4. CONCLUSIONI

 

Lo studio su Emys orbicularis, condotto nella Riserva Naturale 'Monte Rufeno', si è svolto su due differenti livelli di indagine: l'osservazione dei fenomeni, con particolare riferimento all'organizzazione temporale e spaziale dell'attività (livello descrittivo), e la relazione tra comportamenti e fattori ambientali critici (livello correlazionale).

L'attività generale della popolazione studiata si svolge tra marzo e ottobre, tuttavia è tra marzo e giugno che le tartarughe mostrano livelli massimi di attività. Ciò è stato evidenziato principalmente sulla base di tre parametri:

a) in termini di riavvistamenti individuali, che misurano il generico grado di attività della popolazione;

b) in base alla variazione stagionale dei singoli comportamenti osservati (basking, alimentazione, floating, accoppiamenti, manifestazioni aggressive);

c) in base all'analisi, per gli animali radio-marcati, della vagilità giornaliera.

L'attività ottimale si colloca in un ambito di temperatura dell'acqua compreso tra gli 8-10 °C di marzo e i 20-22 °C di giugno. Questi due estremi termici risultano definire nettamente l'attività della popolazione - per valori inferiori e superiori gli animali passano in condizioni di quiescienza rispettivamente invernale ed estiva - mentre al loro interno l'attività ne è relativamente 'svincolata', risultando piuttosto correlata con altri fattori estrinseci (disponibilità di risorse trofiche, variazione dei microhabitat, fruibilità dei siti di basking, fotoperiodo).

Il confronto tra l'attività primaverile e quella autunnale rivela in modo evidente la validità di questa conclusione: pur con condizioni termiche simili, in autunno si registra una netta diminuzione dei riavvistamenti degli animali, della loro vagilità, dei fenomeni di basking, dell'attività alimentare; inoltre gli accoppiamenti e le interazioni aggressive cessano quasi completamente. Anche l'analisi delle relazioni tra differenti aspetti dell'attività e le condizioni termiche, nel periodo marzo-giugno, evidenzia l'esistenza di una concomitanza di fattori che modulano temporalmente l'attività in apparente indipendenza dal puro parametro termico.

Queste osservazioni assumono una certa importanza in considerazione dello stato fisiologico di eteroterma della specie studiata: evidentemente E. orbicularis dispone di meccanismi di termoregolazione comportamentale che ne svincolano l'attività da un mero controllo termico, beninteso entro un range ottimale di temperatura.

 

L'attività giornaliera è fondamentalmente ripartita tra il comportamento alimentare, che si esplica secondo un pattern bimodale (picchi la prima mattina e il tardo pomeriggio), e il basking, effettuato nelle ore centrali.

Il comportamento di basking, in accordo con quanto osservato in altri Emididi, riveste un'importanza fondamentale nella eco-etologia di E. orbicularis; la sua funzione termoregolatoria è evidente, pur non potendosi escludere altre funzioni, quali (Auth, 1975): favorire i processi digestivi, asciugare i tegumenti, rimuovere le alghe ectoparassite che ricoprono il carapace degli animali, favorire la sintesi della vitamina D, favorire i processi respiratori. La maggiore fedeltà ai siti di basking mostrata dalle femmine, particolarmente in maggio, va infine verosimilmente collegata con la formazione delle uova (Obbard e Brooks, 1979). Non è evidente quanto l'efficacia termoregolatoria del basking si ripercuota nello svolgimento di altre attività, siano esse locomotorie o alimentari.

Il floating, definibile come basking acquatico, assume importanza relativa nell'attività estiva, divenendo in tale periodo ampiamente vicariante rispetto al basking.

L'analisi della localizzazione spaziale dei singoli comportamenti entro le differenti tipologie di microhabitat, identificate sulla base del tipo di vegetazione e della disponibilità di macroinvertebrati presente, ha permesso di evidenziare quantitativamente le scelte microambientali operate da E. orbicularis. Tale analisi, prima trascurata negli Emididi, ha permesso di inquadrare i fattori che risultano critici nell'adattamento della tartaruga palustre all'ambiente in cui vive.

