Parchi nazionali del decennale - Un forum sulla rivista Parchi

Il n° 41 della rivista “Parchi” che viene spedito in questi giorni agli abbonati ospita un forum di discussione con i presidenti dei quattro parchi nazionali che hanno compiuto i dieci anni di vita all’istituzione avvenuta in base alla legge quadro. Si tratta di: Enzo Valbonesi, presidente del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna; Franca Olmi, presidente del Parco Nazionale della Val Grande; Carlo Alberto Graziani, presidente del Parco Nazionale dei Monti Sibillini; Valter Bonan, presidente del Parco nazionale delle Dolomiti Bellunesi.
Anticipiamo una parte dell’articolo, invitando i nostri lettori ad abbonarsi alla rivista.


Guzzini (rivista “Parchi”)
I vostri parchi hanno compiuto nelle scorse settimane i dieci anni di vita. Sono i quattro parchi che la legge quadro e gli adempimenti successivi hanno consentito di avviare per primi. C’è stato in quel primo periodo, in voi e nei vostri Enti, la consapevolezza di avere un ruolo da protagonisti in una fase che ha cambiato profondamente il modo di fare tutela nel nostro Paese?

Valbonesi
La percezione che i parchi giocassero, sulla base della nuova legge, un ruolo di punta, era senz’altro presente. Soprattutto perché venivamo da anni di disinteresse dello Stato in materia. Ma fu un ruolo impossibile da coltivare oltre una certa misura, poiché il lavoro di avvio della gestione, di costituzione dell’Ente era prioritario e vitale. La definizione dei suoi primi atti, dei suoi primi rapporti con le comunità e gli Enti locali, assorbiva totalmente e personalmente, per quanto avessi la consapevolezza di essere parte di un importante processo generale, devo riconoscere che non ci fu molto tempo per contribuire alla diffusione oltre i nostri confini del significato di quella grande novità che era “l’operazione parchi”. Fu prioritario e assorbente, insomma, dare vita al Parco come struttura e come politica e legittimarlo nella realtà locale.

Olmi
In realtà siamo stati, perché non dirlo, dei pionieri, sorretti soprattutto dal nostro entusiasmo e dalla nostra passione. Non avevamo dipendenti né strutture, dovemmo quindi sopperire lavorando in prima persona, correndo per non deludere le aspettative delle popolazioni che giustamente chiedevano risultati in tempi brevi. Mi sento di dire che abbiamo fatto miracoli. Perché non solo abbiamo costruito una struttura dal nulla, ma siamo riusciti a fare in modo che l’idea del parco fosse accettata dalle comunità locali, divenisse anzi un loro patrimonio.

Graziani
Sono stato sempre convinto – a volte con maggior penetrazione razionale, a volte in modo più istintivo - dalla novità e dall’importanza della costruzione del parco; del valore delle idee che il parco rappresentava. Ciò prima della legge, ciò soprattutto durante questa esperienza che è stata straordinaria sul piano personale. E’ una convinzione che permane tuttora, nonostante tutte le difficoltà : nella sua “utopia”, il parco ha un carattere davvero dirompente. Al di là dei risultati (di cui parleremo più avanti) è stato fondamentale che ci fosse questa percezione del contributo dato ad una cosa assolutamente nuova nel panorama delle istituzioni e dei rapporti tra le istituzioni e i cittadini. Ha ragione Valbonesi nel ricordare che questa percezione non si è tradotta pienamente in azione politica generale. Se ciò ha costituito forse un elemento di debolezza per i parchi credo però che non abbia indebolito la nostra carica, che è di entusiasmo e razionale allo stesso tempo.

Bonan
Si, sono profondamente convinto che in molti parchi si siano attivate esperienze e politiche tra le più innovative nella gestione e pianificazione territoriale del nostro Paese.
La “modernità” delle visioni culturali e strategiche dei parchi si sta imponendo sulla generale difficoltà di dare risposte credibili alle contraddizioni della globalizzazione economica e dell’omologazione sociale e degli stili di vita. Un progetto locale che si fonda sulla conservazione e valorizzazione delle divesità bioculturali, sulla qualità dell’abitare e delle relazioni di vicinato, sulla coesione sociale che è la nuova frontiera propositiva e valoriale per territori considerati solo superficialmente marginali e perdenti.

