Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 47 - FEBBRAIO 2006




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Alla ricerca del finanziamento perduto

Le aree protette italiane davanti alle nuove strade per autofinanziarsi

Nel panorama della pubblica amministrazione gli enti gestori di aree naturali protette rappresentano sicuramente una specie a parte, una sorta di relitto della cosa pubblica di altre epoche e di altre latitudini: non hanno alcuna possibilità di reperire risorse dai cittadini per i propri compiti istituzionali, come accade per gli altri enti locali con le varie imposte comunali, provinciali e regionali; dopo l’abolizione del piano triennale per le aree protette non hanno alcuna fonte di finanziamento specifica; a ogni finanziaria vengono regolarmente vessati con tagli e imposizioni inattuabili; nella partecipazione a bandi e programmi finanziari si vedono costretti a concorrere insieme ad altri soggetti pubblici e privati con l’aggiunta dell’handicap di partenza di uno status “ibrido” non sempre riconosciuto come soggetto beneficiario; per concludere si vedono regolarmente beffati nella veste di oggetto di molti progetti finalizzati alla salvaguardia della natura dei quali beneficiano altri e, in alcuni casi documentati, persino a danno del parco stesso. Ad aggravare il quadro si aggiunge una tendenza degli ultimi anni che ha visto una costante diminuzione dei finanziamenti correnti che, per gli enti come i parchi senza molte altre possibilità di accesso a risorse finanziarie, assume sembianze letali, tanto che la stessa Corte dei Conti nella relazione sul risultato del controllo sulla gestione finanziaria del Parco Nazionale del Gran Paradiso conclude così: «Il contributo ordinario dello Stato si rivela appena sufficiente per coprire le spese di personale, le altre spese insopprimibili, e le attività istituzionali…».
Parallelamente a questa stretta finanziaria senza precedenti i parchi hanno registrato un notevole e oneroso allargamento delle loro competenze e finalità. La legge 426 del 1998 sul piano nazionale e le rispettive leggi regionali sul piano locale, hanno rafforzato il ruolo del parco come motore dello sviluppo sostenibile, gestore di servizi e strutture per i residenti e i visitatori, fino a diventare nella percezione comune di alcune zone, il principale creatore di posti di lavoro. Gli enti parco nazionali e regionali si sono così trovati a dare risposte alle numerose istanze che provengono da territori spesso problematici, il cui stato è stato aggravato da politiche di sviluppo “tradizionali” che hanno fallito con seguito di macerie economiche e sociali. Oggi in molte aree il parco rappresenta una importante opportunità di sviluppo e, in alcuni casi, l’unica speranza di riscatto, molte aree protette non si sono sottratte a questo oneroso ruolo, investendo in prima istanza in idee, progetti e innovazione. Purtroppo molte iniziative sono rimaste allo stato embrionale per mancanza di fondi, mentre le poche che hanno avuto le risorse necessarie stanno dando risultati sorprendenti in termini di qualità dei risultati e di efficacia delle azioni. Alcune di queste “buone pratiche” sono state raccolte da Federparchi nell’omonimo volume che testimonia come il modello parco, se sostenuto e non osteggiato, rappresenta localmente una reale risposta ai problemi di sviluppo e globalmente il più efficace argine alla perdita di biodiversità e di risorse non rinnovabili. Secondo un rapporto del WWF del 2003, “Ragioni economiche per la conservazione delle aree protette”, per il mantenimento del network mondiale delle 100.000 aree protette la comunità internazionale spende 6,5 miliardi di dollari l’anno, meno di un quarto di quanto sarebbe necessario (circa 28 miliardi di dollari) con benefici tra i 4.400 miliardi e 5.200 miliardi di dollari l’anno. Se si prendessero per buone queste cifre e le si analizzassero da un punto di vista finanziario con i parametri di Standard & Poor’s, si scoprirebbe che le aree protette conquisterebbero un lusinghiero rating AAA, tanto da ipotizzare che in una eventuale quotazione in Borsa, si vedrebbero i parchi oggetto di scalate non più alpinistiche ma finanziarie. Se mettiamo da parte la finanza creativa ed esaminiamo con attenzione gli strumenti immediatamente disponibili, scopriamo che per sollevare le sofferenze finanziarie delle aree protette forse sarebbe sufficiente l’applicazione di norme già esistenti, come il famoso quanto inapplicato art. 7 della legge quadro sulle aree protette (L. 394/91) che dovrebbe assicurare ai comuni ed alle province il cui territorio è compreso, in tutto o in parte, entro i confini di un parco nazionale o regionale priorità nella concessione di finanziamenti dell’Unione europea, statali e regionali richiesti per la realizzazione, di interventi, impianti ed opere previsti nel piano per il parco. Inoltre lo stesso articolo al comma 2 prevede che il medesimo ordine di priorità è attribuito ai privati, singoli od associati, che intendano realizzare iniziative produttive o di servizio compatibili con le finalità istitutive del parco nazionale o regionale. Se realmente questa Legge dello Stato fosse rispettata, i parchi potrebbero diventare il fulcro di progetti e iniziative sostenibili dai quali trarre risorse per il proprio funzionamento e per il territorio. Ma c’è un altro articolo della 394/91, anch’esso inapplicato, che potrebbe svolgere da volano finanziario per investimenti e programmi di largo respiro, si tratta dell’art. 1 bis introdotto dalla L. 426/98 che parla di programmi nazionali e politiche di sistema. Al comma 1 si dice che «Il Ministro dell’ambiente promuove, per ciascuno dei sistemi territoriali dei parchi dell’arco alpino, dell’Appennino, delle isole e di aree