deliberando alcuni atti (incarichi e bilancio tra gli altri) senza consultare la Comunità del Parco come sarebbe stato suo dovere.

Dopo quasi un altro anno, siamo all’estate 2003, nasce dal Ministro la proposta a Presidente di Raffaele Guerriero, prefetto a riposo con curriculum di onorato servitore dello Stato.
Le Regioni danno l’intesa, gli Enti Locali sono d’accordo, il conflitto istituzionale si chiude.
Il nuovo presidente si mostra attivo, pur evidenziando (pure lui!) qualche limite nel relazionare con la Comunità del Parco che non incontra neppure una volta nei primi mesi di incarico; comincia però a sviluppare un programma, organizza una sede in città a Reggio Emilia, indica una sede nel territorio, stipula contratti di collaborazione.
Il Prefetto però è solo, anche perché il Ministro non ha nominato il Consiglio Direttivo che con il commissariamento, secondo le interpretazioni prevalenti, era decaduto.
Il Ministero, infatti, ritarda le decisioni rispetto al Consiglio direttivo.
Com’è inevitabile in democrazia anche sull’operato del Presidente fioriscono opinioni e dichiarazioni. Un dibattito neppure tanto acceso che, inopinatamente, produce le dimissioni del dott. Guerriero, motivate proprio con la non comprensione da parte sua di qualche attacco ricevuto da esponenti di istituzioni e forze politiche.
Ecco quindi che a sette anni dalla legge 344/97, a tre anni dal DPR istitutivo 21 maggio 2001, a sei mesi dalla nomina di Presidente legittimo siamo punto a capo.

Sin qui la cronistoria.
Queste le mie valutazioni attualizzate.
Un Parco nazionale è cosa di grande effetto nell’immaginario collettivo e quindi anche nelle attese della gente. E’ passato tra la gente come realizzazione di grande importanza, mentre solo pochi anni fa era avversato da tanti. Oggi anche il centro destra è d’accordo quasi come il centro sinistra, prima faceva l’ostruzionismo persino nei consigli provinciali.
Il Parco come prospettiva di sviluppo diverso e possibile supera il Parco come ente, e la forza intrinseca che esprime è più forte delle contraddizioni che emergono trattando degli organi che presiedono alla sua gestione. Il Parco è ormai un dato di fatto, non è più in discussione.
Ciononostante stride la sfilza di errori del Governo che sembra muoversi contro uno sviluppo armonico dei parchi volendoli occupare con atti unilaterali ed irrispettosi delle prerogative di uno stato di diritto che tutela e promuove, tra l’altro, le autonomie locali. Una serie, purtroppo ancora incompiuta, di atti di non governo, che privilegiano scelte di parte invece che concertate, prerogative di consonanza politica prima che di capacità e competenza.
Anche se il sistema delle autonomie locali di questo Parco, che sono per scelta popolare di centro sinistra, non ha brillato per univocità di intenti, capacità di rappresentanza e forza propositiva, al cospetto del mix di arroganza ed ignavia del Ministro, che rappresenta un governo in enorme contraddizione sui temi ambientali (un esempio per tutti l’ultimo condono edilizio), sta emergendo come l’unico vero punto di riferimento.
Questo stato di cose però non può funzionare, ed infatti non funziona, e quindi il Governo non può esimersi dal ricoprire responsabilmente il proprio ruolo.
Quindi, nella fattispecie, deve chiedere al Prefetto Guerriero di ritirare le dimissioni per evitare ulteriori vacanze di potere nel Parco e, se questi non dovesse recedere, rimettersi ad un tavolo di concertazione con le due regioni per l’intesa. Subito, senza altri commissariamenti e senza proposte di parte pensando di aver il potere di farle subire per ragion di stato.
Nel contempo deve esprimersi sul Consiglio Direttivo e quindi dare completezza agli organi.
I due Parchi regionali emiliani coinvolti nel Parco nazionale continuano a lavorare e garantiscono comunque la non interruzione delle iniziative di tutela, valorizzazione e promozione del territorio.
Sono pronti alla devoluzione ed allo scioglimento come prevede il decreto, hanno già pronte proposte e persino bozze di atti deliberativi. Hanno già maturato quanto loro compete per il passaggio di competenze migliore possibile, senza traumi e senza eccessive pretese, ma neppure intendono essere cancellati con un semplice atto burocratico.
Ora, febbraio 2004, i programmi del Parco del Gigante continuano a svilupparsi. Appena possibile, speriamo prestissimo, cesseranno di essere prodotti dal Parco del Gigante, saranno espressi dal Parco nazionale e/o dai singoli enti locali soci del prossimamente ex Consorzio di Gestione del Parco ma non scompariranno certamente, come qualcuno che non vuol bene ai parchi forse spererebbe, come la neve al sole.


Sergio Fiorini



Commenta l'articolo Il Giornale dei ParchiTorna alla prima pagina
del Giornale dei Parchi