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A Monchio delle Corti un gruppo di amici pulisce la vecchia strada tra i muretti a secco da Valditacca a Pianadetto

“Una tradizione che non vorremmo che fosse persa o dimenticata anche per le generazioni future "

(Monchio delle Corti, 08 Mar 21) Tutelare il patrimonio custodito nei boschi mantenendo puliti e intatti i sentieri che si snodano tra i muretti a secco tipici dell'Appennino, inseriti dall'Unesco nella lista degli elementi immateriali bene perché rappresentano "una relazione armoniosa fra l'uomo e la natura".

Questo è lo scopo di un gruppo di amici che nei giorni scorsi ha organizzato una pulizia della vecchia strada che porta da Valditacca a Pianadetto, frazioni di Monchio delle Corti (PR), comune all'interno della Riserva MAB UNESCO e del Parco Nazionale dell'Appennino Tosco-Emiliano e dei Cento Laghi.

"In questi giorni – raccontano dal gruppo - abbiamo appunto ripulito il sentiero in maniera volontaria e stiamo immaginando di pulirne altri nelle frazioni confinanti per far sì che le persone che vivono qui, come i turisti, siano sensibili e possano ammirare questi piccoli grandi tesori che caratterizzano il paese".

La strada probabilmente risale a un periodo che va dalla fine del XVII e il XX secolo.  Serviva a collegare i due paesini e i muretti delimitavano le varie proprietà. Infatti, dove oggi c'è il bosco una volta c'erano pascoli, terreni o castagneti per la farina che venivano raggiunti quotidianamente dagli abitanti della zona.

Allora era uso dei proprietari dei campi prendere i sassi che emergevano dalla terra durante la pulizia per costruire i muretti a secco, la cui arte è iscritta nella Lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell'UNESCO.

Nel corso degli anni i muretti sono stati poi sistemati, rimodellati o ricostruiti dai vari proprietari e nel corso del tempo la strada è diventata un sentiero, ma rimane parallela alla strada provinciale 87 che collega attualmente le frazioni di Valditacca e Pianadetto.

Tra le pietre emergono qua e là simboli, date e le iniziali di uno sconosciuto che ha realizzato l'opera, ma anche palizzate realizzate in sasso scalpellato a mano che servivano per chiudere i terreni, reggendo con il foro centrale un'asta di legno.

"Una tradizione che non vorremmo che fosse persa o dimenticata anche per le generazioni future – concludono dal gruppo che ha organizzato la pulizia – Ci piacerebbe che questi paesaggi fossero conservati e valorizzati come un dono che ci ha lasciato chi ha vissuto questi luoghi prima di noi e che siano considerati come una risorsa per il territorio".

(Francesca Mastracci. Comunità redazionale diffusa)

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