2.4. IL DIRITTO COMUNITARIO.

 

Anche una superficiale analisi del diritto comunitario, consente di rilevare la presenza di numerose norme volte alla tutela ambientale e, più specificatamente, l'esistenza di norme miranti alla creazione di aree naturali protette.

Nella iniziale formulazione dei trattati Europei la Comunità non aveva specifiche competenze o attribuzioni in tema di ambiente, ma a partire dagli anni Settanta gli organi comunitari hanno mostrato un sempre più incisivo intervento in campo ambientale. Tale evoluzione ha condotto alla modifica dei trattati istitutivi: l'Atto Unico Europeo, entrato in vigore il 1 luglio 1987, ha aggiunto alla parte terza del trattato originario un titolo (il 7) espressamente dedicato all' "ambiente". Tuttavia, se tralasciamo le disposizioni che riguardano la generica materia ambientale, l'Atto unico non attribuisce specifiche competenze alla Comunità per la conservazione delle aree naturalisticamente rilevanti e la protezione degli ecosistemi.

Il Trattato di Maastricht, a sua volta, non comporta particolari innovazioni sostanziali.

La recente direttiva comunitaria n. 92/43/CEE del 21 maggio 1992, in tema di habitat naturali e seminaturali, rappresenta invece l'atto comunitario più esplicitamente ed integralmente mirato alla disciplina delle aree protette. Lo scopo di tale direttiva - che riprende, estendendole, le finalità di quella 79/409/CEE del 2 aprile 1979 - è quello di "contribuire a salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali, nonché la flora e la fauna selvatiche, nel territorio europeo degli Stati membri". Consequenzialmente, la direttiva costituisce una rete ecologica europea coerente di zone speciali di conservazione, denominata "Natura 2.000", alla cui costituzione contribuisce ogni stato designando, sul proprio territorio, una o più zone di conservazione speciale in corrispondenza degli habitat naturali o di specie. In base ai criteri enunciati nella direttiva, ogni stato propone un elenco dei siti (indicando il tipo di habitat che così intende proteggere).

Importante sottolineare che non appena un sito è iscritto nell'elenco, esso è soggetto ad un regime transitorio o, per usare termini più consueti per la legislazione italiana, "di salvaguardia"; ciò implica che (art. 6.2) gli Stati membri adottino opportune misure per evitare il degrado degli habitat nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate. Inoltre, (artt. 6.3 e 6.4) qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso alla gestione del sito va valutato per il suo impatto su di esso, tenendo conto delle finalità di conservazione naturale. ciò significa che le autorità nazionali daranno "il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l'integrità del sito". Ci pare che questa direttiva configuri un vero e proprio salto di qualità nella normativa comunitaria in tema di conservazione degli spazi naturali, infatti per un verso costituisce una indubbia evoluzione rispetto alla precedente 79/409, in quanto ne amplia il campo applicativo e, per altro verso, instaura una disciplina comunitaria direttamente volta alla creazione di zone di conservazione speciale in virtù delle loro caratteristiche naturali.

Infine, la direttiva, prevede sia l'adozione del piano come forma di gestione coordinata agli altri livelli di pianificazione interferenti sull'area, sia l'estensione della disciplina della valutazione d'impatto ambientale alle aree protette, colmando così una lacuna notevole sinora registrata in questo settore.