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Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise

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Intervista a Paolo Ciucci

(Pescasseroli, 27 Ott 17) Abbiamo chiesto a Paolo Ciucci, ricercatore dell'Università di Roma "La Sapienza", Dipartimento di Biologia e Biotecnologie "Charles Darwin", di parlarci della ricerca sul genoma dell'orso marsicano che è stata pubblicata in questi giorni su PNAS, la prestigiosa rivista dell'Accademia nazionale delle scienze degli Stati Uniti d'America, in modo da offrire agli amici dell'orso marsicano maggiori informazioni su acquisizioni scientifiche importanti.

Paolo, ci racconti come nasce questa ricerca sulla Genomica dell'orso marsicano?
Da quali domande, da quale esigenza?

La domanda che è all'origine del tutto risiede nella nostra necessità di valutare quanto il sistema immunitario dell'orso bruno marsicano sia ancora funzionale, nonostante la mancanza di variabilità genetica della popolazione, al cospetto di un elevato numero di patogeni associati sia alla fauna selvatica che agli animali d'allevamento e d'affezione che coesistono con l'orso in Appennino. 
Sapevamo che un gruppo di genetisti, coordinati da Giorgio Bertorelle, all'Università di Ferrara avevano già fatto studi simili su altre specie di fauna e da questo è nata la collaborazione. 
Dalla ricerca sul complesso di geni responsabile della risposta immunitaria (MHC), si è passati all'intero genoma, il che ha aumentato enormemente i costi.
Ma ne è valsa sicuramente la pena in quanto con la genomica puoi imparare molto, ma molto di più. 
Oltre al fondato rischio delle malattie, l'orso ha da sempre rappresentato un caso emblematico anche dal punto di vista teorico: è un fatto assodato che le popolazioni di grandi mammiferi numericamente ridotte sono suscettibili di  rischi elevati di estinzione. 
In aggiunta agli evidenti problemi demografici, c'è in ballo, infatti, la stessa capacità che una popolazione ha di adattarsi, di generazione in generazione, ad un ambiente costantemente mutevole. 
Cosa difficile da realizzarsi se la popolazione in questione ha perso moltissima della variabilità genetica originale e ha, con ogni probabilità, accumulato mutazioni (varianti geniche) deleterie, il cui effetto diventa consistente con l'aumento dei casi di consanguineità. 
Tutto questo fino a ieri erano solo supposizioni, oggi abbiamo finalmente fatto chiarezza su un punto fondamentale.
Inoltre, sempre con la genomica, è possibile stimare con maggiore precisione il tempo di divergenza di una data popolazione. Nel caso specifico: da quanto tempo l'orso marsicano si è isolato ed ha iniziato a caratterizzarsi rispetto alle altre popolazioni di orso bruno in Europa. 

Ci dici in parole semplici come è stata realizzata la ricerca (professionalità coinvolte, collaborazioni, tempi)?

Partendo dai campioni ematici degli orsi che abbiamo catturato a scopo di studio nel nostro progetto a metà degli anni 2000, i genetisti hanno estratto e sequenziato il DNA e utilizzato i potentissimi mezzi della genomica per fare luce sullo stato genetico di questa ridotta popolazione di orso, isolata da lungo tempo. 
Quindi, non solo si è valutato lo stato di salute del complesso MHC (la nostra domanda originaria), ma si è quantificata la variabilità genetica in intere regioni genomiche confrontandola con quella di altre popolazioni di orso in Europa e altrove. 
Questo ha permesso di valutare  gli effetti fenotipici (ovvero i processi biochimici, fisiologici, morfologici e comportamentali che caratterizzano la vita di ciascun individuo) attesi rispetto a una maggiore o minore variabilità genomica, in determinate regioni dei cromosomi. 
Inoltre, abbiamo potuto finalmente produrre una stima affidabile del reale tempo di isolamento e divergenza dell'orso marsicano dalle altre popolazioni di orso europee. 
Le tecniche di laboratorio e le statistiche associate a questo tipo di studi sono complessissime e hanno richiesto professionalità e competenze diverse e complementari, il che ha comportato una collaborazione internazionale di tutto rispetto. 
Con l'Università di Ferrara e  La Sapienza di Roma, hanno collaborato tante altre Università e centri di ricerca sia in Italia che all'estero (Stati Uniti, Inghilterra, Spagna, Francia, Irlanda, Norvegia, Svizzera, Grecia, Slovacchia) che, oltre alle proprie competenze, hanno messo a disposizione genomi di orso di altre popolazione europee. 
In questo modo è stato possibile confrontare il genoma del marsicano con gli orsi bruni delle Alpi, della Grecia, della Slovacchia, della Svezia e della Spagna, ma anche con l'orso nero dell'Alaska e l'orso polare della Groenlandia. Insomma, una mobilitazione davvero globale, che ha visto collaborare più di 27 ricercatori, coordinati mirabilmente da Bertorelle che, tra mille difficoltà, è riuscito a portare il progetto in porto dopo un viaggio durato quasi due anni.