marine protette, accordi di programma per lo sviluppo di azioni economiche sostenibili con particolare riferimento ad attività agro-silvo-pastorali tradizionali, dell’agriturismo e del turismo ambientale con i Ministri per le politiche agricole, dell’industria, del commercio e dell’artigianato, del lavoro e della previdenza sociale e per i beni culturali e ambientali, con le regioni e con altri soggetti pubblici e privati». Inoltre il comma 2 stabilisce che «Il Ministro dell’ambiente, sentito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, degli Enti parco interessati e delle associazioni ambientalistiche maggiormente rappresentative, individua altresì le risorse finanziarie nazionali e comunitarie, impiegabili nell’attuazione degli accordi di programma di cui al comma 1». In sostanza si tratterebbe di una linea di finanziamento specifica per i parchi che, seppure nell’ambito di accordi di programma con altri soggetti, individua le aree protette come soggetti centrali di politiche di sviluppo che investono oltre alle Regioni e agli enti locali ben 6 diversi Ministeri. Sulla carta un ruolo ben più consistente del vecchio Piano triennale per le aree protette e che presuppone risorse più consistenti ma che allo stato attuale sono, appunto, ancora tutte sulla carta. A queste leggi inapplicate si è di recente aggiunta una nuova opportunità di finanziamento per i parchi, è il “decreto per la competitività” (decreto legge n. 35 del 2005) che introduce nuove deduzioni fiscali nei limiti del 10% per liberalità effettuate a favore di vari enti ed istituzioni che si occupano di ricerca, tutela, promozione e valorizzazione dei beni di interesse artistico, storico e paesaggistico tra cui gli Enti Parco regionali e nazionali. Per fruire delle agevolazioni è necessario che le erogazioni liberali in denaro siano effettuate tramite banca, ufficio postale, carte di debito, di credito e prepagate, assegni bancari e circolari. Sta ora ai parchi “appropriarsene” e diffondere questa opportunità presso i cittadini, magari legandole a progetti specifici ben riconoscibili per aumentarne l’appeal.
In attesa di riuscire a imboccare questi percorsi già tracciati dal legislatore, i parchi per sopravvivere non possono che inerpicarsi sugli impervi sentieri dell’autofinanziamento, pieni di insidie, soprattutto per le esigenze di tutela e conservazione. Su questi argomenti Federparchi, insieme al Parco Regionale della Maremma (capofila), al Parco Nazionale delle Cinque Terre, al Parco Nazionale del Vesuvio, al Parco Naturale dell’Adamello Brenta, al Parco Regionale del Delta del Po Emilia Romagna e al Parco Fluviale dell’Alcantara sta portando avanti il Progetto Life Self-financing Protected Area (Selfpas). L’obiettivo del progetto è quello di migliorare il potenziale di gestione ambientale e territoriale delle aree protette attraverso l’identificazione, la selezione e l’applicazione di meccanismi di autofinanziamento. Attraverso l’esperienza derivante da applicazioni reali il progetto Selfpas intende creare un bagaglio di conoscenze sufficienti a fornire agli enti gestori gli strumenti e le buone pratiche per sviluppare meccanismi di autofinanziamento adatti alle finalità di un parco.
Il progetto ha già prodotto alcuni sorprendenti risultati che sono stati presentati in un convegno nel marzo scorso a Caderzone, nel Parco Naturale Adamello Brenta. La “cura dimagrante” alla quale sono stati sottoposti i parchi ha evidentemente stimolato l’istinto di sopravvivenza delle aree protette italiane, che hanno raggiunto livelli di efficienza di autofinanziamento inimmaginabili nel panorama della Pubblica Amministrazione. Come esempio significativo si segnala il 50% di autofinanziamento del Parco Nazionale delle Cinque Terre, una vera “industria della natura”, che ha una valenza ancora più significativa se si considerano i limiti e le finalità di un’area naturale protetta. I lusinghieri risultati rilevati dal progetto Sefpas hanno peraltro trovato conferma in un altro recente studio sulle Riserve regionali abruzzesi della società Apriambiente, anche in questo caso sono emerse performance notevoli, soprattutto da parte della Riserva del Lago di Penne dove, a fronte di un finanziamento regionale annuo di 295.000 euro, si registra un volume d’affari complessivo di 1.525.000 euro che con l’indotto raggiunge 6.885.000 euro. Ma non sono solo i numeri a sorprendere, è anche la varietà di metodi e di iniziative messe in atto dai parchi per coniugare finanziamenti e conservazione che denota una vivacità intuitiva non molto diffusa nella Pubblica Amministrazione italiana. Naturalmente le problematiche non mancano, soprattutto per quanto riguarda i delicati aspetti di sostenibilità ambientale, e anche i risultati economici non sempre arrivano, su questi aspetti gli esperti del progetto Sefpas stanno lavorando per fornire agli enti gestori delle aree protette strumenti utili per aumentare l’efficacia di valorizzazione delle risorse ambientali, paesaggistiche e culturali, per sviluppare i servizi offerti, per migliorare la gestione dei flussi turistici e dei comportamenti dei visitatori, per creare un potenziale per fornire incentivi economici ad individui e organizzazioni desiderose di investire in buone pratiche ambientali e nella ricerca scientifica per la conservazione di ecosistemi e di specie.
Molto interessante è il quadro emerso da un analisi a livello mondiale sul variegato panorama dei metodi di autofinanziamento messi in atto nelle aree naturali protette di tutto il mondo, molti di questi metodi potrebbero essere ripresi e, con i dovuti aggiustamenti, adattati alla realtà dei parchi italiani. Di seguito si segnalano alcuni interessanti esempi tratti dalla ricerca del Dott. Marcello Notarianni per il progetto Selfaps.

