Parco marino del Conero. Fare presto e bene.


A Portonovo amministratori locali e regionali, associazioni ambientaliste e di categoria hanno discusso del ‘Parco Marino del Conero’. In realtà non è con questo nome che l’area marina del Conero figura tra le aree di reperimento della legge 394 del ‘91. A 13 anni dalla emanazione della legge ancora non sappiamo, infatti, con quale nome essa sarà istituita, se lo sarà.
L’incontro aveva lo scopo di rimettere in movimento il processo istitutivo, facendo leva sul fatto che, qui più che altrove, le istituzioni regionali e locali (a partire dal Parco del Conero) anche attraverso il protocollo sottoscritto con Federparchi per il programma CIP – Coste Italiane Protette - da anni sollecitano il Ministero a mettere le carte e gli studi -tenuti finora segreti- in tavola e a dire chiaramente se l’area marina va istituita e, soprattutto, come si pensa di gestirla in presenza di un parco regionale costiero. Nonostante le numerose e importanti iniziative promosse in questi anni poco o niente fino ad ora si è mosso: non si è mai riusciti a istituire un tavolo di confronto e di discussione mentre ogni tanto compariva magari un inviato da Roma che all’insaputa di tutti “cercava casa” per la riserva marina.
L’incontro di Portonovo ha avuto dunque il merito di riprendere le fila di questo lavoro, ottenendo intanto il piccolo ma non trascurabile risultato di far conoscere gli studi effettuati a mare dal CNR per conto del Ministero.
Tranne questo però, non è emersa nessuna significativa novità che consenta di dire in quali tempi si intenda procedere e come si pensi di gestire la Riserva. O il “Parco marino” anche se, come è noto, questo titolo - nell’elenco delle oltre 50 aree marine previste dalle leggi dell’82 ( legge sul mare) e del ’91 (legge quadro) è stato assegnato unicamente e misteriosamente all’area del Piceno, che sembra in via di istituzione.
Dal dibattito e dalle varie esperienze che sono state presentate sono emersi piuttosto chiaramente due elementi.
Il primo è che anche le aree protette marine - al pari di tutte le altre - possono superare abbastanza agevolmente le difficoltà di primo impatto con le comunità e i vari interessi coinvolti, pescatori in primis. Il secondo elemento attiene invece alla gestione che quasi mai è contestuale all’atto istitutivo. E’ qui che si annida – diciamo così - il tarlo della situazione che finora ha impedito che alle aree protette marine fosse riconosciuta la “pari dignità” con tutte le altre. Come sappiamo,infatti, oggi il personale delle riserve deve per legge essere pagato dai Comuni (quasi sempre piccoli e piccolissimi). E, come se ciò non bastasse, le eccezioni e la gestione del relativo capitolo di bilancio sono affidate (cosa davvero insolita) alla discrezionalità di un Ufficio di Gabinetto affidato al Capo gabinetto del Ministro. Cosa che, dopo l’exploit di Ustica, non appare davvero rassicurante.
Ma su tutto grava infine, come una cappa paralizzante, il fatto che, permanendo l’attuale confusa collocazione che raggruppa in una generica classificazione realtà marine assolutamente diverse, la gestione è affidata a Commissioni di Riserva che rappresentano veri e propri “fossili” dal punto di vista normativo. Organismi superati dalla legge quadro e mai in grado di coinvolgere tutti i livelli istituzionali presenti nel territorio, come avviene invece regolarmente negli altri parchi.
Un coinvolgimento che è “obbligatorio” e che indusse la Corte Costituzionale a bocciare la Regione Campania poiché, nella fase istitutiva dei parchi regionali, questa non aveva osservato interamente questo principio.
Un principio ribadito specificamente per le aree marine dalla recente decisione sulla situazione di Ustica presa dalla Corte dei Conti la quale ha solennemente e autorevolmente insistito sulla integrazione terra mare, dando così ragione a coloro che, come i protagonisti di CIP, ne avevano fatto un cavallo di battaglia.
Di questo si è discusso a Portonovo, per concludere che, ove esista un parco costiero come quello del Conero, l’area marina antistante non può che essere gestita in modo integrato con quella terrestre. Lo ha sostenuto persino il Comandante della locale Capitaneria di Porto, osservando come sarebbero innaturali soluzioni diverse.
Ora c’è da sperare che le cose si rimettano in movimento, poiché sarà difficile ignorare che l’area marina - comunque perimetrata e denominata - è parte integrante di un territorio costiero in cui opera un Parco regionale.

R.M.



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del Giornale dei Parchi