Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 47 - FEBBRAIO 2006




Ordina questo numero della rivista

Regioni

Piemonte, un testo unico che fa discutere

La Regione Piemonte si mette al passo con i tempi e presenta il “Testo unico sulla tutela delle aree naturali e della biodiversità”.
Approvata dalla Giunta regionale alla fine di gennaio, la nuova normativa proposta dalla Giunta Bresso intende adeguare la legislazione regionale alle innovazioni che, nel frattempo, hanno caratterizzato la nuova concezione della difesa delle biodiversità che si esplicita attraverso la politica delle aree protette. Ecco perché nel testo della nuova legge vi sono alcuni obiettivi di ampio orizzonte. Innanzitutto viene proposta la realizzazione della Rete ecologica, attraverso l’integrazione e la regolamentazione dei SIC (Siti di Importanza Comunitaria) e delle ZPS (Zone di Protezione Speciale), attuando così le direttive comunitarie “Habitat” e “Uccelli”. Il Testo Unico prevede altresì la predisposizione delle cosiddette “aree contigue” quali soggetti di pianificazione integrata con il territorio circostante. Inoltre si è provveduto alla definizione dei “corridoi ecologici” e delle “connessioni naturali”, elemento innovativo rispetto alla precedente.
In questo quadro normativo che allinea la Regione agli orizzonti europei, è previsto un coordinamento permanente con le politiche urbanistiche e territoriali, per stabilire un completo governo del territorio. In tale previsione la Carta della Natura Regionale costituisce stralcio del Piano Territoriale Regionale e ad esso si devono adeguare tutti gli strumenti pianificatori e urbanistici. Ma la nuova legislazione regionale deve fare i conti anche con la contrazione dei bilanci pubblici che non consente di mantenere una pletora di enti che finiscono per essere, molto spesso, più occasione per il soddisfacimento di carriere politiche deluse, che efficienti strumenti di gestione del territorio. Ecco perché la Regione ha pensato di ridefinire e ridisegnare il sistema gestionale delle aree protette prevedendo una riduzione del numero di enti di gestione raggruppando le aree esistenti sulla base di caratteristiche comuni.
L’azzeramento dei soggetti gestori e la loro conseguente ricostruzione porta a definire una nuova configurazione che passa dagli attuali 29 Enti di gestione -oltre alla
Provincia di Torino e ad alcuni Comuni ai quali è già affidata la gestione di alcuni ambiti territoriali protetti-, a 12 Enti, 3 Amministrazioni Provinciali e a insiemi di Comuni con compiti gestionali su 4 aree, semplificando in modo considerevole il quadro complessivo. Con questo nuovo assetto le aree protette -che tuttavia mantengono la loro identità e pertanto restano soggetti singoli da tutelare secondo le loro caratteristiche ambientali e territoriali- sono affidate a gestioni caratterizzate dalla territorialità.
Ne emergono le Alpi Cozie, il sistema delle montagne cuneesi, quello legato al fiume Po, quello dell’area metropolitana torinese e così via, con l’unica eccezione dei Sacri Monti che sono oggetto di gestione unitaria per tipologia.
Questa scelta organizzativa consente di dare risalto alla loro specificità come complesso sistema di luoghi della memoria religiosa, artistica, architettonica e come esempi a livello europeo di corretta gestione territoriale. Un unico ente gestore consente di rafforzare la loro visibilità, soprattutto in seguito all’iscrizione nella Lista del Patrimonio Mondiale da parte dell’UNESCO. Tra gli altri elementi significativi del Testo unico è da segnalare il coinvolgimento diretto delle Province, dei Comuni e delle Comunità Montane, attraverso il conferimento della gestione di intere aree protette, con il relativo trasferimento di risorse economiche, e mediante delega per quanto concerne i SIC; la creazione di un nuovo organo negli enti strumentali (Comunità Aree Protette); l’utilizzo di uno strumento di programmazione (Piano Economico Sociale), redatto dalla Comunità, come strumento di indirizzo e di definizione delle politiche del territorio; la nomina, all’interno del Consiglio, di rappresentanti
delle Province e dei Comuni.
Ma dalla nuova normativa esce rafforzata anche la valorizzazione dei parchi internazionali e interregionali, per i quali si rende possibile, ai fini gestionali, di procedere a collaborazioni internazionali e interregionali, come avviene da tempo negli enti parco maggiormente organizzati.
Con questo provvedimento la Regione Piemonte ottiene altresì una notevole semplificazione legislativa, con l’abrogazione di 147 leggi e la predisposizione di uno strumento legislativo unico e facilmente integrabile per l’ampliamento della rete (inserimento di nuove aree protette, previsione di SIC, ecc.).