[….]

Guzzini
Stiamo parlando da qualche minuto di una esperienza viva e assorbente di conservazione eppure non abbiamo ancora parlato di natura. Converrete che una discussione sui parchi, dieci anni fa, sarebbe partita senz’altro da lì, dai camosci e dagli stambecchi, dalle cifre sulle popolazioni animali e vegetali, ad esempio. Stiamo facendo un errore? Di che parchi stiamo parlando?

Graziani
Stiamo parlando dei parchi che vuole la legge, cioè di quelli che stiamo costruendo noi. Siamo ormai tutti convinti che il parco a cui faceva riferimento Bonan è poi quello che consente la crescita delle popolazioni di camosci. Sono le azioni su cui abbiamo discusso fino ad ora che creano le condizioni che fanno vivere bene gli stambecchi o le aquile. Stamani, uscendo per venire qui ho visto una coppia di aquile: ciò significa che il territorio sta bene.

Valbonesi
Se spesso non mettiamo l’accento sugli aspetti naturalistici è perché siamo calati in una realtà in costruzione – come vuole la legge del resto – di rapporti “sociali”, con le popolazioni e le loro istanze. Mi rendo conto che esiste uno stacco tra questa concezione, propria di noi amministratori e di coloro che nel parco vivono, e la percezione che hanno coloro che stanno fuori dal parco e che lo considerano, in base ad un messaggio prevalente, esclusivamente un luogo “di natura”. Tra le due immagini è necessario trovare un equilibrio. Ora forse, nel momento in cui le sollecitazioni che ci vengono dal mondo della politica sono soprattutto rivolte al versante economico, c’è bisogno da recuperare i valori originari, perché le gerarchie tra natura e sviluppo non vengano ribaltate. Gerarchie non ce ne devono essere. Lo dico agli amministratori che verranno io che non ho una formazione di tipo naturalistico, ma proprio una storia di amministratore.

Bonan
La sostenibilità è ambientale, sociale ed economica o non è. Per dirla in sintesi: non esiste ecologia senza equità sociale e viceversa. La vera sfida è quindi quella di integrare le priorità ambientali nelle scelte di pianificazione e gestione territoriali e di evidenziare la verità dei costi del modello di sviluppo oggi prevalente. Servono perciò percorsi trasparenti e partecipati, indicatori riconoscibili e condivisi, ricerca e formazione.

Valbonesi
Così come noi abbiamo riequilibrato a favore della funzione socio-economica dei parchi oggi si sente l’esigenza di riequilibrare nell’altro senso, richiamando l’attenzione sugli aspetti più strettamente ambientali.

Olmi
E’ vero! L’idea di Parco è cambiata: oggi è strettamente connessa al binomio “uomo-natura”.
I Parchi offrono beni ambientali, ma anche culturali, dovuti alla presenza dell’uomo. A mio parere, non è un errore. E’ un arricchimento. E’ chiaro che non può e non deve essere trascurata la ricerca scientifica legata alla fauna, alla flora e a tutto quello che riguarda la natura, che rimane la ricchezza primaria dei Parchi e, pertanto, deve essere adeguatamente valorizzata.

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Guzzini
E infine una domanda sulla strumentazione attuale e futura a disposizione dei parchi. Nessuno meglio di voi, che siete stati primi ad attuare la 394, può dare un giudizio sull’efficacia della legislazione, sugli orientamenti per una sua revisione e su un’utile strada da seguire per migliorarla, allo scopo di rendere il lavoro più semplice a coloro che verranno.

