3.5. il governo del Parco.

 

Un dato che sicuramente emerge da una analisi anche sommaria degli interventi e soprattutto delle loro modalità attuative è la collaborazione che si è instaurata tra l'Ente Parco e gli Enti locali: molti progetti sono stati strutturati e realizzati grazie ad un fattivo lavoro Comune tra il Parco e le altre istituzioni presenti sul territorio. » grazie a questa impostazione che il Parco, sin dalle prime fasi della sua esistenza, ha potuto svolgere uno dei ruoli essenziali che la legge gli assegna: quello di moltiplicatore, e volano gli interventi di riqualificazione ambientale nei territori dei Comuni interessati all'area protetta.

Occorre anche segnalare che, ancor prima dell'istituzione dell'Ente di gestione (DPR del 12 luglio 1993) il Ministero attraverso i fondi del primo programma triennale di tutela ambientale (Pronac) ha finanziato tre progetti di intervento nel versante toscano del Parco e più precisamente i primi lavori per la realizzazione dei Centri visita di Stia e Badia Prataglia (520 milioni ognuno), la sede del Parco a Pratovecchio (890 milioni) e opere di miglioramento forestale nel Mugello e nel Casentino (1.000 milioni).

Di seguito vengono riportate sinteticamente le aree di intervento maggiormente significative che hanno visto il Parco impegnato in questi anni:

interventi finanziati attraverso fondi del 1 programma di tutela ambientale - PRONAC - Comuni del versante romagnolo del Parco.

Si tratta di una serie di interventi volti al recupero edilizio e all'allestimento dei Centri visita del versante romagnolo del Parco, nonché al recupero di una serie di edifici da utilizzarsi come strutture di servizio all'escursionismo. La realizzazione di molti degli interventi è stata dal Parco affidata ai Comuni.

Interventi previsti nel Programma Triennale per le Aree Protette 1991-93 (PTTA 1994-96).

Sono stati approvati dal Parco progetti esecutivi inerenti quattro tipologie di intervento:

Allestimento dei Centri visita del versante toscano e di Bagno di Romagna;

Sistema di protezione antincendio;

Divulgazione naturalistica ed educazione ambientale;

Interventi di qualificazione naturalistica.

Con questi progetti, di cui sono in corso le fasi di appalto, il Parco intende completare il proprio sistema di centri visita e attuare una serie dei primi interventi di tutela e riqualificazione di ambiti naturalistici, tra i quali spiccano il recupero di un castagneto da frutto e il miglioramento e ripristino di prati pascoli. La realizzazione del sistema di protezione antincendio consentirà al Parco di disporre di adeguati strumenti di comunicazione radio e di organizzare un efficace sistema di protezione contro le avversità.

Interventi di cofinanziamento degli Enti locali assistiti da contributi comunitari (Reg. UE 2081/93-Obiettivo 5b).

Sul versante toscano del Parco sono in corso gli appalti di opere fognarie e di depurazione delle acque in alcune frazioni nel territorio del Parco; è stato inoltre ammesso a finanziamento l'intervento di realizzazione di un centro visita a Londa. Nel versante romagnolo gli interventi, già progettati e per i quali si attende l'esito da parte della Regione per l'ammissibilità al finanziamento, concernono la realizzazione di aree di sosta e di un percorso natura, interventi di manutenzione del patrimonio forestale e il recupero dell'edificio "Mandrioli di Sopra".

Interventi realizzati direttamente dall'Ente nel periodo 1994-96.

Oltre a quelli sopra visti, derivanti da finanziamenti erogati dal Ministero dell'Ambiente su programmi specifici, in questi anni il Parco ha realizzato molti interventi avvalendosi di propri fondi di bilancio; ad esempio il progetto di sistemazione e riqualificazione della sentieristica; i contributi per la realizzazione dei centri visita che erano rimasti esclusi dal finanziamento del Ministero dell'Ambiente; la realizzazione della tabellazione perimetrale.

Un Parco Naturale, essendo un territorio in genere piuttosto vasto, comprende aree anche molto diversificate tra loro quanto a caratteri naturali, ambientali e nei confronti dell'influsso e delle aspettative dell'uomo. Infatti, con il decreto 14 dicembre 1990 viene definita la perimetrazione provvisoria e le norme di salvaguardia; inoltre il decreto distingue il Parco, in tre differenti zone:

zona 1, di "conservazione integrale" che comprende aree di eccezionale valore naturalistico con antropizzazione assente o di scarsissimo rilievo. Vi è consentito solo la ricerca scientifica. La zona 1 coincide con la Riserva integrale di Sassofratino e con la zona de La Pietra.

Zona 2 di "protezione" che comprende le aree di rilevante interesse naturalistico con scarsa antropizzazione. Sono consentite la selvicoltura naturalistica e le attività compatibili con la salvaguardia ambientale (come l'agricoltura non intensiva).

Zona 3 di "tutela e di valorizzazione" dove l'attività dell'uomo è più evidente, e dove si salvaguarda l'ambiente naturale, pur consentendo le attività antropiche e le trasformazioni del territorio, nel rispetto delle norme di legge in vigore.

Questa suddivisione ha permesso al Parco in questi anni di programmare gli interventi, di disciplinare le attività umane, di localizzare gli interventi.

» però chiaro che sulla base di una semplice zonizzazione del territorio non è possibile, a lungo andare, una efficace opera di tutela, salvaguardia e corretta valorizzazione degli ambienti del Parco; per questo obiettivo è necessario disporre di adeguati strumenti di conoscenza, di programmazione e di controllo delle attività. La legge 394/91 individua questi strumenti, essi sono:

il piano del Parco che è lo strumento principale di programmazione dell'Ente: esso dovrà individuare una più puntuale zonizzazione del territorio in aree destinate alla tutela e all'uso, delineando quindi vincoli e destinazioni d'uso, indirizzi e criteri per gli interventi sull'ambiente e localizzando i sistemi di attrezzature e servizi quali centri visita, uffici informativi, campeggi etc. il Piano del Parco è quindi lo strumento che definisce l'assetto dell'area protetta e le prospettive verso le quali si deve tendere sia in termini di tutela, sia in termini di sviluppo compatibile. Per redigere il piano sarà necessario svolgere preliminarmente una serie di approfonditi studi nel territorio, che permettano di basare le scelte su dati certi; il Piano deve essere predisposto dall'Ente Parco e deve essere adottato ed approvato dalle Regioni.

Il Piano pluriennale di sviluppo, partendo dagli obiettivi del Parco, definisce in particolare le forme e le modalità di attivazione delle iniziative volte a favorire lo sviluppo economico e sociale delle collettività che vivono nel Parco e nei territori adiacenti. Il Piano pluriennale di sviluppo viene elaborato dalla Comunità del Parco ed è approvato, previo parere del Consiglio Direttivo, dalle Regioni.

Il regolamento del Parco disciplina l'esercizio delle attività consentite, in pratica definendo nel particolare i modi e le forme per la costruzione di opere e di manufatti, per lo svolgimento delle attività agro silvo pastorali, per l'accesso e la circolazione del pubblico etc. è quindi strettamente correlato alla prescrizione del Piano, anche se la legge prevede che possa essere approvato indipendentemente da questo. Il primo passo fatto dall'Ente è la definizione della metodologia di lavoro. Un punto fermo è che questi strumenti, che saranno fondamentali per la vita del Parco, devono nascere con la partecipazione attiva delle popolazioni locali, tenendo presenti gli obiettivi di fondo della tutela ambientale e dello sviluppo compatibile.