3.3. LA NASCITA DEL PARCO .

 

Le foreste casentinesi hanno una storia molto antica che è possibile ricostruire, per gran parte di esse, dato che si dispone di una buona documentazione che risale al periodo medioevale. Le vicende storiche di questo territorio hanno profondamente inciso sulla vegetazione, sulla fauna, sul suolo, nonché sul tipo di vita degli uomini che vi si sono insediati, vi hanno lavorato e vissuto.

Le foreste demaniali casentinesi vanno dal Monte falterona al Passo dei Mandrioli toccando le province di arezzo, Forlì-cesena e Firenze. Esse coprono una superficie di 10.601 ettari (di cui 6.773 in Romagna e 3.828 in Toscana). Comprendono la Foresta casentinese, la sua porzione più rilevante, (Camaldoli) e la tenuta di Badia Prataglia).

Dal 1932, da quando la Foresta della Romagna-Toscana è stata accorpata a quella di Camaldoli, esse costituiscono un corpo unico. Le prime notizie della Foresta di Camaldoli, che si trova nel versante Toscano dell'Appennino, risalgono all'anno 1012. Con il tempo i Camaldolesi hanno esteso la proprietà nella parte alta della valle e a oriente, verso Badia Prataglia, già possesso di monaci benedettini, fino a raggiungere una superficie di oltre 1.400 ettari. I camaldolesi hanno dedicato grande cura alla foresta, diffondendo la coltura dell'abete bianco con impianto di boschi puri, cioè costituiti da quella sola specie; inizia così quella tradizionale coltura delle abetine che è stata un modello fino ai tempi moderni.

Nel 1866, col Regio decreto n. 3036 che sopprime le corporazioni religiose, la foresta di Camaldoli passa allo Stato italiano appena costituitosi assieme all'eremo e al monastero di Camaldoli. La gestione del bosco è affidata così al demanio forestale dello Stato; cinque anni dopo viene dichiarata inalienabile ed è sottoposta al controllo del Ministero dell'Ambiente, Industria e Commercio.

La parte più antica di queste foreste corrisponde alle attuali foreste di Campigna e di Badia Prataglia (e della Lama). Conserva il nome di Foresta casentinese fino al 1932. L'Opera del Duomo, che l'ha ricevuta in dono dalla Repubblica di Firenze (nel 1380 e nel 1442), la gestisce per quattro secoli curandone in particolare lo sfruttamento mercantile della risorsa legnosa. Inizia così la lunga gestione da parte dell'Opera, che è caratterizzata da periodi di intensa attività e impegno e da altri di una certa trascuratezza, soprattutto nell'ultimo secolo. La foresta quindi, durante la gestione dell'opera, vede progressivamente ridurre la sua superficie per i tagli e, aumentare gli incendi fatti per aumentare la superficie coltivabile e il pascolo.

Nel 1561 il Principe Cosimo I dei Medici riforma a livello amministrativo l'Opera del Duomo, introducendo la figura di un Ministro in Cosentino, residente a Pratovecchio.

Nel 1835 entra in scena la figura del boemo Karl Siemon, il quale, chiamato da Leopoldo II a relazionare sullo stato di trascuratezza in cui si trovava la foresta, con i suoi dettagliati studi convinse Leopoldo II a prendere la decisione di acquisire la foresta, che, nel 1839, entra a far parte delle reali Possessioni del Granducato di Toscana. Nello stesso anno Karl Siemon è nominato ispettore e amministratore della Regia foresta di Casentino, si stabilisce a Pratovecchio e prende il nome italiano di Carlo Siemoni. La figura di Carlo Siemoni è centrale nell'opera di ripristino forestale di un'area che è stata, per più di quattro secoli, sfruttata unicamente a scopi mercantili e dove molto, sino al limite del depauperamento, è stato permesso alle popolazioni locali. La sua azione non è volta solo al ripristino forestale, ma anche a rendere di nuovo competitivo il commercio di legname della zona. In questo senso, cura l'allargamento e la costruzione di nuove strade per il trasporto del legno in foresta con carri, che sostituivano le storiche mulattiere dove il legname era "strascicato". Siemoni opera anche in campo sociale, creando occupazione in un'area depressa; quando Siemoni muore, nel 1878, ha già ceduto l'amministrazione ai figli Giovan Carlo e Odoardo. Con la realizzazione della strada del Muraglione, la prima rotabile transappenninica, e successivamente di altre strade di collegamento tra le vallate, inizia con il 1832, il processo di inserimento delle aree montane in un'economia di mercato di più vasta scala. Ne deriva un aumento della pressione antropica sull'ambiente e un incremento delle terre coltivate; un iperpascolamento e un incremento del disboscamento, sia per le finalità speculative della grande e media proprietà, sia per i bisogni primari di legnaioli e carbonai della cresciuta popolazione.