La ricerca sostiene che l'attuale orso marsicano è rimasto isolato dalla popolazione di orso bruno europeo circa 3-4 mila anni fa, dunque, si possono escludere altre ipotesi da cui deriverebbe l'orso marsicano, come quella di chi sostiene che deriverebbe dall'orso speleus?

Si, ma questo lo si sapeva già per molti altri motivi e da studi precedenti e non c'era certo la necessità di scomodare la genomica. 

3-4 mila anni sono un tempo sufficiente per selezionare a livello genetico alcune particolarità come quelle che caratterizzano l'orso marsicano?

Certamente, ed è proprio quello che è successo: sia per fenomeni di fissazione casuale (ovvero in assenza di selezione) di varianti geniche all'interno di una popolazione sempre più ridotta e in assenza di connettività genetica con altre popolazioni di orso; sia per accumulo di mutazioni deleterie.
Per esempio, la taglia ridotta e la caratteristica forma del cranio dell'orso marsicano sembra siano associate a mutazioni che sono ormai fisse nell'orso marsicano, ma assenti in altre popolazioni di orso bruno.

Il sistema immunitario dell'orso marsicano ci può far stare tranquilli rispetto al rischio di una rapida estinzione della specie?

Assolutamente si, e questo è uno dei risultati più sorprendenti e allo stesso tempo rassicuranti di questa ricerca. 
Oltre alle molte regioni del genoma che sono a bassissima variabilità genetica e presentano mutazioni deleterie fisse e non presenti in altre popolazioni di orso, il genoma del marsicano mostra anche regioni con elevata variabilità genetica, del tutto paragonabile a quella di altre popolazioni di orso bruno ben più numerose. 
Questi geni riguardano proprio il sistema immunitario, la sensibilità olfattiva e la capacità di digerire carboidrati. 
Questo conferisce quindi all'orso marsicano ancora adeguate capacità di difesa dagli agenti patogeni, e notevoli capacità di discriminazione olfattiva in un mondo dominato dall'uomo e ricco di insidie e pericoli. 

Il tutto, contrariamente a quanto dovrebbe avvenire nelle popolazioni numericamente ridotte, dove solitamente prende il sopravvento la perdita di variabilità genetica e la fissazione casuale di varianti geniche non adattative.
È infatti sorprendente il fatto che gli elevati livelli di variabilità genetica osservati in queste specifiche regioni si siano mantenuti tali dopo un periodo di isolamento così lungo e in una popolazione numericamente così esigua. 
Un risultato inatteso e che potrebbe aprire nuove conoscenze sulla dinamica e sui rischi di estinzione delle piccole popolazioni. 
Quindi, mentre questo ci tranquillizza, soprattutto perché la funzionalità del sistema immunitario ci rasserena sulle capacità immediate dell'orso marsicano di reagire con successo ai vari agenti patogeni di origine antropica, non dobbiamo dimenticare che molte regioni genomiche del marsicano sono  risultate estremamente povere di variabilità genetica. 
Almeno una quarantina di geni presentano mutazioni ormai fisse e i cui effetti possono essere deleteri (dall'anemia, alle malformazioni craniali e facciali, alle malattie dei muscoli scheletrici e cardiaco, alla debolezza muscolare e varie altre turbe metaboliche). 
Questo no, non ci tranquillizza nel medio-lungo periodo. 

