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Parco Nazionale della Val Grande



Atti del Convegno
  Convegno “Sport & Turismo…a spasso con l’Educazione Ambientale”

Parco, escursionismo, turismo: economia e occupazione locali.

Vorrei prendere qualche spunto soprattutto dagli interventi della mattina e quelli che mi hanno preceduto nella tavola rotonda. Innanzitutto una valutazione: i parchi hanno una loro immagine molto consolidata nella nostra società, che è un’immagine molto difficile da cambiare, di cui si è anche parlato oggi: è quella della riserva indiana, come si diceva fino a poco tempo fa. Adesso è un termine che non è più molto in uso, ma comunque si intende qualcosa al di fuori della società e del mondo nel quale si vive e che si tiene da parte per poterne fruire, per poterne godere in modo diverso da tutto il resto del territorio.

Credo che anche nell’ambientalismo ormai sia molto limitata la visione del parco come riserva chiusa. Nella nostra realtà italiana - che non è la realtà dell’Amazzonia o di altre zone dove forse vale ancora la pena pensare a riserve lasciate integre perché sono le ultime sul nostro pianeta dove non ci sono attualmente presenze umane significative - per forza i parchi devono parlare con l’esterno.

Dicevo che è difficile cambiare l’immaginario sui parchi, ma in realtà i parchi parlano anche molto con l’esterno, come ci faceva notare oggi il Presidente del Parco Ticino lombardo. Molte aree protette ormai si confrontano continuamente non solo con le amministrazioni locali, ma anche con problemi enormi come quello della Malpensa dei territori che sono limitrofi e connessi strettamente con i parchi.

Il mondo dei parchi sta cambiando rapidamente come qualcuno ricordava questa mattina, e con esso la loro immagine: il messaggio della conservazione della natura e dell’ambiente si allarga in senso più generale perché ormai tutto è connesso. Quindi in realtà in Val Grande ci sono probabilmente le piogge delle industrie di Verbania e l’acqua della Val Grande scende a Verbania: non è più possibile pensare a zone che siano completamente staccate dalle altre.

Il Parco della Val Grande questo tentativo di connessione con l'esterno lo sta facendo dal punto di vista istituzionale, con il lavoro che fa soprattutto la Presidente e che questa mattina è stato anche riconosciuto in modo ampio: un tentativo di collegarsi con tutte le realtà che col parco possono avere a che fare, che praticamente sono tutte quelle operanti su questo territorio.

E qui veniamo ai punti più caldi, più concreti della discussione perché ormai si parla di parchi e si chiede ai parchi di essere una risorsa economica in vari sensi:

  • in senso amministrativo lo Stato dà finanziamenti ai parchi ma poi chiede in che misura e in che tempi possono ritornare (Ministero del Tesoro);
  • o anche dal punto di vista delle comunità locali che chiedono quando e in che misura il parco può essere una misura occupazionale, una risorsa economica, una risorsa che in qualche modo vada a riempire i vuoti enormi che esistono in alcuni territori, soprattutto quelli lontani dai grandi centri che polarizzano le attività economiche in Italia che sono i grandi agglomerati urbani.

I territori montani ormai hanno problemi così vasti di occupazione e di economia che alla domanda di sviluppo non c’è nessuna risposta: per cui magari i parchi potrebbero essere questa risposta. Questa aspettativa è enorme, veniva ricordato anche dal Presidente del Parco del Ticino piemontese, e difficilmente i parchi potranno rispondere completamente a questa aspettativa. Però senz’altro possono avere un ruolo importante in una logica più vasta che è la logica dei distretti territoriali: quindi si parla della Val Grande ma dentro a una realtà che è quella della Provincia del VCO che ha molte risorse presenti di tipo turistico. Questi discorsi ormai da decenni vengono portati avanti dalla nostra Presidente e nell’azione di questi cinque anni di gestione concreta del parco abbiamo cercato e stiamo cercando di dare delle risposte in termini di servizi verso queste indicazioni economiche.

I parchi, questo deve essere chiaro, non potranno mai completamente autofinanziarsi, come qualunque Ente pubblico che gestisce servizi pubblici: e ancora non hanno in questa società e in questo momento un valore economico riconosciuto pienamente.

Però in realtà dobbiamo porci un’altra domanda: quanto vale un parco non solo in termini diretti, ma anche in termini indiretti? Cioè quanto l’immagine di un parco nazionale wilderness, conosciuto ad esempio tantissimo nel mondo tedesco e svizzero, può valere in termini di attrattiva turistica nei confronti di un territorio come il VCO, insieme ad altri valori di pari livello come possono essere le isole Borromee, le Valli dell’Ossola per lo sci o il Lago d'Orta?

In realtà la risposta è articolata; il parco probabilmente non si autofinanzierà mai, deve cercare però sempre di più di far pagare i propri servizi laddove stanno sul mercato. Soprattutto deve cercare di esternalizzare molti dei servizi che sta cercando di costruire perché non esistono su questi territori: pensiamo all’accompagnamento naturalistico di escursionisti sul territorio In questi pochi anni sono nate due-tre cooperative che sostanzialmente fanno questo lavoro in questo momento per conto del nostro e di altri parchi, ed inizia ad esserci un mercato che prima non esisteva. Quindi in questo senso il parco ha un’azione catalizzatrice nei confronti del turismo, dell’economia e dell’occupazione.