Slovenia: una compagnia telefonica supporta il Parco
La compagnia di telefonia cellulare Mobitel sostiene diverse attività nel campo della cultura, sport, protezione
della natura e scienza in Slovenia, è anche il principale partner e sponsor di Birdlife-Slovenia. La compagnia è cosciente dell’accresciuto interesse pubblico per le società “nature-friendly”; il che risulta in un incremento del tasso di sottoscrizioni alle loro offerte di telefonia mobile. Nel 2002 la compagnia decise di investire denaro nella ristrutturazione e nella protezione del Parco Naturale delle Saline di Secovlje (640 ettari). Tradizionalmente il Parco Naturale delle Saline di Secovlje produce e vende sale. La gestione del Parco è stata assegnata dal Governo sloveno alla Mobitel con un contratto di concessione. La società può condividere i ricavi del Parco (9%) e utilizzare la sua immagine, ma deve finanziare i costi operativi e cosa più importante gestire l’area protetta esclusivamente secondo il Piano di gestione approvato, inoltre la proprietà del suolo riamane di proprietà statale. Non esistono speciali fondi ambientali all’interno della società; il bilancio è redatto dall’autorità del Parco ed è approvato direttamente dal cda della Mobitel. La società Mobitel inoltre supporta il Parco fornendogli ulteriori strumenti di marketing. (Fonte: Sovinc, A., Conference on finance sources for protected areas in the Mediterranean, Siviglia, 29-31 Gennaio 2006).

