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Segnalazioni

Fuga dalla città: l'oasi di cascine è l'abbraccio verde a Milano

La nuova Ca'Granda Cento strutture in 8.500 ettari per fare la spesa o l'aperitivo in fienile, tour in bici, sessioni di canto e yoga antistress
(10 Ott 21)

Cento cascine e 8.500 ettari di terreno cingono in un grande abbraccio, disegnando una mappa dai confini frammentati e irregolari, la piana agricola a sud di Milano. Un paesaggio non eclatante nel suo impatto, da osservare con occhi sensibili, scoprendo le rogge con l'acqua che scende dai monti, le cave d'argilla che alimentavano le fornaci, le abbazie austere, le ciclabili lungo le alzaie dei Navigli, le risaie a sbalzo che, allagate d'estate, diventano specchi agli aironi cinerini, al picchio e alla cinciallegra.

In questo humus rurale si è insediato, nel nome del rammendo delle periferie, il progetto di riqualificazione della Fondazione Patrimonio Ca' Granda (la "casa grande" che tutti accoglieva) di Milano che interessa i terreni che dal 1456 appartengono all'Ospedale Maggiore, in Italia il più grande proprietario terriero dopo la Chiesa. Tentativo di scacco alla morsa della cementificazione fortemente voluto dal direttore generale Achille Lanzarini, la neo inaugurata Oasi Ca' Granda intende dare una doppia vita, senza negarne l'originaria agricola, alle cascine in mattoni costruite tra il Parco del Ticino, l'Adda e il Parco Agricolo Milano Sud. Per alcune si tratta di lanciare la spesa in cascina, per altre di organizzare aperitivi in fienile, passeggiate e pedalate in percorsi mappati ad hoc, visite agli orti, tour in bici e rafting, giri a cavallo e in mongolfiera oltre alle più tradizionali merende agrituristiche (www.oasicagranda.it/eventi/).

Attività che apparentemente negano la filologia storica, ma che allo stesso tempo contribuiscono a rafforzare la zona cuscinetto tra la periferia e l'ansia di antropizzazione metropolitana. Il patrimonio dell'Ospedale Maggiore compreso nel fertile territorio tra le Prealpi e il Po, 600 milioni di euro di valore, i cui proventi vanno a finanziare la ricerca medica, proviene da donazioni cominciate nel XIV secolo. Fu il professore del Politecnico Cesare Chiodi, assessore all'urbanistica di Milano dal 1922 al 1925, a censire le proprietà terriere dell'ospedale. Pubblicati tra il 1937 e il '39, i suoi testi rappresentano la principale fonte storica che documenta il patrimonio rustico della "casa grande". Dai possedimenti rurali derivavano non solo le entrate d'affitto, ma anche, fino al XVIII secolo, i prodotti della terra necessari alla cucina dell'ospedale e alle preparazioni farmaceutiche. Il Maggiore disponeva all'epoca di un mulino, di forni per la cottura del pane, di cantine per la conservazione del vino, di macellerie e dispense, di un'erboristeria e due farmacie. Un'ordinanza del 1604 prescriveva persino di piantare rose, in cascina, visto che i petali erano richiesti in abbondanza dalla spezieria.

Nel 1937 il patrimonio rurale era composto da cascine con loggiato, granaio, stalle e fienile, e seminativi irrigui alimentati da sorgenti, rogge o canali demaniali come il Naviglio Grande, Pavese e di Bereguardo, tutti percorribili, oggi, sulle ciclopedonali delle alzaie. Boschi e appezzamenti incolti ne rappresentavano una piccolissima parte. Un paesaggio che, al netto delle intrusioni stradali, i grattacieli di periferia, gli snodi delle tangenziali, i capannoni e gli annessi rurali ristrutturati senza grazia, per lo più si conserva.

Tra le cascine entrate nel progetto Oasi Ca' Granda spicca la Battivacco, nel Parco Agricolo Milano Sud, fondata nel XII secolo e donata alla Ca' Granda nel 1879. Già nell'Associazione Parco delle Risaie che tutela i terreni tra il Naviglio Grande e il Pavese, con 15 camere in b&b, la cascina ha una bottega di carnaroli classico, vialone e riso nero integrale; carne, pane e prodotti freschi. Sua vicina di casa è la Chiesetta medievale di San Marco al Bosco che sorge su un piccolo rialzo di terreno a testimoniare il livello originario dei campi successivamente scavati per rifornire le fornaci di argilla. Ghiotta la spesa di riso, conserve, prodotti dell'orto e salumi anche alla Cascina Lasso a Morimondo, in prossimità del Ticino. La non lontana Cascina Selva, aperta anche per pranzi agrituristici, vende formaggi di propria produzione. La Cajella, a Motta Visconti, sul Naviglio di Bereguardo, è tra le poche a proporre frutta a km 0. Come altre fattorie agricole della Fondazione, si è organizzata per offrire kit da picnic sui prati.

Riso e formaggio biodinamico sono presenti nella dispensa delle Cascine Orsine della famiglia Crespi, esterne alla Fondazione, ma cooptate nel progetto. Un'adesione che ha convinto anche la ben conosciuta Cascina Caremma, nel Parco del Ticino, "fattoria del benessere" con Spa, ristorante, camere e bistrot recuperata ad arte da Gabriele Corti. Fiori e olio essenziale di lavanda, così le erbe spontanee del Parco, il latte di riso, i semi di zucca uniti all'olio di mandorla bio e alla farina di polenta sono utilizzati nei trattamenti di benessere. L'après-Spa in giardino, nel retro del vecchio fienile, gode della vista di un vigneto del 1600 rivitalizzato di recente. Partono da qui, e non solo, tour in bicicletta mappati, accompagnati o guidati da un'apposita app. Legata al biologico da tempo e con edifici rurali che risalgono al XVIII secolo è la Cascina Gaggioli della famiglia Sada nel Parco del Ticinello, non lontana dalla Chiesa Rossa sul Naviglio Pavese. Nei terreni bonificati dai cistercensi, dove un tempo si coltivavano gli orti del mercato ortofrutticolo di Milano, ci sono adesso camere con cucina condivisa, bottega con prodotti della casa (ottimo il carnaroli integrale bio), campi di mais e frumento. Per equinozi e solstizi, sono stati programmati sessioni di yoga e canto. Se un tempo è stata la fragile argilla a fermare l'ansia di inghiottire e costruire, adesso c'è un'Oasi pensata anche sulle note dell'OM.

Area Protetta: Diverse  |  Fonte: AREA Parchi
Fuga dalla città: l'oasi di cascine è l'abbraccio verde a Milano
 
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