Quando scompaiono i diritti civici ed entra in crisi la piccola proprietà agricola, a causa della fisiologica perdita di fertilità dei terreni montani messi a coltura, il processo di aumento demografico crea un insanabile conflitto tra popolazione e risorse e genera lo spopolamento, diventato poi fenomeno di massa nel Novecento. La storia del nostro secolo, i fenomeni di modernizzazione accelerata, l'urbanizzazione, l'industrializzazione, la scolarizzazione, la meccanizzazione dell'agricoltura, la mobilità, sono tutti processi che investono violentemente una società che fino ad allora si era retta su delicati equilibri e che ha visto quindi lacerato in modo decisivo il proprio tessuto sociale.

La privatizzazione giunge nel 1900: acquirenti sono il cavaliere Ubaldo Tonietti, e poi, dal 1906, la SAIF (Società Anonima Industrie Forestali). Il periodo di proprietà privata della foresta dura soltanto 13 anni, ma non è felice. Sono state fatte intense utilizzazioni di legname, soprattutto per l'allestimento di traverse ferroviarie. Ciò incontra la resistenza delle popolazioni casentinesi, in particolare del paese di Badia Prataglia, i cui abitanti vivono quasi tutti con il lavoro del legname della foresta e pertanto si vedono portare via la principale fonte del loro sostentamento. Il 2 marzo 1914 lo Stato acquista ufficialmente la proprietà delle Foreste casentinesi. Esse occupano una superficie di 5.853 ettari, compresa la tenuta di Badia Prataglia. Grazie a una serie di acquisizioni successive, nel 1924 la superficie copre un'area di 8.270 ettari. Unificate le gestioni della Foresta casentinese e quella di Camaldoli e consegnate all'Azienda speciale per il demanio forestale di Stato istituita nel 1910, nel 1932 nascono ufficialmente le Foreste casentinesi; l'ampliamento prosegue poi ininterrottamente; nelle foreste di Campigna e di Badia Prataglia i terreni nudi e degradati sono stati tutti rimboschiti.

Nella prima parte della gestione statale, fino al 1940, l'opera di conversione dei boschi cedui in fustaie miste ha avuto un ruolo importante nel miglioramento del patrimonio forestale.

All'inizio degli anni settanta, quando l'ASFD (Azienda di Stato per le Foreste Demaniali) cessa le acquisizioni, la superficie si attesta sui 10.601 ettari. Durante la Grande guerra, le foreste delle alpi non vengono ovviamente sfruttate ed il legname deve essere reperito altrove. A camaldoli vengono così tagliati per scopi bellici oltre 80.000 mc di abete, 30.000 mc in più di quanto era stato prelevato nei due anni precedenti!

La seconda guerra mondiale tocca questa volta da vicino le Foreste casentinesi che vedono, a partire dal 1944, il passaggio del fronte. La ricostruzione della foresta inizia con un certo ritardo e alle soglie della seconda guerra mondiale i danni sono ancora evidenti; il terreno denudato presenta nel sistema orografico pericolosi fenomeni franosi e di erosione diffusa.

Si deve tuttavia aspettare fino al 1959 per vedere istituire, da parte dell'ASFD, prima in Italia, la riserva naturale integrale di Sasso Fratino nella foresta della Lama. Nel 1977, in base alla risoluzione del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa, tutte le foreste attualmente gestite dalla ex ASFD di Pratovecchio sono state dichiarate riserve naturali biogenetiche (oltre la Riserva naturale integrale di Sasso Fratino), dato il loro elevatissimo valore naturalistico e biogenetico. Si può quindi affermare che oggi le foreste casentinesi costituiscono uno dei più validi complessi di ecosistemi forestali di tutto l'Appennino.

