Riserva di Ustica: la Corte dei Conti impone la gestione integrata terra-mare

Il Decreto relativo alla Riserva Marina di Ustica emanato dalla Corte dei Conti il 30 settembre 2004, e pubblicato da pochi giorni, ha una portata che va ben al di là di una pur rilevante e significativa vicenda, gestita dal Ministero con troppa arroganza. Sul fatto specifico possiamo limitarci a ricordare che, in quattro e quattr’otto e senza neppure chiedere il parere consultivo alla Commissione di Riserva, il Ministero abrogò motu proprio alcune parti del regolamento, per affidarne la gestione alla Capitaneria di Porto. Nemmeno fu consultata la Provincia di Palermo, che pure era coinvolta nella gestione in base ad una convenzione.
Ma la Corte non si è limitata a censurare il provvedimento adottato in fretta e furia e senza le opportune consultazioni.
La Corte dei Conti ha ribadito infatti la illegittimità dell’affidamento deciso dal Ministero in quanto viola l’articolo 19 della legge 394, che al comma 2 stabilisce che, nel caso di aree marine protette istituite in acque confinanti con un’area protetta terrestre, la gestione è attribuita al soggetto competente per quest’ultima (nel caso di specie la Provincia regionale di Palermo).
Come è noto su questo punto il Ministero dell’Ambiente da sempre (in una continuità politica che deve far riflettere) sostiene che le aree marine protette gli ‘appartengono’ a tal punto che la contiguità con aree protette terrestri è da prendersi in considerazione solo e soltanto se si tratta di parchi nazionali. Quello di Portofino, come si ricorderà, non lo era e per questo, a differenza di quanto deciso poco tempo prima per le Cinque Terre, fu addirittura istituito un Consorzio e fu messa in atto una gestione separata.
A poco, anzi a niente, erano valse, allora come oggi, le contestazioni volte a dimostrare l’evidenza e cioè che la legge quadro non stabilisce in nessuna sua parte o norma questa palese discriminazione di comodo tra aree protette. Anche nel caso di Ustica il Ministero aveva tentato lo stesso giochetto rifacendosi non più tanto alla 394, ma alle modifiche introdotte sul punto dalla legge 426 del ‘98. Modifiche che riguardarono solo l’affidamento ‘ordinario’ della gestione, ma non l’articolo 19 della legge che prevede appunto la unitarietà della gestione terra- mare. Se il legislatore avesse voluto abrogare questa norma avrebbe dovuto approvare l’emendamento allora appositamente presentato ma che fu respinto. In sostanza: a chiunque sia affidata la gestione di un’area marina protetta non possono venire meno – questo afferma e ribadisce la Corte dei Conti - la unitarietà e l’integrazione con le confinanti aree protette terrestri.
E’ la conferma autorevole, e certo non partigiana, di quanto fossero fondate le critiche che da sempre andiamo sviluppando ad una gestione separata, centralistica e burocratica delle aree protette marine. C’è ora solo da augurarsi che il Ministero voglia tenerne, conto cominciando a coinvolgere nella gestione delle aree marine tutti soggetti istituzionali che soli possono garantire i principi di unitarietà e integrazione, cosi autorevolmente richiamati e ribaditi dalla Corte dei Conti.


Renzo Moschini



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del Giornale dei Parchi