Aree protette verso il sistema, ci prova l'Emilia-Romagna

La politica nazionale delle aree protette sembra oggi contraddistinta da una costante e perversa involuzione - la delega al governo sulla legislazione ambientale, i commissariamenti, le intese disattese… - a cui corrisponde crescente assuefazione allo stato di fatto tanto degli interlocutori istituzionali del ministero che del mondo ambientalista, scientifico e culturale: quasi rassegnato e comunque incapace di reagire adeguatamente alle provocazioni; al peggio non c'è ormai limite.

In questo panorama deprimente, nel vuoto di ogni iniziativa di qualche interesse, un segnale positivo viene dalla Regione Emilia-Romagna: nell'impegno a rinnovare il proprio quadro normativo ormai datato, con un contributo nel contempo significativo ed in controtendenza nell'affrontare questioni generali lasciate in sospeso o a cui si voltano da tempo le spalle: prima tra tutte quella della definizione operativa del "fare sistema"; parola d'ordine della II Conferenza Nazionale delle Aree Protette, finora ritornello spoglio di qualsiasi significato.

La considerazione delle Aree Protette, nel complesso delle loro tipologie, non certo "isole", più o meno felici, e comunque sempre più condizionate dall'inevitabile raccordo non solo tra loro, ma soprattutto con il mondo esterno, contraddistingue la proposta di legge su cui già si discute.

In un momento in cui scarseggiano le idee e ne è comunque scoraggiata la produzione, tra gli argomenti dibattuti, ma che fanno anche pensare, si evidenziano nella proposta: una classificazione delle aree protette con nuove tipologie - i paesaggi naturali e seminaturali protetti - atta a sostanziare da una parte l'"effetto rete" di sistema, dall'altro il raccordo con le problematiche della Convenzione europea del paesaggio, del Codice del Beni culturali e del Paesaggio, della Rete Europea Natura 2000; una strutturazione del piano del parco e del suo procedimento formativo atta a favorire la leale collaborazione interistituzionali e l'integrazione tra l'assetto speciale dell'area protetta ed il governo del territorio complessivamente inteso; un'apertura a rapporti privilegiati con il mondo dell'agricoltura nella condivisione di comuni obiettivi di qualità sia pure in campi distinti.

L'esperienza più avanzata finora disponibile, tanto nel quadro nazionale che in Emilia-Romagna, ci dice che lo schematismo semplicistico della "sostituzione", prescritto dalla legge quadro quale regola nei rapporti tra piano speciale del parco e pianificazione ordinaria, non funziona né potrà mai funzionare se si vuole il superamento dell'idea del parco come isola; la proposta di legge indica regole nuove per tale raccordo, tenendo conto della forte strutturazione del governo del territorio nella regione e assegnando funzioni distinte ad ogni livello di competenza.

Questo può contrastare con una considerazione tradizionalmente gerarchica delle responsabilità, ma è invece garanzia per la concretezza di un "fare sistema" che finora ha trovato le maggiori difficoltà proprio nell'incomunicabilità tra le varie materie e competenze.

La scelta del settore agricolo come interlocutore privilegiato dei parchi, nella loro quotidiana gestione, ripropone una delle questioni su cui si iniziò a discutere subito dopo l'uscita della legge quadro; oggi anche su questo tema i termini di riferimento sono cambiati: alla logica di tale possibile alleanza concorre l'esperienza della positiva evoluzione della politica agricola comunitaria e la consapevolezza del suo ruolo centrale negli assetti delle aree protette, sia in fatto di paesaggio ed ambiente, sia nella qualificazione delle produzioni e dei servizi.

Mentre il momento giustifica grande attenzione sull'iniziativa della Regione Emilia-Romagna, altrettanto impegnativi esiti devono attendersi dal suo iter di approvazione e dal livello del dibattito relativo: sarà bene che la discussione non ci riporti indietro nel tempo, alla guerra delle ideologie e dei principi, ma tragga il massimo beneficio da una esperienza non equivocabile, nelle sue luci ma anche nelle ombre, altrettanto significative, che sempre più caratterizzano minacciosamente la scena nazionale.

Antonello Nuzzo
Centro Studi “V. Giacomini sulle Aree Protette” - San Rossore



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del Giornale dei Parchi