Santa Lucia: partneship pubblico-privato
A Santa Lucia, piccolo Stato-paese nel Mar dei Carabi, è stato stipulato un accordo di collaborazione tra il governo e una istituzione cittadina per la gestione di un area marina protetta finalizzata ad amministrare un sistema di tariffe legate a servizi turistici gestiti in esclusiva. Le entrate provenienti dalla gestione dei servizi e da altri usi in concessione sono collocati in uno speciale fondo governativo che, nell’eventualità di carenza di entrate, viene implementato dal governo che eroga trimestralmente i pagamenti all’istituzione cittadina per la gestione dell’area marina protetta.

Stati Uniti: tariffe sull’acqua per finanziare progetti
Grand Teton Alpine Spring Water e Yellowston Spring Water sono due imprese imbottigliatrici di acqua proveniente da una sorgente naturale della regione occidentale dello Yellostone che contribuiscono al finanziamento di due parchi nazionali (Grand Teton e Yellowstone). Il finanziamento avviene sia attraverso una tariffa di prelevamento alla sorgente, sia con i contributi che i rivenditori regionali sono obbligati a versare direttamente ai parchi a seconda dell’andamento delle vendite. Le risorse ricevute sono vincolate a un utilizzo solo per progetti e non per costi amministrativi.

I Tour Operators per lo sviluppo sostenibile del turismo
La Tour Operator Iniziative (TOI) finanziata dall’UNEP (Programma Ambientale delle Nazioni Unite), UNESCO e OMT (Organizzazione Mondiale del Turismo) è un iniziativa internazionale che coinvolge 25 tour operators di numerosi Paesi che hanno sottoscritto un impegno di integrazione a livello aziendale sui principi di sviluppo sostenibile. A livello operativo i tour operators hanno attività comuni per l’individuazione e diffusione di strumenti di gestione e comunicazione della sostenibilità nel turismo. Nello sviluppo e gestione del prodotto i tour operator si sono impegnati in politiche di selezione/cancellazione delle destinazioni secondo criteri di sostenibilità stabiliti da una carta sottoscritta dagli aderenti; identificano le problematiche legate alla sostenibilità nelle destinazioni e operano modifiche nel “disegno” dei pacchetti per prevenire e minimizzare gli impatti. Gli itinerari nelle aree protette prevedono la stima del carico dei visitatori anche in assenza di precise indicazioni da parte del parco stesso, inoltre è obbligatorio fornire ai visitatori informazioni e codici di condotta per minimizzare gli impatti ambientali. Inoltre i tour operators aderenti sono periodicamente chiamati ad erogare contributi finanziari per progetti di conservazione locale. (Per maggiori informazioni: http://www.toinitiative.org)

Sudafrica: un fondo per i parchi
Il KwaZul-Natal Conservation Trust (KZNT) è un fondo di capitale indipendente. Fu fondato nel 1989 dopo la continua riduzione del finanziamento pubblico delle aree naturali protette e per unificare donazioni pubbliche e private finalizzate alla conservazione della natura. Il Servizio Conservazione Natura Sudafricano collabora con il fondo KZNT per l’ottenimento di fondi attraverso azioni di lobbing congiunte. Il fondo ottiene entrate con diversi mezzi quali: riscossioni, donazioni, patrocinio di eventi e vendita di opere d’arte (opere donate da artisti e scultori). Inoltre il fondo può contare su un emblema che può essere utilizzato nei capi di abbigliamento, attrezzature e accessori con una licenza e previo pagamento dei diritti. (Fonte: Buckey e Sommer, Tourism and Protected Areas: Partnership in principle and Practice, Sydney 2001)

