4.1. l'attuazione della legge quadro sui parchi.

 

L'attuale disciplina delle aree naturali protette si è consolidata dopo un lungo periodo di incertezze e di sostanziale assenza di una normativa generale di riferimento. I primi Parchi Nazionali sono stati istituiti negli anni '20 (Gran Paradiso e d'Abruzzo) e negli anni '30 (Stelvio e Circeo) con intervento diretto dell'amministrazione centrale, la quale provvedeva direttamente a delimitare i territori e a disciplinare la gestione con modalità organizzative differenziate nei singoli casi.

Dopo un lungo periodo di stasi, negli anni '70 con l'istituzione delle Regioni a statuto ordinario, il legislatore ribadisce le competenze statali in materia di protezione della natura e Parchi Nazionali. In questo modo si apre un primo varco all'azione delle Regioni le quali ricevono un avallo della stessa Corte Costituzionale (sent. 14 luglio 1976, n. 175); ma è soltanto con il DPR 24 luglio 1977, n. 616, che si trasferiscono alle Regioni le funzioni amministrative concernenti la protezione della natura, le riserve ed i parchi naturali regionali, rinviando la disciplina generale e la ripartizione dei compiti tra Stato, Regioni e Comunità Montane ad una futura legge-quadro, da emanarsi entro il 31 dicembre 1979.

Con la legge 8 luglio 1986, n. 349, come noto, si istituisce il Ministero dell'Ambiente, cui vengono affidate le competenze dell'amministrazione statale in ordine alla protezione della natura e alla tutela ambientale, nonché la competenza ad individuare parchi e riserve di carattere interregionale, la cui gestione si realizza mediante "intesa" tra le Regioni interessate.

La normativa statale di riferimento giunge con legge 6 dicembre 1991, n. 394, la quale provvede alla organizzazione dei sevizi amministrativi centrali (comitato, consulta tecnica), alla disciplina delle istituzioni di governo dei parchi (Ente Parco, Comunità del parco) e dei loro strumenti operativi (piani, regolamenti, nullaosta), nonché alla definizione degli atti di governo propri delle istituzioni centrali (programma triennale, carta della natura) e dei principi per il legislatore regionale (partecipazione degli Enti locali, pubblicità degli atti, etc.).

Nel dicembre del 1991, quindi, si concludeva, dopo un cammino lunghissimo, contrassegnato da continue e prolungate interruzioni, ripetute pause di meditazione e rinvii a catena, una vicenda che aveva scaldato gli animi di molti, suscitato le più roventi polemiche, lasciando però indifferenti tanti che per i parchi non avevano mai manifestato particolare simpatia.

L'approvazione quasi dell'unanimità non mancò perciò di suscitare qualche sorpresa, e fu chiaro quasi subito che dietro quel larghissimo consenso vi erano posizioni non sempre del tutto convergenti o per lo meno identiche.

La conflittualità, è stata quasi sempre favorita dai ritardi, dagli errori, dalle incomprensioni ministeriali, ma anche, bisogna dire, dall'atteggiamento di molte Regioni ed Enti locali, che dinanzi alle proteste talvolta legittime, ma anche di quelle strumentali, mostrarono in troppe occasioni poco coraggio e capacità di "governo" preferendo defilarsi o accordarsi. E tuttavia, nonostante questa situazione che non favorisce la "locale collaborazione" istituzionale, la legge quadro comincia a dare i suoi frutti.

Si insediano finalmente gli organi di gestione dei nuovi Parchi Nazionali, mentre per i vecchi l'adeguamento alla nuova legge si avvia tra mille difficoltà e strascichi polemici.

Con le Foreste Casentinesi un parco regionale emiliano si trasforma in un grande Parco Nazionale interregionale, poi di seguito i Monti Sibillini, le Dolomiti Bellunesi, la Val Grande, il Pollino.

» chiaro e a nessuno sfugge la novità più rilevante della nuova legge, che è quella di aver rimesso in moto, dopo mezzo secolo di scandalosa inerzia, lo Stato, assegnandogli, per legge, un ruolo sempre rivendicato in linea di principio per contrastare e bloccare i poteri regionali, ma mai assunto ed esercitato in positivo.

