Elba, miniere offronsi?

E’ l’ultima – per ora – notizia allarmante dal più burrascoso parco italiano. Sulla Gazzetta Ufficiale dello scorso 17 febbraio è stato pubblicato un decreto del ministero dell’Economia e Finanze. La sostanza è: assieme allo stadio Olimpico la proprietà delle miniere elbane passa al Coni, Comitato olimpico nazionale italiano, che potrebbe venderle al miglior offerente. Riassunto delle puntate precedenti. Il provvedimento s’inquadra nella politica di vendita del patrimonio immobiliare pubblico, individuata da tempo dal ministro Tremonti tra le cure per risanare i conti dello Stato e adesso pure quelli del nostro più rappresentativo ente sportivo. Dopo il varo di un decreto del luglio 2002, per l’espletamento dei suoi compiti il Coni si avvale di una spa denominata Coni Servizi. Incaricata dal governo, la società finanziaria Ernst & Young valuta come insufficienti i beni patrimoniali a disposizione del Coni per appianare un bilancio disastrato e dunque alle Finanze si apprestano a conferirgliene degli altri. Come prescritto dalla legge, per l’Olimpico chiedono il viatico ai Beni culturali: e nel gennaio scorso arriva il via libera di Urbani. Ma pur se valutato 138 milioni lo stadio di Roma non basta, e allora dall’Agenzia del Demanio esce dal cilindro pure il comprensorio delle ex miniere elbane (valore complessivo 86 milioni di euro). La proprietà di entrambi è dunque trasferita alla Coni Servizi spa, pur se la gestione resta affidata per i prossimi sei mesi al Demanio.
Cosa mai ci farà il Coni con le miniere dell’Elba ? Evocato già dal testo stesso del decreto, quello dell’alienazione appare come l’esito più scontato. Ma di per sé, a ben guardare, non aggiunge novità e lo ricorda Giuseppe Tanelli, l’ex presidente del parco nazionale dell’Arcipelago toscano, il primo a dare l’allarme. “La possibile vendita da parte del Demanio dei fabbricati”, ricorda infatti Tanelli in una lettera indirizzata al ministro Matteoli e al presidente della Regione Toscana Martini, “era peraltro già prevista negli accordi pregressi”. Nel gennaio 2000, infatti, fu firmato a Palazzo Chigi un protocollo d’intesa fra tutti gli attori coinvolti (presidenza del Consiglio, ministeri, Regione, Provincia di Livorno, Comuni, la società Parco Minerario, Sofinpar e Iritecna in liquidazione) sulla riqualificazione ambientale e la valorizzazione dell’area. Cessione possibile dunque, ricorda ancora la lettera, “ma con il preciso vincolo che quanto ricavato dalla vendita fosse utilizzato – come in parte già avvenuto – per il ripristino ambientale e la valorizzazione del comprensorio ex-minerario”. E non per risanare, appunto, le casse del Coni.
L’appello lanciato da Tanelli, docente di mineralogia all’università di Firenze, ha già raccolto un numero molto alto di adesioni dagli ambienti accademici italiani ed europei. Riempiendo anche il silenzio cui è ridotto il grande assente dalla vicenda e cioè proprio l’ente parco, del tutto ignorato dal testo del decreto ma poi da tempo messo a tacere – prima con un lungo commissariamento, ora con un vuoto direttivo che non si annuncia breve. La risposta pronta della comunità scientifica ha già avuto un effetto: la risposta del presidente Martini, che davanti a rischi speculativi si è detto disponibile – una storia che si ripete, già accaduta con Giannutri e Pianosa – ad acquistare l’area. Da Roma, invece, ancora tutto tace. L’appello a difesa delle ex-miniere elbane può essere sottoscritto on line sul sito di Legambiente

Giulio Ielardi



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del Giornale dei Parchi