Costa Rica: biodiversità e ricerca farmaceutica per i parchi
L’iniziativa nasce nel 1991 da un accordo tra l’Istituto Nazionale di Biodiversità del Costa Rica (INBIO) e la società farmaceutica Merck Ltd. che prevede la fornitura a Merck da parte di INBIO di estratti naturali provenienti da piante, insetti e microrganismi dei parchi costaricani per i programmi di ricerca sui farmaci. Per l’accordo l’azienda farmaceutica Merck ha pagato 1.135.000 US$ e si è impegnata a pagare a INBIO i diritti dei prodotti nati dalla ricerca. Dal suo canto INBIO è obbligata a contribuire al 10% dei finanziamenti necessari al funzionamento del sistema dei parchi nazionali costaricani e a versare ai parchi stessi il 50% dei diritti che riceve dalla Merck.

Francia: Conservatoire du l’Espace Littoral
Conservatoire du l’Espace Littoral è la Fondazione pubblica francese responsabile della protezione delle aree costiere ed umide attraverso l’acquisizione e ove necessario l’espropriazione di terre per pubblico interesse. Dalla sua fondazione (1975), il Conservatoire ha acquistato 73.610 ettari sulle coste e sponde in tutto il territorio francese. Le località sono gestite dalle autorità locali, anche con la partecipazione di organizzazioni ambientaliste. Il Conservatoire ha un bilancio annuale di circa 30 milioni di €, dei quali 25 milioni destinati all’acquisto e la gestione dei siti. La maggior parte dell’ammontare proviene dallo stato centrale, ma ci sono contributi anche da gruppi locali europei, aziende e privati cittadini. Dal 1996 ci sono donazioni di terreni e sono deducibili dalle tasse. Il Conservatoire ha instaurato una collaborazione tecnica con 12 paesi del Mediterraneo in svariati progetti, come il MedWet Coast Programme. Le istituzioni hanno collaborato alla preparazione dei dossier finanziari di diversi progetti finanziati dal FFEM (il fondo francese per l’ambiente mondiale) o dall’Agenzia Francese di Sviluppo.

Costa Rica: pagamenti per i servizi legati al mantenimento dell’ecosistema dei parchi
La Del Oro S.A., un’impresa dedita alla coltivazione di arance costaricane paga all’Area de Conservacion Guanacaste 5 US$ per ettaro all’anno per la fornitura dell’acqua e per la protezione del bacino imbrifero situato all’interno del parco. Il valore totale del contratto ventennale è di 480.000 US$ (24.000 dollari all’anno). La Del Oro S.A. paga inoltre 1 dollaro per ettaro all’anno per i servizi di lotta contro le calamità naturali e l’impollinazione negli aranceti che si trovano al confine con l’area protetta.

Spagna: compensazioni per costruzione di infrastrutture nei parchi
L’autostrada A-381 congiunge le città di Los Barrios e Jerez in Andalusia e attraversa una delle più grandi sugherete del mondo, nel Parco Naturale di Los Alcornocales. Il governo regionale dell’Andalusia (Junta de Andalucía) ha destinato il 35-40% dell’ammontare totale del budget (più di 315 milioni di €) per misure di correzione delle opere e di compensazione dei danni ambientali inevitabili. Le misure di compensazione (5-10% del budget complessivo) sono state definite da un team di esperti secondo un accordo che il governo regionale dell’Andalusia ha firmato con la stazione biologica di Doñana e riguardano essenzialmente programmi specifici per la conservazione e la tutela dell’habitat e delle specie autoctone. Inoltre le autorità regionali si sono impegnate a compensare gli impatti ambientali futuri dell’autostrada attraverso programmi di reintroduzione dell’Aquila imperiale, del Falco pescatore e della Lontra nel parco naturale. (Per maggiori informazioni: http://www.juntadeandalucia.es)

Costa Rica: un fondo Gas serra per i parchi
Il Costa Rica ha costituito un Fondo per la riduzione dei gas serra per promuovere l’implementazione di progetti secondo la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sul Cambiamento Climatico.
Gli investitori che desiderano compensare le emissioni di carbone

di Paolo Pigliacelli
Responsabile progetti Federparchi