Uomini e orsi: la convivenza è possibile

I trentini sono dalla parte dell’orso: a quasi 5 anni dal rilascio del primo plantigrado nell’ambito del progetto di reintroduzione promosso dal Parco Naturale Adamello Brenta in collaborazione con la Provincia Autonoma di Trento e l’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, un sondaggio demoscopico sancisce l’esito positivo del Life Ursus, oltre che sotto il profilo biologico, anche dal punto di vista “sociologico”. Oltre ad essere aumentata la conoscenza della specie, l’orso è oggi considerato una prova di buona qualità ambientale, la cui presenza non preoccupa ma anzi è benvoluta dalla maggior parte degli intervistati.
La conferma arriva da un sondaggio effettuato dall’Istituto DOXA srl di Milano per conto della Provincia Autonoma di Trento su un campione di 2000 interviste telefoniche rappresentative dell’intera provincia, i cui risultati sono appena stati presentati.
Il sondaggio, realizzato nel dicembre dello scorso anno, rappresenta il punto di arrivo di una serie di indagini demoscopiche iniziata sette anni fa e che ha rappresentato un momento fondamentale nella valutazione dell’andamento del Progetto di reintroduzione degli orsi sulle Alpi Centrali. Dal momento che i programmi di conservazione, e ancor più le immissioni faunistiche, inerenti i grandi carnivori hanno nel passato evidenziato problemi e difficoltà ben maggiori rispetto alle altre specie animali a causa sia di fattori biologici, sia di fattori “sociali”, collegati cioè alla convivenza con l’uomo, tali aspetti sono stati tenuti in debito conto nello svolgimento del Progetto attuando una adeguata opera di informazione nei confronti dei residenti e valutando i risultati di tale opera, appunto, mediante sondaggi.
Uno dei presupposti per la realizzazione del Progetto Life Ursus, che ha previsto la liberazione in Trentino di 10 orsi bruni sloveni nel tentativo di salvare la popolazione relitta di orsi, è stata dunque la valutazione dell’attitudine delle popolazioni residenti nei riguardi del plantigrado. La realizzazione di qualsiasi operazione di reintroduzione presuppone, infatti, un’analisi delle cause di estinzione e l’accertamento che tali cause siano state rimosse. Dal momento che gli orsi si sono estinti dalla quasi totalità delle Alpi a causa della persecuzione diretta da parte dell’uomo, in concomitanza con una trasformazione dell’ambiente montano imputabile all’imponente colonizzazione antropica, l’accettazione degli orsi da parte delle popolazioni residenti nell’area trentina risultava uno dei fattori critici per la riuscita del Progetto stesso.
Per questo motivo, durante la fase preparatoria, o meglio nelle fasi di valutazione della fattibilità della reintroduzione, l’attitudine della popolazione residente era stata saggiata mediante un sondaggio demoscopico, appositamente realizzato dalla DOXA.
Parallelamente al positivo esito delle indagini ecologiche che sancirono l’idoneità ambientale dell’area di studio alla presenza di una popolazione minima vitale di orsi, i risultati del sondaggio diventarono una delle linee di forza del Progetto: circa il 75% degli intervistati si dichiarò infatti favorevole alla proposta di rilasciare alcuni orsi e la percentuale si attestò addirittura all’80% nel momento in cui venne ipotizzata la possibilità di catturare e allontanare gli orsi “problematici”.
Da allora, Masun e Kirka (1999), Joze, Irma e Daniza (2000), Jurka e Vida (2001), Gasper, Brenta e Maja (2002) hanno fatto il loro ingresso nel Parco Naturale Adamello Brenta, appropriandosi dei boschi fino a pochi anni or sono abitati dai loro conspecifici e dimostrando di essersi adattati al nuovo ambiente di vita anche grazie alle due riproduzioni accertate nel 2002 e 2003.
Come ha reagito la popolazione residente alla convivenza con l’orso? L’attitudine della popolazione è mutata?