La frequentazione della zona a vegetazione acquatica è significativamente preferita da E. orbicularis per l'espletamento dell'attività alimentare; particolare importanza, per la struttura fisica più che per la specie floristica, assume la vegetazione sommersa, in accordo con quanto evidenziato anche in altri Emididi (Sexton, 1959b). Questo microhabitat è utilizzato anche per il floating. Le aree a copertura arborea risultano selezionate nelle fasi di bassa attività, oltre che per lo svernamento.

Un ulteriore approfondimento sull'organizzazione spaziale dell'attività di E. orbicularis deriva dallo studio delle localizzazioni degli animali radio-marcati nell'area disponibile; l'home-range dei differenti individui risulta ampiamente sovrapposto, anche se si individuano, particolarmente per le femmine, zone relativamente confinate di attività. Al contrario i maschi tendono a saturare completamente l'area fisicamente disponibile della pozza, anche in relazione alla loro maggiore vagilità.

 

Una parte cospicua dello studio ha riguardato la definizione quantitativa dello spettro alimentare di E. orbicularis, mediante confronto fra disponibilità (campionamenti di macroinvertebrati nelle differenti stagioni) ed utilizzazione trofica (analisi del contenuto fecale). Lo studio ha delineato le abitudini della tartaruga palustre di predatore carnivoro piuttosto generalista, evidenziando però anche un'alta selettività su talune prede (larve di Odonati Anisotteri) - caratteristica che sottolinea ulteriormente il grado di affinità specifica di E. orbicularis con l'ambiente - ed una rilevante inclusione di materiale vegetale (solo negli adulti e particolarmente nelle femmine, probabilmente in risposta alle diverse esigenze trofiche imposte dalla loro maggiore taglia corporea).

 

I fenomeni di interazione sociale e aggressività, che sono stati in questo studio osservati sistematicamente, contraddicono il tradizionale pregiudizio che considerava i Rettili generalmente poveri di repertori sociali (Brattstrom, 1974). Vi sono in primo luogo evidenti meccanismi di riconoscimento inter-individuale, apparentemente su base visiva ed olfattiva. Gli scontri tra maschi sono la forma più intensa di interazione aggressiva e rivelano l'esistenza di una gerarchia di dominanza quasi lineare con cui i maschi sono reciprocamente disposti. E' questo un fenomeno di notevole interesse, anche perché, negli Emididi, solo raramente è stato descritto in condizioni naturali.

La relativa alta densità di animali nell'ambito confinato della pozza, la sovrapposizione delle aree di attività e la co-utilizzazione di risorse critiche appaiono i presupposti fondamentali per l'insorgenza dei fenomeni osservati, interpretabili come forme di territorialismo dinamico (Wilson, 1975).

 

Un capitolo molto originale e di particolare interesse anche ai fini gestionali riguarda lo studio sulla nidificazione. Il fenomeno migratorio delle femmine per la nidificazione è qui descritto in Emys orbicularis per la prima volta (neppure i tempi di incubazione in natura erano stati ancora documentati). In altri Emididi l'esistenza di simili migrazioni è stata indirettamente inferita dal ritrovamento di aree di nidificazione esterne rispetto all'area di normale attività (Cagle, 1950; Legler, 1954; Congdon e altri, 1983; Rowe e Moll, 1991), mentre solo per Chelydra serpentina (fam. Chelydridae) sono state documentate le migrazioni per la nidificazione (Obbard e Brooks, 1980). L'aspetto più interessante del fenomeno è la somiglianza, sebbene su scala spaziale e tempi molto più ridotti, con le migrazioni riproduttive delle tartarughe marine. L'ipotesi della fedeltà al sito di nidificazione sembra, anche per la popolazione studiata, tutt'altro che inverosimile; l'eventuale coincidenza del sito di nidificazione, raggiunto dalle femmine, con quello natale rende ancor più aperto e affascinante l'argomento.

 

Aspetti conservazionistici

Gli aspetti che ho indagato sulla eco-etologia della tartaruga palustre europea rappresentano il presupposto per una corretta impostazione delle tematiche di conservazione di una specie considerata strettamente protetta (Convenzione di Berna, 22.8.79).

