2.6.3. I parchi e la riforma amministrativa: la legge Bassanini.

 

Le aree protette costituiscono oggi un punto di incontro tra i vari livelli istituzionali: Stato, Regioni, Province, Comunità Montane e Comuni e tra molteplici competenze settoriali e discipline scientifiche. Quando molti soggetti istituzionali sono chiamati a collaborare in una gestione che nel caso dei Parchi tocca molteplici settori e titolarità e richiede notevoli competenze tecnico scientifiche, è chiaro che non mancano i motivi di conflitto, dovuti soprattutto al timore di vedere in qualche misura menomate o espropriate funzioni di governo del territorio ripartite tra più soggetti istituzionali.

Agli obiettivi di tutela e di valorizzazione della natura e del paesaggio si ispirano oggi vari strumenti specifici e norme di indirizzo per le politiche territoriali, economiche e sociali, che riguardano la pianificazione territoriale e urbanistica, la difesa del suolo, delle acque e dell'aria, dell'economia agricola e forestale, il turismo, i trasporti e l'energia, l'istruzione e l'educazione, la ricerca e l'informazione.

Alla realizzazione di questi obiettivi sono preposte varie autorità amministrative specifiche, che operano ad appropriati livelli territoriali, le quali debbono tenere conto dell'identità e della sensibilità ambientale delle varie zone assumendo le decisioni concrete il più possibile vicino ai cittadini. Infatti, quando si parla di "consenso" ai Parchi deve intendersi innanzitutto che i cittadini hanno diritto all'informazione, che le autorità competenti debbono definire in modo chiaro, concreto e comprensibile gli obiettivi e i programmi di tutela, di valorizzazione della natura e del paesaggio. Solo così d'altronde si può verificare concretamente il grado di accettazione e di collaborazione dei vari gruppi di interesse, specialmente per quanto riguarda i residenti.

Questa nuova articolazione dei poteri dello Stato, tra centro e periferia, implica che anche i rapporti con gli Enti locali, sia da parte dello Stato che delle Regioni, debbono arricchirsi rispetto ad una tradizione in cui prevalgono gli aspetti formali riguardanti il controllo e la sostituzione, con potenziamento dei rapporti informali, in cui abbiano sempre maggiore spazio e rilievo la consulenza e l'assistenza, anche attraverso appositi uffici e strumenti.

Sotto questo profilo, i Parchi possono svolgere un ruolo estremamente "specializzato" e prezioso; i Parchi più di altre istituzioni e comparti della pubblica amministrazione, hanno bisogno di una "armonizzazione" di funzioni e competenze, oggi dislocate e distribuite tra diversi livelli istituzionali e troppi uffici.

Ecco perché i Parchi erano e sono fortemente interessati ai processi di riforma amministrativa e istituzionale avviati nel paese.

In particolare c'era comprensibile attesa per l'esito della riforma Bassanini (Legge 15 marzo 1997, n 59), riguardante la "Protezione della natura e dell'ambiente, tutela dell'ambiente dagli inquinamenti e smaltimenti dei rifiuti, acque e difesa del suolo".

La Legge Bassanini definisce un nuovo assetto giuridico-amministrativo più efficiente per i Parchi Nazionali, visto che il loro ordinamento giuridico risale alla L. n. 70 del 1975 sicuramente superata e inadatta a favorire il buon funzionamento di organismi quali sono i Parchi Nazionali.

In particolare al Capo I (protezione della natura e dell'ambiente) all'art. 3 troviamo elencati i "compiti di rilievo nazionali".

Essi comprendono in particolare la relazione generale sullo stato dell'ambiente, l'indicazione delle specie minacciate di estinzione, la definizione dell'indice di densità venatoria minima per ogni ambito territoriale di caccia, l'adozione della carta della natura, l'identificazione e deliberazione, sulla base della carta della natura, delle linee fondamentali dell'assetto del territorio con riferimento ai valori naturali e ambientali, inclusa l'individuazione, la delimitazione e la classificazione delle aree protette, nonché l'approvazione del relativo elenco ufficiale e il rilascio delle certificazioni. Queste linee fondamentali riguardano anche gli ambienti marini e le zone costiere.

All'art. 4 sono indicate le funzioni conferite alle Regioni e agli Enti locali, le quali riguardano in particolare tutte le competenze esercitate dal corpo forestale dello Stato e i compiti di protezione e osservazione della qualità dell'ambiente marino.

In coerenza con questa impostazione, sono soppressi una serie di organi nazionali tra i quali il consiglio nazionale per l'ambiente, l'ispettorato centrale per la difesa del mare e infine la consulta tecnica per i parchi, mentre era già stato abrogato con decreto il Comitato nazionale per le aree protette.

Essendo molte funzioni conferite alle Regioni e agli Enti locali, anche i compiti prima assegnati agli organismi soppressi dovranno essere, ove e se necessario, riorganizzati, individuando quali sono da attribuire ad altri uffici ministeriali o ad organismi tecnici nazionali operanti nella materia della protezione della natura e della tutela ambientale.

