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Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona, Campigna




  Crinali
Notiziario Ufficiale del Parco Nazionale Foreste Casentinesi, Monte Falterona, Campigna
Anno VII - Numero 18 - Primavera 2001


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Il Cibo come medium del territorio
L'intervento di Davide Paolini al Convegno sui prodotti tipici promosso dal Parco
di Davide Paolini

Pubblichiamo un ampio stralcio della relazione del giornalista Davide Paolini (Il Sole 24 ore), tenuta a Bagno di Romagna (Palazzo del Capitano), in data 4 ottobre 2000, all'interno del Convegno, promosso dal Parco Nazionale in collaborazione con il GAL L'Altra Romagna, dal titolo La riscoperta e la valorizzazione dei prodotti agricoli e alimentari tradizionali per un turismo di qualità.
Il cibo, o meglio il sistema del cibo nel quale vanno compresi i prodotti gastronomici, cioè a dire salumi, formaggi, conserve, il vino, l'olio, la frutta e la verdura, le ricette, sta assumendo sempre più la valenza nutrizionale, ma anche quella del soddisfacimento del gusto e dell'olfatto e della convivialità. Sono queste, per così dire, dimensioni riduttive perchè il cibo, nella odierna realtà dei paesi sviluppati, presenta degli aspetti completamente nuovi. E' infatti soprattutto un "medium" con tutte le sfaccettature del termine. Così come lo sono il cinema, la moda, la televisione, il design, internet, il video. Per dirla con MC Luhan il cibo fa parte del villaggio globale, e potremmo anche aggiungere, rifacendosi a Baudrillat per parlare di "un sistema cibo" con i suoi segni, il suo linguaggio, la sua grammatica.
Il cibo come medium diventa un mezzo di comunicazione, pensiamo a quanto occorre ai rapporti interpersonali: siano essi affettivo o d'affari, ma è soprattutto un medium in grado di "illuminare", con i suoi potenti riflettori, il territorio. Il turismo del territorio conta soprattutto, nell'era Duemila, su questo medium perchè il trend corre da questa parte, essendo divenuto appunto, dopo la moda, il design, il cinema e la televisione, una tendenza della società.
Dopo quello legato eslusivamente al paesaggio, ai monumenti, al businnes e alle manifestazioni (sportive, culturali, religiose), va sempre più affermandosi (soprattutto in Italia), il turismo dei "profumi e dei sapori". Un turismo che riesce ad abbinare, con una formula vincente, il piacere del viaggio come "scoperta" di luoghi nuovi, a quello dell'approfondimento culturale e a quello, sempre più apprezzato, del gusto.
Ecco, quindi, che la mèta turistica non viene più scelta solo per il paesaggio e le opere d'arte, ma, soprattutto, per ciò che può offrire come scrigno (una nuova concezione di museo?), di quelli che da anni, ormai, amo definire "giacimenti gastronomici". Insomma: il prodotto gastronomico tipico può essere utilizzato come medium turistico del territorio. E' dimostrato, infatti, come una volta riconosciuto e valorizzato, il giacimento gastronomico è capace di generare ricchezza inserendosi in un circuito virtuoso nel quale, dapprima va a soddisfare la crescente domanda di "prodotti di nicchia" da parte del mercato e, successivamente, diventa mèta del turismo all'insegna del gusto.
Ecco allora che itinerari esclusi dai flussi turistici "che contano" (e che rendono, economicamente parlando) o alcuni di quelli "battuti" finora per scopi diversi, possono acquistare (o riacquistare) un fascino inedito, tutto particolare. Le strade "del vino" e quelle "dell'olio" o manifestazioni come le "cantine aperte" e i "frantoi aperti", non sono che i primi esempi delle numerosissime opportunità che il nostro paese può cogliere. Semplicemente con la valorizzazione dei saperi secolari che hanno caratterizzato l'incredibile varietà di tecniche e di gusti di cui è ricco il nostro patrimonio agro- alimentare collettivo. Un patrimonio unico al mondo di grande valore non solo economico, ma che appartiene alla nostra cultura, a ciò che potremmo definire,con un facile gioco di parole, il "sapere dei sapori".
Va lentamente affermandosi, anche fra chi si occupa professionalmente di turismo, la convinzione di riconoscere lo stesso valore culturale delle opere d'arte anche ai formaggi, salumi, conserve, dolci, paste (penso ai formaggi di malga o alla mozzarella di bufala, al culatello e al lardo, all'aceto balsamico, alla bottarga e ai fichi secchi).
Si può pensare ad un rapporto di reciprocità: da un lato il turismo può ricavare dai giacimenti gastronomici nuova linfa vitale (la proposta di nuovi "pacchetti" tarati su nuovi target di viaggiatori-consumatori) e dall'altro, l'inestimabile patrimonio rappresentato dai nostri prodotti tipici può ricavare, proprio dai nuovi flussi turistici, il rafforzamento (in termini culturali) ed il sostegno (in termini economici) per la propria valorizzazione e salvaguardia. Se non addirittura, la propria sopravvivenza, sempre più minacciata dall'appiattimento e dalla globalizzazione del gusto (soprattutto dei giovani). Fra l'altro, "proteggendo" i prodotti enogastronomici tipici del territorio e facendone proseguire la produzione, si salvaguardia anche l'ecosistema.
Il turismo del gusto può fare davvero molto affinchè certi ingredienti o certe lavorazioni tradizionali non scompaiano del tutto, o, peggio, che, in mancanza di una "tutela" adeguata, essi vengano imitati: vengano, cioè, realizzati altrove, magari a migliaia di chilometri di distanza, lontano quindi dal loro "ambiente naturale" creando veri e propri "falsi d'autore" che potrebbero aggiungere al danno economico anche la beffa.
Non dimentichiamo, fra l'altro, che il cibo è anche uno straordinario medium di seduzione e di comunicazione in mille occasioni della vita: dagli affari intesi come businnes a quelli di cuore. Quanti contratti vengono conclusi all'ombra di un grande vino o di una cena che scioglie le briglia, facendo diventare i duri manager bambini che raccontano come quello stesso pollo veniva cucinato dalla madre o come quel dolce li riporti al primo amore. Un piatto, un bicchiere di vino, un bocconcino possono essere usati anche per sciogliere il cuore aprendo il lucchetto, per lasciarsi andare, per mettere in condizione i sensi di slacciare le cinture di sicurezza, per godere dei ricordi della memoria scatenati dai profumi e dai sapori.
Ma torniamo alla formula vincente del "turismo dei profumi e dei sapori": va da sé che per poter sfruttare al meglio le "risorse occulte" rappresentate dai giacimenti gastronomici, ciascun territorio dovrà comportarsi come se fosse un'attività di servizi che attribuisce alla produzione gastronomica locale un ruolo centrale per la promozione della propria immagine. Associazionismo degli attori imprenditoriali, forte attenzione alla leva comunicazionale, richieste di finanziamenti regionali ed europei, riconoscimenti di origine, sono alcuni degli strumenti che possono essere implementati.