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Parco Nazionale della Val Grande



Atti del Convegno
  Wilderness e turismo integrato - Opportunità o conflittualità?

”Il Piano per integrare il Parco nel territorio”

1. Tre significati dell’integrazione

Il titolo del mio contributo, applicabile in generale ai parchi naturali situati in contesti territoriali ad elevata antropizzazione, e che fa riferimento, come primo significato, alla volontà di superare la considerazione di un parco come “isola” territoriale, può trovare maggiore specificazione nel caso del parco nazionale Val Grande, modificandosi in “il piano per re-integrare il parco nel territorio”.

Il territorio eretto a parco nazionale, e di cui viene esaltata la condizione e l’immagine di “wilderness”, sta subendo il processo irreversibile di rinaturalizzazione che ha investito, seppure con tempi, misura e qualità diverse, tutti i territori montani del nostro paese.

Questo processo presenta due aspetti macroscopici: la scomparsa delle aree a prato e pascolo a favore del bosco, che dà luogo ad un paesaggio a crescente livello di naturalità; la ruderizzazione degli insediamenti, degli alpeggi, dei sentieri, dei terrazzamenti, delle canalizzazioni, col rischio di perdere completamente un importante patrimonio ambientale e culturale.

Quest’area non può dimenticare ciò che è stata e di cui portano traccia tutti i sistemi ambientali: una natura umanizzata, l’antica città estiva diffusa della transumanza e dell’economia del pascolo e del bosco per il ventaglio di valli che circondano il parco e per migliaia di persone, il luogo che ha alimentato per secoli l’economia locale e la storia di vita e di lavoro delle popolazioni.

La letteratura locale tramanda descrizioni emozionanti sulla vita negli alpeggi, sulle opere (le “serre”) per la fluttuazione del legname a valle, sulle aie carbonili, le teleferiche, fino agli eventi della lotta partigiana.

Di qui prende corpo un primo significato del titolo “re-integrare il parco nel territorio”, come finalità per farlo uscire dalla solitudine in cui può rischiare di cadere, non tanto perché è oggi disabitato ed in buona parte irraggiungibile (in quanto ciò è dovuto ai cambiamenti economico-sociali del nostro tempo e alla sua morfologia difficile, che ne costituisce anche la specificità), quanto piuttosto perché può diventare estraneo ai processi economici, sociali e culturali locali.

Oggi il territorio della Val Grande è parco nazionale.

Parco nazionale esprime l’idea/volontà forte di conservazione per le generazioni presenti e future in quanto la sua istituzione ha riconosciuto la presenza di ecosistemi e di formazioni fisiche, geologiche, biologiche di rilievo internazionale o nazionale per valori naturalistici, scientifici, culturali, educativi e ricreativi tali da richiedere l’intervento dello Stato (Legge quadro sulle aree protette).

Allora occorre brevemente discutere il concetto di conservazione e la sua evoluzione.

Dagli inizi del secolo, quando sono state impostate in Italia le prime politiche dello stato unitario per la conservazione della natura, il concetto ha in primo luogo subito una dilatazione secondo due direzioni, che potremmo definire “di campo” e “di scopo”.

La prima trova riferimento:

  • nell’enorme crescita delle aree protette (per numero e per superficie) in tutti i paesi europei, che ha portato ad investire, con speciale disciplina di protezione, salvo rari casi dei paesi del nord Europa a basso livello di antropizzazione, molte “nature umanizzate” e cioè ambienti dotati di articolati valori naturali e culturali, come in Val Grande;
  • nella tendenza ad estendere la politica di protezione all’intero territorio, come dimostrano non solo il messaggio di Rio dello sviluppo sostenibile, ma più concretamente tutte le politiche ambientali, economiche e territoriali a livello europeo;
  • nella stessa esigenza che la protezione della naturalità dei parchi avanza di estendere la tutela al territorio di contesto, essendosi dimostrata inefficace se confinata nei perimetri dei parchi, per le pressioni esterne che si riflettono all’interno su vegetazione, flora, fauna, paesaggio, suolo, atmosfera;
  • nelle complesse intersezioni ecologiche che legano i parchi all’ambiente esterno, suggerendo di superare la protezione per spazi isolati tra loro verso una protezione per reti (progetto Eeconet, 1° fase del Progetto Natura 2000 che ha individuato lo stesso parco nazionale Val Grande come ZSP “zona di speciale protezione” prefigurandone l’inserimento nella rete ecologica europea).