E tuttavia la legge 394/91 è molto importante anche per le Regioni, alle quali finalmente viene riconosciuto un ruolo rimasto finora vago, contestato e affidato principalmente alla loro buona volontà.

Anche in queste condizioni di precarietà istituzionale e normativa, un certo numero di Regioni, a differenza dello Stato, in questi anni ha operato con risultati apprezzabili e significativi per dotarsi di un proprio sistema di parchi.

Ora la legge riconosce alle Regioni un ruolo specifico e autonomo e con esso anche il diritto ad un sostegno finanziario dello stato.

La legge 394/91 ha prodotto indubbi risultati positivi: ha portato all'istituzione fino ad ora di ben sei nuovi Parchi Nazionali (Parco del Cilento e della Valle del Diano, del Gargano, del Gran Sasso e Monti della Laga, del Vesuvio, della Maiella, della Val Grande); ha fornito un quadro normativo e organizzativo unitario a tutti i Parchi Nazionali e criteri unitari per i parchi regionali; ha definito la procedura per l'istituzione dei parchi e delle riserve marine; ha introdotto una precisa classificazione delle aree naturali protette ed un loro elenco ufficiale; ha consentito l'avvio della definizione della Carta della Natura che individua lo stato dell'ambiente naturale in Italia.

In funzione della legge 394/91, nessuno oggi può disconoscere che il Parco delle Foreste Casentinesi è ormai un Ente ben radicato nel territorio; un Ente che ha fatto e che sta facendo molte cose importanti, in particolare è riconosciuto in ambito nazionale come il Parco Nazionale di nuova istituzione più vitale e più attivo.

Tutto questo si è potuto ottenere grazie ad un rapporto di grande collaborazione instauratosi con l'intera Comunità del Parco, che ha permesso di trovare legittimazione da parte delle popolazioni residenti e di ottenere il riconoscimento dell'utilità del Parco.

Gli strumenti e le modalità gestionali utilizzati dal Parco per dare attuazione alla legge quadro n. 394 sono:

il Piano del Parco che è lo strumento principale di programmazione dell'Ente; è lo strumento che definisce l'assetto dell'area protetta e le prospettive verso le quali si deve tendere sia in termini di tutela, sia in termini di sviluppo compatibile. Per redigere il piano sarà necessario svolgere preliminarmente una serie di approfonditi studi nel territorio, che permettano di basare le scelte su dati certi; il Piano deve essere predisposto dall'Ente Parco e deve essere adottato ed approvato dalle Regioni;

il Piano pluriennale di sviluppo che definisce le forme e le modalità di attivazione delle iniziative volte a favorire lo sviluppo economico e sociale delle collettività che vivono nel Parco e nei territori adiacenti. Viene elaborato dalla Comunità del Parco ed è approvato, previo parere del Consiglio Direttivo, dalle Regioni;

il Regolamento del Parco disciplina l'esercizio delle attività consentite, in pratica definendo nel particolare i modi e le forme per la costruzione di opere e di manufatti, per lo svolgimento delle attività agro-silvo pastorali, per l'accesso e la circolazione del pubblico etc., è quindi strettamente correlato alla prescrizione del Piano, anche se la legge prevede che possa essere approvato indipendentemente da questo;

il Piano economico e sociale che valorizza le scelte e i programmi degli Enti locali, in quanto favorisce un sostegno per una più efficace politica ambientale, ed anche rispetto alle aree contigue, il piano può giocare un ruolo significativo, anche se queste non sono a tutti gli effetti aree Parco, ma non sono neppure a tutti gli effetti aree esterne. Ora, il piano economico, richiede e consente agli Enti locali, anche nel caso di un Parco Nazionale, di definire le proprie scelte, progetti ed interventi relativamente all'area protetta. Gli Enti locali, ed in questo caso in maniera particolare i Comuni minori, possono far valere la loro volontà, in quanto all'interno della Comunità del Parco essi hanno pari dignità, e quindi concorrono su un piano di parità alle decisioni collegiali che debbono essere assunte.