Nei mesi di febbraio e marzo 1975 sono stati trasferiti alla Regione Toscana 5.263 ettari di territorio ricadenti nelle Province di Arezzo e Firenze. Dal maggio 1977 questi terreni vengono gestiti dalle Comunità Montane del Casentino e della Val di Sieve. Il rimanente territorio (5.338 ettari) è tuttora gestito dall'Ufficio ex ASFD di Pratovecchio.

Nel 1913, l'Ispettore del Ministero delle Foreste Sansone, nella sua relazione sulle foreste casentinesi, per primo propone la costituzione di un Parco; poi nel 1934, la Brigata Aretina Amici dei Monumenti, associazione che storicamente si occupa della salvaguardia dei beni ambientali e culturali, ma soprattutto la figura del naturalista forlivese Pietro Zangheri, chiedono l'istituzione del Parco.

Zanghieri fu il primo esploratore naturale dell'Appennino della Romagna; l'abbandono della montagna, dovuto allo spopolamento, ebbe un'importante conseguenza ambientale: la rioccupazione dei suoli da parte della vegetazione spontanea, fenomeno che ha valorizzato la zona dal punto di vista naturalistico.

Nel 1959 le Foreste incontrano per la prima volta un provvedimento di protezione attraverso l'istituzione, in seguito ratificata da un decreto ministeriale del 26/07/1971, da parte dell'ASFD della Riserva naturale Integrale di Sasso Fratino. Le occasioni che generano il dibattito sull'opportunità di un Parco sono favorite da progetti di lottizzazione che mettono a repentaglio l'integrità ambientale della zona. Nel 1966 nasce la sezione forlivese di pro natura (Zangheri ne fu nominato presidente onorario); un'associazione che ha fatto da subito sua la battaglia per l'istituzione del Parco.

Assieme al Rotary Club (di cui lo stesso Zangheri faceva parte) e a Italia Nostra, la Pro Natura organizza il 3 ottobre 1971 il convegno La Campigna Parco Naturale. Questo convegno, di respiro nazionale, appare cruciale nel processo di istituzione del Parco poiché si chiude con una mozione che ne formalizza la richiesta. Dopo il convegno del 1971 le iniziative a favore del Parco si moltiplicarono e inizia un processo che vede due proposte di legge successive, dei repubblicani Ascari-Raccagni e Oddo Biasini arenarsi nel 1973 e nel 1976. Nel 1977 sono istituite con decreto Ministeriale le Riserve naturali biogenetiche di Camaldoli, Scodella, Campigna e Badia Prataglia. Nel 1979, l'8 dicembre a Forlì il WWF, Italia Nostra ed altre associazioni ambientaliste propongono (in attesa della legge quadro che arriverà nel 1991), l'istituzione del "Parco Nazionale del Falterona"; nello stesso anno il Comune di Santa Sofia chiede la costituzione del Parco interregionale. Nel 1980 il Consiglio comunale di Pratovecchio fa richiesta ufficiale al Ministero dell'Agricoltura e Foreste di istituzione del Parco Nazionale candidandosi come sede, e nel 1984 si forma il comitato per l'istituzione del "Parco regionale delle foreste casentinesi e del Falterona" a seguito della legge della Regione Toscana sulle aree protette.

Il 14 marzo 1989, in seguito alla legge regionale del 2 aprile 1988 la Regione Emilia Romagna istituisce il "Parco regionale del crinale romagnolo". Il 30 luglio si insedia il consorzio di gestione del Parco e vengono nominati gli organi. Il 17 maggio, il Ministro dell'Ambiente di concerto con quello del Tesoro, decreta l'istituzione della Commissione paritetica per l'istituzione del "Parco Nazionale del Monte Falterona, Campigna e Foreste Casentinesi". Oltre ai rappresentanti dei Ministeri di Agricoltura e Foreste e Ambiente, nella Commissione entrano a far parte esponenti delle Regioni, degli Enti locali ed esperti delle associazioni di protezione ambientale riconosciute. L'iter legislativo si concluse nel giro di pochi anni: il 3 novembre 1990, a quasi un anno e mezzo di distanza dal suo insediamento, la Commissione paritetica conclude il proprio lavoro e, in ossequio alla legge 67/88, dà le indicazioni in materia di perimetrazione, misure provvisorie di salvaguardia, obiettivi da perseguire e collocazione della sede.

Il 14 dicembre il Ministero dell'Ambiente fissa in un decreto quanto stabilito dalla Commissione Paritetica; nasce il Parco Nazionale.