Passando alla sezione II del decreto legislativo n. 112 "parchi e riserve naturali", di attuazione della L. n. 59, l'art. 8 sopprime le funzioni amministrative relative al programma delle aree protette e alla tenuta dell'albo nazionale dei direttori dei parchi.

Sono inoltre stabiliti i compiti di rilievo nazionale, consistenti nella individuazione, istituzione e disciplina generale dei parchi e delle riserve nazionali, comprese quelle marine e alla adozione delle relative misure di salvaguardia, nella nomina del presidente del Consiglio Direttivo e del Collegio dei Revisori dei Conti degli Enti Parco nazionali e nella presentazione della relazione al parlamento sulle aree protette nazionali.

Sono invece conferite alle Regioni e agli Enti locali le funzioni relative al piano di gestione e al regolamento delle riserve nazionali, nonché ai programmi di intervento per il ripopolamento e per la salvaguardia ecologica delle riserve marine nazionali. Sono comprese anche le funzioni riguardanti in particolare la gestione delle risorse biogenetiche e dei territori delle riserve parziali destinati ad attività produttiva.

L'art. 11 stabilisce i compiti degli Enti parco nazionali, per i quali, anche in conseguenza della soppressione della tenuta dell'albo dei direttori e al conferimento alle Regioni delle funzioni relative ai piano di gestione ed al regolamento (inclusa l'approvazione), si registrano significative e rilevanti novità.

Intanto, lo Statuto dell'Ente, sarà ora deliberato dall'Ente Parco e trasmesso al Ministro dell'Ambiente, il quale ha 60 giorni per pronunciarsi.

Il regolamento del Parco è approvato con la stessa procedura prevista per il Piano del Parco, il quale è predisposto dall'Ente con la partecipazione della Regione e degli Enti locali e adottato dalla Regione entro 30 giorni.

Il Direttore del Parco è nominato dal Presidente del Parco previo concorso pubblico o con contratto privato secondo le procedure e i criteri stabiliti dallo statuto dell'Ente.

Sono previste infine alcune modifiche riguardanti la designazione e la composizione dell'Ente Parco nazionale. Passano da cinque a sei i membri della Comunità del Parco, di cui almeno due designati dai rappresentanti delle Regioni.

» soppressa la designazione del Ministero dell'Agricoltura.

Come si può vedere, si tratta di modifiche nel complesso di non poco conto, le quali mirano a rendere effettivamente autonomo un Ente che la legge 394 già definiva tale ma che in concreto, in base alla stessa legge, lo era soltanto parzialmente.

Ora tutto il personale, come già avviene per i Parchi regionali, dipenderà e sarà scelto dall'Ente Parco, perché anche per la vigilanza sono previsti accordi in tal senso con le Regioni; così pure gli strumenti più importanti (statuto, regolamento etc.) dell'Ente non dipenderanno più dagli uffici romani.

Le prime reazioni alla pubblicazione della bozza del decreto legislativo n. 112 sono state largamente positive, improntate quasi sempre ad una accoglienza favorevole.

Peraltro, anche in questo caso purtroppo il Ministro Ronchi ha assunto subito una posizione drasticamente contraria, sia dell'ispirazione generale del provvedimento, sia del contesto politico-istituzionale entro cui esso si colloca; egli ha liquidato le proposte, negando anche qualsiasi dignità e credibilità all'attuale dibattito sulle riforme costituzionali e istituzionali.

Da parte del Ministro e dei Verdi, c'è stato un vero e proprio braccio di ferro, con tanto di minaccia di crisi, se il testo non fosse stato radicalmente cambiato. E così è stato, tanto che qualcuno ha scritto che si tratta di una vittoria dei Verdi.

Il loro portavoce Manconi ha dichiarato che, per le competenze in materia di Parchi nazionali, si è "evitato un autentico e concreto rischio: che la tutela dell'ambiente fosse esercitata dalle autorità locali senza quei criteri di omogeneità che solo una gestione unitaria può garantire".

Insomma tutto rimaneva com'è, ma perlomeno si riconosceva che la materia doveva essere in futuro riordinata. Dell'autonomia dei Parchi nazionali, chiaramente delineata e perseguita dalla prima bozza, si sarebbe riparlato in fase di riordino. Ma anche questa prospettiva deve essere sembrata evidentemente troppo impegnativa e "rischiosa" ai Verdi se nel testo ufficiale anche questo capitolo è stato cancellato. Non solo dunque tutto rimane esattamente com'è, ma neppure per il prossimo futuro si prevedono cambiamenti significativi.

Alle Regioni sono infatti delegate soltanto le funzioni riguardanti le riserve biogenetiche ed i territori delle riserve parziali destinati ad attività produttive. Le riserve terrestri e marine statali rimangono invece, come ora, saldamente nelle mani dello Stato. Per i Parchi Nazionali non cambia niente.

In effetti, il d.lgs. n. 112, più che prevedere nella materia delle aree naturali protette un ulteriore ampio conferimento di funzioni alle Regioni e agli Enti locali (le funzioni conferite sono in sostanza quelle previste dall'art. 4 della Legge n. 394, che lo Stato esercitava tramite il Programma triennale), rafforza (in particolare a seguito della soppressione del Programma triennale), l'autonomia e la responsabilità delle Regioni in questo campo.