1.1. la politica ambientale: definizione.

 

La politica ambientale ricomprende l'insieme degli interventi posti in essere da autorità pubbliche e da soggetti privati al fine di disciplinare quelle attività umane che riducono le disponibilità di risorse naturali o ne peggiorano la qualità e la fruibilità. In concreto, oggetto della politica sono quei comportamenti che producono il degrado dell'ambiente, quali gli inquinamenti - ovvero l'emissione nell'ambiente di sostanze che alterino la qualità dei vari media (aria, acqua, suolo) - , oppure la sostanziale modificazione dell'assetto caratterizzante l'ambiente (ad esempio la realizzazione di una diga provoca l'allargamento di una vallata), o infine il prelievo di risorse naturali scarse (l'attività venatoria comporta una riduzione di specie animali rare). [Lewanski 1990, 281].

A partire dagli Anni '60 di questo secolo l'ambiente ha iniziato ad attirare l'attenzione di vasti strati dell'opinione pubblica; l'ambientalismo diventa un fenomeno di massa negli Stati Uniti con la proclamazione della Earth Day il 22 aprile del 1970, cui partecipano centinaia di migliaia di studenti nei campus universitari [Mc Cormick 1989, 47].

Il movimento ambientalista, pur avendo oltre un secolo di storia alle spalle, é rimasto a lungo un fenomeno elitario, circoscritto a ristrette cerchie di scienziati naturali che si battono per la conservazione di beni di particolare pregio.

Le prime norme di tutela della fauna - in particolare degli uccelli - risalgono agli anni '60 dello scorso secolo in Australia.

Il primo parco al mondo, quello di Yellowstone con un'estensione di 800.000 ettari, viene creato nel 1872 negli Stati Uniti; su tale esempio negli anni seguenti parchi nazionali vengono istituiti in Australia, Canada e Nuova Zelanda.

In Europa l'ambientalismo diviene un fenomeno politico qualche anno più tardi [Ingram e Mann, 1983, 702]. In alcuni paesi si sono affermati nuovi soggetti politici - i partiti "verdi" - in altri i temi ambientali vengono fatti propri dai partiti tradizionali.

Pur essendo i sistemi politici occidentali contraddistinti da elevati livelli di mobilitazione politica, forte densità organizzativa e frammentazione dei gruppi, il movimento ambientalista rappresenta una manifestazione distintiva in questo panorama.

Forse in nessun'altra politica di settore "gruppi di pressione che si propongono di rappresentare l'interesse Comune e il pubblico in generale" (Freddi 1994, XIII) sono stati così attivi e visibili, nonché influenti sui processi politici; quello ambientalista potrebbe dimostrarsi uno dei movimenti sociali più rilevanti di questo secolo [Dalton, 1994, 243].

Per grandi linee, il problema ambientale é "sulla cresta dell'onda" durante gli anni '70, per declinare durante gli anni '80, per subire una nuova impennata nella seconda metà dello scorso decennio, e un nuovo calo all'inizio degli anni '90 [Hansen, 1993 a, XV]. Infatti, stando ai risultati di Eurobarometer, la parte della popolazione europea che sostiene la priorità della crescita economica risulta sorprendentemente inferiore a quella in favore della priorità ambientale (sebbene la maggioranza veda la possibilità di conciliare entrambe le esigenze) [Oecd, 1993, 287]. Sempre secondo i risultati di Eurobarometer, dal 1986 quella per l'ambiente é sempre in seconda-terza posizione tra le preoccupazioni degli italiani, mentre nel 1991 sale al primo posto, per poi scendere al quarto nel 1993.

Per quanto gli esiti dei sondaggi possano essere discutibili, in termini indicativi un sostegno diffuso a favore delle politiche ambientali appare incontrovertibile.

Certo che l'irrompere sulla scena della questione ambientale ha creato nuove fratture e generato nuovi conflitti che investono i processi politici ad ogni livello, da quello locale a quello internazionale.

Storicamente in Europa e Nord America si sono succedute quattro ondate nella nascita delle associazioni ambientaliste in corrispondenza con 1) la seconda metà dello scorso secolo; 2) gli anni '20; 3) la fine degli anni '50; 4) i primi anni '70 [sartori, 1987, 113].

La prima associazione italiana risale al 1898, seguita dal Touring Club e da associazioni di tutela del paesaggio e dei monumenti all'inizio del secolo [Diani, 1988, 67].

L'ambientalismo del secondo dopoguerra si dedica ad attività divulgative miranti a sviluppare la sensibilità verso i temi naturalistici del grande pubblico, conduce attività di ricerca, e soprattutto si impegna in iniziative rivolte alla conservazione diretta del patrimonio naturale, e talvolta anche artistico-monumentale (come nel caso di Italia Nostra o del Fondo per l'ambiente italiano). L'associazione di maggior spicco in questo periodo é il WWF che nasce in Svizzera nel 1961 in seguito ad una crisi finanziaria dello Iucn. Il WWF si pone come finalità precipua la tutela della fauna selvatica mediante l'acquisizione delle aree in cui possa vivere indisturbata, e ha ormai sponsorizzato centinaia di progetti di questo tipo in decine di paesi, impiegando expertise professionale di elevato livello.

In Italia, a questo periodo risalgono, oltre alla sezione nazionale del WWF creata nel 1966, Pronatura, istituita nel 1953, seguita da Italia Nostra nel 1955, dalla LIPU (1965) e dalla Federnatura (1970).