I “fattori di rischio”, evidenziati fin da principio come critici per il raggiungimento degli obiettivi della reintroduzione erano, e sono, rappresentati dai contatti uomo-orso e dai danneggiamenti a carico delle attività umane. Grazie all’efficacia dei provvedimenti previsti per dirimere i conflitti con i residenti - specificamente l’immediata certificazione e risarcimento in tempi brevi del danno subito e l’attivazione, secondo uno specifico protocollo di intervento, di una squadra di emergenza per dissuadere l’orso a ripetere il danno – gli episodi di danneggiamento delle attività umane sono stati ridotti, mantenendosi mediamente inferiori alle previsioni, e l’opera di informazione e confronto tra i promotori del Progetto e la popolazione è risultata adeguata, riuscendo a mantenere l’opinione favorevole degli abitanti dell’area nei confronti dell’orso. Ciononostante, alcuni danneggiamenti, specialmente quelli nei confronti del bestiame (circa una ventina nei primi 4 anni del Progetto), hanno temporaneamente scatenato una discreta reazione emotiva da parte degli allevatori, enfatizzata in molti casi dai mass media.
Una prima conferma della ricaduta positiva della reintroduzione è arrivata nell’autunno del 2002, quando un sondaggio effettuato su scala nazionale dalla DOXA per conto del Parco Naturale Adamello Brenta, con lo scopo di valutare le attitudini dei turisti reali e potenziali, ha identificato l’orso come elemento in grado di attirare turisti (il 78% degli intervistati riteneva che la presenza dell’orso in una zona delle Alpi possa far aumentare l’interesse dei turisti per la zona stessa; il 72% affermava di essere personalmente più interessato a visitare una zona delle Alpi in cui vivono orsi), confermando l’approvazione degli intervistati anche nei confronti del Progetto di reintroduzione (l’81% di intervistati risultava favorevole o molto favorevole all’iniziativa, il 73% riteneva che il numero di orsi che vivono attualmente sulle Alpi debba aumentare). Ciò rappresenta una rilevante conferma per un’area come quella del Parco, la cui economia è oggi incentrata proprio sul turismo.
Un riscontro altrettanto significativo è infine venuto dall’ultimo sondaggio svolto sempre dalla DOXA, nel dicembre 2003, sulla popolazione residente in Trentino, anche alla luce del fatto che il campione degli intervistati e le domande risultano analoghe a quelle somministrate sette anni or sono, configurando il presente come un “test di verifica”. A pochi mesi dal termine del Progetto, risulta positiva la valutazione degli intervistati (l’80% del campione ha sentito parlare del Life Ursus e il 70% ha un giudizio positivo sull’operazione di reintroduzione) e gradita la presenza del plantigrado (il 69% gradisce la presenza, il 77% voterebbe a favore della permanenza degli orsi in Trentino). Addirittura, il 78% dei trentini è favorevole al fatto che l’amministrazione pubblica sostenga dei costi per la conservazione della specie, auspicandone un aumento numerico (31%) o una situazione stanziale (il 52% vorrebbe che il numero attuale di 12 orsi rimanesse costante) e giudicando non pericoloso l’orso bruno (il 91% dichiara di non essere stato, negli ultimi anni, personalmente preoccupato per la presenza dell’orso in Trentino). Parallelamente, grazie alle iniziative di comunicazione attuate dal Parco Naturale Adamello Brenta e dalla Provincia Autonoma di Trento, la conoscenza della specie risulta decisamente accresciuta (la presenza dell’orso è nota al 96,5% degli intervistati, ponendo il plantigrado in cima alla lista degli animali più conosciuti e innalzando la percentuale del ’97, che era pari al 60% considerando un campione rappresentativo dell’intera area di studio).
Dopo la fase progettuale e quella attuativa, dunque, anche l’analisi critica dei risultati sembra dare un giudizio positivo al Progetto Life Ursus, fornendo al contempo spunti per le future azioni di conservazione del plantigrado, che dovranno tenere in conto gli esiti degli sforzi profusi fino ad oggi.
Non dovrebbero essere i sondaggi a dirigere le azioni di tutela nei confronti del plantigrado, ma le iniziative legali a sancirne l’obbligo, né tanto meno dalle opinioni dell’uomo dovrebbe dipendere la ripresa della nascente popolazione di orso bruno delle Alpi Centrali. Ma la coscienza diffusa che l’orso sia una parte dell’ecosistema alpino, con il quale è possibile e anzi auspicabile convivere, rappresenta una buona speranza. Per l’orso, ma anche per il lupo e per tutte le specie viventi che potrebbero tornare ad occupare i loro ambienti originari.


a cura di F. Zibordi – Gruppo di Ricerca e Conservazione dell’Orso Bruno Parco Naturale Adamello Brenta




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