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Parco Nazionale della Val Grande



Atti del Convegno
  Wilderness e turismo integrato - Opportunità o conflittualità?

“Piemonte: Regione di Parchi”

Un saluto a tutti voi, un saluto particolare al Signor Prefetto e un saluto anche a due persone che noi conosciamo molto bene, che della tutela ambientale e del patrimonio ambientale hanno fatto una ragione di vita, che sono la Sig.ra Mazzucchetti e la Sig.ra Alberti. Comunque il discorso della tutela ambientale è un patrimonio di tutti e quindi tutti noi ci sentiamo di essere dalla loro parte.

Piemonte: Regione di Parchi.
Il Piemonte infatti è in una posizione direi privilegiata nel paesaggio nazionale delle riserve naturali. In Regione Piemonte abbiamo 55 riserve naturali che sono divise in vari settori: abbiamo 2 parchi nazionali, 21 parchi regionali, 1 parco provinciale, 24 riserve naturali speciali, 2 riserve naturali orientate, 3 aree attrezzate, 1 zona di salvaguardia e 3 fasce fluviali del Po. Questo significa che esiste un patrimonio territoriale di circa 150.000 ettari di zona protetta, pari al 5,8% del territorio regionale, una dimensione rilevante che ci pone nella condizione di dover confrontarci con una realtà che spesso è stata subita, spesso è stata non capita dai cittadini, dagli operatori economici e dalle associazioni di categoria.

Questo perché? Perché i parchi che hanno – come tutti noi pensiamo – un grande valore dal punto di vista morale ed etico per la cultura di un popolo, si scontrano spesso con la realtà economica come quella nostra italiana.
E allora la grande scommessa che il Piemonte oggi deve per forza di cose porsi, è darsi come punto di arrivo il trasformare questo patrimonio ambientale in un patrimonio attivo nell’economia piemontese.
Noi non possiamo oggi più permetterci di considerare queste aree protette delle aree a finanziamento, ad economia a perdere perché il pubblico, oggi, non ha le risorse economiche per sostenere attività che non producono.

E allora? Proprio stamattina mentre leggevo un depliant (è della Regione Piemonte anche se non dovrei dirlo), mi sembrava quasi di leggere un “necrologio” dei parchi e delle riserve naturali piemontesi. Perché? Infatti leggevo solo questo: 55 aree protette, pari al 5,3% della superficie regionale, 32 enti di gestione che occupano attualmente 320 persone, 22 miliardi di spesa per garantire il funzionamento. Tra dieci anni questo depliant potrà anche scrivere le stesse cose (indicando tuttavia meno enti di gestione e più persone occupate), indicando però che tali risorse economiche ed umane hanno permesso di sviluppare nell’economia piemontese un prodotto interno lordo di Tot. Miliardi.

A quel punto noi avremo le risorse per fare grandi le riserve naturali, per migliorarle, per renderle percorribili e capaci di sviluppare un settore, quello turistico, che nella sua parte migliore – e qui concordo con il Dott. Geiger – può e deve dare alle aree protette la possibilità di continuare ad esistere.

Non esiste solo il turismo di massa, quello che va a Rimini o a Riccione, ma esiste un turismo qualificato, culturale, artistico, volto alla ricerca professionale o anche solo alla contemplazione che può trovare nell’ambiente una grande sensazione di vita, una sensazione di miglioramento della qualità della vita e soprattutto una serenità interiore.

Dobbiamo anche considerare un altro aspetto: nell’incapacità dei giovani di capire cos’è la natura, cos’è l’ambiente, cos’è la potenzialità dell’ambiente (che noi non riusciamo a trasmettere loro), sta tutto il paradosso del sistema delle riserve naturali.
A livello regionale dobbiamo confrontarci affinché i parchi siano fruibili in modo compatibile all’ambiente, ma alla portata di tutti: solo attraverso la conoscenza e la fruizione delle aree per tutti è possibile creare una nuova mentalità ambientale.

Il Parco Nazionale della Val Grande è una realtà di 13.000 ettari che sommati agli altri 8.000 occupano il 10% del territorio di questa nuova provincia; le risorse naturali in questa provincia devono diventare l’industria del futuro, dello sviluppo turistico di quest’area: un’industria che non produce scorie, inquinamenti, DDT e “porcherie”, ma un’industria che è capace di sviluppare sensazioni, di sviluppare quei valori morali e culturali che i nostri giovani non conoscono più e che io stesso conosco ancora poco.

Ettore Racchelli - Consigliere Regione Piemonte