La minore aggressività dell'orso marsicano ci consente di tranquillizzare le comunità locali e i turisti del Parco?

Le comunità locali non necessitano di essere rassicurate. La genomica, per quanto potentissimo strumento di ricerca, non ha necessità di sostituirsi in questo caso alla cultura, alle conoscenze e alle tradizioni locali. Nel territorio del Parco, gli elevati livelli di tolleranza che le persone hanno da sempre mostrato nei confronti dell'orso sono una chiara indicazione che l'orso marsicano non è aggressivo né particolarmente pericoloso. 
Attenzione però, perché questo non vuole dire che l'orso marsicano è un orso 'buono', come è stato subito titolato dai giornali: è un orso che, in confronto agli individui di altre popolazioni, è più mansueto e cerca di stare fuori dai guai, ma ricordiamoci sempre che si tratta di un grosso carnivoro selvatico con il quale è sempre bene mantenere le dovute distanze.
Anche un orso mansueto, come il marsicano, potrebbe diventare pericoloso, fosse solo per difesa o per nervosismo, se all'interno di un centro abitato a portata delle persone.
I risultati della nostra ricerca non fanno altro che riflettere la tolleranza delle popolazioni locali per l'orso marsicano, rivelandone la possibile causa: a livello di 22 geni, che sono associati a comportamenti mansueti o aggressivi, l'orso marsicano mostra varianti geniche fisse che lo distinguono nettamente da altre popolazioni di orso bruno.
Ciò rivela che la causa del suo comportamento meno aggressivo potrebbe essere di origine genetica.
Nuovamente, questo può essere conseguenza del lungo periodo di isolamento da altre popolazioni di orso bruno, e quindi della perdita di variabilità genetica e della fissazione casuale di varianti non adattative, congiuntamente ad un lunghissimo periodo durante il quale gli individui più aggressivi, e meno timorosi nei confronti dell'uomo, sono stati perseguitati con maggiore frequenza di quelli meno aggressivi e più elusivi.

Quali sono le valenze gestionali dei risultati della ricerca?

Innanzitutto che i rischi di estinzione a causa di agenti patogeni non sono così elevati come si poteva supporre, qualora anche la variabilità genetica a livello del sistema immunitario fosse stata ridotta come nel resto del genoma, e che una popolazione estremamente ridotta come l'orso marsicano riesce in qualche modo a mantenere adeguati livelli di variabilità genetica in poche ma vitali porzioni del proprio genoma. 
Questo non rende quindi immediata, secondo alcuni degli autori, la necessità di ricorrere ad interventi di assistenza genetica tramite l'apporto di individui di altre popolazioni di orso bruno, mentre richiama l'attenzione di tutte le amministrazioni ad un più efficace controllo e prevenzione di tutte le cause di mortalità antropica. 
L'intento ultimo, come abbiamo detto molte volte, è facilitare il recupero numerico e l'espansione geografica della popolazione, in modo da contrastare i rischi demografici e la continua perdita di variabilità genetica. 
Tuttavia, la situazione è da tenere attentamente sotto controllo, in quanto la pressoché nulla variabilità genetica in molte altre regioni genomiche, e la diffusa fissazione di mutazioni il cui effetto è presumibilmente deleterio, rappresentano comunque un drammatico campanello d'allarme. 
Qualora nel futuro ci siano segnali che tali mutazioni e la scarsa variabilità genetica arrivino ad influenzare negativamente la sopravvivenza e la riproduzione nella popolazione, allora veramente si dovrebbero prendere in seria considerazione interventi più radicali e invasivi.

Questa ricerca apre le porte a nuovi studi sull'orso marsicano?

La ricerca apre sempre più domande di quelle a cui tenta di dare una risposta. 
Esplorare il genoma dell'orso apre scenari di ricerca fino a poco tempo fa del tutto inimmaginabili. Idee e prospettive quindi non mancano di certo, anche perché non ci scordiamo che la ricerca applicata alla popolazione di orso marsicano, non solo quella genetica e genomica, è acquisizione piuttosto recente. 
Quanto si investe in ricerca è però specchio della civiltà di un paese, per cui temo che le porte ci siano ma per adesso sembrano piuttosto ben serrate.

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