Logo Parco Nazionale del Gargano

Parco Nazionale della Val Grande



Atti del Convegno
  Wilderness e turismo integrato - Opportunità o conflittualità?

Intervento di Giuseppe Rossi

L’Abruzzo è, al pari del Piemonte, Regione di Parchi: con i suoi tre grandi Parchi Nazionali, un Parco Regionale e svariate Riserve Naturali, tutela circa il 30% del proprio territorio. Un altro Parco Regionale è in progetto.

Il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga è uno dei più grandi d’Italia, con una superficie di 150 mila ettari. Interessa tre regioni (Abruzzo, Lazio, Marche), 5 provincie, 8 comunità montane, e ben 44 comuni. Circa 200 piccole frazioni sono inoltre distribuite sul territorio e una ventina di Amministrazioni dei beni naturali gestiscono gli usi civici.

Si tratta di un Parco complesso e difficile, che racchiude nel proprio territorio non soltanto straordinari valori ambientali ma anche rilevanti testimonianze di importanza storica, culturale e artistica, conseguenza della millenaria presenza dell’uomo.

E’ pertanto un tipico Parco “Integrato”, dovendo tutelare e organizzare il razionale godimento pubblico di tali valori.

Molti dei Parchi italiani hanno questa caratteristica; occorre perciò pensare a una loro gestione, che tenga conto delle peculiarità territoriali, ecologiche e d’altro genere, promuovendone innanzitutto la migliore tutela e, poi, una corretta valorizzazione, in grado di soddisfare le esigenze dei visitatori e delle comunità locali.

Queste ultime devono essere, evidentemente, partecipi e protagoniste di una gestione attiva e dinamica del Parco e di una moderna amministrazione dell’Ente.

Oggi infatti non si può immaginare un Parco statico, con soli vincoli da far rispettare, e un Ente burocratico organizzato in modo tradizionale. Il Parco deve essere una realtà in continuo divenire, la cui gestione segua quotidianamente le esigenze del territorio, non attraverso puri e semplici vincoli e divieti, ma tramite una regolamentazione realistica delle attività compatibili e una snella applicazione della norma, con strumenti e mezzi adeguati.

Certo, parlare di Wilderness è altra cosa e in un Parco quest’area dovrebbe corrispondere, immaginandone la zonazione, alla Zona A di Riserva Integrale: a quella zona in cui l’ambiente naturale, particolarmente integro, deve essere assolutamente conservato, regolamentandone la fruizione e impedendone qualsiasi alterazione.

L’accesso al pubblico può essere consentito a piedi e preferibilmente con Guide del Parco specializzate, su itinerari determinati e marginali.

Possono esservi ammesse la ricerca scientifica e una limitata osservazione naturalistica.

Negli Stati Uniti, il Wilderness Act del 1964 ha individuato, in sintesi, l’Area Wilderness come “un’Area senza abitazioni e strutture permanenti, di almeno 5.000 acri (circa 2.000 ettari), in cui la libera evoluzione della natura non è ostacolata dall’uomo, che, soltanto visitatore, non lascia segni del suo passaggio”.

E, in Italia, di questi ambienti ne esistono ancora molti.

La Val Grande è da tutti ritenuta, a ragione, la più grande area selvaggia del nostro Paese, con tutte le caratteristiche della Wilderness, almeno per buona parte del territorio: montagne rocciose e impervie, praterie d’altitudine, fiumi impetuosi e acque cristalline, foreste lussureggianti, fauna preziosa e rara. Ma la Val Grande conserva anche valori e caratteristiche conseguenti alla antica presenza dell’uomo.

La gestione del Parco Nazionale deve garantire la tutela, associando gli interessi della natura a quelli dell’uomo – che in definitiva sono gli stessi – rendendo compatibile la conservazione praticamente integrale dell’area con una sua corretta fruizione; anche per sostenere, nello spirito della legge, l’economia delle aree limitrofe e soddisfare così le attese delle comunità del posto.

Ciò potrà avvenire organizzando e selezionando il flusso turistico, qualificando il visitatore come vero e proprio “utente” del Parco. Accanto alle attività tradizionali – agricoltura, allevamento, artigianato – nei parchi si sta infatti sviluppando il turismo, che, fortunatamente, sembra oggi assumere forme più appropriate: la questione della compatibilità investe, infatti, soprattutto questo settore, dando per scontato che la presenza leggera dell’agricoltore e del pastore è non soltanto possibile, ma in molti casi auspicabile.

Il turismo da promuovere deve perciò essere di qualità, innocuo per la natura, che richiami, nelle componenti collettive (scolastico, aziendale, straniero) e specializzate (naturalistico, scientifico, culturale, escursionistico) il turismo organizzato.

Per la Val Grande, per il Gran sasso e Monti della Laga, per tutti i Parchi Nazionali, può rappresentare una straordinaria opportunità, per farne conoscere i valori e l’importanza di tutelarli, ma anche per determinare nei territori interessati quell’effetto economico indotto che, favorendo i cittadini locali, li coinvolge e li rende partecipi della gestione e della stessa tutela del Parco.

Per reggere all’impatto determinato dalla “apertura del Parco”, sarà però necessario regolamentarne l’afflusso e realizzare adeguate strutture di servizio, disponendo di quegli strumenti di gestione previsti dalla legge. Piano, Programma di Sviluppo, Regolamento.

Le strutture – centri per visitatori, musei, laboratori didattici, centri di educazione ambientale, aree per l’interpretazione naturalistica, aree attrezzate per la ricreazione -, non potranno che essere localizzate ai margini del Parco, nei centri abitati o nelle loro immediate adiacenze, affidandone la gestione a locali cooperative, società, agenzie di servizi, anche per favorire l’occupazione giovanile e intellettuale.

In Val Grande, accanto ai rifugi e alle baite preesistenti, non potranno esserci che dei sentieri, alcuni dei quali, anche per un pubblico numeroso, in zone marginali.

“Dentro” il Parco, utenti graditi saranno gli escursionisti, in molti casi guidati, che vorranno magari percorrere gli itinerari “più difficili” lungo valli profonde e selvagge, torrenti e laghetti alpini, godere dei paesaggi immensi, o ascoltare semplicemente il canto degli uccelli; camminare, insomma, nella natura selvaggia per soddisfare quel bisogno di allontanarsi dalla pressione cittadina, di distendere i sensi nella contemplazione della semplice vita della natura, di recuperare l’equilibrio psicofisico.

Il turismo “nella natura”, che si interessa e vuole seguire anche il corso della vita degli abitanti del posto, che rispetta i valori naturali, culturali e storici e valorizza le tradizioni e la cultura locale, la gastronomia e le arti artigianali, è manifestazione nuova e positiva del cosiddetto “Turismo Integrato”.

Giuseppe Rossi - Presidente del Parco Nazionale Gran Sasso e Monti della Laga