I cinghiali di Portofino - L’opinione del Direttore del Parco


Il controllo selettivo dei cinghiali nel Parco di Portofino ha una storia complessa, difficilmente sintetizzabile e vede oggi una polemica da parte di alcuni settori di organizzazioni locali, animaliste e non, che hanno aperto una vera e propria guerra legale contro l’Ente Parco di Portofino per la sua politica faunistica.

L’obiettivo evidente e dichiarato, anche se non in tutti i contesti pubblici, delle cause intentate contro l’Ente Parco è quello di impedire qualsiasi tipo di controllo delle specie sul territorio, con qualunque tipo di strumento, cercando di impugnare al T.A.R. Liguria o ai Revisori dei Conti, qualunque tipo di atto ritenuto utile a tal fine (anche gli atti che affidano gli incarichi di studio all’Università di Genova!).

Le argomentazioni contenute sui giornali sono più sfumate e affermano che l’attuale oggetto del contendere è quello di impedire una selezione dei cinghiali successiva al loro trappolaggio in recinti di cattura. Questa tecnica viene presentata come un metodo estremamente violento sostanziato di “torture spaventose ed urla strazianti”; nel primo ricorso al T.A.R. viene addirittura descritto come “un inquinamento ambientale devastante”, al quale sarebbe preferibile e più leale la caccia.

Sulla stampa vengono proposti “metodi alternativi alla violenza per risolvere il problema dei cinghiali che distruggono i coltivi: ad esempio si potrebbe pensare alla sterilizzazione, oppure trasferire i capi in eccesso in posti selvaggi dove non diano fastidio”, mentre, in una fase precedente, era stato proposto di trasferirli in allevamenti, argomentazione non più ripresa quando si è obiettato che in quei contesti diverrebbero sicuramente, in breve tempo, carne da macello.

Il problema della difesa dei cinghiali di Portofino dalle gabbie e dai cacciatori (che peraltro non hanno alcun ruolo nel controllo della specie effettuato nel Parco) è ritenuto dagli oppositori del Parco talmente significativo da scrivere al Presidente della Repubblica Azeglio Ciampi.

Il T.A.R. Liguria si era espresso negativamente nel merito del vecchio Piano faunistico di controllo al cinghiale del Parco (2003-2004), che aveva avuto il parere tecnico positivo dell’Istituto Nazionale della Fauna Selvatica, massimo organo dello Stato in materia.

Il T.A.R. Liguria si è pronunciato sui seguenti aspetti, ritenuti sufficienti per l’annullamento del vecchio Piano:

1. La quantità di capi abbattuti era ritenuta eccessiva, in relazione al basso numero di denuncie di danni, e i modi incompatibili con un’area protetta.
2. L’abbattimento dei capi era considerato indiscriminato e mancava di valutazione la circostanza che i capi più facilmente catturabili sono quelli meno pericolosi, cioè le femmine e i piccoli
3. l’assenza del preliminare monitoraggio, necessario al fine di riconoscere alla successiva selezione il carattere della selettività
4. La violazione delle finalità dettate dalla normativa vigente in materia emerge (omissis) dalla previsione del diretto affidamento della gestione delle trappole e delle gabbie ai proprietari dei diversi fondi, nonché all’attribuzione della carne dell’animale ucciso agli stessi proprietari senza alcun controllo di carattere quantomeno sanitario

Ulteriori argomenti presenti nel ricorso non sono stati presi in considerazione.

Diverso il parere dell’I.N.F.S., anch’esso impugnato presso il T.A.R., sospeso e poi, curiosamente, giudicato amministrativamente corretto, che riteneva congruo il numero di capi da selezionare, efficace e selettivo il metodo di controllo tramite le gabbie, necessaria la selezione sulle classi più giovani e le madri, positiva la serie storica dei risarcimenti in quanto il raggiungimento di un equilibrio nella gestione del cinghiale passa attraverso la minimizzazione dei danni economici.”

Rispetto a quanto sentenziato dal T.A.R., il Parco ha agito su più fronti, a partire dalle modifiche del nuovo piano faunistico di controllo al cinghiale.

Inizialmente si è chiesto alla cittadinanza di denunciare i danni causati dai cinghiali, anche se non attraverso le forme macchinose concepite per rilasciare un risarcimento, forme che comportano dei costi spesso più alti di quanto rimborsato. In un comprensorio dove sono molte le persone abbienti questo fatto ha quindi occultato il fenomeno dei danni rimanifestatosi con l’arresto del controllo dei cinghiali da parte del Parco. In questo contesto c’è stata, ma non contro il Parco, una manifestazione di 800 persone a Santa Margherita e numerose denuncie di danni sono state indirizzate all’Ente, ai Comuni e ai Carabinieri.

L’Ente in ottemperanza della sentenza del T.A.R., ha condotto un censimento qualitativo della specie, che ha portato a contare 100 esemplari (in un’area che ne potrebbe sostentare in equilibrio solo una cinquantina).contemporaneamente in 22 siti di osservazione opportunamente foraggiati per 10 giorni: censimento alle governe.
I dati raccolti sono ovviamente coerenti con quelli delle serie storiche degli abbattimenti, ma forniscono anche un dato minimo quantitativo inoppugnabile, essendo la specie sicuramente elusiva, che conferma le stime sulla eccessiva presenza del cinghiale nel territorio.