«Il nostro sistema delle aree protette -commenta la Presidente Mercedes Bresso- ha compiuto, nel 2005, trent’anni. Era necessario intervenire su questo corpus normativo per adeguarlo e aggiornarlo, ad evitare che, superato dalla realtà, perdesse vigore d’indirizzo e di governo”. “Dietro tutto ciò c’è esperienza, cultura e passione ambientale, elementi che appartengono alla mia storia personale e politica e che mi sono molto cari. Sono assolutamente convinta che nel rapporto tra natura e cultura si debba sempre ragionare in termini di “sviluppo sostenibile” per poter migliorare la vita senza estraniarla dall’ambiente. L’ambiente è “il tutto”. Ricomprende dentro se stesso gli esseri animali, vegetali e la ricchezza del mondo inanimato. L’ambiente, insomma, è un “bene unitario”. Averlo capito ci ha fatto promuovere trent’anni fa, con lungimiranza e diventando esempio per l’Italia, la prima legge sui parchi. Ora il Testo Unico, che ci rende nuovamente protagonisti sulla scena nazionale, rappresenta l’evoluzione della politica ambientale della Regione e degli Enti locali a tutela delle aree naturali e della biodiversità». Non sono così convinti della totale bontà del provvedimento gli ambientalisti che, unitariamente (Pro Natura, Legambiente, WWF, Italia Nostra) non mancano di avanzare alcune critiche.
Intanto hanno qualcosa da ridire sul metodo. «Una riforma così incisiva del sistema di protezione regionale –dicono- sarebbe bene fosse preceduta da una diagnosi condivisa e partecipata dello stato di fatto, dei limiti registrati nell’attuale assetto normativo e organizzativo, nelle strutture e nelle modalità di azione». Per questo hanno chiesto che «il tema del governo regionale dei parchi divenga oggetto di una riflessione realmente approfondita, condivisa con quanti, all’interno dei corpi tecnici dei parchi e delle associazioni, rappresentano il filo di continuità dell’amministrazione e del presidio sul territorio» Ma anche sul merito, sono state sollevate alcune questioni irrinunciabili per l’arcipelago ambientalista.
Tra queste, la necessità di una attribuzione di responsabilità di governo dei Parchi ad un livello sovraordinato rispetto a quello comunale. Si corre, infatti, il rischio, in quest’ultimo caso, di ritrovarsi in situazioni nelle quali non sia pensabile alcun serio contrasto alle spinte erosive del sistema dei vincoli circa il consumo dei suoli, di cui spesso le Amministrazioni stesse sono interpreti; la richiesta di accorpare i Parchi secondo criteri di coerenza naturalistico-ambientale, territoriale, tipologica e di sostenibilità operativa e non puramente burocratici ed economici; necessità di reale tutela dei SIC, dei biotopi regionali e delle ZPS; definizioni e indicazioni più chiare nell’individuazione e nelle previsioni di tutela per i “corridoi ecologici” e le “connessioni naturali”. In una nota, le associazioni ambientaliste hanno inoltre richiamato la «necessità di ripensare gli strumenti di vincolo circa l’utilizzo dei suoli per ridurre l’impatto delle attività produttive sulle aree protette; la necessità di innalzare e di uniformare il livello di copertura del territorio di Parchi ed Aree Protette grazie a strumenti di vincolo e pianificazione resi ovunque operativi; la garanzia di una significativa rappresentanza, nella gestione di Parchi ed Aree Protette, delle associazioni portatrici di interessi collettivi (ambientalisti, agricoltori, etc.) e di una loro potenziale associazione al governo degli Enti». Le critiche specifiche mosse al Testo unico proposto dalla Giunta regionale possono essere, in sintesi, così riassunte:
• impostazione autocratica;
• insufficienza delle finalità da perseguirsi da parte dei gestori delle Aree Protette e venir meno delle singole finalità specifiche;
• mancata attuazione della legge quadro nazionale su di un punto ritenuto fondamentale, la differenziata forma organizzativa per ciascun parco, sostituita dall’omologazione;
• nomina autoritativa dei Presidenti degli Enti di gestione;
• criteri irrazionali per la composizione dei consigli direttivi;
• insufficiente rappresentanza democratica delle amministrazioni locali all’interno degli organi di gestione degli enti;
• mancanza di connessione con gli strumenti di pianificazione paesistica prevista dalla legge nazionale e confusione normativa per le pratiche autorizzative;
mortificazione e marginalizzazione delle Associazioni ambientaliste negli organismi di governo delle aree protette, a dispetto del riconoscimento del loro ruolo di tutori dell’interesse collettivo diffuso. Altre carenze vengono evidenziate in merito alla protezione e valorizzazione dei beni specificamente tutelati in ogni area protetta. In particolare si sottolineano alcune assenze che preoccupano gli ambientalisti: il riferimento a un diverso tipo di economia da praticare all’interno delle aree protette; il richiamo specifico al divieto di introduzione di specie alloctone e all’eventuale necessità di un riequilibrio ecologico con progressivo eradicamento delle specie non autoctone; l’esplicito divieto di pesca all’interno delle Aree Protette, nelle quali sopravvivono addirittura riserve di pesca!
Si tratta di osservazioni, non marginali, che gli ambientalisti hanno sviluppato in dettaglio e che fanno prevedere tempi di approvazione del Testo unico, meno veloci di quanto fosse previsto a livello regionale.
Per migliorare la normativa le associazioni di tutela hanno chiesto maggiori spazi partecipativi e l’organizzazione di uno specifico incontro seminariale che consenta di approfondire il tema delle politiche di protezione della naturalità e della biodiversità del territorio.

di Delfino Olivero