Il 6 dicembre 1991, dopo un iter parlamentare durato molti anni, viene approvata la legge n. 394 (legge quadro sulle aree naturali protette).

Il 16 dicembre, in seguito all'approvazione della legge viene siglata l'intesa Ministero-Ambiente-Regione Toscana e Regione Emilia Romagna per i finanziamenti relativi all'istituzione del Parco (pronac) che prevedono investimenti per 5.189 milioni nei Comuni romagnoli e 3.840 in quelli toscani. Infine, il 12 luglio 1993 viene emanato il decreto presidenziale istitutivo dell'Ente Parco Nazionale delle Foreste casentinesi, Monte Falterona e Campigna. Il 30 ottobre il Ministro dell'Ambiente, Valdo Spini, inaugura il Parco e nomina il Presidente e i Consiglieri dell'Ente di gestione.

Se guardiamo ai partiti, sui quali ricade pur sempre la responsabilità maggiore sebbene non esclusiva, visto che i loro rappresentanti debbono prendere le decisioni in Parlamento, nelle Regioni e negli Enti locali, ci accorgiamo che sul piano nazionale essi tendono generalmente e di preferenza a defilarsi, salvo occasioni politico-istituzionali assolutamente inderogabili e ineludibili.

Ciò accade meno in sede locale, dove si è più pressati e quindi in qualche modo "costretti" ad intervenire, anche quando forse si preferirebbe farne a meno.

Al centro solo in pochissimi ed eccezionali casi le forze politiche intervengono su questi problemi ed anche in Parlamento lo fanno solo se "costretti".

Le cose - dicevamo - cambiano però in periferia. Qui anche i partiti e i parlamentari si fanno sentire di più, specialmente quelli che pensano di fare propaganda assumendo toni gladiatori contro la legge sui Parchi e mettendosi alla testa delle proteste, anche le più demagogiche e strumentali.

Per quel che riguarda il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, i partiti rilevanti sono stati il P.C., il P.S.I., la D.C. e il P.R.I. con De Carolis. Questi hanno trovato l'accordo, e soprattutto hanno creduto nel Parco regionale, prima, e nel Parco Nazionale, poi.

Con le elezioni politiche del 1996, la Sinistra per la prima volta è al governo del Paese, ed anche in Casentino il PDS si conferma di gran lunga il primo partito; Rifondazione Comunista dall'8,9% del 1994 passa al 12%; buona anche l'affermazione del CCD-CDU al 7,4%. Ma la grande novità è rappresentata dal sorpasso di AN a scapito di Forza Italia; gli uomini di Fini sono il secondo partito in Casentino, come ad Arezzo e Provincia.

La vittoria del PDS, è stata accolta tra i militanti casentinesi con gioia, ma senza euforia eccessiva. Il PDS e l'Ulivo sono forze serene che non cercano alcun riscatto, ma che sono consapevoli dell'impegno che hanno davanti, anche se la sinistra al governo non è una novità nel territorio casentinese.

» una novità invece il fatto che AN diventa il secondo partito del Casentino. I dati confermano uno spostamento del baricentro del Polo verso la destra estrema. AN si è organizzata sul territorio, ha fatto campagna elettorale più per se stessa che per la coalizione, e alla fine ha raccolto più voti.

A Pratovecchio AN ha raggiunto il 20,3% (Forza Italia è al 15,2%); Forza Italia (miglior risultato a Bibbiena con il 15,7%) sembra aver esaurito la sua spinta propulsiva, lasciando AN come portabandiera del centro-destra.

Concludendo su questo punto, vogliamo segnalare le parole del Presidente della Repubblica che nel dicembre del 1995, ricevendo una rappresentanza dei Parchi italiani convenuti a Roma per ricordare l'anniversario della approvazione della legge 394, manifestava la sua piena solidarietà con chi è impegnato tra mille difficoltà a gestire le aree protette. E a dimostrazione che dichiarazioni quali : ´i Parchi sono un segno di civiltà di un paeseª, non erano di circostanza, il Presidente Scalfaro pochi giorni dopo firmò la concessione con la quale la tenuta presidenziale di San Rossore veniva affidata in gestione alla Regione Toscana. Un chiaro e tangibile riconoscimento all'operato di quella Regione, che già nel 1979 aveva incluso la tenuta nel Parco regionale di San Rossore, Migliarino, Massaciuccoli.