» con lo sviluppo di queste associazioni che si apre la grande stagione del "protezionismo", del "conservazionismo" naturale.

In Italia fino alla seconda metà degli anni Settanta le organizzazioni presenti (Italia Nostra, WWF), si muovono quali gruppi di pressione, puntando su obiettivi circoscritti (la salvaguardia di uno specifico bene) o tutt'al più invitando in occasione delle competizioni elettorali i propri membri a convogliare i loro voti su candidati dei vari partiti che abbiano dato prova di sensibilità ambientalista.

Italia Nostra nasce da un gruppo di personalità noti per essersi impegnati nel 1948, al momento di redigere la Costituzione repubblicana, per l'inserimento dell'articolo 9 che così recita: ´La Repubblica tutela il patrimonio storico, artistico e naturale della Nazioneª. Il WWF, invece, é una novità, una rottura culturale rispetto alle associazioni protezionistiche italiane: l'attenzione al tesseramento, all'organizzazione, al reperimento delle risorse finanziarie per la realizzazione privata di oasi naturalistiche, così come l'impegno concreto nelle campagne di massa di educazione e sensibilizzazione ambientale, sono le principali caratteristiche del WWF internazionale.

Il WWF Italia ha successo: nel 1971 si supera la barriera dei 10.000 soci, nel 1976 quella dei 300.000. poi la crisi del 1980 e del 1981 (25.000) e la ripresa: oltre 50.000 nel 1984, 120.000 nel 1987, sino al massimo storico di oltre 300.000 associati (più 80.000 ragazzi delle scuole) del 1991.

Presidente dal 1980 sarà Fulco Pratesi, affiancato per la prima volta da un "direttore generale", con il compito di dirigere le campagne nazionali e gli uffici centrali di Roma in cui ormai lavorano decine di funzionari. in questo modo il WWF consolida al suo interno una sorta di "doppia" struttura: una partecipativa con cariche elettive, l'altra funzionariale e direttiva, la prima con il compito di rappresentanza politica esterna, la seconda con un forte ruolo nell'organizzazione delle campagne di opinione. Ma l'ambientalismo vero e proprio nasce negli anni '70, dopo l'incidente di Seveso, con il movimento antinucleare, la crescita di Legambiente, il sorgere delle Liste Verdi e la nascita di Greenpeace Italia.

Nel marzo 1980 si costituisce presso l'Università di Roma la Lega per l'ambiente, che dal 1992 si chiamerà Legambiente. Essa dichiara di praticare l'ambientalismo scientifico, che significa estrema attenzione "a ricercare le cause reali del degrado ambientale e le forme efficaci per combatterlo", ritenendo "che sia necessaria una vasta mobilitazione di intelligenze tecnico-sientifiche e di saperi in generale. Così nasce l'idea di costituire un Comitato tecnico-scientifico che affianchi le scelte associative e, dalla fine del 1983, di redigere un rapporto tecnico annuale sullo stato dell'ambiente in Italia.

Dal 1993 Legambiente interpella ogni anno ventimila famiglie per un sondaggio, in cui risulta che l'ambiente é costantemente al terzo posto tra le 12 principali preoccupazioni per il futuro degli italiani, superato di volta in volta dalla mafia (nel 1993), dalla corruzione politica (1994) e poi dalla disoccupazione.

Gli anni Novanta sono per l'ambientalismo gli anni di consolidamento delle grandi associazioni, anche se le adesioni crescono più lentamente, gli anni di un importante ricambio generazionale nelle direzioni delle principali organizzazioni, della nascita di Greenpeace Italia e della ricerca di nuove frontiere dell'azione sociale. Uno dei motti lanciati da Legambiente nel suo ultimo Congresso, é "voler bene all'Italia", per rappresentare l'aspirazione che l'ambiente divenga una grande questione nazionale. Anche in un periodo di scarsa visibilità nei telegiornali e nei palazzi della politica l'ambientalismo italiano non é mai stato così forte, la sua capacità di influenzare opinioni e abitudini degli italiani non é mai stata maggiore. Ma per ridurre i nostri consumi energetici, per preservarci dalle modificazioni climatiche, come discusso dai governi di tutto il mondo nella recente Conferenza di Kyoto, per imparare a gestire quel 50% di patrimonio artistico che secondo l'UNESCO é conservato in Italia, la questione ambientale deve ancora crescere, incrociarsi con la speranza di futuro e di autentico benessere di tutto un popolo.

In generale, sembra si possa affermare che gli ambientalisti hanno esercitato un'influenza significativa sulle politiche in numerosi paesi [Vogel, 1990, 269]: il movimento ambientalista ha sviluppato la propria azione ad ogni livello di policy, da quello locale a quello internazionale. A livello locale l'opposizione ecologista ha indubbiamente contribuito a rinviare, ridimensionare e talvolta cancellare progetti aventi significative ripercussioni sull'ambiente; gli ambientalisti certamente contribuiscono a formare e ad aggregare la domanda ambientale, ed esercitano un'influenza sulla selezione delle domande e sul processo decisionale. Almeno laddove ne hanno la forza, essi giocano un ruolo significativo anche in relazione alla fase attuativa delle politiche, ad esempio monitorandone la corretta applicazione da parte di autorità e dei soggetti le cui attività incidono sull'ambiente.

In Italia le organizzazioni ambientaliste svolgono un'azione di controllo e monitoraggio del rispetto anche in relazione agli accordi internazionali e alle direttive comunitarie, incentivando così gli stati a dare reale seguito agli accordi.