Bonan
Da un punto di vista strategico la 394 è stata e continua ad essere una legge equilibrata e innovativa, anche se è stata depotenziata in alcuni aspetti importanti, di programmazione e operativi, ad esempio con l’abolizione del Piano Triennale. E’ difficile comprendere a questo punto quale sia la direzione di marcia che si intende prendere per la revisione, perché non ci sono proposte certe. Andranno certamente tenute in conto le modificazioni in chiave federalista intervenute sul piano istituzionale generale. La 394 potrebbe essere allora migliorata attraverso l’affermazione della piena autonomia gestionale degli enti parco, con uno spazio garantito per la revisione degli statuti e il riconoscimento delle specificità territoriali e delle concrete necessità organizzative dei parchi, che sono molto differenziate. Insomma, più che modifiche strutturali, sono auspicabili arricchimenti che puntino alla concertazione e alla integrazione delle politiche settoriali e alla attuazione concreta della previsione di priorità per gli investimenti nelle aree protette.

Olmi
La 394 ha avuto il grande merito di aver dato l’avvio alla istituzione delle nuove aree protette nazionali e di aver stabilito la loro finalità. Essa presentava senza dubbio interessanti aspetti innovativi, ma è stata di difficile attuazione, forse perché affidata a mani non sufficientemente esperte in quanto gli Enti Parco sono nati, e rimasti a lungo, senza personale e senza strutture e, successivamente, si sono dotati, tramite i concorsi, di dipendenti spesso di prima nomina.
Perplessità inoltre suscitano la dipendenza funzionale del Corpo di sorveglianza, la nomina ministeriale del direttore del parco, il complesso iter burocratico degli strumenti di pianificazione, la non chiara autonomia dell’Ente. Io ritengo che questi problemi dovrebbero essere verificati.

Valbonesi
Non vorrei mettere troppa enfasi sull’aspetto tecnico-legislativo. Le leggi sono strumenti preordinati all’attuazione di politiche e alla risoluzione di problemi: ciò che conta moltissimo è la loro applicazione, sono le politiche – istituzionali, finanziarie - e i programmi che ne derivano. Ciò premesso non si può non vedere come la 394 si sia dimostrata una legge versatile, in grado cioè di adattarsi all’evoluzione del concetto e del ruolo del parco. L’opportuno aggiustamento introdotto con la 426 del ’98 ha contribuito a conferirle questa duttilità. I problemi irrisolti che i parchi hanno davanti – quelli delle risorse gestionali, della necessità di programmi di sistema, del finanziamento degli investimenti, della cooperazione interistituzionale – non dipendono in nessun caso da limiti dalla legge. Una innovazione legislativa dovrebbe perciò puntare ad affrontare altri temi, venuti a maturazione recentemente, e prioritariamente quello della rappresentatività ai problemi del mondo rurale. Non è solo questione di rappresentanza negli organismi (basterebbe per questo che il Ministro, invece di nominare esponenti del CFS nominasse membri delle associazioni agricole) ma di assunzione, dentro i processi decisionali e soprattutto pianificatorie, delle istanze del mondo rurale. Ma, ribadisco, la questione è quella delle politiche concrete.

Graziani
Il giudizio sulla legislazione non può che essere positivo. Basta guardare ai risultati che ha dato, ai parchi che sono nati e che funzionano, per rendersene conto. Alcuni elementi sono poi molto importanti: penso alla natura dell’ente parco come ente misto, in cui siedono le diverse rappresentanze, e al soggetto del tutto originale - e secondo la mia esperienza utilissimo - costituito dalla Comunità del parco. Si pone, è vero, il problema della rappresentanza dei portatori di interesse. Sono d’accordo con Valbonesi (anche alla luce dell’esperienza fatta dalle associazioni ambientaliste, che hanno in pratica finito per depotenziare la propria funzione politica affidandola ai rappresentanti negli organismi) che la soluzione non è la presenza nei Consigli. Occorre trovare altre strade per dare prospettiva all’agricoltura…

Valbonesi
Per esempio con una concertazione specifica con il mondo rurale, prevista per legge, nella preparazione dei Piani?

Graziani
…con innovazioni anche di questo genere, o con Piani specifici per l’agricoltura nei parchi, anche se tutta l’esperienza della pianificazione in agricoltura non ha dato buoni frutti. Infine rimane una questione di fondo irrisolta: quella della mancanza di autonomia. L’applicazione dell’attuale normativa, che non è specifica, crea troppe difficoltà e pastoie da cui è necessario che i parchi, come è stato fatto ad esempio per le Università, vengano al più presto liberati.




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