Nel nuovo piano si sono poi previsti meccanismi di formalizzazione della gestione delle gabbie, che è sotto controllo dell’Ente, partendo da un’analisi economica complessiva delle operazioni.
Si sono valutati i costi di innesco e verifica delle gabbie, quelli di una eventuale trattamento e commercializzazione delle carni, che hanno fatto nettamente propendere l’Ente per la concessione della carcassa dell’animale ai coadiutori delle gabbie, quale rimborso per l’opera prestata, fermi restando il rispetto delle normative sanitarie vigenti (peraltro da sempre già rispettate).

Gli oppositori del Parco concentrano in questi giorni la loro iniziativa sull’uso dei recinti di cattura e sul tipo di selezione effettuata, argomenti già enunciati nel ricorso al T.A.R. Liguria, ma da questo non affrontati.

L’esperienza del Parco di Portofino nella selezione dei cinghiali conferma quanto contenuto nelle linee guida dell’INFS sul tema.
In sette anni di utilizzo sul territorio le gabbie si sono dimostrate assolutamente selettive per il cinghiale e, dal punto di vista intraspecifico, catturano molto bene gli esemplari secondo le classi di età da selezionare. E’ da notare che gli esemplari non da abbattere devono essere rilasciati.
L’impatto ambientale è bassissimo, e le spese gestionali sono sostenibili.
I cinghiali catturati, grazie alle dimensioni ridotte delle gabbie, non si provocano ferite e sono costretti alla reclusione solo per poche ore , a differenza, per esempio, dei maiali che vengono condotti al macello.
Grazie anche alla capacità professionale dei guardaparco (gli unici operatori che effettuano questo tipo di selezione) i momenti di stress legati alla soppressione del capo sono praticamente inesistenti nel caso di un solo esemplare catturato e sono di poche decine di secondi per ogni successivo, nel caso di catture multiple.
Invito tutti quanti a pensare alla sorte degli stessi animali durante una battuta di caccia, soprattutto nel caso (assai frequente) di un ferimento seguito da una fuga e da ore di agonia quando le modalità di morte dell’esemplare sono assai diverse e, sicuramente, atroci. Non solo, invito ad una visita ai macelli pubblici, che rispettano le norme sul benessere animale, per capire l’inevitabile e lunga sofferenza degli animali destinati alla soppressione.

Le organizzazioni animaliste oppositrici il Parco desidererebbero che non venissero selezionati le femmine e i piccoli di cinghiale, io ritengo, come afferma l’I.N.F.S., che in questo modo non si ridurrebbero né i danni sociali, né quelli all’ambiente.
Il Parco è, tra l’altro, un Sito di Importanza Comunitaria nel quale si devono salvaguardare specie ed habitat protette dalla Direttiva Europea “Habitat”, con obbligo di risultato, e comunque, la sua missione è quella di tutelare non il singolo animale, ma il complesso del patrimonio di habitat e di specie che ne hanno motivato e sostanziato l’istituzione.

Non intravedo ad oggi metodi alternativi efficaci, praticabili; le proposte oggi sul tavolo sono velleitarie in quanto non si possono catturare tutti i cinghiali di Portofino siamo nell’ordine di almeno 3-400 unità) in tempi brevi e utili e trasferirli poi in luoghi selvatici dove non facciano danni, impedendo contestualmente ad altri cinghiali di ricolonizzare il territorio.
Per gli stessi motivi, senza un controllo selettivo, appare inutile e dispendiosa una loro sterilizzazione, che non risolverebbe, tra l’altro, il problema dell’attuale sovrappopolazione del territorio.

Ritengo che le proposte formulate per i cinghiali di Portofino, possano acquietare la coscienza di chi non vuol vedere che, anche in questo contesto, il cinghiale è una specie in ampia diffusione, dannosa a queste densità, non vulnerabile, e qui, tra l’altro, senza predatori, se non l’uomo. Infine è bene accettare la complessità estrema del problema e notare come la specie, su tutto il territorio nazionale, sia oggetto di interessi, anche contrastanti, anche economici, ma non sempre tutti evidenti ed immediatamente percepibili, tali da consentire soluzioni semplici ed univoche.

Sicuramente alle origini della polemica sul controllo dei cinghiali a Portofino, una delle tante che si sviluppano intorno al Parco, sfruttandone il palcoscenico mediatico garantito a chiunque ne coinvolga il nome, è la possibilità di avere una visibilità praticamente gratuita.

L’elemento preoccupante della situazione consiste nel mero utilizzo di strumenti legali (con dispendio di tempo e di soldi pubblici) affiancato all’incapacità di proporre soluzioni realizzabili e sostenibili, aprendo la strada a tutta una serie di interessi di chi utilizza il Parco, il suo ambiente e le persone che ci vivono per conseguire finalità distanti dalle loro.

In tal senso il Parco prosegue nella sua strada di perfezionamento del controllo del cinghiale nel rispetto delle leggi e delle posizioni etiche, difendendo però il suo operato teso ad un equilibrio ambientale e sociale sostenibile, dalle posizioni strumentali.

Alberto Girani
Direttore del Parco



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