La Riserva Naturale Monte Rufeno dal 1983 protegge estesi boschi in un paesaggio collinare attraversato dal fiume Paglia. I circa tremila ettari dell'area protetta sono dominati dai querceti misti, oltre a macchia mediterranea e rimboschimenti di conifere.
Al confine con Umbria e Toscana la Riserva, grazie alla particolare collocazione geografica e alle vicende storiche del territorio, ospita flora e fauna molto ricche con specie anche rare.
Sono caratteristici i casali in pietra restaurati con funzione didattica e ricettiva disseminati tra i boschi; vi sono, infine, diversi torrenti, stagni e fontanili che rendono piacevoli le escursioni oltre a favorire flora e fauna in parte esclusiva di questi ambienti.
Il Museo del Fiore, situato nei pressi di Torre Alfina, permette di apprezzare la biodiversità del territorio e conduce nel mondo del fiore, illustrandone aspetti evolutivi, ecologici e culturali e i rapporti con il mondo animale.
Il territorio della Riserva è caratterizzato da una morfologia dolce
che si inserisce nel tipico paesaggio collinare dell'Alto Lazio e della
Toscana meridionale. I rilievi, che raggiungono quote modeste (massima
774 m s.l.m.), digradano verso l'ampia valle del fiume Paglia, che
nasce dal Monte Amiata e confluisce nel Tevere, che divide la Riserva
in due settori: quello più grande al cui centro si eleva Monte Rufeno,
e l'altro nella zona di Torre Alfina.
Numerosi affluenti del
Paglia, di carattere torrentizio, attraversano la Riserva o ne
delimitano i confini tra cui il Subissone (nei pressi di Torre Alfina),
il Fossatello, il Tirolle e l'Acquachiara.
Nella Riserva dominano i querceti misti a prevalenza di cerro (Quercus cerris),
con diversi gradi di mescolanza: si va dalle cerrete pure al querceto
misto con aceri, carpini, sorbi e frassini. Nelle esposizioni a Nord
più fresche e presso gli impluvi è presente la rovere (Quercus petraea) con carpini, aceri e rari esemplari di agrifoglio (Ilex aquifolium).
Buona parte di questi querceti, cedui invecchiati di circa 40 anni,
sono stati recentemente avviati ad alto fusto. Sulla sommità di Monte
Rufeno vi è un piccolo castagneto avviato ad alto fusto.
I versanti più caldi ed a quote inferiori vedono il progressivo aumento nelle cerrete di roverella (Quercus pubescens) e leccio (Quercus ilex) accompagnate dal sorbo domestico (Sorbus domestica) e dall'acero minore (Acer monspessulanum).
I querceti più degradati, da incendi e utilizzazioni eccessive, si sono
trasformati in ambienti di macchia mediterranea con prevalenza di
leccio con corbezzolo (Arbutus unedo), fillirea (Phillyrea latifolia) e viburno (Viburnum tinus).
I rimboschimenti a conifere, pino nero (Pinus nigra), pino d'aleppo (Pinus halepensis) e pino marittimo (Pinus pinaster),
coprono un quinto della Riserva. Gli arbusteti e le boscaglie in
transizione si ritrovano nelle aree in dissesto e nei rimboschimenti in
parte falliti. Completano il quadro, con piccole superfici, pascoli ed
incolti, oliveti, vegetazione ripariale e delle "trosce".
Grazie alla posizione geografica, alla storia passata e alle differenti
tipologie ambientali presenti la Riserva ha una comunità animale ricca
e varia che unisce specie tipicamente mediterranee con altre di
provenienza settentrionale.
Per quanto riguarda i vertebrati
terrestri (considerando solo l'avifauna nidificante e con l'esclusione
dei chirotteri) la Riserva ospita 122 specie: 11 anfibi, 11 rettili, 67
uccelli e 33 mammiferi.
Un elevato livello di biodiversità non solo su scala locale (Monte
Rufeno ha il 65 % delle specie presenti nella provincia di Viterbo e il
54 % del Lazio) ma anche su scala nazionale (il 30 % delle specie
italiane).
L'area è attualmente quasi del tutto priva di insediamenti umani e
ricoperta da boschi, ma l'opera dell'uomo nel modellare il paesaggio è
stata incisiva.
Fino agli anni sessanta l'area era di proprietà
privata, gestita in forma mezzadrile. I casali erano abitati da
contadini che praticavano la coltura di vigneti, oliveti, cereali
alternati a prati-pascoli per l'allevamento del bestiame.
Al graduale abbandono, causato dei bassi redditi, seguì l'acquisizione
del territorio da parte dell'Azienda di Stato per le Foreste Demaniali
(A.S.F.D) e di conseguenza la pressione antropica diminuì sensibilmente.
L'A.S.F.D. eseguì estese opere di rimboschimento con conifere alloctone
sugli ex coltivi, mentre il bosco ceduo, in precedenza intensamente
utilizzato, fu lasciato invecchiare.
Nel 1977 avvenne il trasferimento alla Regione Lazio e, in seguito nel
1983, l'istituzione della Riserva Naturale Regionale Monte Rufeno.
La flora, oggetto di recenti e approfonditi studi, comprende circa 1012 specie di piante superiori, tra cui molte rare e vulnerabili che hanno all'interno della Riserva le uniche stazioni note a livello regionale.
Tra le specie più interessanti la rarissima erba scopina (Hottonia palustris), presente per l'Italia centrale in una sola "troscia" nella Riserva, la rara crespolina etrusca (Santolina etrusca), endemica dell'Antiappennino tosco-laziale, il giglio rosso (Lilium bulbiferum ssp. croceum), il giglio martagone (Lilium martagon), il giaggiolo susinaro (Iris graminea), il melo ibrido (Malus florentina), i narcisi (Narcissus poeticus e N. tazetta), il frassinello (Dictmnus albus) ed altre piante qui rare perché al limite dell'areale come il brugo (Calluna vulgaris) e il farnetto (Quercus frainetto).
Altre peculiarità sono le fioriture di ben 39 specie di orchidee spontanee tra cui la rara Ophrys insectifera.