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Intimidazioni, domiciliari revocati

Accolto il ricorso dei legali di Giovanni Scavazza, il 67enne condannato in primo grado per le minacce al Parco del Circeo e al comandante dei carabinieri forestali. L’uomo andrà via da Sabaudia, esigenze cautelari cessate

(26 Luglio 2020) Revocata la misura degli arresti domiciliari a Giovanni Scavazza, il 67enne condannato in primo grado per l'intimidazione, risalente a giugno del 2019, ai danni del Parco nazionale del Circeo e del comandante dei carabinieri forestali di Sabaudia Alessandro Rossi. Il giudice Giuseppe Cario ha accolto l'istanza presentata dagli avvocati Gaetano Marino e Giampiero Vellucci. Tra le motivazioni contenute nel ricorso, due quelle principali: il fatto che il figlio di Scavazza non gestisca più un chiosco sul lungomare di Sabaudia (il 67enne aveva agito per "vendetta"in relazione ai serraticontrolli svoltisull'attività da parte di Parco e forestali, ritenuti da lui una sorta di "accanimento") e la volontà di risiedere fuori Sabaudia, un luogo diverso da quello teatro dei fatti. I fatti di cui Scavazza è stato chiamato a rispondere in primo grado, si diceva, risalgono a giugno dello scorsoanno,quando attornoallasede dell'Ente Parco vengono trovati del liquido infiammabile, delle taniche e un plico con quattro cartucce calibro 12 indirizzato al comandante dei carabinieri forestali Alessandro Rossi. Da subito i sospetti degli investigatori si concentrano sui controlli svolti in quelle settimane sul lungomare. Vengono isolate delle tracce di Dna e a Giovanni Scavazza viene richiesto un campione. A quel punto l'uomo, assistito dai suoi legali, decide di recarsi in Procura e confessa di essere l'autore del gesto che - ha detto agli inquirenti quando è stato sentito - voleva essere solo un'intimidazione. Un atto compiuto da solo – ha sostenuto - con cui voleva fare paura, destare clamore e niente di più. Per l'uomo dopo qualche giorno scatta l'arresto. Ora la misura dei domiciliari è stata revocata, avendo il giudice accolto il ricorso degli avvocati Marino e Vellucci. Una decisione che arriva a distanza di un mese e mezzo circa dalla pronuncia di primogrado con cui il giudice Cario, con l'abbreviato, ha condannato l'imputato a treanni di reclusione e a un risarcimento danni da 50mila euro nei confronti del Parco, costituitosi parte civile, disponendo una provvisionale da 20mila euro. Il pubblico ministero aveva chiesto quattro anni di carcere. Avverso la sentenza di primo grado è stato presentato ricorso in Appello.


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Fonte: Latinaoggi.eu

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