Da qui emerge un secondo significato del titolo “re-integrare il parco nel territorio” per scoprire, proteggere, ricostruire laddove sono interrotti i legami ecologico-ambientali tra parco e contesto, funzionali alla stessa conservazione della naturalità.

Un’ulteriore dilatazione del concetto di conservazione riguarda gli scopi della stessa che a livello internazionale ed europeo si sono estesi a ricomprendere la fruizione sociale e la considerazione delle esigenze delle popolazioni locali.

Le recenti Guidelines proposte dall’Unione Internazionale per la Protezione della natura al fine di fare chiarezza tra le tante categorie di aree protette europee, individuano i seguenti come obiettivi di gestione dei parchi nazionali (occorre sottolineare che in questa categoria rientrano per ora solo due parchi nazionali italiani e pochissimi altri parchi catalogati come nazionali dai singoli paesi europei):

  • la protezione della dinamica degli ecosistemi; la promozione della pubblica fruizione compatibile dal punto di vista ambientale e culturale e ciò tenendo in considerazione le esigenze della popolazione locale.

E’ su quest’ultimo punto che sta maturando un ampio dibattito, in quanto riconosciuto essere nodo cruciale per la stessa vita dei parchi, poiché le comunità locali sono i veri tutori del territorio, anche di quello protetto e gli autori del loro futuro.

L’esperienza internazionale dei parchi nazionali dimostra infatti che la vera forza dei parchi non risiede tanto nella rigidità dei vincoli, quanto nella capacità di diventare risorsa motore di sviluppo, ed, in particolare di nuove forme di sviluppo locale, basate sulla stessa esistenza del parco.

Tutto ciò richiede innovazione per conservare il parco e consentire l’evoluzione matura della wilderness.

Emerge, dunque, un terzo significato di “re-integrare il parco nel territorio”, come ascolto delle esigenze delle popolazioni locali e delle loro attese per il futuro, coinvolgendole nelle decisioni e nella gestione e progettando con loro l‘evoluzione del parco e del contesto.

Tutti e tre i significati richiamati di integrazione tra parco e territorio non comportano di appiattire il parco limitandone la specificità di wilderness, ma piuttosto di esaltarne i caratteri ed i processi sia in termini ambientali che, di conseguenza, in termini di immagine, creando però nel contesto le condizioni per nuove forme di sviluppo coerenti in quanto basate sulla stessa esistenza e qualità del parco.

2. Il piano del parco

Lo strumento del piano non è solo obbligatorio, ma necessario per un’ampia serie di motivi:

  • per dare una prospettiva coordinata, temporalmente e funzionalmente, alla gestione;
  • per comunicare, attraverso la conoscenza e la fruizione adeguata, i valori del parco, assumendolo come “ambasciatore” della natura e cultura locale;
  • per riversare sul territorio vasto effetti di riqualificazione ambientale, culturale e sociale;
  • per dialogare con le comunità locali ed i loro piani, cercando le convergenze graduali e possibili su un progetto comune, in grado di superare i conflitti o l’indifferenza;
  • per coordinare vincoli, usi e interventi entro e fuori il parco, nel rispetto delle diverse competenze.

Ovviamente il piano non potrà fare tutto, essendo soltanto uno degli strumenti per la gestione del parco, ma può avviare il processo conoscitivo, valutativo e progettuale di costruzione di un nuovo modello di sviluppo del territorio locale, assumendo il parco come area eccellente di ricerca e di sperimentazione.

L’avvio del processo, a sua volta, richiede l’esistenza di una condizione di base, senza la quale il piano, anche se di buon livello tecnico, può risultare poco efficace per la gestione del parco e scarsamente propulsivo di sviluppo locale. Tale condizione è costituita dal coinvolgimento delle comunità locali nelle fasi decisionali ed operative, utilizzando in tutta la sua potenzialità la partecipazione, prevista dalla legge quadro, ma anche estendendone le occasioni ed anticipandone i tempi previsti per legge (funzione propositiva della comunità del parco – art. 10, osservazioni – art. 12).

