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Pinete di Ravenna - San Vitale, Classe, Cervia

Pinete di Ravenna - San Vitale, Classe, Cervia Le pinete ravennati si insediano sugli antichi cordoni dunosi che segnavano le linee di costa e che ancora oggi sono ben identificabili, intercalati dalle bassure che solcano la pineta longitudinalmente.

Fra le specie ad alto fusto domina il Pino domestico, o pino da pinoli, con la classica chioma ad ombrello; presenti anche Farnia e il Pino marittimo e, nelle zone più basse, Frassino e Pioppo bianco.
Ricchissimo il sottobosco: Rose selvatiche, Caprifoglio, Ginepro, Pungitopo, Asparago selvatico, Clematidi, Biancospino, e moltissimi altri arbusti che colorano la pineta con le fioriture bianche e gialle nella primavera e con le bacche rosse, arancio e brune nell'autunno.

Anche la fauna è apprezzabile, pure se meno "visibile": molti piccoli uccelli silvani, ma anche Aironi che dalle vicine zone umide si riposano appollaiati sui pini. Un gruppo di Cavalli vive fra bosco e valle allo stato semibrado.

Le pinete devono la loro origine a scopi di utilizzazione economica: sembra infatti che il pino sia stato introdotto in queste zone in epoca augustea con lo scopo di fornire il legname per la flotta romana, di stanza nei porti ravennati.
I primi riferimenti scritti alle pinete risalgono al V secolo ma le prime notizie di una certa ampiezza si trovano attorno al 1500 e ancor più nel 1700, quando i boschi erano ormai proprietà delle quattro abbazie di San Vitale, San Giovanni, Sant'Apollinare in Classe e Santa Maria in Porto, che dalle pinete traevano sostentamento.
A quell'epoca le pinete raggiungevano la loro massima estensione: circa 6/7000 ettari. I monaci vi esercitavano un dominio assoluto, consentendo alle popolazioni soltanto il diritto di pascolo e di legnatico, oltre alla caccia e alla pesca.

Tutti i prodotti ricavati dalla "coltivazione" della pineta andavano invece alle abbazie, prima di tutto il legname, le pigne ed i pinoli, i capi provenienti dall'allevamento bovino ed equino, ed ancora la pece, ricavata dalla combustione della resina dei pini, il nero fumo per inchiostri, e l'astringente per uso farmaceutico derivato dalla pellicola che ricopre i pinoli.

Molta legna di pino era inviata a Marina di Ravenna per costruire o riparare le "palizzate" del portocanale Candiano, ma non mancavano le esportazioni a Venezia, a Marsiglia ed anche a Barcellona . Nel 1797 invece, con la soppressione degli ordini religiosi attuata dai Francesi, le pinete ravennati cominciarono a subire duri colpi.
I beni delle abbazie furono venduti a privati che rapidamente misero a coltura agraria larghe parti di bosco, interrompendo quella che fino ad allora era stata una continua fascia pinetata. In seguito, inverni rigidi, guerre, nuovi ampliamenti di aree agricole portarono ulteriori riduzioni, fino agli attuali 2500 ettari circa, suddivisi nei comparti di San Vitale a Nord di Ravenna, di Classe a Sud e in quello di Cervia.

Il complesso delle pinete ravennati viene completato da una fascia di impianto più recente, che ha colonizzato la attuale duna costiera, continuando quell'opera di espansione dei boschi verso Est, secondo lo spostamento della linea di costa.

Queste pinete, messe a dimora ai primi del 1900, sono costituite prevalentemente da Pino marittimo e formano una bella fascia quasi ininterrotta dalla foce del Reno a quella del Savio.

Il loro ruolo è molto importante, sia per l'effetto estetico alquanto suggestivo, sia per l'azione protettiva dell'entroterra dalla ingressione dei venti salsi, provenienti dal mare.