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Parco del Conero



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  Notiziario Ufficiale del Parco del Conero
Anno XI - Numero 3/4 - Novrembre 2005

INTERVISTA ALL'ARCHEOLOGO MAURIZIO LANDOLFI

Una storia millenaria

Le stesse peculiarità del Conero che oggi attirano migliaia di visitatori, costa alta a strapiombo sul mare e insenature suggestive dai ripidi pendii ricoperti dal verde della vegetazione, in altri tempi, in età preistorica e soprattutto protostorica (IX-VII sec. a. C.) con particolare riferimento all’età arcaica (VI sec. a. C.), classica (V-IV sec. a. C.) e del primo ellenismo (III e II sec. a. C.) hanno fatto la fortuna economica e culturale di questa terra che attraverso numerose testimonianze si è rivelata di straordinaria importanza archeologica. Delle oltre 2000 tombe picene messe in luce nei territori di Numana e Sirolo e della documentazione di cui si è in possesso, contraddistinta da una notevole e significativa frequentazione umana che dall’età preistorica (Paleolitico, Neolitico, Età del bronzo), attraverso l’Età del Ferro ed Età Romana, arriva fino ai nostri giorni con una continuità che trova difficilmente riscontri analoghi nelle Marche, parla Maurizio Landolfi, direttore archeologo coordinatore della Soprintendenza per i beni archeologici delle Marche e direttore dell’Antiquarium statale di Numana. L’età protostorica - spiega il professore - segna una stagione particolarmente prospera per l’antica Numana, quando, grazie al suo approdo naturale, si trovò inserita in una vasta rete di scambi commerciali e culturali di ampio respiro che abbracciava tutto l’arco dell’Adriatico, favorendo il contatto tra il Mediterraneo Orientale ed il Nord Europa. Dalla fine del VII sec. a. C. sino ad oltre la metà del IV sec. a. C. Numana fu un attivo porto di commerci. Questo centro piceno, in qualità di punto di sosta e rifornimento per natanti che risalivano ed attraversavano l’Adriatico e nello stesso tempo terminale di un itinerario transappenninico, conobbe una felice stagione di prosperità a tutto svantaggio della vicina Ancona.
D. In una società picena così strutturata qual’era il ruolo della donna?
R. Anche lei ne aveva uno ben preciso, dai tratti forti, adatto ad una società di pastori, guerrieri, agricoltori e non sicuramente secondario a giudicare, almeno, da alcune deposizioni femminili, come quelle delle Amazzoni di Belmonte Piceno, della principessa di Pitino di San Severino Marche e della regina picena di Numana e Sirolo. Quest’ultima della fine del VI sec. a. C. con ricca associazione funeraria e con due carri, un calesse e una biga, è eccezionale e sulla base di curiosi confronti con altrettanto ricche sepolture di principesse celtiche rinvenute in Germania, Austria e Francia, come la tomba della Dama di Vix, quella umanate si presta ad interessanti considerazioni sull’importanza della donna in età protostorica nelle società periferiche rispetto al mondo etrusco ed ellenico.
D. La scoperta della sepoltura monumentale della regina picena risale all’89, nella necropoli i Pini di Sirolo.
R. Esatto ed oltre ad essere un’occasione per conoscere gli aspetti di alcune fasi culturali che nell’antichità hanno contraddistinto questo comprensorio, offre notevoli scoperte sul mondo dei Piceni e sul fascino e mistero delle loro donne. In questo angolo dell’Adriatico, del mondo greco e omerico sono familiari e di casa soltanto eroi ed eroine inquietanti e misteriosi come Diomede, Aiace, ma soprattutto Medea, Clitennestra e le Amazzoni. Si tratta in prevalenza di maghe o personaggi mitologici dai tratti forti ed enigmatici che per assonanze o simpatie risultavano graditi alle popolazioni locali. Alle suggestioni mitologiche evocate dai contesti delle necropoli picene, si devono aggiungere quelle altrettanto misteriose provenienti dalle oscurità dei fondali marini, se è vero, come da alcuni sostenuto, che l’Atleta di Lisippo, la statua di bronzo del Museo P. Getty di Malibù in California, sarebbe stata rinvenuta al largo del mare di Numana.
D. Come archeologo che ha studiato e conosce la realtà numanate fin dall’inizio ed ha seguito gli scavi effettuati sul territorio del Conero e ne sta seguendo altri in questi giorni, quando parla di complementarietà e di continuità che cosa intende?
R. Intendo dire che visti i frequenti e prolungati contatti e le affinità che uniscono Ancona e Numana, significativamente contrapposte alle estremità del promontorio del Conero, è complementare il discorso dell’area archeologica dei Pini e dell’Antiquarium di Numana con la visita al museo Archeologico delle Marche di Ancona. Solo così si verrà a conoscenza delle fasi culturali dei diversi periodi storici che hanno caratterizzato questo territorio. Con continuità contraddistinguo una frequentazione umana continua fin dal Paleolitico, quindi ricchezza archeologica eccezionale che nel tempo ha saputo dare vita a forme diverse di insediamento con manifestazioni proprie, differenziate e articolate in sintonia con l’ambiente e all’interno di quella complementarietà tra le sue componenti cui si è fatto cenno pocanzi.
D. Da sempre chiede a gran voce una sede per valorizzare l’immenso patrimonio delle oltre 2000 tombe restituite dalle necropoli picene e le nuove continue acquisizioni.
R. È necessario reperire dei locali idonei, che non dovrebbero essere di metratura inferiore a 600-700 mq, dove conservare in modo razionale e sicuro i materiali restituiti, in gran parte custoditi nei depositi del Museo di Ancona e che sarebbe auspicabile riunire nel Conero. In questa ipotetica sede si procederebbe inoltre al primo intervento di manutenzione e di conservazione di un tesoro il cui interesse archeologico va visto anche come volano turistico.