Ciò induce l’esigenza di seguire nella formazione del piano un procedimento di audizioni e consultazioni programmate e preparate nei contenuti e di non rimandare, separandolo dal piano del parco, il piano pluriennale economico e sociale a cui compete specificamente di sviluppare il ruolo attivo del parco Val Grande per le sue valli.

3. Il turismo nel parco e nel territorio di contesto

Il turismo nei parchi presenta caratteri del tutto particolari rispetto al turismo montano tradizionale.

Non si tratta infatti di un’offerta costruita per il turista, ma di turisti che entrano nella vita del parco e delle popolazioni, e quindi in ambienti con propria spiccata identità.
Gli orientamenti strategici del turismo nei parchi naturali sono stati individuati dalla FNNPE (Federazione dei parchi nazionali e naturali europei) nel noto documento “Loving them to death?”, di cui è attualmente in corso un approfondimento operativo con la formazione della “Carta europea del turismo durevole nelle aree protette” ad opera di una serie di organismi che si occupano di protezione della natura – Commissione Europea DG XI, Unione Internazionale per la conservazione della natura, Federazione francese dei parchi regionali naturali -.

I principi su cui si fonda la carta sono:

  • sul lato delle risorse, i limiti di capacità di carico dell’ambiente naturale, culturale e sociale;
  • sul lato dei consumi, la prevenzione e limitazione degli stessi (in particolare acqua, energia e rifiuti);
  • sul lato del territorio, il coinvolgimento delle popolazioni locali nella formazione dei progetti di sviluppo e nella gestione delle attività, il sostegno dell’economia locale (promozione di impieghi, utilizzazione dei prodotti, valorizzazione dei “savoir faire” locali), l’equilibrio tra le attività del turismo e le attività degli altri settori, la creazione di nuove opportunità di sviluppo di piccola scala legate alla scoperta del patrimonio locale.

Il turismo deve costituire inoltre un contributo alla conservazione, deve servire all’educazione e all’interpretazione degli ambienti naturali e il suo sviluppo deve rispettare un tipo di marketing e di promozione rivolto alla sensibilizzazione dei visitatori prima della visita e “in situ” e alla diffusione di forme e tempi di turismo adeguati.

Il metodo per sviluppare il turismo nel parco individua come elementi portanti:

  • la formazione di una strategia fondata su una diagnostica del turismo e dell’ambiente specifico del parco e del contesto;
  • l’organizzazione della gestione delle attrezzature, della clientela, degli accessi, della mobilità, dell’informazione e interpretazione, del partnerariato con gli operatori, del marketing, della distribuzione dei benefici;
  • l’avvio di un sistema di monitoraggio degli effetti a breve, medio e lungo termine.

Il piano del parco costituisce occasione importante per delineare le linee della strategia che dovrà trovare, soprattutto per il territorio di contesto, verifica e definizione operativa nel piano pluriennale, insieme con il necessario coordinamento con gli strumenti ordinari di gestione del territorio, urbanistici, territoriali e paesistici.
Nel caso specifico della Val Grande il coordinamento con le istituzioni e la società locale assume particolare rilievo per organizzare un turismo sostenibile, poiché il parco, ormai destinato a valorizzare la wilderness, potrà offrire al suo interno soltanto poche e selezionate forme di fruizione, ma potrà rappresentare l’elemento forte ed unico di un territorio più estesamente e variamente fruibile e vivo sotto l’aspetto economico e sociale.

Il contributo si avvale della pluriennale esperienza di ricerca universitaria maturata dall’autore e documentata in numerose pubblicazioni sulla pianificazione dei parchi naturali in Europa (ricerca PPNE – Dipartimento Territorio – Politecnico di Torino) e dall’ampia documentazione del Centro europeo di documentazione sulla pianificazione dei parchi naturali europei (CED – PNN).
Si avvale inoltre dell’esperienza professionale nel campo della pianificazione territoriale paesistica e delle aree naturali. (Studi di piano del parco nazionale Gran Paradiso, studi del piano territoriale-paesistico della Provincia di Torino, dei territori Valli di Lanzo e Alto Canavese, progetti paesistico-ambientali dell’area del Telessio nel parco nazionale Gran Paradiso e della Stazione elettrica di Stura nel Sistema delle aree protette del Po).

Attilia Peano - Docente di Urbanistica – Politecnico di Torino