Nel complesso la presenza di Emys orbicularis a Monte Rufeno è indubbiamente da collocarsi in una situazione estrema rispetto all'ambiente in cui questa specie è classicamente rilevata; l'altitudine, la morfologia pre-montana del territorio, l'alto confinamento spaziale delle popolazioni, la stagionalità nella presenza idrica, la scarsità di zone adeguate per la riproduzione sono aspetti selettivi che hanno agito nel determinare un notevole e peculiare grado di adattamento.

La popolazione studiata mostra infatti un'elevata stabilità spaziale, che si traduce in basso allontanamento dai corpi idrici, tranne che per costrizioni ambientali: prosciugamento delle pozze e lontananza di adeguati siti di nidificazione sono indubbiamente i due aspetti più critici della presenza della tartaruga palustre a M. Rufeno. A testimoniare inoltre l'importanza del mantenimanto delle condizioni naturali nelle quali le popolazioni svolgono il ciclo di attività vanno considerati l'alto grado di selezione microambientale, la fissità ai siti di basking, l'esistenza di centri di attività individuali, il riconoscimento inter-individuale, le molteplici forme di interazione sociale, l'alto livello di selettività predatoria; sono in sintesi tutti aspetti che delineano l'organizzazione dell'attività di una specie in stretta e stabile affinità con l'habitat, considerato in ogni sua componente.

Alcuni fondamentali aspetti della biologia di E. orbicularis, quali il basso numero di uova (con alta predazione sui nidi), il basso tasso di sopravvivenza, la lenta maturità sessuale, l'alta longevità, sono tipici di una specie k selezionata. Sono fattori che infatti limitano la capacità diffusiva di una specie, agendo nell'amplificarne la stabilità spaziale.

La vulnerabilità ad agenti perturbanti di una specie con queste caratteristiche è evidentemente elevata e il fenomeno è oltremodo accentuato in considerazione dell'esiguità delle popolazioni di M. Rufeno. L'abbassamento dell'abbondanza di queste popolazioni sotto la soglia di stabilità in cui si trovano, unito a qualunque forma di alterazione ambientale che agisca nel deviare la sintonia tra specie e ambiente, sono, in accordo con Soulé (1986), i due motivi fondamentali che causerebbero, per una specie come Emys orbicularis, l'insorgenza di vortici di estinzione.

La salvaguardia ed il mantenimento dell'alta diversità biologica degli ambienti acquatici di M. Rufeno ed eventualmente un'azione estesa di protezione dei nidi sono pertanto due valide indicazioni che possono essere avanzate in ottica conservazionistica.

Riguardo il primo punto è inoltre utile osservare che l'area di attività della tartaruga palustre, sia pur specie prettamente acquatica, va in realtà estesa ad un variabile ambito terrestre. La popolazione studiata a M. Rufeno utilizza a livello stagionale un'area di attività che si estende, considerando la pozza di attività temporanea e i siti di nidificazione, per almeno 500 m di terreno intorno alla pozza di normale attività. Per quanto riguarda la seconda indicazione è evidente che un sia pur lieve incremento del successo riproduttivo della specie potrebbe garantire un aumento della sua capacità diffusiva o comunque il raggiungimento di una soglia più stabile di sopravvivenza. E' in tal senso che una politica di salvaguardia dei siti di nidificazione e di tutela dei nidiacei potrebbe assumere un ruolo determinante.

 

In definitiva non è tanto nel mantenimento di popolazioni alienate dall'ambiente naturale che risiede la possibilità di garantire la sopravvivenza di una specie come Emys orbicularis. L'azione conservazionistica deve passare attraverso la tutela degli aspetti critici della biologia delle popolazioni naturali ed in primis delle varie fasi del ciclo riproduttivo. In ogni caso la tutela della specie deve essere considerata indossolubile da quella dell'ambiente in cui la popolazione in esame vive, né può essere correttamente affrontata senza la conoscenza accurata degli aspetti di biologia e di eco-etologia della popolazione stessa; solo la comprensione di questi aspetti permette del resto di delineare i processi selettivi che hanno modulato l'adattamento della popolazione all'ambiente.