Chiaramente il turismo è un tassello: ad esempio l’agricoltura di montagna, che non ha più un significato economico proprio, come anche la vicina Svizzera ci insegna, può essere uno strumento di gestione del territorio. Quindi l’aiuto, la spinta verso l’agricoltura montana, magari collegata ad altre attività come il turismo (ad esempio con l’agriturismo), crea forme che hanno comunque un mercato importante in Italia e all’estero.

Queste attività potrebbero permettere di ricostruire o di mantenere, ma nel caso dei Comuni della Val Grande in gran parte di ricostruire, un presidio sul territorio che ha un significato anche ambientale di mantenimento di ambienti importanti a livello comunitario: pensiamo ad esempio ai pascoli, che hanno un valore economico che è minimale, ma che per i piccoli Comuni del Parco può essere l’unica fonte economica presente sul territorio. Le attività pastorale, di caseificazione, quelle connesse all'agriturismo e di manutenzione agro-silvo-pastorale della montagna potrebbero mantenere (o creare) alcune decine, forse alcune centinaia di unità di lavoro nel tempo - si diceva oggi - su attività che sono sul territorio e che rimarranno sul territorio.

Le prospettive del turismo sono quelle di una crescita esponenziale che creerà senz’altro moltissimi problemi; da questo punto di vista c’è un altro ruolo del parco che è quello di regolatore. Perché senz'altro siamo un grandissimo “specchietto per le allodole” su questo territorio e stiamo cercando, soprattutto con l’infrastrutturazione dei servizi del parco (nella mostra sono chiaramente espressi quali sono gli interventi che il parco sta facendo) di mettere dei filtri fisici all’accesso delle persone verso le risorse più delicate del parco.

Quindi l'obiettivo è di andare a creare nei paesi esterni al territorio del parco le strutture turistiche che avranno maggiore presenze: i centri informazione, i musei, la scuola internazionale di educazione ambientale (che ormai è prossima al completamento). Qui andremo a concentrare le attività forti e importanti di educazione ambientale che il parco sta facendo, dove i turisti comunque non creano problemi e dove non c’è l’impatto forte sulla risorsa.

In questo caso è semplice filtrare le presenze anche perché la Val Grande per fortuna si difende, al contrario del Ticino, da sola: quindi si programma attraverso un filtro fisico che già esiste, e si creano verso l’interno strutture minimali, recuperando tra l’altro - e qui un altro significato, quello storico - sentieri e baite per fare dei bivacchi. In modo che comunque l’escursionista che si vuole avvicinare a questo territorio lo possa fare in sicurezza e seguendo dei percorsi chiari.

Senz’altro, parlando di rapporto con l’esterno (e qui raccolgo quell’indicazione precedente ma in qualche modo ha già risposto la Presidente) esso avviene anche al contrario, nella gestione dei problemi che vanno a questo punto al di là del turismo e che sono i rapporti proprio fisici, ecologici tra territorio interno ed esterno alle aree protette.

Ciò va sia nel senso degli impatti verso il parco, sia evidentemente verso problemi come quello della gestione della fauna: che non conosce confini amministrativi e quindi tranquillamente entra ed esce dai parchi; magari utilizza i parchi come aree di transito o di riposo, perché gli animali non sono disturbati da alcune attività che invece all’esterno esistono (principalmente la caccia). E qui la gestione necessariamente deve essere coordinata: ci sono strumenti e norme che ci consentono di lavorare ampiamente in collaborazione tra amministrazioni per risolvere i problemi sia pur difficili o forse anche irrisolvibili, ma comunque da gestire e da controllare, come quello dei cinghiali che veniva citato.

Chiudo dicendo che non dobbiamo dimenticarci che il parco è anche una risorsa che, in quanto tale, ha dei suoi problemi. Perché è vero che sarebbe un’ipotesi suggestiva, e speriamo un giorno di arrivarci, di avere una gestione di tutto il territorio nazionale nel migliore modo possibile: che può essere a Milano quello di fare case di otto, dieci piani e da un’altra parte invece di gestire l’agricoltura o i boschi.

Però bisogna anche rendersi conto che la situazione oggi è evidentemente più complessa e quindi la presenza di parchi ha un significato anche di gestione concreta e attiva che ha dei suoi problemi tecnici. Si ricordava la fauna, ma ci sono altri problemi di gestione naturalistica: la presenza di parchi consente anche di avere quelle professionalità, veniva ricordato, non solo nel campo naturalistico (anche su quelle attività economiche di cui dicevo prima), che essendo attività comunque marginali e che normalmente non vengono sviluppate in modo specifico, possono essere anche approcciate con politiche speciali.

Il Parco della Val Grande sull’agricoltura sta attivando proprio dei regolamenti di incentivazione per cercare di riportare, perché le presenze sono ormai minime, attività agricole anche nell'intento di utilizzarle come risorsa di gestione naturalistica del territorio.

Giuliano Tallone - Direttore del Parco Nazionale Val Grande