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Parco Naturale Regionale dei Monti Lucretili

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Dorsale del Monte Pellecchia

La lunga dorsale del rilievo più elevato dei Monti Lucretili

  • Percorribilità: A piedi
  • Interesse: Fauna, Geologia, Panorama, Storia
  • Partenza: Borgo di Monteflavio (760 m)
  • Tempo di percorrenza: 5 ore 30 minuti
  • Difficoltà: T - Turistico
  • Dislivello: 650 m
  • Quota minima: 760 m
  • Quota massima: 1369 m
  • Segnavia: segnato rosso-bianco-rosso, nn. 312, 312A e 312B
  • Periodo consigliato: da aprile a novembre

L'itinerario proposto permette di accedere alla lunga dorsale del rilievo più elevato dei Monti Lucretili, il Monte Pellecchia (1369 m). Posto nel settore centro-settentrionale del sistema montuoso il monte presenta un orientamento appenninico con morfologie dolci senza particolari caratterizzazioni lungo il versante occidentale che contrasta sostanzialmente con i ripidi versanti sud-orientali. Percorso facile che consente di ammirare nella sua completezza buona parte della dorsale appenninica laziale-abruzzese tuttavia è interessato da periodi di innevamento sviluppandosi lungo il rilievo più alto e in parte meno esposto alla mitigazione climatica degli influssi tirrenici.

Monte Pellecchia vista dal pratone
Monte Pellecchia vista dal pratone

Il punto di partenza dell'itinerario può essere il centro di Monteflavio (756 m) appena superato il paese in auto: da entrambe le località inizia il percorso di ascesa alla dorsale del Pellecchia. Questo tratto compreso tra il paese e l'attacco del sentiero di montagna, pur sviluppandosi su una strada sterrata, presenta da un punto di vista storico un notevole interesse. L'intero percorso proposto è parte della famosa "strada della Neve", una via che congiungeva queste aree montane con la via Salaria e quindi con Roma permettendo lo svolgimento di una delle attività cardine dell'antica economia locale imperniata sulla raccolta, la conservazione e il commercio della neve. Attività nota sin dall'età romana, sicuramente attestata nella non lontana Villa Adriana a Tivoli, fu fortemente incrementata durante i sec XVII e XVIII da parte delle autorità papali attraverso veri e propri bandi di gara pubblici per l'affidamento del commercio. La neve veniva raccolta e costipata in pozzi - pozzi della neve - che si trovano dislocati sulla dorsale del Pellecchia per poi essere caricata su carri e trasportata fino a Roma. L'attività perse valore quando la tecnologia della seconda metà dell'ottocento permise di produrre nelle città il ghiaccio. Questa tratto opzionale percorribile in circa cinquanta minuti permette di osservare un paesaggio agro-silvo-pastorale impostato su quote medio-alte (800-1000 m) nel quale prevale un'economia legata in larga parte all'allevamento semi brado dei cavalli. Stazzi lignei (recinti per gli animali), covoni e vallecole coltivate sono inframezzati da pascoli cespugliati in abbandono con prugnolo, maggiociondolo e rovo e limitati lembi di cedui matricinati a carpino, orniello e cerro. A circa due chilometri dal borgo sulla sinistra della strada sorgono i resti della chiesetta della Madonna delle Carbonere. Siamo alla base del Monte Mozzone, sul tracciato dell'antica strada della neve. I resti della chiesetta campestre sono probabilmente da mettere in relazione proprio al commercio di questo "prodotto". E' stato ipotizzato che in origine la struttura potesse essere una madonnella dedicata alla Madonna della Neve a cui venivano attribuite funzioni magico-religiose e di protezione dell'attività economica di commercializzazione di un prodotto "effimero", legato agli eventi atmosferici da cui dipendeva una parte rilevante dell'economia locale. Una volta venuto a mancare il mercato della neve, il culto venne rifunzionalizzato a protezione della attività del carbone, da cui il toponimo locale di Madonna delle Carbonere. L'itinerario prosegue seguendo una costante leggera salita che permette di raggiungere la quota di 1000 m circa e il superamento del Colle della Caparnassa, inizio del percorso per la dorsale montuosa. La località si trova nella parte meridionale del costone delle Serre dei Ricci, area destinata a rimboschimento con specie alloctone che raggiunge un'estensione di circa 60 ettari. Dominano le conifere come il pino nero, il cipresso e il cipresso dell'Arizona; il rimboschimento abbastanza ben sviluppato nella porzione nord-occidentale risulta invece fortemente compromesso nell'area sommitale dall'eccessivo pascolo e dall'esposizione ad agenti atmosferici avversi. La dubbia scelta di impiantare specie arboree non autoctone è in parte attenuata dal fatto che il bosco artificiale rappresenta un buon "catalizzatore" per lo scoiattolo (Sciurus vulgaris meridionalis) qui facilmente osservabile grazie alle conifere che forniscono il nutrimento. Si prosegue lungo la cresta del Colle di Caparnassa da dove si può ammirare il versante occidentale del Monte Pellecchia profondamente solcato da impluvi e vallecole erosive mentre, in contrasto con il paesaggio brullo e fortemente pascolato, sono le estese formazioni forestali dei boschi di transizione tra querceto misto e faggeto che ricoprono il versante meridionale del Monte Mozzone e tutto lo spartiacque settentrionale del Fosso del Cerreto. Il toponimo del Colle del Castagnone tradisce la presenza di particelle isolate di castagno (Castanea sativa). Il pascolo, eccessivo nel settore attraversato ed in particolare nelle pendici del Pellecchia, rappresenta tuttora un forte fattore limitativo all'espansione e allo sviluppo delle formazioni forestali. Il suolo, già di per sé poco evoluto, si presenta fortemente lisciviato e dilavato con la cotica erbosa percorsa da innumerevoli piste che il bestiame allo stato brado si apre nei pascoli cespugliati. Le deiezioni degli animali acidificando il terreno favoriscono lo sviluppo localizzato di una flora nitrofila favorita dalla presenza di azoto che concorre ad un mancato rinnovamento del bosco.

Difficoltà: nessuna, il percorso è evidente
Dove nei Monti Lucretili: settore centro settentrionale
Come arrivare alla partenza: da Monteflavio per Via Monte Pellecchia

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